Foto di Vincenzo Trìcomi, dalla copertina del volume "Memorie di un ottantenne" |
Grazie alla cortesia di una partecipante al gruppo Facebook “Mostro
di Firenze”, la quale si firma Antonella Keller, ho potuto consultare un testo
relativamente poco noto tra gli addetti ai lavori, ossia le Memorie di un ottantenne,
titolo dietro al quale si nasconde l'autobiografia del giudice istruttore
Vincenzo Trìcomi (è stata anche l'occasione per chiarirmi definitivamente dove
cadesse l'accento, anche se probabilmente continuerò, per abitudine invalsa, a
chiamarlo Tricòmi).
Il volumetto venne pubblicato nel dicembre del 2012 dalla
piccola casa editrice fiorentina Edizioni
Agemina e contiene appunto le memorie del giudice che ebbe una breve, ma
decisiva parte nell'indagine sui delitti attribuiti al Mostro di Firenze. Il libro non ha pregio
letterario e non vi si trova, in realtà, nulla di particolarmente nuovo; non metterebbe neppure conto di parlarne se
non fosse che in un forum dedicato (credo oramai l'unico sopravvissuto: I
Mostri di Firenze su forumfree) si è
recentemente riaperta la polemica su un presunto ruolo ambiguo di Tricomi nelle
indagini, attribuendogli, solo sulla base di una citazione sbagliata da parte
dell'avvocato Fioravanti nel corso del processo Pacciani, anche una diretta
partecipazione alle prime indagini su Signa, in particolare agli interrogatori
di Natale Mele bambino avvenuti nella primavera del 1969.
Per quello che può valere, riporto qui alcuni passi del
libro che possono fornire un quadro dell'intervento del giudice Tricomi nelle indagini
sul caso criminale del Mostro di Firenze; a patto, ovviamente, che si sia
disposti a credergli.
Cominciamo col dire che il libro, da evidenze interne,
risulta scritto in quello stesso anno 2012 nel quale fu pubblicato, poiché il
giudice riferisce inizialmente di essere nato, a Catania, nel 1931 e di aver
compiuto 80 anni all’atto della stesura dell’opera. Racconta poi brevemente
episodi personali dell’infanzia e dell’età studentesca, fino all’ingresso in
magistratura quale uditore giudiziario a Roma nel maggio 1957. Dopo un periodo
di lavoro alla pretura e poi al tribunale di Modica, nel 1966 ottenne il
trasferimento alla prima sezione penale del tribunale di Firenze, potendo così
vivere direttamente la catastrofica esperienza dell’alluvione. Intorno alla
fine del 1970 divenne giudice istruttore di quel tribunale. In queste pagine,
il giudice Tricomi nomina diverse inchieste da lui condotte, senza fare alcun
accenno ai delitti del mostro del 1968 e 1974; e ricorda anche, in numerose
pagine, la tragedia di Ustica, dalla quale era fortunosamente scampato, e il
suo controverso seguito.
Ma veniamo alla prima menzione diretta del caso che qui ci
occupa [Nota: abbrevio le citazioni in più punti solo per comodità; e correggo
alcuni errori presenti nell’edizione]. “Fu
in quel periodo di relativa calma, verso la fine di giugno [1981], che mi fu assegnato il procedimento contro
certo Spalletti, detenuto per duplice omicidio. Il pubblico ministero si limitò
ad arrestare l'imputato e lo trasmise in giornata all'ufficio istruzione. Mi
resi subito conto che non si trattava del solito omicidio. Si trattava di due
giovani che si erano appartati in macchina nella campagna. L'assassino aveva
sparato attraverso il finestrino uccidendo i due giovani. Il corpo della
ragazza era stato trascinato fuori, completamente denudato e orrendamente mutilato
con l'asportazione del pube. L'unico elemento a carico dello Spalletti era
costituito dal fatto che ne era informato e ne aveva parlato anche al bar,
prima che venissero scoperti i corpi dei due giovani da parte dei carabinieri,
circostanza che l'imputato pervicacemente si ostinava a negare. A questo punto
era arrivato il momento delle vacanze... "
Dopo aver descritto le meritate vacanze dell’estate 1981,
Tricomi così continua: ”I primi di
settembre riprese il lavoro. Per prima cosa mi occupai del processo per il
duplice omicidio e di individuare un medico, segnalato dai carabinieri come
guardone, che era in rapporti con lo Spalletti. Trovai sul mio tavolo anche un
voluminoso fascicolo, di cui si era occupato un collega che non era più
all'ufficio istruzione, con la richiesta di archiviazione perché rimasti ignoti
gli autori del fatto, che attirò la mia attenzione. Si trattava del duplice
omicidio di due giovani, avvenuto nel settembre del 1974, nei dintorni di Borgo
San Lorenzo. (…) Ovviamente non accolsi la richiesta del P.M., ordinai
proseguirsi nell'istruttoria e l'unione al fascicolo di cui mi stavo già
occupando”. [Nota: sappiamo invece che il collegamento tra Borgo San
Lorenzo e Scandicci fu fatto dopo un paio di giorni sulla stampa; quindi
Tricomi o ricorda male - anche in
funzione autoelogiativa - o si riferisce alla riunione formale del fascicolo
presso il suo ufficio, che può essere avvenuta con ritardo.]
