I
dubbi sulla esatta datazione dell’ultimo duplice omicidio
attribuito al Mostro di Firenze (settembre 1985, piazzola di Scopeti
in comune di San Casciano) iniziarono fin da subito - e a dire il
vero permangono alla data odierna. Il perché l’esatta datazione
del delitto sia qualcosa di più che una quisquilia da “mostrologi”
topi di biblioteca verrà spiegato alla fine dell’articolo.
Procediamo ora con una cronistoria dei pareri, scientifici e non.
Su
La Nazione del 10 settembre, ossia il giorno dopo il ritrovamento dei
cadaveri, il titolo dell’articolo di Mario Spezi era già: “Trovati
20 ore dopo il delitto”
[Nota 1. Il
calcolo non è comunque corretto, poiché i cadaveri furono rinvenuti
intorno alle ore 14 del lunedì 9 settembre e andando all’indietro
di 20 ore si arriva all’improbabile orario delle 18 di domenica];
mentre nella stessa data, nella pagina precedente, il prof. Maurri,
che aveva eseguito le autopsie in tutti i casi precedenti a partire
dal 1974, dichiarava al giornalista Giovanni Morandi, che gli chiedeva
quando i giovani fossero stati uccisi: “Non
possiamo dirlo con certezza. La temperatura esterna e quella interna
alla tenda sono diverse. Sbagliare di 12-20 ore su 60 è facile in
queste condizioni. Forse sono stati uccisi nella notte tra il sabato
e la domenica, forse nella notte tra domenica e lunedì” [Nota
2. Analoga
la dichiarazione riportata dal corrispondente de “La Città”, il
secondo quotidiano fiorentino].
Il
giorno successivo, 11 settembre, Morandi doveva aver ricevuto altri e
diversi input
dagli inquirenti; infatti, in una ricostruzione generale del viaggio
di Jean-Michel e Nadine fino alla notte dell’omicidio situava il
delitto alla notte della domenica; e aggiungeva significativamente:
“prima
di mezzanotte, forse verso le 23”.
In pari data, “La Città” attribuiva la sicura datazione allo
stesso Maurri, che al giornalista Maurizio Di Mauro aveva detto:
“Sono
morti la notte tra domenica e lunedì. Su questo non vi sono dubbi”.
L’assonanza
tra queste dichiarazioni alla stampa e l’esito definitivo delle
autopsia potrebbe far pensare che la decisione fosse stata già
presa.
Cosa
fosse intervenuto tra il 9 e il 10 settembre per far propendere
l’illustre luminare della medicina legale fiorentina per la data
più tarda non è ben chiaro; tanto più che la perizia della vittima
maschile doveva ancora essere eseguita [Nota 3. L’autopsia
su Jean-Michel sarà eseguita nella mattina del giorno 11 settembre;
e il cadavere della donna, l’unico in quel momento già sottoposto
ad autopsia, era quello che mostrava i più avanzati segni di
decomposizione e che non sarà utilizzato per stabilire il momento
del decesso!].
Discordante
il parere del prof. De Fazio e della sua equipe di criminologi, che
nella sua relazione sul delitto di Scopeti [Nota 4. La
copia in mio possesso non è datata]
scriveva alla committente Procura di Firenze: “(...)
sulla base dei riscontri tanatologici, l’epoca della morte è
risultata collocabile nella notte tra il 7 e l’8 settembre
(sabato/domenica)”
purtroppo in modo apodittico, già dall’intitolazione del
documento, senza motivare il suo dissenso dalla data stabilita
dall’équipe
Maurri.
A quanto si legge sui giornali dell’epoca, De Fazio, medico legale,
era arrivato in ritardo sulla scena del crimine, ma aveva comunque
potuto esaminare i cadaveri, insieme al prof. Maurri, prima della
rimozione e aveva, almeno in parte, assistito alle operazioni
necroscopiche [Nota 5. Come
da lui stesso dichiarato in aula, ad esempio nell’udienza del 11
gennaio 1998 al processo “Compagni di Merende”. Il lettore
interessato al tema potrà farsi un’idea del grottesco e
paradossale voltafaccia dei periti, che nel corso dei due processi
(Pacciani e Compagni di Merende) avvenne su questo e altro,
compulsando con attenzione la trascrizione dell’intera udienza,
reperibile sul sito “Insufficienza di Prove”; a giudizio di chi
scrive, uno spettacolo riprovevole. Ma si veda anche infra].
Vediamo
allora in breve, senza scendere in questa sede in tecnicismi
superflui, l’esito delle perizie autoptiche sulle vittime. I periti
premettevano alle loro conclusioni che “un
parere circa l’epoca della morte non può avere valore apodittico
né di assoluta precisione e che anzi, pur nella corretta
considerazione di tutti gli elementi a disposizione, errori in
difetto o in eccesso sono sempre possibili e tanto maggiori quanto
più lungo è il tempo trascorso dal momento presuntivo della morte a
quello dell’esame del cadavere”.
