Quanti colpi a Signa
Questo articolo necessita di una premessa. Per mia
attitudine mentale e in un’applicazione forse ingenua del principio di autorità
tendo a fidarmi di chi ne sa o dovrebbe sapere di più e non metto il naso in
cose nelle quali non ho competenza. In concreto, nel caso che è oggetto di
studio, che è quello dei duplici omicidi attribuiti al Mostro di Firenze, ho
sempre dato fiducia agli esiti delle perizie e consulenze tecniche, senza
sottoporle a un vaglio critico di cui non sarei comunque stato capace.
Tuttavia, le emergenze dell’ultimo periodo mi fanno pensare
che non tutto quanto scritto e detto dai periti sia da prendere per oro colato:
il probabilissimo errore di Maurri nella datazione dell’ultimo duplice delitto;
l’insufficiente e rinunciatario esame psicologico/psichiatrico del teste
Fernando Pucci da parte dei consulenti del PM Fornari e Lagazzi, pur
autorevolissimi nel loro campo; l’improbabile risultato della perizia balistica
Zuntini sul 1974, nella quale per unica volta si rilevano più di nove colpi
sparati dall’arma dell’assassino. Su questi risultati non si può concordare.
E su Signa? La perizia balistica su Signa, ad opera dello
stesso Zuntini, non mi è disponibile, ma è indubbio che parli di otto colpi
sparati e a segno, come risulta dalle altre fonti derivate (rapporto Matassino,
perizia De Fazio, sentenza Rotella). Questa ricostruzione è condivisibile o
possiamo avanzare dei dubbi?
Per cercare una risposta, considerata la mia nessuna
competenza in materia di anatomia, mi sono avvalso della collaborazione
dell’amico Prof. Claudio Ferri, Professore Ordinario di Medicina Interna presso
l’Università dell’Aquila e anch’egli, per avventura, interessato al caso
criminale del Mostro di Firenze. Il professore mi ha fornito un dettagliato
scritto esplicativo, che utilizzerò ampiamente nel seguito, indicando
debitamente le citazioni. Le fonti utilizzate sono, oltre ai già ricordati
Matassino e De Fazio, l’escussione del prof. Biagio Montalto in occasione del
processo di I grado a Pietro Pacciani (Montalto eseguì l’autopsia sul cadavere
di Barbara Locci; la sua testimonianza integrale si può leggere qui) e la
perizia balistica Arcese – Jadevito del 1983 (redatta su incarico del G.I.
Rotella nel periodo intercorrente tra gli omicidi di Baccaiano e di Giogoli) per
un breve passo che riporterò. La mancanza della perizia Zuntini 1968 è, ovviamente,
gravissima; chi ce l’ha disponibile potrà, eventualmente rendendola pubblica,
criticare l’articolo dimostrandone, documenti alla mano, gli eventuali errori e
far così progredire l’analisi storica della vicenda.
I
Interessiamoci prima dei reperti; sappiamo che vennero
rinvenuti cinque bossoli (tre all’esterno dell’auto, lungo la fiancata
sinistra, e due all’interno) e sette proiettili (cinque ritenuti nei corpi
delle vittime, come vedremo in dettaglio), due nell’abitacolo. Da subito ci si pone un problema: come arrivò
Zuntini ad ipotizzare otto colpi, in presenza di sette proiettili? La risposta
è apparentemente semplice: le autopsie individuarono otto fori d’entrata sui
cadaveri, quattro sull’uomo e quattro sulla donna. Possibile che l’ottavo proiettile,
sparato nell’abitacolo dell’auto, si sia volatilizzato? Si noti che i vetri
dell’auto sono intatti e i finestrini erano chiusi, quindi non vi è alcuna
possibilità, come può essere avvenuto in altri delitti, che il proiettile si
sia semplicemente perso nell’ambiente.
