venerdì 19 luglio 2024

Brevi considerazioni in risposta a Reimarus

 Mi scrive Reimarus, a proposito del recentissimo volume di Rinaldi / Torrisi dal lapalissiano titolo "Il Mostro è libero (se non è morto)" [lapalissiano in quanto non mi risulta che alcuno sia attualmente imprigionato per i delitti del MdF, quindi, se il S.I. è vivo, è libero; se il S.I. non era ignoto ed era uno dei condannati, essi sono tutti morti, quindi non sono liberi e ciò si estende anche, per l'inesorabile scorrere del tempo, alla gran parte dei sospettati].

Orbene, scrive Reimarus:

E' da poco uscito in libreria "Il mostro è libero (se non è morto)", coautori il giornalista Pino Rinaldi (che già in precedenza si era espresso sul caso, manifestando il proprio scetticismo verso la verità giudiziaria e sembrando propendere per un serial killer unico non toccato dalle indagini) e l'ufficiale dei CC in pensione Nunziato Torrisi. L'opera riprende, in modalità divulgativa, la tesi sostenuta nel "rapporto Torrisi", secondo la quale il MdF s'identifica in Salvatore Vinci. Lo schema argomentativo sembra poter riassumersi come segue:
- Stefano Mele era sicuramente presente sulla scena del delitto allorquando fu commesso nel 1968 il duplice omicidio Locci - Lo Bianco;
- le caratteristiche del personaggio (ad es. oligofrenia, mancanza di mezzi di locomozione che non siano, al più, una bicicletta, mancanza di qualsiasi confidenza con armi da fuoco) rendono tuttavia certo che lo stesso non possa ritenersi l'autore principale del delitto, ma solo un concorrente in posizione nettamente subordinata, con funzione sostanzialmente di capro espiatorio;
- l'autore principale del delitto va ricercato tra persone cui il Mele era strettamente legato, quindi nell'ambiente del "clan dei sardi" (intendendo i parenti del Mele, i parenti della Locci, gli amanti della Locci);
- da considerazioni relative alla personalità e alla storia degli appartenenti al predetto ambiente, come anche da una valutazione critica delle dichiarazioni pur contraddittorie rese nel corso del tempo dal Mele, si evince che autore principale del delitto del 1968 sia Salvatore Vinci;
- dall'identità tra la pistola con la quale furono uccisi Locci - Lo Bianco e la pistola con la quale furono commessi i duplici omicidi della sequenza 1974-1985 discende che anche di questi ultimi debba considerarsi responsabile Salvatore Vinci, il cui profilo appare compatibile con quello di un serial killer.
Il problema che emerge in relazione a questa ricostruzione, per quanto è dato riscontrare anche dall'esposizione divulgativa che ne fa il Rinaldi, è che, a parte la pistola, non è emerso alcun elemento che colleghi concretamente Salvatore Vinci alla scena di uno qualsiasi dei sette duplici omicidi del 1974-'85. Con riguardo al duplice omicidio degli Scopeti, poi, commesso quando il Vinci era già da tempo attenzionato dalle FF.OO., si è argomentato che sarebbe stato un pericoloso azzardo per il Vinci commettere un duplice omicidio in quelle condizioni e che sarebbe perciò improbabile che egli ne sia il responsabile. [fine citazione]

Ho già espresso in varie occasioni (e contro le mie iniziali convinzioni, cristallizzate nel volume del 2013) dubbi sulla presenza del Mele sulla scena del delitto; fondamentalmente perché Mele non sa chi è l'omicida; o meglio dice di saperlo, ma indica molto semplicemente i soggetti che lui sospetta o che gli vengono additati dallo sviluppo delle indagini stesse. Il modo più semplice per spiegare questo continuo indicare altri colpevoli, che continua, si badi, fin oltre la chiusura ufficiale della pista sarda, è pensare che effettivamente non sappia chi sia l'assassino; il che, ovviamente, non esclude nessuno dei noti, ma neppure degli ignoti. 

Premesso che non conosco le argomentazioni specifiche per sostenere la compatibilità di Salvatore Vinci con un profilo di serial killer, lo stesso sembra molto lontano dalla psicopatia, a meno che non ci si riferisca a qualche mania del controllo che potrebbe evincersi da alcuni episodi raccolti da Torrisi e a meno che non si voglia sostenere, in maniera sostanzialmente bigotta, che qualsiasi parafilia sessuale, di cui il nostro fa ampio sfoggio, sia equivalente a psicopatia sexualis. Ma su questi argomenti so poco, quindi non sono in grado di dire la mia  con sufficiente cognizione di causa.