Successivamente, spiegavano di essersi basati per la valutazione
tanatologica sulle condizioni del cadavere dell’uomo, in quanto la
vittima femminile, rimasta nell’ambiente surriscaldato della tenda
ed esposta all’azione della fauna cadaverica, presentava
un’evoluzione anomala (nel senso di “sicuramente
più rapida”)
della putrefazione; il che è un argomento che sembra di buon senso,
se non che, ai giornali fiorentini, Maurri aveva già genericamente
parlato di “cadaveri
(plurale)
quasi
illeggibili perché in avanzato stato di decomposizione”,
ovvero senza distinguere tra vittima femminile e vittima maschile (e
si veda anche la precedente Nota 3). In conclusione, forti del
rilievo di un mancato intervento della fauna cadaverica sul corpo di
Jean-Michel, [Nota 6: Lascia
allora perplessi, in altra parte della perizia, l’annotazione che
alla mezzanotte, all’Istituto di Medicina Legale, si osserva
“un’iniziale
deposizione e schiusura di larve di mosca”,
come se le mosche carnarie fossero libere di svolazzare all’interno
dei locali deputati alla conservazione dei cadaveri. Sembrerebbe più
probabile che le uova fossero state deposte in loco e non rilevate
nel primo sopralluogo]
concludevano che “è
probabile che il decesso dei due francesi sia da collocarsi
nettamente prima della mezzanotte fra domenica e lunedì. In altre
parole, al momento del primo sopralluogo medico-legale si ritiene che
fossero passate 16-18 ore dalla morte di entrambe le persone”;
considerando
come orario del primo sopralluogo le ore 17 di lunedì 9, si risale
quindi, con grande precisione, al periodo tra le 23 di domenica
all’una di notte del lunedì. Questa perizia medico-legale, a firma
Maurri, Bonelli e Cafaro, è tuttora nota ai non addetti ai lavori
solo parzialmente e ha dato adito, in tempi recenti e sui social,
a numerose polemiche che hanno segnalato apparenti incongruenze, con
riguardo all’interpretazione discordante di dati tanatologici,
quali il momento della risoluzione del rigor
mortis
sulla vittima maschile [Nota 7. Polemiche
in cui non entriamo per ignoranza della materia.
Per
un’analisi nel dettaglio, si vedano “Delitto degli Scopeti.
Giustizia mancata”, di Adriani, Cappelletti, Maugeri, ed.
Ibiskos-Ulivieri e per la documentazione disponibile online il sito
“Mostro di Firenze. Un caso ancora aperto” alla pagina
https://www.mostrodifirenze.com/1985/09/11/10-11-settembre-1985-perizia-autoptica-di-nadine-mauriot-e-jean-michel-kraveichvili/].
Questa datazione, peraltro, era anche una conferma scientifica di
quanto risultato dalle indagini, poiché la vittima femminile era
stata riconosciuta dal suocero del gestore della pensione “Ponte
degli Scopeti” per aver consumato un’acqua brillante al bar la
mattina di domenica 8 settembre; il che, presumendo la certezza del
riconoscimento, poneva con sicurezza il termine
post quem
del delitto in un momento successivo alle ore 11 di quella giornata.
E’ pur vero che le, invero vaghe, dichiarazioni dei gestori erano
state raccolte ufficialmente solo il 12 settembre dai CC della
Stazione di Impruneta. E a tal proposito, ponendosi nella situazione
di dubbio sistematico nella quale sempre deve situarsi, per
principio, lo storico, si potrebbero ipotizzare due scenari. Il
primo, che vi sia stata un’anticipazione informale che possa aver
indebitamente influenzato l’esito della perizia: sapendo che le
vittime erano al bar la domenica mattina, non potevano essere state
uccise prima della domenica sera. Il secondo, che la previa
diffusione giornalistica del parere di Maurri orientato sulla
domenica sera come data del delitto, abbia convinto i testimoni,
inizialmente dubbiosi, di veramente aver visto la coppia francese. Si tratta di illazioni qui formulate senza nessuna pretesa di verità. La
terza ipotesi, che non si può per ora scartare, è ovviamente che
sia Maurri che i testimoni ci abbiano visto giusto, i ragazzi erano
vivi la domenica mattina e tutto è andato secondo quanto emerso dai
processi.