Vediamo più in dettaglio i risultati autoptici, cominciando
dalla vittima maschile, che, come si ricorderà, viene rinvenuto disteso sul
sedile del passeggero a schienale reclinato, apparentemente nell’atto di
tirarsi su i pantaloni. Seguiamo qui De Fazio et al. (la testimonianza del perito autoptico Dott. Graziuso in
sede di processo – 26 aprile 1994 – è incerta e di scarso interesse). “In complesso si descrivono 11 lesioni da
arma a fuoco rapportabili a quattro colpi esplosi; tre di essi con proiettile
ritenuto (tre proiettili in cavità toracica). Tre lesioni d'arma da fuoco (fori
di ingresso) sulla faccia latero-anteriore del braccio sx., con corrispondenti
fori di uscita sulla faccia anteromediale: essi delineano una traiettoria in continuità
con altrettanti fori d'ingresso sulla parete laterale sx. del torace, che
risulteranno inizi di tramite intracorporei che hanno attinto il polmone sx.,
lo stomaco e la milza, determinando emotorace ed emoperitoneo. Si tratta di un
gruppo di lesioni con traumato-genesi e. dinamica unitaria, riferibili a tre
colpi d'arma da fuoco esplosi in rapida successione (il decorso pressoché
parallelo dei tramiti depone per uno scarso movimento della vittima tra l'uno e
l'altro colpo). La traiettoria è teoricamente dall'alto verso il basso, da sx.
verso dx. e in senso lievemente anteroposteriore”. In altre e più semplici parole,
abbiamo tre colpi, sparati da sinistra, che penetrano il braccio, escono e
rientrano sul lato sinistro del torace, attingendo polmone, stomaco e milza e
causando la morte del Lo Bianco. Continua De Fazio: “Due lesioni, rispettivamente foro di entrata e foro di uscita sull'avambraccio
sx. riferibili a medesimo proiettile perché uniti da unico tramite con traiettoria
da sx. a dx. concordemente alle lesioni precedenti”. Quindi un quarto colpo, avente la stessa direzionalità dei
precedenti, penetra l’avambraccio e fuoriesce, senza, a differenza degli altri,
colpire il tronco della vittima. Questo
è il primo dei proiettili non ritenuti che dobbiamo trovare.
Passiamo ora ai dati autoptici su Barbara Locci. Arcese- Jadevito
nella loro perizia balistica comparativa non utilizzano né il risultato
dell’autopsia né la perizia Zuntini (che fosse latitante già da allora?) ma
dichiarano di aver osservato direttamente le fotografie scattate dalla polizia
scientifica il 23 agosto 1968 presso l’istituto di medicina Legale di Careggi;
e per quanto riguarda le ferite inferte alla Locci fanno questo utile
compendio:
a)
Un foro nella regione sopramammellare destra;
b)
Un foro a metà della linea xifo-ombelicale;
c)
Un foro nella faccia posteriore dell’emitorace
destro (regione scapolare);
d)
Due fori nella regione lombare sinistra;
e)
Un foro nella faccia posteriore della spalla
sinistra.
Si intende che i fori c,
d, d1, e sono, nella dinamica comunemente accettata, fori d’entrata (sul
dorso) e i fori a e b fori d’uscita (sul davanti). Quindi ne
concludiamo, a spanne, che la Locci fu colpita da quattro proiettili tra spalla
sinistra e schiena, dei quali due ritenuti e due fuoriusciti. Abbiamo dunque
altri due proiettili da ricercare, che si sommano a quello che ha penetrato,
fuoriuscendo, l’avambraccio dell’uomo. Nell’auto dovremmo logicamente trovare
tre distinti proiettili, eventualmente anche frammentati. Il problema è che ce
ne sono soltanto due, uno finito sul pianale posteriore dell’auto, uno rimasto
impigliato tra le vesti della donna, che verrà però rinvenuto, alla svestizione
del cadavere, dalla parte della schiena (ma deve per forza di cose essere uno
dei due che uscirono in zona toracica-addominale, altrimenti la dinamica
diventerebbe troppo improbabile).
