martedì 27 dicembre 2022

Intorno al 20 di luglio - la saga continua...

 

Intorno al 20 di luglio (Stagione 6, Episodio 2)

 

(pensiero che mi frulla in testa: vorrei scrivere un aggiornamento entro Natale, al massimo per l’ultimo dell’anno; non so se il tempo me lo permetterà. Alla peggio, lo retrodaterò; intelligenti pauca…)

In questa serie, che rischia di avere più capitoli de I tre moschettieri (Dumas, a quanto pare, si fermò a 67 capitoli e un epilogo – ma è pur vero che poi cambiò idea e scrisse due sequel) eravamo arrivati a trattare, ma superficialmente per mancanza di fonti scritte, l’anonimo segnalatore del Fattaccio del Galluzzo, lanciando contemporaneamente un hint sulla presunta confidenza ricevuta, nello stesso torno di tempo (cit. Rotella) dal brigadiere dei CC di Calenzano (o Prato? Già questo non mi è chiaro), Parretti.

Tralasciamo per il momento il brigadiere, poi maresciallo Parretti. Lo cerchereste invano sulla bibbia del caso, Insufficienza di prove, perché viene soltanto nominato in udienze del mese di ottobre 1997 del Processo CdM I grado, che Flanz non ha trascritto.

L’avvocato Vieri Adriani ha recentemente pubblicato sul suo sito un resumé, corredato da documentazione, che tratta appunto del collegamento del fatto delittuoso di Signa 1968 con i duplici omicidi degli anni successivi. La documentazione proviene, ci dice l’avvocato, dall’archivio del suo predecessore, il defunto Santoni Franchetti e nulla ha a che fare con le problematiche recentemente emerse (fattaccio del Galluzzo, fascicolo Parretti, relazione della Commissione Antimafia). Il breve scritto permette comunque di mettere in ordine, cronologico e logico, alcune cose. In realtà i documenti erano già da tempo a disposizione degli appassionati, probabilmente grazie allo stesso Avvocato, con un’unica eccezione, almeno per quanto mi riguarda. Si tratta di una direttiva d’indagine, probabilmente proveniente dal G.I. Tricomi (nella fotocopia manca la firma), nella quale si evidenziano alcuni punti nodali della vicenda come si presentavano il 23 luglio 1982, data della missiva inviata al Nucleo Operativo Carabinieri.

Si trattava, in estrema sintesi, di reperire dove a quella data si trovassero i protagonisti, reali o eventuali del delitto di Signa: Mele Stefano e Natalino, i fratelli Vinci, Carmelo Cutrona, fornendo, in particolare relativamente al Vinci Francesco, notizie su suoi periodi di detenzione e precedenti delitti di cui era stato accusato (si trattava, ma il G.I. non ne sembra ancora al corrente, dell’uccisione di Natalino e Lorella Sechi, avvenuta nel 1973 nei pressi di Castel San Pietro in provincia di Bologna); segnalando inoltre, rispetto ai tre accusati dal Mele all’epoca delle prime indagini 1968-1970 comportamenti sessuali aberranti e / o identificabili col voyeurismo.

Altrettanto importante è la premessa, diretta al Comandante del Nucleo, presumibilmente lo stesso Olinto Dell’Amico che aveva diretto le indagini sul delitto di Signa, giacché si dice: “Al fine di avviare le indagini in seguito alle risultanze balistiche di cui la S.V. è a conoscenza…” Ne deduciamo che, se è vero che il fascicolo del 1968 e i relativi reperti furono effettivamente consegnati al G.I. il 22 luglio (NdA: trovo la data nella Relazione della Commissione e mi chiedo da quale documento provenga; si è dunque trovata traccia della trasmissione dei bossoli che Giuttari aveva così a lungo inutilmente cercato?) nell’immediatezza una comparazione informale stabilì l’identità dell’arma di Signa con quella di Baccaiano (o altri duplici omicidi precedenti) e da allora si iniziarono le nuove indagini, andando a caccia dei personaggi che erano stati al centro del processo.

Orbene, da altra fonte (Internet) sono emersi ulteriori due documenti a me sconosciuti.