Dal
nostro punto di vista di osservatori non specialisti, può essere
interessante notare che il risultato della perizia non fu forse del
tutto condiviso già all’epoca nell’ambito dell’istituto di
Medicina Legale. Infatti, su “La Nazione” (28 dicembre 1985) un
articolo di Mario Del Gamba, nel dare la notizia del deposito della
perizia autoptica, dopo aver ricostruito quella che sarebbe poi
diventata la versione ufficiale del delitto, riferiva: “Un
unico dubbio da parte dei periti riguarda il giorno del delitto. Si
ritiene che sia avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 settembre,
probabilmente prima della mezzanotte, ma non è esclusa, anche se
giudicata meno probabile, la possibilità che sia stato compiuto la
notte tra il 7 e l’8”.
[Nota 8. Questa
incertezza di fondo è stata confermata, molti anni dopo, dal prof
Marello, dell’istituto di medicina legale di Firenze, non
firmatario della perizia autoptica, il quale riferisce che “ci fu
una grande discussione non soltanto tra i periti, ma anche tra noi
della medicina legale. L’aver attribuito la morte alla domenica fu
una spinta del prof. Maurri, che era il più esperto tra di noi e ha
avuto l’ultima parola in proposito …”; si veda Mostro di
Firenze – Al di là di ogni ragionevole dubbio di Cochi – Bruno –
Cappelletti, pag. 259].
Un
altro parere discordante venne dato qualche mese dopo dal colonnello
dei Carabinieri Nunziato Torrisi, all’interno del suo Rapporto
Giudiziario del 22 aprile 1986, con il quale individuava Salvatore
Vinci come autore di tutti i delitti dal 1968 al 1985. Nel Rapporto
il colonnello osservava, pur ammettendo di non essersi trovato sul
posto e di basarsi solo su rilievi fotografici, che lo stato dei
cadaveri indicava piuttosto come data del delitto la notte del sabato
senza neppure escludere quella del venerdì. E’ da tener presente,
in tutti i casi, che la spinosa questione dei controversi alibi di
Salvatore Vinci potrebbe aver indirizzato l’investigatore verso
questa valutazione critica della versione ufficiale. Ispirato dal
lavoro investigativo di Torrisi, il giudice Rotella nella sua
sentenza del 1989, scriveva che dell’alibi di Salvatore Vinci “non
mette conto di parlarne, per la ragione semplicissima che non si è
in grado di stabilire con certezza l'ora e nemmeno il giorno esatto
della consumazione (sabato o domenica) (scil. del
delitto di Scopeti)”. E’ peraltro sorprendente che Torrisi, nel
formulare le sue ipotesi, non tenesse in alcun conto le testimonianze
dei gestori del bar sopra accennate e che dovevano essergli ben note.
La
questione tornò a essere di attualità nel corso del processo in
Corte di Assise contro Pietro Pacciani; ma il prof. Maurri non poté
che confermare le conclusioni raggiunte a suo tempo. Una possibile
disamina più accurata in aula venne di fatto impedita dalle
discussioni tra il Presidente Ognibene, l’avvocato Bevacqua e il
P.M. Canessa. Anche se Pietro Pacciani non aveva alcun alibi valido
neppure per le notti del 6 e 7 settembre [Nota 9. Come
risultava dalle SIT del 19 settembre 1985, contrariamente a leggende
diffuse su mezzi di informazione e social molto tempo dopo],
all’accusa faceva gioco confermare la data di domenica 8, in quanto
il teste Lorenzo Nesi affermava di aver visto l’imputato passare in
auto su via degli Scopeti proprio in quel torno di tempo. La difesa
tentò di far sorgere nella giuria dubbi sull’effettiva data, ma in
modo inefficace, senza presentare proprie consulenze a carattere
scientifico, tanto che nella sentenza venne affrontato in realtà
soltanto il problema del giorno di spedizione della nota lettera con
il lembo di seno a Silvia Della Monica e non si mise in discussione
la datazione ormai consolidata del delitto, accogliendo in
toto
le argomentazioni svolte nella perizia autoptica e basandosi sulle
testimonianze già ricordate.
Nei
motivi di appello, l’avv. Bevacqua ripropose il dubbio sulla data
dell’ultimo duplice omicidio, ma sempre basandosi sulla indicazione
(sabato 7 settembre) data dall’equipe De Fazio e sottolineando
l’incertezza della prima testimonianza dei gestori della pensione
“Ponte agli Scopeti”. La Corte, pur assolvendo Pacciani, con una
sentenza poi annullata dalla Cassazione per tutt’altri motivi,
confermò senza approfondimenti la data del delitto alla sera della
domenica, ritenendo ragionevolmente più affidabile la valutazione di
chi aveva materialmente eseguito l’autopsia e firmato la relazione
autoptica rispetto a chi aveva solamente visto i cadaveri e
assistito, da esterno, alla necroscopia. Quindi, riassumendo, abbiamo
al momento il contrasto tra due pareri scientifici: Maurri che
propende per la domenica, De Fazio e alcuni componenti della medicina
legale di Firenze che propendono per il sabato; mentre l’unico dato
testimoniale preciso orienta per la domenica.