Si passa poi alla narrazione di Calenzano e delle sue
conseguenze, tra le quali il collegamento con Signa che viene qui spostato
all’indietro nel tempo rispetto alla realtà:
“La sera del 22
ottobre arrivò una telefonata dei carabinieri per avvertirmi che nella campagna
vicino a Prato era stato commesso un altro duplice omicidio con modalità
analoghe ai precedenti. Anche in questo caso la ragazza era stata mutilata con
l'asportazione del pube. A questo punto era evidente l'estraneità dello
Spalletti e provvidi a ordinare la sua immediata scarcerazione. (...) Chiesi
poi alle questure e ai comandi dei carabinieri in territorio italiano e
all'Interpol per l'estero se si fossero mai verificati episodi simili. Non
risultò che nel mondo, almeno in tempi recenti, ci fossero duplici omicidi con
la particolare mutilazione della donna, ma ugualmente questa richiesta ebbe la
conseguenza di imprimere una svolta al processo. Una mattina arrivò infatti un
sottufficiale dell'arma dei carabinieri, credo che appartenesse al nucleo
investigativo, portandomi un pezzettino di un giornale, nel quale c'era un articolo
che parlava della scarcerazione di tale Stefano Mele, dopo avere scontato la
pena inflittagli dalla corte d'assise di Firenze di sette anni di reclusione [Nota:
sic! Mele in realtà fu condannato in via definitiva a tredici anni, di cui due
condonati; fonte: La Nazione 13
aprile 1973], per avere ucciso la moglie
Barbara Locci e il suo amante, Antonio lo Bianco, che aveva sorpreso mentre
facevano l'amore nella vettura dello Bianco nelle campagne di Signa. Il Mele
era stato condannato, con la concessione di diverse circostanze attenuanti, a
solo sette anni di reclusione. Il sottufficiale mi chiese se era possibile
richiedere il fascicolo ed acquisire i corpi di reato. Per il fascicolo gli
dissi che l'avremmo avuto immediatamente, mentre era probabile che gli
eventuali corpi di reato, per esempio l'arma con cui era stato commesso il
delitto, fossero stati distrutti dato il tempo trascorso. Preparai una lettera,
con la quale chiedevo all'archivio la trasmissione del fascicolo in visione e la
detti al sottufficiale dei carabinieri pregandolo di farselo consegnare
direttamente. Avemmo fortuna. Allegati alla perizia balistica c'erano i bossoli
di una pistola calibro 22 con la H sul fondello e le caratteristiche tre
incisioni, lasciate dall'estrattore difettoso per cui eravamo già sicuri,
indipendentemente dalla perizia, che fu eseguita dopo e confermò il nostro
convincimento. Inoltre l'arma non era stata trovata dagli inquirenti ed era
indubbiamente la stessa che aveva ucciso nel 1974 nel giugno e nell'ottobre del
1981. Avevamo finalmente una pista da seguire. Cominciai a leggere il fascicolo
con attenzione e mi sorprese la superficialità e incompletezza
dell'istruttoria, che era stata condotta a quel tempo”.
Ritengo che l’errata collocazione nel 1981 del collegamento
con Signa abbia la funzione precipua di attribuirsi il merito di aver lui
indotto la ricerca dei precedenti. Non
abbiamo traccia documentale di questa ricerca, bensì di quella, ben posteriore,
della Procura, di cui abbiamo ampiamente parlato su queste pagine (si veda: qui, qui
e da ultimo - ma non ultimo - qui);
ma naturalmente la mancanza documentale non certifica in sé l’inesistenza di un
fatto. Fortunatamente, sappiamo per certo che l’individuazione del precedente,
vero o falso che fosse, avvenne nel luglio 1982. Secondo Tricomi fu comunque
Fiori a occuparsi direttamente, su suo incarico, di recuperare il fascicolo
(anche se non vi è cenno dell’inutile viaggio a Perugia altrimenti
documentato).
Riprende il giudice, passando appunto al cruciale anno 1982:
“Il 1982 fu denso di avvenimenti. (...)
