Intorno al 20 di luglio (Stagione 6, Episodio 2)
(pensiero che mi frulla in testa: vorrei scrivere
un aggiornamento entro Natale, al massimo per l’ultimo dell’anno; non so se il
tempo me lo permetterà. Alla peggio, lo retrodaterò; intelligenti pauca…)
In questa serie,
che rischia di avere più capitoli de I tre moschettieri (Dumas, a quanto pare,
si fermò a 67 capitoli e un epilogo – ma è pur vero che poi cambiò idea e
scrisse due sequel) eravamo arrivati a trattare, ma superficialmente per
mancanza di fonti scritte, l’anonimo segnalatore del Fattaccio del Galluzzo,
lanciando contemporaneamente un hint sulla presunta confidenza ricevuta, nello
stesso torno di tempo (cit. Rotella) dal brigadiere dei CC di Calenzano (o
Prato? Già questo non mi è chiaro), Parretti.
Tralasciamo per
il momento il brigadiere, poi maresciallo Parretti. Lo cerchereste invano sulla
bibbia del caso, Insufficienza di prove, perché viene soltanto nominato in
udienze del mese di ottobre 1997 del Processo CdM I grado, che Flanz non ha
trascritto.
L’avvocato Vieri
Adriani ha recentemente pubblicato sul suo sito un resumé, corredato da
documentazione, che tratta appunto del collegamento del fatto delittuoso di
Signa 1968 con i duplici omicidi degli anni successivi. La documentazione
proviene, ci dice l’avvocato, dall’archivio del suo predecessore, il defunto
Santoni Franchetti e nulla ha a che fare con le problematiche recentemente
emerse (fattaccio del Galluzzo, fascicolo Parretti, relazione della Commissione
Antimafia). Il breve scritto permette comunque di mettere in ordine,
cronologico e logico, alcune cose. In realtà i documenti erano già da tempo a
disposizione degli appassionati, probabilmente grazie allo stesso Avvocato, con
un’unica eccezione, almeno per quanto mi riguarda. Si tratta di una direttiva
d’indagine, probabilmente proveniente dal G.I. Tricomi (nella fotocopia manca
la firma), nella quale si evidenziano alcuni punti nodali della vicenda come si
presentavano il 23 luglio 1982, data della missiva inviata al Nucleo Operativo Carabinieri.
Si trattava, in
estrema sintesi, di reperire dove a quella data si trovassero i protagonisti,
reali o eventuali del delitto di Signa: Mele Stefano e Natalino, i fratelli
Vinci, Carmelo Cutrona, fornendo, in particolare relativamente al Vinci
Francesco, notizie su suoi periodi di detenzione e precedenti delitti di cui
era stato accusato (si trattava, ma il G.I. non ne sembra ancora al corrente,
dell’uccisione di Natalino e Lorella Sechi, avvenuta nel 1973 nei pressi di
Castel San Pietro in provincia di Bologna); segnalando inoltre, rispetto ai tre
accusati dal Mele all’epoca delle prime indagini 1968-1970 comportamenti
sessuali aberranti e / o identificabili col voyeurismo.
Altrettanto
importante è la premessa, diretta al Comandante del Nucleo, presumibilmente lo
stesso Olinto Dell’Amico che aveva diretto le indagini sul delitto di Signa,
giacché si dice: “Al fine di avviare le indagini in seguito alle risultanze
balistiche di cui la S.V. è a conoscenza…” Ne deduciamo che, se è vero che il
fascicolo del 1968 e i relativi reperti furono effettivamente consegnati al
G.I. il 22 luglio (NdA: trovo la data nella Relazione della Commissione e mi
chiedo da quale documento provenga; si è dunque trovata traccia della
trasmissione dei bossoli che Giuttari aveva così a lungo inutilmente cercato?)
nell’immediatezza una comparazione informale stabilì l’identità dell’arma di
Signa con quella di Baccaiano (o altri duplici omicidi precedenti) e da allora
si iniziarono le nuove indagini, andando a caccia dei personaggi che erano
stati al centro del processo.