Tuttavia,
vi era un particolare che, all’epoca, era sfuggito a quasi tutti.
Dobbiamo a questo punto fare un breve passo indietro e introdurre
nella trattazione la figura della scrittrice inglese Magdalen Nabb.
Scrittrice di gialli, residente da tempo a Firenze e quasi toscana di
adozione, la Nabb aveva già pubblicato, sia in inglese che in
italiano, una serie di romanzi polizieschi aventi per protagonista il
maresciallo dei carabinieri Guarnaccia. Per dare un quadro credibile
dell’ambiente e del modo di lavorare dei carabinieri in campo
investigativo, la Nabb era entrata in contatto con alti ufficiali
dell’Arma, con i quali aveva poi stabilito rapporti di amicizia e
confidenza [Nota 10. Il
suo dodicesimo libro della serie (Some
bitter taste, 2002)
reca un esplicito ringraziamento “al Generale Nicolino D’Angelo,
per il suo prezioso, consueto aiuto per quanto riguarda l’Arma dei
Carabinieri”].
In una serie di interviste ancora reperibili in rete (si veda la
pagina web http://italianmysteries.com/nabb-interview-01.html
in particolare la parte 8.), la scrittrice spiega la genesi del suo
interesse per il caso del Mostro di Firenze, che l’avrebbe portata
poi a scrivere un romanzo, sempre con protagonista il maresciallo
Guarnaccia, mai tradotto in italiano. Un brano dell’intervista
merita di essere citato: “Il
Sunday Times a Londra fece un grosso servizio, prima (NdA:
Il riferimento è agli anni in cui era in corso l’indagine su
Pietro Pacciani antecedente al processo).
E la giornalista che lo stava scrivendo venne da me. Molti
giornalisti lo fanno quando devono coprire casi criminali, perché
sanno che io ho i contatti giusti. La portai a Borgo Ognissanti e la
presentai a varie persone. Fece un grosso servizio e tornò di nuovo
mentre Pacciani era sotto giudizio per quei crimini, tornò e
rivedemmo i detective che avevamo incontrato nella visita precedente;
ci furono discussioni sulla data della morte di due vittime. Il fatto
che le uova delle mosche si erano schiuse e le larve si nutrivano dei
cadaveri suggeriva che l’epoca della morte fosse da situare 24 ore
prima di quella ufficiale.
(...) Una
persona era a giudizio come serial killer e io ero in possesso di
informazioni che potevano essere utili alla difesa. Le portai ai suoi
avvocati, ma sfortunatamente dissero che conoscevano poco il caso
poiché andava così indietro nel tempo [Nota
11. Qui
la Nabb si riferisce alla preistoria dell’indagine relativa a
Salvatore Vinci, ossia il suicidio - o presunto omicidio - della di
lui moglie Barbarina Steri (1960)]
e non potevano studiarlo nel poco tempo disponibile. (...) Decisi di
fare uso della stampa; diedi le informazioni a un giornalista che
seguiva il caso dall’inizio [Nota
12. Si
tratta dell’onnipresente Mario Spezi, che a sua volta diede una
concordante versione die fatti nel suo romanzo Dolci colline di
sangue, dove il personaggio di Ethel nasconde appunto la Nabb]
e lui pubblicò una serie di articoli giornalieri durante il processo
di appello.”
In sostanza, la Nabb, scettica in merito alla colpevolezza di
Pacciani, aveva condotto una contro-inchiesta, utilizzando
documentazione che le era stata fornita dai carabinieri, l’aveva
proposta alla difesa Pacciani e, giacché non era stata utilizzata,
l’aveva passata a Mario Spezi, che ne fece un’inchiesta
giornalistica, pubblicata sul quotidiano “La Nazione”.
Abbiamo
conferma di questa versione da una lettera di Magdalen Nabb, inviata
all’avv. Bevacqua in data 6 settembre 1995, nella quale si legge
testualmente: “Durante
le mie ricerche, svolte con l’aiuto dei carabinieri, sono emersi
fatti e documenti che potrebbero risultare molto utili al suo cliente
quando il caso va in appello e sono stata consigliata di mettermi in
contatto con Lei”.
Segue l’indicazione, come referenza, di un ufficiale superiore dei
carabinieri di stanza a Borgo Ognissanti. Di più specifico interesse
per il tema che stiamo trattando è un fax inviato sempre all’avv.
Bevacqua il 29 gennaio 1996. Vi erano allegate 8 pagine tratte dalla
“Rivista italiana di medicina legale”, nelle quali si presentava
una metodologia di determinazione dell’epoca della morte basata
sullo sviluppo medio delle larve di calliphora
erithrocephala,
avuto riguardo alla temperatura media di esposizione [Nota 13. Erano
pagine
estratte dall’articolo di Introna F Jr., Candeloro D,
Stasi A M. Determinazione dell'epoca della morte mediante analisi
matematica della durata dei cicli di Calliphora erythrocephala . Riv
It Med Leg 1991 pag. 567-74. Questi documenti dall’archivio privato
di Magdalen Nabb mi sono stati gentilmente forniti dal di lei figlio
Liam.]