Quanto all'obiezione prospettata da Reimarus, in merito all'eccessivo pericolo che Salvatore Vinci avrebbe corso uccidendo anche nel 1985 quando era (quanto strettamente?) controllato, ho già opposto tale rilievo a vari mostrologi salvatorvincisti, ricevendone la risposta che i controlli erano blandi e temporalmente limitati. Ma il retropensiero dei sostenitori di quell'ipotesi è che, essendo Salvatore Vinci un genio del male, per il quale "se non c'è errore non c'è rischio", ha in qualche modo infinocchiato i caraninieri. Rimaniamo quindi nella sfera dell'improbabile, ma non dell'impossibile.


Reimarus scrive inoltre:

L'ipotesi perorata nel testo di Rinaldi - Torrisi, ossia la pista sarda nella particolare declinazione "salvatorvincista", è oggetto di considerazione critica nel video "Mostro di Firenze - cambio di prospettiva - terza parte", sul canale Youtube di Flanz Vinci. L'oratore "senza volto" di "Cambio di prospettiva", poi ricomparso, come "Giovanni", in una trasmissione di Florence International Radio, senza intrattenersi sulla "verità giudiziaria", riduce il problema sostanzialmente all'alternativa tra serial killer unico non toccato dalle indagini (che egli e altri che hanno cooperato nella sua ricerca ritengono sia un poliziotto o un carabiniere che, espulso dal corpo di appartenentenza, ha agito con finalità "rivendicative", ossia per vendetta nei confronti un mondo che lo ha respinto) e clan dei sardi. Dando per acquisito che la pistola è sempre la stessa ("ci sono le foto": "contra" le argomentazioni di C.Palego) e dismettendo l'ipotesi di una pistola gettata via e recuperata da qualcun altro ("contra" A. Segnini), perché resta il problema dei proiettili, considerando assiomatico che la pistola con la quale è stato commesso un omicidio non possa essere passata di mano, il sostenitore del cambio di prospettiva formula, per quanto concerne la pista sarda, alcune considerazioni, prevalentemente "sociologiche" per quanto concerne le dichiarazioni, ritenute inattendibili, di S. e N. Mele, in ordine alle quali Giovanni richiama la prassi investigativa dell'epoca e la formazione "fascista" degli inquirenti di allora, (in sostanza adombrando l'ipotesi che i due siano stati imbeccati/condizionati dagli inquirenti e che le stesse verbalizzazioni non siano ineccepibili); quindi afferma, rimandando alla letteratura scientifica sull'argomento, l'inattendibilità della prova del guanto di paraffina, e, per quanto concerne le dichiarazioni di N. Mele, rileva che le stesse non furono rese con le garanzie e nelle condizioni oggi previste per testimoni di quell'età. A queste considerazioni, Giovanni aggiunge un'argomentazione che è in sostanza la seguente: poiché né Francesco, né Salvatore Vinci possono essere il MdF (essenzialmente perché attenzionati dopo il duplice omicidio del 1982), allora né F. e S. Vinci, né S. Mele possono essere responsabili del duplice omicidio del 1968. Tuttavia, egli, essenzialmente per giustificare il tragitto compiuto da N. Mele fino a casa De Felice (sul quale in verità Giovanni "sorvola") e la ricomposizione del cadavere della Locci, adombra l'ipotesi che S. Mele sia capitato sulla scena del delitto poco dopo la commissione dello stesso. [fine citazione]

 

Va bene; posso concordare in parte, ma farei alcune osservazioni. 

Che la perizia balistica Zuntini 1968 non contenga alcuna foto dei reperti mi sembra facilmente desumibile dal fatto che tali foto non vengano mai citate nel corpo della perizia; forse qualcuno si è fatto ingannare dalla nota di consegna (a P.L.Vigna), che nomina delle foto in restituzione, presumibilmente le foto scattate dalla scientifica sulla scena del crimine. Del resto, mi sembra che anche nel 1974 l'elaborato di Zuntini non sia illustrato da foto, ma da un disegnino esplicativo. Quanto al Mele sopraggiunto a posteriori, essendosi messo, magari in bicicletta, alla ricerca dei congiunti, l'ipotesi non è farina del sacco di Giovanni, ma scaturita dalla fervida immaginazione di Canessa (e/o Perugini), che doveva mettere d'accordo due per lui capisaldi: colpevolezza di Pacciani anche per Signa e presenza del Mele sul posto (perché conosceva il numero dei colpi [vabbé su questo sorvolo, per me è argomento a discarico], la freccia accesa ed altro). Ipotesi ampiamente ridicolizzata dal giudice Ferri mi sembra nel suo libro, se non addirittura in sentenza.