Per un esame più dettagliato lascio qui la parola al Prof.
Ferri.
“Quattro colpi in entrata, tutti localizzati sul tronco,
posteriormente, due in uscita, entrambi anteriormente. Nel dettaglio, dei due
fori in uscita,
·
uno è riferibile ad un proiettile che ha
devastato polmone, cuore e vasi ed è fuoriuscito in prossimità della mammella
destra (il prof. Montalto, autore all’epoca dell’autopsia, precisa nella
deposizione processuale del 22.4.1994: 6 cm dal margine inferiore della
clavicola, 3 cm dalla medio-sternale. Pertanto, questo foro di uscita è
localizzabile assai probabilmente non troppo distante dall’areola di destra,
nella parte superiore della mammella);
·
uno è riferibile ad un proiettile che ha colpito
prima il pancreas e poi l’ala del fegato (ed è fuoriuscito, dice il Professor
Montalto, fra il tratto toracico ed il tratto addominale, quindi riferibile a
quanto descritto come “a metà della
linea xifo-ombelicale”).
Come anticipato,
tutti e quattro i fori d'entrata sono localizzati sul dorso della vittima
femminile.
Le traiettorie –
che è possibile ricostruire in linea di massima, privi come siamo di reperti
fotografici, grazie all’analisi dei tramiti tra foro di ingresso e foro di
uscita oppure tra foro di ingresso e proiettile ritenuto – sono quindi tutte
dirette dall’indietro in avanti. Particolare interessante, le stesse
traiettorie descrivono sempre un andamento dal basso verso l'alto. Al contrario dell’omogeneità precedente, le
direzioni dei colpi vanno da sinistra a destra, mentre uno solo va da destra a
sinistra.
Il dettaglio è
interessante, analizziamolo, premettendo che “ogni proiettile (è) riferito ad
un'area cutanea che comprende il settore posteriore sinistro dell'emitorace,
del torace diciamo, e il tratto immediatamente sottostante confinante con la
regione lombare”. Pertanto, immaginiamo che, in uno spazio ben delimitato sono
entrati tutti e quattro i proiettili: uno, però, ha una direzione diversa
rispetto agli altri tre.
Da ciò ne consegue
che la serie di tre o questo singolo colpo sono/è entrati/o dopo che la vittima
si è spostata o che a spostarsi è stata la pistola (cioè lo sparatore) o,
comunque, che l’origine spaziale della serie di tre proiettili da sinistra a
destra e del singolo colpo da destra a sinistra è diversa. Una diversa origine
temporale, infatti, è molto difficile da argomentare, stante che nessuna tra le
ferite è post mortem.
Analizziamo quindi
questi quattro colpi, facendoci aiutare da Arcese e Jadevito, ma anche dal
Prof. De Fazio e, soprattutto, dalle parole del Prof. Montalto, rese vive dalla
sua testimonianza giurata:
1)
un primo colpo (nota bene: si scrive primo e si scriverà successivamente
secondo, terzo e quarto solo per facilità espositiva e per seguire il Prof.
Montalto ed in alcun modo per voler fornire un criterio temporale) è penetrato
in corrispondenza della spalla sinistra (faccia posteriore della spalla
sinistra). Esso ha finito la sua corsa nel contesto della cavità articolare,
con proiettile ritenuto. Questo colpo, pertanto, ha compiuto un percorso di
pochi centimetri (forse solo 5-6 cm), da destra a sinistra, dal basso verso
l’alto, fermandosi (dalla disamina balistica di Arcese e Jadevito si evince
anche in parte frammentandosi) proprio
“nel cavo articolare”. Non risulta che sia stato fermato da una parete ossea
e/o che abbia leso strutture ossee.