Orbene, da altra
fonte (Internet) sono emersi ulteriori due documenti a me sconosciuti.
Cronologicamente,
abbiamo un decreto di perquisizione nei confronti di Vinci Francesco, emesso
dalla Procura formalmente in rapporto a indagini sulla malavita sarda in
Toscana, indirizzato alla ricerca di armi (chissà mai che cercando un fucile a
pallettoni si ritrovasse anche una pistola calibro 22); perquisizione eseguita
dai CC il 28 luglio, con esito negativo e l’acquisizione della notizia (fonte
la moglie Natalia Melis) che il Vinci si era reso uccel di bosco il giorno
precedente 27 luglio allontanandosi per destinazione ignota sulla sua R4
bianca. Quindi questo avviene (o avverrebbe, a dire della moglie) proprio
nell’intervallo tra l’emissione del decreto (datato 26 luglio) e l’esecuzione
della perquisizione (28 luglio). E’ da notare che, se l’avessero trovata, i CC
avrebbero perquisito anche l’auto, la famosa R4 trovata infrascata in altra
provincia toscana più o meno il mese prima, proprio dopo il delitto di
Baccaiano. E sappiamo da tempo che nel mese di giugno 1982 Francesco Vinci si recava
regolarmente a Montespertoli per aiutare
il futuro genero a pavimentare un’abitazione. A questo punto, il vostro povero
storico dilettante sta per perdere la bussola delle coincidenze, se non che ci
soccorre Rotella in un passo spesso tralasciato, che andiamo a citare:
“Il p.m. fa ulteriori verifiche a carico di Vinci,
anche relativamente all'alibi dell'imputato e ai suoi movimenti dopo il delitto
duplice di Montespertoli.
Viene in particolare riescusso il suo futuro genero,
Antonio Giovannetti, già sentito dopo Vitalia Vinci nel luglio precedente
(rispett. c. 8 e 12 vol. cit.). Il Giovannetti conferma (c. 73) quanto ha
riferito. La sera del 19 giugno '82 (quella del delitto) egli è rimasto a casa
del Vinci, a Montelupo F.no, sino alle 23,30-24, aiutandolo a riparare un tetto
e trattenendosi poi a cena, e che ciò è accaduto anche il giorno successivo,
domenica 20 (dopo il quale Vinci sarebbe sparito, intanto avutasi notizia del
duplice omicidio consumata nella zona e della temporanea sopravvivenza del
povero Mainardi). In entrambe le occasioni egli ha lasciato il Vinci in casa
sua.
Giovannetti vive ad Ortimino di Montespertoli, in
una casa dove nel maggio-giugno precedente il futuro suocero si è recato a
pavimentare. La testimonianza relativa agli orari sembra esser favorevole al
Vinci, ma la distanza tra Montelupo e Baccaiano di Montespertoli è
relativamente breve. Desta sospetto, inoltre, la frequentazione del territorio
del comune da parte del Vinci.”