L’interesse
tardivo di Bevacqua era certamente stato destato dalla lettura di una
serie di articoli di Spezi, in particolare quello del 23 gennaio, ove
il giornalista scriveva: “Basandosi
sullo stato del cadavere dell’uomo i periti fanno risalire la morte
alla sera precedente, ma ad almeno sedici ore prima. L’allora capo
della squadra Antimostro Sandro Federico e il medico legale Mauro
Maurri notano che su di lei si sono già formate le larve di mosca
carnaria. (...) Siamo tornati all’Istituto di medicina legale e
abbiamo posto alcune domande allo stesso dottor Maurri sul ciclo
riproduttivo di questo insetto (...)”
La risposta di Maurri, come riportata nell’articolo, è che “se
la media è di quarantotto ore, il valore minimo, secondo la nostra
esperienza, non scende sotto le 36 ore”.
Con una risposta di tal tenore, Maurri non si accorgeva di stare
smentendo se stesso. Infatti Spezi ne dedusse che il delitto era
stato commesso la sera del sabato 7 anziché la domenica 8, per cui
le testimonianze (in particolare Nesi) che situavano Pacciani nei
pressi di Scopeti la sera di domenica perdevano rilevanza. Erano
comunque indicazioni temporali ancora grossolane, come vedremo in
seguito. Ad ogni modo, il fax della Nabb arrivò a Bevacqua troppo
tardi perché l’entomologia forense potesse entrare da protagonista
nel processo di appello; questo almeno sembra potersi dedurre dal
fatto che non ve ne è cenno alcuno nella sentenza del giudice Ferri
che assolse Pacciani, mentre le trascrizioni delle udienze del
processo di appello sono rimaste, per qualche strana ragione, ignote
ai più. Resta però chiaro - attraverso l’intervento di Spezi
mediato dalla Nabb - che almeno una certa componente dei Carabinieri,
ancora nel 1996, continuava a non credere nella colpevolezza di
Pacciani [Nota 14. Negli
ultimi anni, all’epoca dell’uscita del suo romanzo, Spezi
ripeteva questo concetto come un mantra, in ogni intervista]
e si serviva, per smontare l’ipotesi processuale portata avanti
dalla Procura, degli indizi che portavano a una retrodatazione di
Scopeti.
Di
maggior peso fu invece la discussione sul punto nel corso del
processo “Vanni più altri”, in quanto il teste Pucci e il correo
Lotti avevano situato con esattezza la loro presenza / partecipazione
al delitto alla domenica 8 settembre. Contestare vittoriosamente
quella data avrebbe significato sconfessare praticamente in
toto
la loro testimonianza. A ciò si impegnarono gli avvocati incaricati
della difesa di Mario Vanni, Filastò e Mazzeo, che, nell’udienza
del 6 novembre 1997, controinterrogarono a lungo i medici legali
Maurri e Cafaro, facendo rilevare lo stato di avanzata decomposizione
dei corpi e il parere opposto dei periti di Modena. Senza alcun
successo, poiché la sentenza così si espresse sul punto. “E'
da escludere, invece, che l'ora della morte dei due giovani possa
risalire alla notte precedente tra sabato e domenica, come hanno
affermato, in un'altra perizia collegiale, i periti proff. De Fazio,
(...), nell'ambito di un diverso incarico ricevuto a suo tempo
(...).Tale tesi non appare infatti condivisibile per due ordini di
ragioni: - in primo luogo, perché la loro affermazione e stata fatta
in via del tutto incidentale e comunque senza preventive indagini
dirette sui cadaveri, come ha specificatamente riconosciuto lo stesso
prof. De Fazio all'udienza del 12.1.98, quando ha riferito sul punto:
"...nessuno di noi ha esaminato ..il cadavere...Noi
assolutamente non abbiamo svolto alcuna indagine diretta sui cadavere
..."; [Nota
15. In
udienza il Prof. De Fazio rispose in modo molto evasivo,
contraddicendo la sicurezza con cui aveva ipotizzato la data del
delitto nella relazione di cui già si è parlato. Su “La Nazione”
del 10 settembre 1985, Sandro Bennucci aveva scritto: “
Il professor De Fazio ha esaminato e riesaminato più volte i corpi
martoriati, insieme al professor Maurri, il medico legale”]
- in secondo luogo, perché i due giovani francesi furono visti in
vita la mattina di quella domenica 8 settembre, quando si recarono
verso le "ore 11" a far colazione presso un bar poco
distante ed esattamente presso il bar della pensione "Ponte agli
Scopeti" sito a circa due km da Tavarnuzze, dove consumarono una
ricca colazione a base di panini ed affettati, come hanno appunto
riferito i testi Borsi Igino e Bonciani Paolo, che li servirono e
che, a delitto avvenuto, riferirono subito la circostanza ai
Carabinieri, dove si recarono il successivo 12 settembre”.