Passando ad altro argomenti, Reimarus scrive:

L'Autore del blog, a fronte dell'invito formulatogli da A. Segnini a segnalare le criticità della ricostruzione che della figura di Lotti ha fatto lo stesso S., rovescia a buon diritto l'invito, rivolgendo la medesima sollecitazione con riguardo alla visione che l'Autore del blog ha del Lotti (falso testimone, mosso da un insieme di timori e di allettamenti). Lo stesso espediente dialettico può essere adottato a fronte di un eventuale interrogativo sulla spiegazione delle "prime" dichiarazioni di Pucci e Lotti: la domanda da farsi dovrebbe infatti riguardare anzitutto il motivo per il quale i due, anziché negare reiteratamente e ostinatamente di sapere qualcosa dei fatti criminosi sui quali s'indagava, resero dichiarazioni che altro non potevano che creare fastidi ad entrambi, e per uno dei due ben più che meri fastidi, quando contro di loro, apparentemente, non c'erano altro che le dichiarazioni di Ghiribelli e del suo protettore, ossia un asserito avvistamento di un'automobile fatto estemporaneamente di passaggio in orario ormai notturno. [fine citazione]

 

Questa è questione per me assai spinosa. Segnini sta facendo un grande lavoro di ricostruzione e sta fornendo, con le sue approfondite analisi degli atti concernenti la vicenda dei Compagni di merende, la migliore e più evidente dimostrazione che Lotti e Pucci non erano altro che falsi testimoni sostanzialmente estranei ai delitti. La sua indubbia capacità dialettica lo sta portando a una certa notorietà, il che potrebbe avere però implicazioni negative, se mai un giorno sentisse  di dover cambiare prospettiva. Purtroppo, anche se qualche minimo dubbio sembra talvolta affiorare (ultimamente l'ho sentito dire, un paio di volte: questa è la mia interpretazione / questa è la mia ipotesi), la classica tunnel vision lo rende per ora impermeabile a una giusta valutazione delle sue stesse acquisizioni. Ho tentato di fare qualche piccola annotazione sotto i suoi video, ma l'ultima risposta mi ha francamente tagliato le gambe. Mi dice in pratica: come fai a sostenere quel ruolo di Lotti alla luce delle testimonianze di Pucci, Ghiribelli, Nicoletti? (non ritrovo la discussione, ma il succo era quello). Ora, io sono anni che dico che Pucci e Ghiribelli non sono testi affidabili e per me non lo sono mai. Invece secondo Segnini Pucci e Ghiribelli raccontano balle (lo sta documentando lui stesso, peraltro), tranne che per quello che serve a lui, e allora diventano affidabili. Mi ero anche annotato le sue "domande ai negazionisti" (Daniele Piccione li/ci chiama più propriamente "nichilisti"), ma se devo partire dall'idea che Ghiribelli e Pucci dicono il vero "a spot", davvero il gioco non vale la candela. Comunque continuo a seguirlo perché c'è sempre qualcosa da imparare. Visto che siamo tra noi due o tre, l'aspetto che non riesco a risolvere è il perché la Nicoletti, di punto in bianco, si mette a parlare di Vicchio (10 febbraio 1996). Qualche spiegazione un po' così potrebbe esserci, ma non mi convince, quindi la tengo per me. 

Ma riprendendo il tema proposto da Reimarus, ossia perché Pucci e Lotti ammisero invece che chiudersi in un assoluto diniego, la risposta non mi sembra difficile. Gli inquirenti, sulla base delle indagini pregresse, erano arrivati a una ferrea convinzione che i due fossero stati sul posto, dissero che l'auto - e forse anche loro - erano stati visti e riconosciuti e a quel punto la prospettiva era finire dietro le sbarre (Spalletti docet). Ma nessuno dei due amiconi aveva voglia di sacrificarsi per Pacciani e Vanni. Dopo di che la storia ha preso vie inizialmente imprevedibili.

 P.S. Chiudo avvertendo Hazet che è inutile che scriva, tanto per quanti nick cambi non ha nessuna possibilità di essere pubblicato.