martedì 12 luglio 2016

Come scegliere un mostro... anche più di uno.


Corriere della Sera, 13 novembre 1991


C’è da immaginare (ufficialmente se ne sa ben poco) che il personaggio del Vampa sia stato analizzato insieme e contemporaneamente a molti altri. Di questo periodo parla, ma in termini troppo vaghi per essere utili, il capo della SAM Ruggero Perugini nel suo libro “Un uomo quasi normale”. Sta di fatto che sulla base di una varietà di elementi sospetti gli inquirenti si convincono, più che altro sulla base di considerazioni di ordine psicologico (tendenza alla violenza, disordine sessuale) e locale (territorio) di aver individuato la persona giusta; nel giugno del 1990 Pacciani, all’epoca in carcere, riceve un avviso di garanzia, anche se solo per detenzione illegale di armi da fuoco; ma le indagini su di lui sono già in corso. A proposito di armi, nel 1987, in occasione dell'inchiesta per la violenza alle figlie, gli era stata sequestrata la pistola a salve Mari che teneva in macchina, ma il reato si risolse in una mancanza del tappo rosso che segnala le armi giocattoli e Pacciani era stato assolto perché, alla fine, la pistola giocattolo non era neppure funzionante. 

Una volta imboccata con decisione la pista Pacciani, la strada è segnata e tutti gli sviluppi successivi funzionano come un meccanismo a orologeria – mi si permetta di accennarne solo per sommi capi, nella convinzione che siano cose ben note a quanti si sono interessati al caso. Si raccolgono le testimonianze, alcune reticenti (Vanni, Lotti) altre fin troppo volenterose (Nesi). Le perquisizioni (album Skizzen Brunnen, cartuccia nell’orto) e l’aiuto degli anonimi (asta guidamolla) aumentano il magro raccolto, a sufficienza per il rinvio a giudizio e la condanna in primo grado. E’ proprio in corso di processo, però, che accade qualcosa di nuovo e inaspettato. Alcuni testimoni affermano di aver incrociato Pacciani sul luogo di un delitto, sulla sua auto ma in compagnia di un altro uomo (Nesi 2), di averlo visto su un auto che non era la sua (Longo), di aver visto un altro uomo vicino all’auto di Pacciani (Zanetti, sempre a Scopeti). Già nella sua prima deposizione (23 maggio 1994) Nesi aveva riferito della misteriosa lettera inviata da Pacciani a Vanni durante il suo periodo di detenzione in cui si parlava di “cose bruttissime”. Messi insieme questi spunti, ne risultava che ci fosse probabilmente qualcuno che era a conoscenza delle malefatte del Pacciani o addirittura un suo complice nella preparazione ed esecuzione degli omicidi. Vanni era l’amico del cuore di Pacciani e la sua testimonianza era stata bollata dal presidente Ognibene come “singolarmente reticente”. La seconda tornata di indagini a carico questa volta non più di Pacciani come serial killer solitario, ma di Pacciani & C. (probabilmente si pensa all’epoca ad aiutanti in subordine soggiogati dalla straripante personalità del Vampa) parte dunque già nell’estate del 1994 (non, come comunemente si crede, con la nomina di Michele Giuttari a capo della mobile fiorentina nell’ottobre del 1995). Acquietatesi per qualche tempo dopo la condanna, le indagini riprendono però vigore con la ricerca condotta da Giuttari sui “testimoni dimenticati”, coloro che in occasione dei delitti avevano notato più auto o più persone sospette; queste testimonianze erano state considerate irrilevanti quando, ante 1994, si era convinti che gli omicidi non potessero essere compiuti altro che da un unico assassino della tipologia “lust murder”. Peraltro, l’urgenza di aggiungere legna al debole fuocherello della Procura è vieppiù sottolineata dalla possibilità tutt’altro che remota che Pacciani venga assolto in appello. Il che regolarmente succede, se non che nel frattempo Giuttari ha velocemente scoperto “I compagni di merende”, con testimoni oculari e tutto il necessario per chiudere l’inchiesta (il che non avverrà per motivi che qui non intendo approfondire).