Insomma, prevalse anche in questo processo la prova testimoniale e la
valutazione scientifica non venne adeguatamente approfondita, né nel
dibattito né nelle motivazioni della sentenza.
Nel
presentare i motivi di appello, Filastò ritornò sulla questione
della data, richiamando la testimonianza in Corte d’Assise di
Sabrina Carmignani, (si veda l’udienza del 30 giugno 1997, sempre
su Insufficienza di prove), la quale aveva affermato, essendosi
fermata in auto presso la tenda il pomeriggio di domenica, di aver
sentito cattivo odore “cioè,
più che altro dava l'impressione se c'è qualche animale morto da
giorni, ecco, più o meno quello.”
Si trattava però di null’altro che dell’impressione, forse anche
tardiva, di una testimone (particolare peraltro neppure fatto
verbalizzare nell’immediatezza; ma si veda qui l’articolo
giornalistico contemporaneo ai fatti, tratto da La Città del 10 settembre 1985) e la Corte ebbe agio di
ribattere, in sentenza, che “la
testimone (...) nulla ha visto e (...) contrasta in maniera
nettissima con le dichiarazioni dei testi Borsi e Bonciani, i quali
hanno dichiarato che la domenica mattina 8 settembre servirono
un’abbondante colazione ai due turisti francesi che quindi allora
erano ancora vivi e vegeti.”
In sostanza, la precisa testimonianza visiva prevaleva ovviamente
sull’impressione olfattiva e quanto all’analisi scientifica dei
dati tanatologici la Corte si richiamava al parere dei medici legali
già sentiti in primo grado.
Passata
in giudicato, nel 2000 con la conferma delle condanne di Vanni e
Lotti, la sentenza “Compagni di merende”, Spezi non si diede per
vinto e fornì i materiali di cui disponeva al giornalista televisivo
Pino Rinaldi, che lavorava per “Chi l’ha visto”. Concentrandosi
sugli aspetti medico-legali della faccenda, i due chiesero un parere
al prof. Francesco Introna, specialista di entomologia forense
dell’Università di Bari [Nota 16. Uno
degli autori dell’articolo scientifico che la Nabb aveva inviato a
Bevacqua nel gennaio 1996].
Il parere del luminare fu che le larve visibili sulle fotografie del
cadavere della donna al momento del primo sopralluogo (ore 17 del
lunedì), essendo sia in I che III instar, non potevano essere state
deposte sulla salma da meno di 36 ore [Nota 17. In
perfetta coincidenza con quanto candidamente aveva ammesso Maurri
intervistato da Spezi nel 1996],
per cui si risaliva, per la ovodeposizione, alla mattina della
domenica 8 e conseguentemente, per il delitto, alla notte tra sabato
7 e domenica 8. Il tutto quindi era da anticiparsi di un giorno, il
che costituiva conferma, mediante l’entomologia forense, del parere
sintetico dato dall’équipe
de Fazio nell’immediatezza del delitto.
Della
novità giornalistica approfittarono gli avvocati Filastò (già
legale di Vanni) e Marazzita (che era intervenuto con successo al
processo di appello contro Pietro Pacciani), i quali l’anno
successivo richiesero la revisione del processo contro Vanni (Lotti
era nel frattempo morto in carcere), apportando vari argomenti che, a
loro dire, non erano stati presi in considerazione dalla Corte, in
primo luogo l’esame del quadro cronotanatologico alla luce delle
nuove acquisizioni scientifiche dell’entomologia forense,
illustrate da una perizia fornita all’uopo dal prof. Introna. La
Corte di Appello di Genova, funzionalmente competente, si limitò a
osservare che l’istanza non presentava nuove prove, ma soltanto una
diversa valutazione di prove già esaminate in dibattimento (le
fotografie del cadavere della vittima femminile e la relazione
autoptica Maurri- Bonelli - Cafaro) e che pertanto non vi erano gli
estremi previsti dalla norma per una revisione del giudicato. E in
effetti le larve di mosca erano state viste e descritte nella perizia
del 1985, senza però trarne particolari deduzioni in merito
all’epoca della morte, forse perché l’applicazione in Italia
della particolare disciplina era agli esordi.