2) Un secondo colpo (vedi la precisazione di
cui al punto 1, come “nota bene”) è penetrato in corrispondenza della faccia
posteriore dell'emitorace sinistro all'altezza del sesto spazio intercostale,
quindi ”sotto il precedente” (scrive il Prof. Montalto). Il proiettile percorre
– a differenza del precedente – un tramite molto lungo: entra nel polmone
sinistro, lede l’atrio di sinistra (quindi la parte superiore del cuore, nella
sua metà sinistra), lede la polmonare di sinistra (si intende, immaginiamo:
l’arteria polmonare) e, quindi, il polmone destro. Un proiettile devastante,
sicuramente mortale, che riesce ad uscire – dopo aver percorso non meno di 15
centimetri - in corrispondenza dell'emitorace destro (è quello perimammario).
Direzione: da sinistra a destra e dal basso verso l’alto, sia pur
lievemente. Restiamo quindi ad un
percorso di questo proiettile da spalla sinistra a mammella destra, parte
superiore, a 3 cm dalla medio-sternale (cioè dalla linea che divide a metà lo
sterno, verticalmente) e precisiamo in finale di paragrafo usando le parole del
Dr Canessa (C) e del Prof. Montalto (M):
C: (rispetto al precedente)…. una maggiore obliquità
sinistra/destra.
M: Sì, sì, ci sarebbe una obliquità da sinistra verso destra
evidente.
3) Un terzo colpo è più basso rispetto al
precedente, ma sempre a livello dell’emitorace di sinistra.
Esso colpisce la
decima costa, “con un decorso leggermente obliquo, dal basso verso l'alto e da
sinistra verso destra”. Questo colpo è
anch’esso devastante: attraversa il corpo del pancreas (sarebbe a dire la parte
centrale, essendo il pancreas diviso in testa, a destra guardando dall’esterno
verso il cavo addominale; corpo, situato al centro; e coda, che si trova a
sinistra), la piccola ala del fegato (sarebbe la parte sinistra del fegato, più
nota come piccolo lobo o lobo sinistro) e fuoriesce, sulla parete anteriore
“nel confine fra il tratto toracico ed il tratto addominale”. Questo
proiettile, pertanto, è il secondo che fuoriesce dal corpo, tra sterno ed
ombelico. In sintesi: questo terzo colpo lede (notate bene, è importante) la
decima costa (cioè una struttura ossea), a sinistra sul dorso, ma mantiene
forza sufficiente per forare corpo del pancreas ed ala del fegato, per poi
fuoriuscire al centro, lungo la linea xifo-ombelicale. Se immaginiamo l’addome
di una donna minuta come era la sventurata Locci, se al colpo prima elencato al
punto due possiamo far percorrere almeno 15 centimetri, al colpo qui elencato
al numero 3 dobbiamo farne percorrere circa 10 (almeno). Ben difformi entrambi
i colpi 2) e 3), quindi, per direzione e lunghezza del tramite, con il colpo
elencato all’inizio del paragrafo con il numero 1. Quest’ultimo, infatti,
percorre i pochi cm che ci sono tra spalla sinistra e cavo articolare
omolaterale. Esso (non risulta) non si ferma dopo così breve percorso a causa
di strutture ossee. Non le lede, non le interessa, non le intacca.
4) Il quarto ed ultimo colpo è ritenuto, come
il primo. Per rubare di nuovo le parole al Prof. Montalto: “Poi abbiamo il
quarto, che sarebbe entrato in corrispondenza, ecco, sul limite fra la regione
toracica - sempre nella faccia posteriore - al confine fra la regione toracica
e la regione lombare sinistra”. Il decorso – come per i proiettili di cui ai
punti 2 e 3 ed in difformità dal proiettile di cui al punto 1, è ancora una
volta obliquo dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra. Sembrerebbe
quindi, se non fosse per la direzione del colpo 1), che la mano dello sparatore
si sia abbassata rapidissimamente dalla spalla fino alla regione lombare della
vittima femminile (oppure il contrario), spostandosi lievemente in direzione
mediale, cioè dalla spalla sinistra verso la colonna vertebrale (se
consideriamo che abbia abbassato la mira) oppure al contrario, dalla colonna
vertebrale, a sinistra, con direzione verso la spalla sinistra (se vogliamo
considerare che la mano dello sparatore si sia innalzata). Questo colpo è molto particolare: esso
(spiace doverlo dire) non è “toracico” (poco male: son dettagli ininfluenti, a
nostro avviso) ed interessa nel suo percorso “a tutto spessore” il corpo della seconda
vertebra lombare (appunto: lombare) e qui “probabilmente” (dice il medico che
effettuò l’autopsia) viene deviato, a causa dello spessore del corpo
vertebrale.