Ma qui siamo in
un momento successivo delle indagini; torniamo un attimo indietro. Andata buca la perquisizione del 28,
Tricomi si è nel frattempo recato a Ronco all’Adige a sentire quel che ha da
dire Stefano Mele; il quale, smentendo la parziale confessione del 1970 (come
si ricorderà, favorita dagli avvocati), si proclama innocente e torna ad
accusare Francesco Vinci (interrogatorio cruciale di cui è ampio resoconto in Rotella). Per cui il
giorno 29 luglio Tricomi si rivolge ai CC con altro fondamentale documento, disponendo di
ampliare le indagini a tutti i componenti delle famiglie Mele (compreso
Natalino, in un primo momento non rintracciato), Locci, Lo Bianco e Vinci,
accertando anche se esistessero indizi di conoscenza con le vittime femminili. Fin
qui, la storia sembra lineare ,in accordo con la versione ufficiale e così ricostruibile:
1) il 3 luglio la Procura
richiede di identificare episodi delittuosi analoghi ai duplici omicidi di
Firenze avvenuti ante 1974 (ma ponendo un limite post quem al 1970
probabilmente per un errore occorso nelle indagini relative all’omicidio di
Rabatta);
2) qualcuno a Borgo
Ognissanti si ricorda del delitto di Signa e interessa il comandante del
Nucleo, che si reca dal G.I. Tricomi facendogli presente il caso e chiedendo di
acquisire il fascicolo giudiziario, cosa che il Tricomi fa con nota del 17
luglio alla Cancelleria di Perugia;
3) Tornata indietro la
richiesta, inevasa in quanto il fascicolo era stato restituito anni prima a
Firenze, il 20 luglio viene fatta analoga richiesta al tribunale di Firenze,
che fornisce fascicolo e reperti;
4) “Disposta comparazione, già a livello informale si accerta l'identità
dell'arma adoperata nel 1968 e nel 1982” (Rotella), e ciò probabilmente il 22 luglio;
5) Si avviano le indagini,
con identificazione delle persone che, nel 1968, erano state a vario titolo
coinvolte nel delitto (primi atti di indagine dal 23 al 29 luglio). Con il che
prenderebbe il via la cosiddetta “pista sarda” che avrebbe impegnato –
vanamente – gli inquirenti fino al dicembre del 1989.
Ora, a disturbare questa apparente sequenza di cause ed effetti, vi sono tuttavia
tre episodi che conviene descrivere anche qui in ordine cronologico, purtroppo
in mancanza di documentazione diretta.
Il 21 giugno, due giorni dopo il duplice omicidio di Baccaiano, l’auto di
Francesco Vinci era stata trovata a Civitella Marittima, in provincia di
Grosseto (cito qui Al di là di ogni ragionevole dubbio, di Bruno – Cappelletti
– Cochi). La circostanza all’epoca non dovette sembrare significativa, ma
acquisì rilevanza a indagini in corso, quando l’”infrascamento” fu messo in
relazione con il delitto. Il già citato avvocato Adriani è intervenuto in voce
sul canale Youtube “Le notti del mostro” (https://www.youtube.com/watch?v=GCKE1ZIIv7U,
minuto 18 e seguenti), chiarendo alcune circostanze risultanti dal verbale di
interrogatorio di Francesco Vinci del 17 agosto, già riportate in sintesi nel
volume sopra citato. Secondo il titolare del canale, Marco Aufiero, la pista
sarda originerebbe in realtà da questo ritrovamento, di cui il Vinci, a posteriori,
fornirà motivazioni poco credibili (un’avventura galante, la ricerca di un
posto per la roulotte); a dire di Rotella, invece, “si scoprirà poi che è coinvolto
in furti commessi nella zona dove ha nascosto l'autovettura”. Peraltro, come
abbiamo scritto sopra, il 20 giugno, secondo la testimonianza del genero,
Francesco Vinci era a cena a casa propria, a Montelupo Fiorentino.
L’altro episodio, quello del “fattaccio del Galluzzo”, anticipato in una
trasmissione dello stesso canale Youtube, sempre ben informato, ma condotto in
maniera discutibile, è stato poi narrato più in dettaglio nella relazione della
Commissione Antimafia ed è ormai noto agli appassionati. Inutile spenderci
parole, se non per avanzare l’ipotesi che, nel corso delle ricerche documentali
inerenti quel delitto i carabinieri si siano imbattuti, per contiguità
temporale (maggio – agosto 1968), nel precedente di Signa. Le date
coinciderebbero: l’anonimo, molto probabilmente di pugno del già noto Claudio
Maruccelli De Biase, all’epoca in carcere, pervenne il 27 giugno e fu inoltrato
dalla PM Della Monica al Nucleo CC per indagini
il 3 luglio; siamo quindi in immediata prossimità della prima data certa
collegata alla riscoperta di Signa, ovvero il 17 luglio. Rimarrebbe intatto il
merito – o la responsabilità – del ricordo di Signa al maresciallo Fiori, pur
se stimolato da un intervento esterno.