Dopo
il 2003 la questione rimase dormiente per lunghi anni finché, nel
2015, il documentarista Paolo Cochi portò a termine un’inchiesta
che riportava il parere di vari medici legali ed entomologi forensi,
ai quali aveva sottoposto le foto di ambedue i cadaveri tratte dai
fascicoli della polizia scientifica. [Nota 18. Inchiesta
condensata poi in un reportage televisivo diffuso online,Scopeti
-l’ultimo delitto del mostro,
e in un volume,
Al di là di ogni ragionevole dubbio
(di più autori) Enigma Edizioni 2016, poi con autore unico e stesso
titolo per Runa Edtrice 2020]
Due entomologi e tre medici legali interpellati [Nota 19.
Rispettivamente
i medici legali Giorgio Bolino, Carlo Campobasso, Antonio Osculati e
gli entomologi Carlo Vanin e Simonetta Lambiase; inoltre Giovanni
Marello, già citato. Una più dettagliata analisi della questione si
può leggere nel blog “Calibro 22” all’indirizzo:
http://calibro22.blogspot.com/2015/06/ultima-fermata-scopeti.html.
Rimando inoltre al mio articolo “Mosche a Scopeti”
(http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.com/2015/10/mosche-scopeti-1.html
e pagg. seguenti, ottobre 2015, su questo blog],
avendo esaminato le foto dei cadaveri mostrate dal documentarista,
concordarono che era impossibile che al momento del sopralluogo
fossero passate solo 18 ore dal decesso, come afferma la versione
ufficiale. Di contro, diamo atto del parere avverso della entomologa
Denise Gemmellaro, che in una recente intervista concessa al canale
YouTube “Le notti del Mostro”, reperibile online,
si è dimostrata scettica sulla possibilità di definire esattamente
lo stadio evolutivo delle larve basandosi solo su reperti
fotografici. Come noto a chi ha seguito la vicenda, vi sono mosche
che depongono larve vive anziché uova, il che abbrevia notevolmente
il ciclo di sviluppo. Ma nella stessa intervista, la Gemellaro
afferma: “io
magari, vedendo magari centinaia di larve al giorno, posso magari
avere un’idea, perché ormai l’ho vista, la conosco, ok, questa è
sicuramente una L3
(NdA: L3 è equivalente a Instar III)”. Quindi, a parere della
dottoressa, sarebbe possibile a un entomologo forense fornire un
parere esperto, non avente valore giudiziario, sullo sviluppo di
larve viste in fotografia; ed è proprio quello che hanno fatto gli
specialisti intervistati da Paolo Cochi. Insomma, sembra chiaro che
nel 1985 non ci fu alcuna valutazione entomologica dei cadaveri, il
che rende la situazione irrecuperabile dal punto di vista
giudiziario, ma comunque suscettibile di diverse interpretazioni
quando si affronta la ricostruzione storica dell’accaduto.
Oltre
alla valutazione scientifica, vi sono altre considerazioni di buon
senso, che elenchiamo ora brevemente, seguendo fondamentalmente il
seminale volume già citato di Adriani e Cappelletti, e che possono
indurre a dubitare della data del delitto e, conseguentemente, della
veracità della testimonianza di Lotti e Pucci.
In
primo luogo, posto che un testimone vide i due giovani piantare la
loro tenda nella piazzola degli Scopeti nel primo pomeriggio di
venerdì 6, non sappiamo immaginare cosa li avrebbe indotti a
rimanere in
loco
per due giorni e mezzo e per di più rimanendo chiusi in tenda o
aggirandosi a piedi per la campagna sia il sabato mattina che la
domenica pomeriggio. E’ singolare infatti che più testimoni
abbiano visto la tenda e l’auto nella stessa posizione in due
diverse occasioni e sempre senza traccia degli occupanti. O meglio,
vi è un particolare inquietante: la teste Sabrina Carmignani,
intervistata dal corrispondente de La Nazione il giorno 11 settembre,
aveva detto di aver intravisto all’interno della tenda “la
forma di una persona sdraiata, forse addormentata”;
sensazione riferita anche alla P.G. nel SIT del giorno precedente.
Non venne verbalizzato invece il “cattivo
odore di animale morto da tempo”
di cui la teste parlerà al processo ai Compagni di Merende. In
compenso, è lo scopritore del delitto, Luca Santucci, che verso le
due del pomeriggio, in prossimità del cadavere di Jean-Michel nota
un forte ronzio di mosche e avverte un cattivo odore che gli fa
pensare a un gatto morto. Ma ormai siamo al pomeriggio del 9
settembre.
Nadine
Mauriot gestiva a Montbéliard un negozio di scarpe e lo scopo del
viaggio, oltre una breve vacanza in Italia, era una visita alla Fiera
campionaria della calzatura di Bologna, in programma da venerdì 6 a
lunedì 9 settembre; ma non risulta che le due vittime vi siano mai
arrivate. La donna conservava gli scontrini, forse per motivi fiscali
o altro, ma gli scontrini autostradali si arrestano con l’uscita
dell’auto al casello di Rapallo mercoledì 4 settembre, mentre
l’ultimo scontrino commerciale ritrovato, rilasciato da una tavola
calda di Pisa, risale al primissimo pomeriggio di venerdì 6.