Comunque sia, come anticipato, anche questo proiettile 4) è
ritenuto, come il numero 1), pur percorrendo un tramite più lungo, specie
considerando l’arresto fornito nel caso 4) dall’attraversamento della seconda
vertebra lombare, fermando la sua corsa nel sottocute, a livello dell’ottava
costa. Anche in questo caso, se immaginiamo il tronco di una donna giovane e
minuta come era la sventurata Locci, il tramite del proiettile numero 4) ha
percorso almeno 10 cm. Se il colpo 3 ha solo “colpito” la decima costa, il
colpo 4 ha, invece, interessato “a tutto spessore” la seconda vertebra lombare.
Per questo, la lunghezza dei tragitti si
somiglia, ma uno solo dei due proiettili [il 3)] fuoriesce, mentre il 4)
viene ritenuto. Il colpo 2), in accordo con l’assenza di impatto con strutture
ossee, percorre un tragitto ben più lungo (intorno ai 15 cm almeno) e fuoriesce
a livello della mammella destra. Stupisce, a tal proposito, la brevità e la
direzione opposta del colpo 1): esso non incontra strutture ossee, non penetra
nel torace o in addome, ma si ferma comunque dopo pochi centimetri: se
immaginiamo la distanza tra spalla e cavo ascellare: un dito indice, nella sua
lunghezza. Percorre pochi centimetri, da destra a sinistra, dal basso
lievemente verso l’alto”. (Ferri)
Mi permetto di riassumere il dato che si ricava
dall’accurata disamina di Ferri: un colpo (quello diverso dagli altri per
direzionalità) si ferma nel cavo articolare dopo un percorso di pochi
centimetri senza aver incontrato ostacoli; degli altri tre, uno fuoriesce (si
ferma probabilmente nel vestito) dopo aver colpito la decima costola, uno
fuoriesce dopo aver attraversato da sinistra a destra tutto il torace, uno si
ferma nel sottocute dopo aver impattato una vertebra. Una notevole differenza
di energia cinetica tra il primo colpo e gli altri tre.
A questo punto, cosa ci impedisce di pensare che il terzo
proiettile che andiamo cercando non sia affatto andato smarrito o
volatilizzato, ma sia il colpo che dopo aver attraversato l’avambraccio di Lo
Bianco colpisce la spalla della Locci? Sentiamo di nuovo il parere in proposito
del prof. Ferri.