L’unico problema è che oggi veniamo a sapere che Giancarlo Lotti, per qualche suo motivo che ciascuno è libero di immaginare, ha mentito…

Fine della storia.

sabato 9 luglio 2016

Come scegliere un Mostro


Mercatale - Piazza del Popolo

Mercatale - Via Sonnino


La cronistoria degli eventi contenuta nel recente libro di Bruno - Cappelletti - Cochi (titolo: Al di là di ogni ragionevole dubbio - Enigma Edizioni, al quale ho collaborato nella stesura della cronologia) evidenzia alcuni passaggi fondamentali delle indagini: 

14 luglio 1987. Su espressa richiesta del 29 maggio, della Procura fiorentina, nelle persone dei Sostituti Procuratori dr Piero Luigi Vigna e dr Paolo Canessa, il dirigente della squadra mobile fornì un “elenco di tutte le persone segnalate, da anonime e non, dopo i duplici omicidi del 29.7.1984, a Vicchio di Mugello, e del 9.9.1985, commesso a S. Casciano V. di Pesa”. L’elenco contiene 254 nominativi (nota: tra cui, come ben sappiamo, Pietro Pacciani), di questi solo uno risulta deceduto: Francesco Narducci (nota: con rapporto del 4 luglio 1988 i CC esclusero Narducci dal novero dei sospettati a causa della sua assenza dell’Italia in occasione del delitto di Calenzano).
Un passaggio tratto dalla sentenza della Corte di Assise di Appello. <<Nel 1989, gli inquirenti, muovendo dal dato che la serie dei duplici omicidi si era arrestata nel settembre 1985, avanzavano l’ipotesi che l’omicida non avesse più colpito perché, morto, o malato, o detenuto in carcere, o ristretto in manicomio, ovvero per aver sentito vicine le indagini di polizia. Procedevano, quindi, a selezionare 82 nominativi di persone, che dopo l’omicidio del 1985 erano state in qualche modo contattate dalla Polizia Giudiziaria in relazione a tale fatto, e potevano quindi avere ragionevolmente ritenuto di essere sospettate e controllate: fra tali nominativi, c’era quello di Pacciani Pietro. [...] Un ulteriore accertamento veniva disposto dalla Procura della Repubblica di Firenze sui nominativi di coloro, di età compresa fra i 30 e i 60 anni, i quali fossero stati arrestati per qualsiasi motivo dopo l’omicidio del 1985 e fossero ancora detenuti. A mezzo di computer venivano selezionati, 60 nominativi ridotti poi a 26 per essersi la scelta ristretta a coloro che con riferimento temporale a una settimana prima e una settimana dopo i delitti del cd. “mostro”, avessero avuto disponibilità di libertà personale e capacità, di muoversi sì da poterli materialmente commettere. Fra tali 26 nominativi, figurava ancora il Pacciani, e, a parte questi, non figurava alcuno degli altri 82 nominativi selezionati in precedenza>>.


Si tratta quindi di tre screening successivi (tra i molti altri che, dobbiamo presumere, furono condotti in quel periodo) dai quali salta fuori ogni volta il nome di Pacciani. Nel 1987 si ri-esaminano le segnalazioni relative ai due ultimi duplici omicidi. Nel 1989, nella ovvia constatazione che il Mostro non aveva più colpito, si cerca chi sia stato, dopo il settembre 1985, impossibilitato ad agire o anche solo semplicemente controllato in relazione al delitto di Scopeti e conseguentemente intimorito e dissuaso ad agire (nota: sublime incoerenza della Procura con l’atteggiamento che quasi contemporaneamente tennero il G.I. e i carabinieri nei confronti di Salvatore Vinci).

Il modo di procedere ha una sua logica. A prima vista, un nome balza fuori con evidenza: Pacciani aveva subito una segnalazione anonima e un controllo – per quanto blando e routinario - dei CC dopo Scopeti; era in galera per abuso sessuale sulle figlie dal 30 maggio 1987; peggio era un assassino (omicidio Bonini del 1951). Di più, ambedue i reati per cui era stato condannato avevano a che fare con il sesso. Vi è però, a mio parere, un salto logico. Se era ragionevole (ma non certo) supporre che la serie si fosse interrotta perché l’autore era stato in qualsiasi maniera impossibilitato a proseguirla, perché presumere che per forza doveva essere stato segnalato in precedenza? Perché addirittura che fosse stato contattato dalla polizia?

Una volta accettati arbitrariamente come necessari questi due presupposti, la lista dei sospettabili si restringe moltissimo e un soggetto già condannato per omicidio (a sfondo sessuale, anche se dissimile da quelli del Mostro; l’accostamento che il PM Canessa volle fare nel processo del 1994 è palesemente forzato) è naturalmente il primo a essere messo sotto osservazione. Detto questo, Pietro Pacciani aveva a suo svantaggio molte altre coincidenze, alcune vere, altre solo suggestive o francamente sballate; ma è proprio il criterio di scelta a non essere obiettivo. Se l’assassino non era stato segnalato nel 1984 e 1985, se non era stato contattato nel corso di indagine su Scopeti, se non era finito in carcere dopo il 1885, il suo nome in quegli elenchi non si sarebbe comunque trovato.

Colgo l’occasione per esprimere pubblicamente un elogio all’ottimo contributo di Valerio Scrivo, che nel libro ha curato il profilo geografico e criminologico.