Il terzo episodio, finora inedito anche se fugacemente menzionato nella
sentenza Rotella, è costituito dall’appunto Parretti, del quale ha parlato
sempre la Commissione. Citiamo per comodità direttamente dal testo della
relazione, per coloro che non avessero avuto modo di leggerla:
[inizia citazione Commissione] Il Parretti era stato, insieme al collega
Mario Amore, uno dei due sottoufficiali dell’Arma che effettuarono una parte
dei primari atti di indagine sul delitto Baldi/Cambi, dell’ottobre 1981,
perpetrato a Calenzano. (…) Con il primo di essi, il brigadiere Parretti forma
un appunto nel quale resta scritto quanto di seguito riassunto per capi:
che egli si era avvalso di un proprio informatore il quale “gli aveva
aperto la strada” per più incontri con un una persona di origini sarde, la quale
ultima gli aveva confidato che il proprio padre, in punto di morte, gli aveva detto
dei veri colpevoli del delitto avvenuto a Signa, nei pressi del cimitero, per
il quale era stato condannato il marito della vittima femminile, Barbara Locci;
che questo delitto era stato compiuto da Salvatore Vinci coadiuvato dal
fratello Francesco Vinci, il quale lo aveva accompagnato ivi, soltanto perché in
grado di conoscere il luogo esatto ove la Locci usava appartarsi;
che la pistola di piccolo calibro, mai ritrovata, doveva provenire dal
Salvatore Vinci;
che vi era un bambino in auto, appunto il figlio della Locci, al momento
della consumazione del delitto;
che i fratelli Vinci si sarebbero recati sul posto con una Lambretta.
A questi ed altri cenni era consegnata, dunque, nella confidenza
asseritamente ricevuta dal Parretti, la dinamica e insieme la ricostruzione delle
responsabilità effettive del primigenio delitto della serie: proprio quello
della notte del 21 agosto 1968 che segnò per sempre il corso delle indagini tra
il 1982 e il 1989. (…)
Ma l’aspetto decisamente più
rilevante dell’appunto risiede nelle date che gli sono apposte in calce e la nota, vergata a mano, che ne descrive la presunta
trasmissione. La data in epigrafe all’appunto è quella del 7 luglio 1982,
mentre quella in calce, che può ipotizzarsi relativa a quando esso fu scritto
dal Parretti, è addirittura il 3 luglio 1982”. [Fine citazione Commissione]
Ora, è chiaro che questo breve resoconto, per ora l’unico reso pubblico,
ci sollecita immediatamente una serie di quesiti in merito a:
1) Veridicità delle
circostanze in cui Parretti ricevette la confidenza (se veramente la
ricevette);
2) Correttezza delle date
apposte all’appunto (3 luglio quale data di redazione, 7 luglio quale data di
trasmissione si superiori gerarchici o altra struttura dei Carabinieri);
3) Veridicità del contenuto
della confidenza (in sostanza, duplice omicidio del 1968 operato
congiuntamente, ma con ruoli diversi dai fratelli Vinci) che già di primo
acchito denota qualche incongruenza con le risultanze delle indagini del
1968 -70.
Rimarrebbe poi da capire perché Rotella decise di citare l’appunto in sentenza pur scartando che costituisse l’innesco della pista
sarda; ma su questo difficilmente ci si potrà fare un’idea se non disponendo e
consultando l’intero fascicolo.
Per quest'anno mi fermo qui, in attesa di precisazioni, riscontri, opinioni e critiche costruttive.
[CONTINUA]