“ Innanzitutto notiamo che nella perizia Arcese – Jadevito
si legge, in riferimento al proiettile
estratto dalla scapola (sic) della vittima femminile, fotografia n.97, che
“trattasi di grosso frammento”, non di un proiettile intero, di tipo ramato. Di
più, per lo stesso proiettile i periti riscontrano: "profonde deformazioni
da impatto balistico”. Orbene, premesso che non capisco nulla di armi, devo
chiedermi perché questo proiettile si è frammentato e profondamente deformato
così tanto, se non ne è descritto l'impatto con alcuna struttura ossea. La mancata descrizione potrebbe essere una
banale dimenticanza, ma resta il fatto che di scritto non abbiamo nulla. E’
strano: negli altri casi hanno precisato quando il proiettile impattava una
struttura ossea. Qui, desumo dall’assenza di citazione analoga, il proiettile
di cui alla foto n. 97 (quello che per ipotesi
avrebbe prima colpito il povero Lo Bianco) ha impattato solo cute,
sottocute, muscolo e tendini. Curioso: è
l’unico proiettile così tanto malmesso, di quelli che attinsero la povera Barbara
Locci, malgrado abbia fatto non più di 7 cm in tessuti che noi poveri medici
definiamo “molli”. Gli altri hanno colpito ossa e parenchimi e sono rimasti
interi. “
Quindi, per quanto attiene alla possibilità che un
proiettile singolo abbia colpito entrambe le vittime: essa è tutt’altro che
assurda In merito, pur essendo il
sottoscritto solo un appassionato del caso e non avendo il medesimo mai avuto
accesso ad altro che non sia ciò che il web e le librerie ci offrono, è
chiaramente “possibile affermare che è possibile”. Questo, in particolare,
anche solo osservando come soltanto uno dei proiettili che hanno attinto lo
sventurato Lo Bianco non sia entrato poi nel suo corpo, come invece hanno fatto
i restanti tre. Il proiettile “sparito” in questione è quello dell’avambraccio
sinistro, per cui val la pena rileggere quanto scrive il Prof. De Fazio: “due
lesioni, rispettivamente foro di entrata e foro di uscita sull'avambraccio
sinistro, riferibili a medesimo proiettile perché uniti da unico tramite con
traiettoria da sinistra a destra concordemente alle lesioni precedenti”.
Questo proiettile
sparito, è ovvio, può essere benissimo finito chissà dove e, ne consegue, ogni
dissertazione in merito può essere solo un modo per gettare un po’ di tempo
prezioso. Pur tuttavia, se questo proiettile fosse entrato nell’avambraccio
della vittima mentre egli era nella posizione in cui è stato trovato (“l'uomo
giaceva supino sul sedile anteriore destro, che era ribaltato; le mani
reggevano i pantaloni con cinghia e bottoni slacciati”) non si comprende
affatto come sia stato possibile che questo proiettile, diversamente dagli
altri tre, non abbia colpito poi il tronco o gli arti inferiori del povero Lo
Bianco.
Potremmo,
pertanto, immaginare che la vittima maschile sia stata sorpresa dallo sparatore
mentre con la mano ricopriva la spalla sinistra della vittima femminile, seduta
accanto a sinistra e prona con il tronco su di lui (si tratta, ovviamente, di
postulare un’ipotesi di contatto fisico tra i due, ipotesi per altro non nuova,
che – per la delicatezza del caso ed il rispetto verso una tragedia – lasciamo
alla vostra immaginazione). Ciò spiegherebbe perfettamente la direzione del
tramite nell’avambraccio della vittima maschile (da sinistra a destra) e –
ammettendo che il medesimo proiettile abbia poi colpito quella femminile –
anche la direzione da destra a sinistra, dal basso verso l’alto che è descritta
per il tramite spalla sinistra-cavità articolare che abbiamo descritto al punto
1). Questo tipo di ricostruzione – certamente del tutto arbitraria, ma non per
questo infondata – permette di spiegare perfettamente le diverse direzioni dei
tramiti: tutti dall’alto verso il basso per la vittima maschile, tutti dal
basso verso l’alto per la vittima femminile, in cui però solo quello di cui al
punto 1) ha direzione destra-sinistra e non sinistra-destra.