Cronologicamente, abbiamo un decreto di perquisizione nei confronti di Vinci Francesco, emesso dalla Procura formalmente in rapporto a indagini sulla malavita sarda in Toscana, indirizzato alla ricerca di armi (chissà mai che cercando un fucile a pallettoni si ritrovasse anche una pistola calibro 22); perquisizione eseguita dai CC il 28 luglio, con esito negativo e l’acquisizione della notizia (fonte la moglie Natalia Melis) che il Vinci si era reso uccel di bosco il giorno precedente 27 luglio allontanandosi per destinazione ignota sulla sua R4 bianca. Quindi questo avviene (o avverrebbe, a dire della moglie) proprio nell’intervallo tra l’emissione del decreto (datato 26 luglio) e l’esecuzione della perquisizione (28 luglio). E’ da notare che, se l’avessero trovata, i CC avrebbero perquisito anche l’auto, la famosa R4 trovata infrascata in altra provincia toscana più o meno il mese prima, proprio dopo il delitto di Baccaiano. E sappiamo da tempo che nel mese di giugno 1982 Francesco Vinci si recava regolarmente a Montespertoli  per aiutare il futuro genero a pavimentare un’abitazione. A questo punto, il vostro povero storico dilettante sta per perdere la bussola delle coincidenze, se non che ci soccorre Rotella in un passo spesso tralasciato, che andiamo a citare:

“Il p.m. fa ulteriori verifiche a carico di Vinci, anche relativamente all'alibi dell'imputato e ai suoi movimenti dopo il delitto duplice di Montespertoli.

Viene in particolare riescusso il suo futuro genero, Antonio Giovannetti, già sentito dopo Vitalia Vinci nel luglio precedente (rispett. c. 8 e 12 vol. cit.). Il Giovannetti conferma (c. 73) quanto ha riferito. La sera del 19 giugno '82 (quella del delitto) egli è rimasto a casa del Vinci, a Montelupo F.no, sino alle 23,30-24, aiutandolo a riparare un tetto e trattenendosi poi a cena, e che ciò è accaduto anche il giorno successivo, domenica 20 (dopo il quale Vinci sarebbe sparito, intanto avutasi notizia del duplice omicidio consumata nella zona e della temporanea sopravvivenza del povero Mainardi). In entrambe le occasioni egli ha lasciato il Vinci in casa sua.

Giovannetti vive ad Ortimino di Montespertoli, in una casa dove nel maggio-giugno precedente il futuro suocero si è recato a pavimentare. La testimonianza relativa agli orari sembra esser favorevole al Vinci, ma la distanza tra Montelupo e Baccaiano di Montespertoli è relativamente breve. Desta sospetto, inoltre, la frequentazione del territorio del comune da parte del Vinci.”

Ma qui siamo in un momento successivo delle indagini; torniamo un attimo indietro. Andata buca la perquisizione del 28, Tricomi si è nel frattempo recato a Ronco all’Adige a sentire quel che ha da dire Stefano Mele; il quale, smentendo la parziale confessione del 1970 (come si ricorderà, favorita dagli avvocati), si proclama innocente e torna ad accusare Francesco Vinci (interrogatorio cruciale di cui è ampio resoconto in Rotella). Per cui il giorno 29 luglio Tricomi si rivolge ai CC con altro fondamentale documento, disponendo di ampliare le indagini a tutti i componenti delle famiglie Mele (compreso Natalino, in un primo momento non rintracciato), Locci, Lo Bianco e Vinci, accertando anche se esistessero indizi di conoscenza con le vittime femminili. Fin qui, la storia sembra lineare ,in accordo con la versione ufficiale e così ricostruibile:

1)     il 3 luglio la Procura richiede di identificare episodi delittuosi analoghi ai duplici omicidi di Firenze avvenuti ante 1974 (ma ponendo un limite post quem al 1970 probabilmente per un errore occorso nelle indagini relative all’omicidio di Rabatta);

2)     qualcuno a Borgo Ognissanti si ricorda del delitto di Signa e interessa il comandante del Nucleo, che si reca dal G.I. Tricomi facendogli presente il caso e chiedendo di acquisire il fascicolo giudiziario, cosa che il Tricomi fa con nota del 17 luglio alla Cancelleria di Perugia;

3)     Tornata indietro la richiesta, inevasa in quanto il fascicolo era stato restituito anni prima a Firenze, il 20 luglio viene fatta analoga richiesta al tribunale di Firenze, che fornisce fascicolo e reperti;

4)     “Disposta comparazione, già a livello informale si accerta l'identità dell'arma adoperata nel 1968 e nel 1982” (Rotella), e ciò probabilmente il 22  luglio;

5)     Si avviano le indagini, con identificazione delle persone che, nel 1968, erano state a vario titolo coinvolte nel delitto (primi atti di indagine dal 23 al 29 luglio). Con il che prenderebbe il via la cosiddetta “pista sarda” che avrebbe impegnato – vanamente – gli inquirenti fino al dicembre del 1989.