Ovviamente non si può escludere che altri scontrini o documenti
cronologicamente successivi si trovassero in un qualche portaoggetti
o borsa portato via dall’assassino o da terzi dopo il delitto. Per
retrodatare il delitto sulla base di queste considerazioni occorre
però necessariamente contestare la genuinità del riconoscimento da
parte del duo di gestori della Locanda agli Scopeti risalente alla
domenica mattina. In realtà il quadro non è così pacifico come
sarebbe poi sembrato ai giudici; il suocero vede “molto
probabilmente”
(così nelle SIT di Igino Borsi del 12 settembre 1985) la donna, il
genero l’auto Golf bianca, ma non vi è traccia di Jean-Michel; i
particolari riferiti molti anni dopo nei processi (un’abbondante
colazione) sono accrescitivi e da prendere cum
grano salis.
La donna viene descritta con i capelli corti, come nella foto della
patente di guida riportata sul giornale, ma all’epoca della morte
Nadine aveva i capelli sulle spalle; come sappiamo, in altra pagina
de La Nazione vi era una foto più recente di Nadine, con capelli più
lunghi, per cui la questione del riconoscimento deve restare aperta,
nel senso che rimane una possibilità che vi sia stato, in perfetta
buona fede, uno scambio di persona. Preferisco invece considerare non
dirimenti, né in un senso né nell’altro, le testimonianze tardive
e in parte contraddittorie dei collaboratori della Festa dell’Unità
di Cerbaia presentate dalla difesa Vanni, ritenendo che a quella
distanza di anni non si sia in grado di ricordare con precisione in
che sera della settimana un evento abbia avuto luogo. Anche
l’argomento che Nadine avrebbe voluto essere di ritorno a casa
entro la domenica sera per accompagnare la figlia in occasione del
primo giorno di scuola non è a mio parere cogente (rimando per
maggiori dettagli al mio articoletto “Ancora sulla data di Scopeti”
http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.com/2015/11/ancora-sulla-data-di-scopeti.html).
Considerato tutto quanto sopra, a me rimane una domanda senza risposta. Come fece Maurri a optare per una data certa (domenica), prima di effettuare l'autopsia sulla vittima maschile, il cui esame autoptico sta alla base della data stessa, giacché le considerazioni sullo stato della vittima femminile vennero scartate a causa dell'alta temperatura della tenda, fenomeni putrefattivi accelerati eccetera?
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Imbocco, viottola e piazzola di Scopeti allo stato del 2013
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E’
il momento di concludere: De Fazio, trascurando successivi
aggiustamenti opportunistici, fu il primo a situare decisamente la
data del delitto a sabato 7; Torrisi propose una possibile datazione
al venerdì 6. Vi fu poi la pista entomologica, anticipata dal duo
Nabb – Spezi - ai quali va dunque riconosciuta un’importante
primazia - riproposta da Filastò e infine riportata in auge da Paolo
Cochi. Vi sono stati tentativi di smentirla, a mio parere poco
convincenti. Anche indipendentemente dall’entomologia, il quadro
indiziario, come delineato soprattutto in Adriani – Cappelletti,
sembra confermare una maggiore probabilità per una retrodatazione.
[Nota
20. Ma
vi sarà sempre chi accetta la retrodatazione, ma ipotizza, per
salvare capra e cavoli, improbabili scenari di guardianaggi ai morti
e/o Lotti e Pucci e magari altri interessati allo spettacolo]
Ma
cosa comporterebbe, in fine, la possibilità che i due testimoni
della domenica abbiano sbagliato persona e Maurri abbia erroneamente
determinato la data della morte di Nadine e Jean-Michel? Le
testimonianze di Lotti e Pucci, già traballanti per molti altri
motivi, verrebbero caducate, per lo meno per quanto riguarda la
narrazione dell’ultimo delitto, pur non intaccando il precedente
quadro indiziario acquisito dalle indagini contro Pietro Pacciani,
che, come abbiamo detto, non era in grado di presentare alibi validi
per nessuna delle sere dal 6 al 8 settembre. Si tornerebbe in
sostanza alla situazione di dubbio precedente il processo indiziario
del 1994. E’ un passo indietro che la giustizia forse non potrà
più fare, ma la storiografia può comunque, per amore di verità,
ancora proporre.
P.S. Importante: da qualche tempo Blogger permette di commentare solo entrando nella pagina con Google Chrome; almeno così mi sembra di capire. Quindi se qualcuno ha qualcosa da dire o correggere, ne tenga conto. Astenersi Hazet.