Resta da spiegare la
posizione in cui furono trovati i due corpi, totalmente dissonante da qualsiasi
descrizione sul tavolo autoptico per quanto attiene la vittima femminile e non
assonante con quanto abbiamo or ora precisato nel caso di quella maschile. Per
quanto attiene la sventurata Locci, la spiegazione è fin troppo semplice: il
corpo fu spostato (e forse parzialmente rivestito). Il caso della vittima
maschile è più complesso da spiegare, anche perché non abbiamo in nostro
possesso delle fotografie chiare e possiamo solo far ricorso a quel che di
fotografico (poco) è stato pubblicato, alle perizie ed alle testimonianze in
aula. Malgrado questi limiti, a noi non pare verosimile che il Lo Bianco sia
stato colpito a morte mentre con la mano sinistra si reggeva la cinta dei
pantaloni o i pantaloni stessi, come in un disperato tentativo di rivestirsi e
fuggire. Se così fosse stato, infatti, il proiettile uscito dall’avambraccio
sinistro lo avrebbe poi colpito al tronco. Pertanto, come scrive il Prof. De
Fazio a proposito di questa lesione da arma da fuoco a livello
dell’avambraccio: “La traiettoria sui piani anteroposteriore e craniopodalico
può essere stata variabilissima in rapporto ai movimenti dell'avambraccio sul
braccio: la traiettoria potrebbe essere in rapporto, nella dinamica globale, a
reazione di difesa”. Ancor più
semplicemente, pur essendo l’ipotesi della reazione di difesa – e quindi di un
avambraccio sinistro che è impossibile sapere dove potesse trovarsi –
credibilissima; è verosimile che il braccio sinistro del Lo Bianco fosse adeso
al suo tronco, mentre l’avambraccio e la mano di sinistra fossero sopra la
spalla sinistra della Locci, a sua volta prona con il tronco sulla vittima
maschile. Questo spiega perfettamente
come mai la traiettoria di questo proiettile ha un andamento sinistra-destra
nella vittima maschile ed opposto nella vittima femminile e, in totale
assonanza con ciò, perché nella vittima femminile il tramite spalla-cavo
articolare è dal basso verso l’alto.
Ipotesi alternative
rispetto a quanto sopra, in assenza di prove, se ne possono fare a decine: ad
esempio si potrebbe ipotizzare che la sventurata donna fosse non prona con il
tronco, bensì seduta sopra la vittima maschile, dandogli però le spalle: ciò
anche spiegherebbe – per la diversa distanza dal pianale della vettura dei due
corpi – il diverso andamento dei colpi. Pur ciò considerando, anche in questo
caso è possibile ripetere come la mano sinistra della vittima maschile poggiata
sulla spalla di quella femminile ampiamente giustifichi, in presenza di un
movimento di difesa della donna, la direzione di tutti i tramiti e l’ipotesi di
un proiettile trapassante che colpisce prima l’avambraccio del Lo Bianco e poi
la spalla della Locci”. (Ferri)
Osserviamo, en passant, che le autopsie sui cadaveri furono
eseguite da due distinti specialisti, il prof. Montalto per la Locci, il dott.
Graziuso sul Lo Bianco. Ciascuno dei due poteva solo, logicamente, rilevare
quattro colpi per cadavere, senza avere la possibilità di fare ulteriori
valutazioni; poi, chi di dovere (i carabinieri), si limitò a fare due più
due (o meglio, 4 + 4 = 8).
I colpi furono esplosi o dal finestrino posteriore sinistro
parzialmente aperto o dalla portiera anteriore aperta dall’assassino o una
combinazione dei due casi; e a brevissima distanza, due con la pistola
all’interno dell’abitacolo come testimoniano i bossoli rinvenuti. Nell’auto non
vi erano spiragli o aperture se non quelli dai quali vennero esplosi i colpi. La
differente traiettoria dei colpi che attingono la Locci può essere spiegata con
un movimento della vittima (tentativo di fuga o nascondimento) o uno
spostamento dello sparatore (dal finestrino posteriore alla portiera anteriore)
o, ancor meglio, entrambe le cose. In conclusione, però, quale sia stata la
posizione delle vittime al momento dell’inizio dell’azione omicidiaria, un
unico proiettile che li colpisce entrambi risulta molto più credibile di due
proiettili dei quali uno svanisce nel nulla. Ma a questo punto, dobbiamo
pensare che i colpi sparati a Signa non furono, come si è sempre detto e
ripetuto otto, ma soltanto sette. E la testimonianza di Stefano Mele?
(continua)