Ora, a disturbare questa apparente sequenza di cause ed effetti, vi sono tuttavia tre episodi che conviene descrivere anche qui in ordine cronologico, purtroppo in mancanza di documentazione diretta.

Il 21 giugno, due giorni dopo il duplice omicidio di Baccaiano, l’auto di Francesco Vinci era stata trovata a Civitella Marittima, in provincia di Grosseto (cito qui Al di là di ogni ragionevole dubbio, di Bruno – Cappelletti – Cochi). La circostanza all’epoca non dovette sembrare significativa, ma acquisì rilevanza a indagini in corso, quando l’”infrascamento” fu messo in relazione con il delitto. Il già citato avvocato Adriani è intervenuto in voce sul canale Youtube “Le notti del mostro” (https://www.youtube.com/watch?v=GCKE1ZIIv7U, minuto 18 e seguenti), chiarendo alcune circostanze risultanti dal verbale di interrogatorio di Francesco Vinci del 17 agosto, già riportate in sintesi nel volume sopra citato. Secondo il titolare del canale, Marco Aufiero, la pista sarda originerebbe in realtà da questo ritrovamento, di cui il Vinci, a posteriori, fornirà motivazioni poco credibili (un’avventura galante, la ricerca di un posto per la roulotte); a dire di Rotella, invece, “si scoprirà poi che è coinvolto in furti commessi nella zona dove ha nascosto l'autovettura”. Peraltro, come abbiamo scritto sopra, il 20 giugno, secondo la testimonianza del genero, Francesco Vinci era a cena a casa propria, a Montelupo Fiorentino.

L’altro episodio, quello del “fattaccio del Galluzzo”, anticipato in una trasmissione dello stesso canale Youtube, sempre ben informato, ma condotto in maniera discutibile, è stato poi narrato più in dettaglio nella relazione della Commissione Antimafia ed è ormai noto agli appassionati. Inutile spenderci parole, se non per avanzare l’ipotesi che, nel corso delle ricerche documentali inerenti quel delitto i carabinieri si siano imbattuti, per contiguità temporale (maggio – agosto 1968), nel precedente di Signa. Le date coinciderebbero: l’anonimo, molto probabilmente di pugno del già noto Claudio Maruccelli De Biase, all’epoca in carcere, pervenne il 27 giugno e fu inoltrato dalla PM Della Monica al Nucleo CC per indagini  il 3 luglio; siamo quindi in immediata prossimità della prima data certa collegata alla riscoperta di Signa, ovvero il 17 luglio. Rimarrebbe intatto il merito – o la responsabilità – del ricordo di Signa al maresciallo Fiori, pur se stimolato da un intervento esterno.

Il terzo episodio, finora inedito anche se fugacemente menzionato nella sentenza Rotella, è costituito dall’appunto Parretti, del quale ha parlato sempre la Commissione. Citiamo per comodità direttamente dal testo della relazione, per coloro che non avessero avuto modo di leggerla:

[inizia citazione Commissione] Il Parretti era stato, insieme al collega Mario Amore, uno dei due sottoufficiali dell’Arma che effettuarono una parte dei primari atti di indagine sul delitto Baldi/Cambi, dell’ottobre 1981, perpetrato a Calenzano. (…) Con il primo di essi, il brigadiere Parretti forma un appunto nel quale resta scritto quanto di seguito riassunto per capi:

che egli si era avvalso di un proprio informatore il quale “gli aveva aperto la strada” per più incontri con un una persona di origini sarde, la quale ultima gli aveva confidato che il proprio padre, in punto di morte, gli aveva detto dei veri colpevoli del delitto avvenuto a Signa, nei pressi del cimitero, per il quale era stato condannato il marito della vittima femminile, Barbara Locci;

che questo delitto era stato compiuto da Salvatore Vinci coadiuvato dal fratello Francesco Vinci, il quale lo aveva accompagnato ivi, soltanto perché in grado di conoscere il luogo esatto ove la Locci usava appartarsi;

che la pistola di piccolo calibro, mai ritrovata, doveva provenire dal Salvatore Vinci;

che vi era un bambino in auto, appunto il figlio della Locci, al momento della consumazione del delitto;

che i fratelli Vinci si sarebbero recati sul posto con una Lambretta.

 

A questi ed altri cenni era consegnata, dunque, nella confidenza asseritamente ricevuta dal Parretti, la dinamica e insieme la ricostruzione delle responsabilità effettive del primigenio delitto della serie: proprio quello della notte del 21 agosto 1968 che segnò per sempre il corso delle indagini tra il 1982 e il 1989. (…)

 Ma l’aspetto decisamente più rilevante dell’appunto risiede nelle date che gli sono apposte in calce e la nota, vergata a mano, che ne descrive la presunta trasmissione. La data in epigrafe all’appunto è quella del 7 luglio 1982, mentre quella in calce, che può ipotizzarsi relativa a quando esso fu scritto dal Parretti, è addirittura il 3 luglio 1982”. [Fine citazione Commissione]

 

Ora, è chiaro che questo breve resoconto, per ora l’unico reso pubblico, ci sollecita immediatamente una serie di quesiti in merito a:

1)     Veridicità delle circostanze in cui Parretti ricevette la confidenza (se veramente la ricevette);

2)     Correttezza delle date apposte all’appunto (3 luglio quale data di redazione, 7 luglio quale data di trasmissione si superiori gerarchici o altra struttura dei Carabinieri);

3)     Veridicità del contenuto della confidenza (in sostanza, duplice omicidio del 1968 operato congiuntamente, ma con ruoli diversi dai fratelli Vinci) che già di primo acchito denota qualche incongruenza con le risultanze delle indagini del 1968 -70.

Rimarrebbe poi da capire perché Rotella decise di citare l’appunto in sentenza pur scartando che costituisse l’innesco della pista sarda; ma su questo difficilmente ci si potrà fare un’idea se non disponendo e consultando l’intero fascicolo.

Per quest'anno mi fermo qui, in attesa di precisazioni, riscontri, opinioni e critiche costruttive.

 

[CONTINUA]

domenica 28 agosto 2022

Intorno al 20 di luglio - Il fattaccio del Galluzzo

Chi vuole raccontare BENE, non a spizzichi e mozzichi, la storia dell’anonimo del Galluzzo ? Quello che per anni (settembre 2017, per la precisione) qualche buontempone ha voluto farci credere che costituisse l’apertura della “pista sarda”? Prendendoci in giro aggiungendo un pezzetto qua e uno là, una richiesta di su, un’altra richiesta di giù, un’intestazione qua, un’omissione di là?

Lo potrà fare chi ha in mano la documentazione originale. Va bene, almeno abbiamo capito, chi lo ha voluto capire, che Rotella aveva ragione scrivendo  che “non ha nessun fondamento che sia pervenuto al G.I. dell'epoca (1982) un anonimo, nel quale fosse menzionato in relazione agli omicidi delle coppie, il precedente di Signa. Un anonimo che riferisce di precedente esiste, bensì, negli atti generici del fascicolo del p.m. relativo al delitto di Montespertoli, ma concerne un reato a sfondo sessuale, circa il quale aveva indagato a suo tempo, e con successo, la magistratura fiorentina”.

Su questa segnalazione, inviata alla P.M. Silvia Della Monica, si indagò, come era d’obbligo, e risultò opera di un mitomane che si trovava in carcere per tentato omicidio di una coppia in auto nel 1973 a Pozzolatico e che già in precedenza aveva millantato di conoscere l’identità dell’assassino delle coppiette. Chi conosce la storia “intorno al Mostro di Firenze” avrà capito a chi mi riferisco. La sua versione era che “dal fattaccio del Galluzzo nasce la triste storia del Mostro di Firenze”; ovvero, il quinto delitto altro non sarebbe stato che l’aggressione, probabilmente per rapina, ad un’anziana pensionata. Nulla a che fare con il vero precedente, quello di Signa. E qui mi sto sbilanciando un po’…

E il “cittadino amico”? Sappiamo che i reperti del duplice omicidio di Signa furono ufficialmente chiesti alla sede “giusta” il 20 luglio 1982: Il dottor Tricomi in data 20.7.1982 richiedeva gli atti alla cancelleria della Corte di Assise di Firenze (non è stata rinvenuta traccia documentale dei successivi passaggi, ma sicuramente il reperto è stato consegnato perché i proiettili e i bossoli furono  successivamente periziati per raffrontarli con quelli degli altri delitti)” (Rapporto GIDES 2 marzo 2005 n. 133/05 di protocollo). A questo punto chiedo io (a voi, miei lettori pochi ma buoni): come è possibile che sul quotidiano fiorentino di quel medesimo 20 luglio compaia la reazione a un qualcosa che ancora doveva essere accertato? I carabinieri di Borgo Ognissanti avevano scommesso sull’esito positivo del confronto ancora da farsi? I reperti erano già sottomano ed erano stati ufficiosamente esaminati dalla scientifica prima che venisse avanzata richiesta ufficiale? Il lasso di tempo tra il 17 luglio – richiesta infruttuosa a Perugia – e il 20  - richiesta a Firenze, certificata da Giuttari – nasconde una qualche attività di indagine non documentata o non è piuttosto un segno (uno tra i tanti) di burocratica inefficienza? E in conclusione, forse il Cittadino Amico non c’entrava nulla con Signa e magari aveva ragione Spezi (Borgo – Arrigo – Bartoline – Baccaiano - ?) o comunque – e più verosimilmente -  le tre lettere anonime puntavano in tutt’altra direzione rispetto a Signa 1968.

Mi preme però fugare un dubbio che ho sentito esternare da un paio di amici studiosi e nel contempo rivendicare la proprietà di linguaggio del giudice Rotella. Il quale scriveva: “Venuta meno la 'pista Spalletti', un portantino di Montelupo arrestato durante le indagini per il duplice omicidio del 1981 di Scandicci ed escarcerato in seguito a quello di Calenzano, le indagini non avevano un filo conduttore. Questo filo sarebbe stato offerto dal ricordo del m.llo Fiori, in servizio ..(ecc.)” Ora, questo condizionale passato non è assolutamente da intendersi con significato dubitativo e di incertezza, come “condizionale cosiddetto di dissociazione (o riportivo o di riserva), molto usato nel linguaggio dei giornali, riferisce in terza persona un fatto supposto, per sentito dire, al condizionale passato: in Iraq, ci sarebbe stato un ennesimo attentato” (da Treccani Online). Si tratta invece, con ogni evidenza, di una forma di futuro nel passato, grammaticalmente perfetta: prima le indagini non avevano un filo conduttore; successivamente, il filo conduttore sarebbe stato trovato. E’ una forma linguistica elegante e precisa del discorso narrativo, non riservata alle frasi secondarie, che il giudice usa frequentemente nella sua scrittura. Ne troviamo due esempi immediatamente nel medesimo paragrafo:

1)      Scagionato quest'ultimo dalle sopravvenienze nel 1984, la riservatezza del 1982 avrebbe suscitato non poche diffidenze (…)

2)      La notizia veniva tenuta segreta per necessità imprescindibili delle indagini, che avrebbero poi condotto all'incriminazione di Francesco Vinci.

Non vi è, in queste proposizioni, alcun recondito significato dubitativo o ipotetico, ma unicamente temporale. Non sussiste dunque alcun motivo di credere che il giudice Rotella non fosse pienamente convinto di quanto andava scrivendo in sentenza: ovvero che all’origine della “pista sarda” e della scoperta del “quinto duplice omicidio” (in realtà il primo) vi fosse il ricordo del m.llo Fiori.

Per quanto invece concerne  la “possibilità, smentita in maniera assoluta dagli accertamenti, che la notizia del precedente del 1968 fosse stata ottenuta diversamente, per esempio attraverso una confidenza”, il che poi si sostanzia nelle modalità di “apprendimento della notizia di reato nel 1982, nella compagnia di Prato” aspettiamo con fiducia qualche dettaglio di verità che è senza dubbio in arrivo.