La sera del 19 giugno (...) una telefonata della collega Silvia della Monica,
che mi annunciava che il mostro aveva colpito ancora e che un'autovettura dei
carabinieri stava arrivando per portarmi sul posto. (...) Io e la collega della
Monica ci sentivamo frustrati e depressi. L'unico dato certo era l'uso sempre
della stessa pistola, che era evidente dai bossoli raccolti. Fu a questo punto
che invitai i numerosi giornalisti
presenti in disparte e chiesi loro di aiutarci con una falsa notizia; giacché
il giovane non era morto subito e l'assassino non poteva sapere quanto tempo
fosse vissuto, dovevano pubblicare che questi aveva parlato con me all'ospedale
prima di morire. I giornalisti accolsero la richiesta e la notizia apparve
l'indomani sul quotidiano La Nazione [Nota: anche questo passaggio è
sospetto di autocelebrazione, considerata l’analoga rivendicazione
dell’iniziativa fatta dalla Della Monica].
Inizialmente sembrò
che questa non avesse raggiunto un qualche risultato, solo dopo una decina di
giorni fu scoperta in un fosso nel mezzo di un bosco della Maremma
l'autovettura di Francesco Vinci, occultata sotto un mucchio di frasche. (...)
Poiché in quel torno di tempo la moglie di Francesco Vinci era stata medicata
in ospedale per numerose ferite causate dalle percosse inflitte dal marito, la
collega ne approfittò per ordinarne l'arresto per maltrattamenti e lesioni ai
danni della donna. Io presi 10 giorni di ferie (...) era l'anniversario del
nostro matrimonio e festeggiavamo le nozze d'argento e così per un po' potei
liberarmi del pensiero del serial killer. Rientrammo a Firenze il giorno che a
Madrid si giocava la finale del campionato del mondo di Germania Italia.[Nota:
la partita venne giocata il giorno 11 luglio, ben prima che si rinvenisse materialmente
il fascicolo su Signa!] (...) In agosto
trascorremmo le vacanze a Camaldoli, con le sue bellezze e visitando i dintorni,
Poppi, Bibbiena, la Verna, la riserva naturale della foresta del Casentino (...)”
[Nota: e questo è il periodo in cui Tricomi sarebbe invece stato tra Scicli,
Sampieri e Modica a occuparsi del delitto Ciabani, un caso che nel libro viene
del tutto ignorato].
Prima delle vacanze Tricomi narra di aver presentato
richiesta di trasferimento alla Corte di Appello di Firenze, trasferimento che
aprì un nuovo capitolo della sua carriera il giorno 11 aprile 1983. Carriera
che a questo punto, peraltro, non ci interessa più. Nel volume non si fa più
menzione del caso del Mostro di Firenze se non per ricordare la contestazione
degli otto duplici omicidi (1974-1982) a Francesco Vinci (“fatta a malincuore” per mancanza di prove; sarà poi decostruita
dal nuovo giudice istruttore Rotella) e il delitto di Giogoli, per il quale Tricomi
ritiene che fosse un tentativo di scagionamento a opera di un nipote
affettivamente legato a Francesco Vinci, un soggetto ben noto ai lettori di Mario Spezi.
La Città - Settembre 1983 |
Che commento possiamo fare, a parte quello, ovvio, che le
autobiografie vanno sempre prese cum
grano salis e che il giudice denuncia scarsa memoria rispetto ai tempi
degli accadimenti che descrive? In particolare abbiamo una terza versione di
Tricomi sulla nascita della pista sarda, dopo il biglietto consegnato a Spezi
nel 2001 e l’intervista a Paolo Cochi, che è del 2011, l’anno precedente a quello di redazione del
libro. Salvo l’errore temporale, che si ritrova già nella dichiarazione del
2002, le versioni sono sostanzialmente coincidenti. Il discorso, apparentemente,
fila. Tricomi o chi per lui ordina di cercare i precedenti, Fiori – da solo con
un aiutino – individua il duplice omicidio di Signa e il resto lo sappiamo.
Resta fuori da questo schema la segnalazione anonima di cui alla richiesta
della Della Monica, che vi era stata spinta proprio da Tricomi (vedi articolo
precedente già citato). Per inserire l’anonimo nel contesto c’è bisogno di un
nuovo (o vecchio) paradigma, che però rimarrà del tutto ipotetico finché
qualcuno non pubblichi il testo stesso dell’anonimo, qualora ancora esistente.
In merito spero di riuscire a formulare,
con la dovuta calma, un’ipotesi di lavoro.
Molto interessante come al solito, grazie.
RispondiElimina(leggere delle agognate vacanze in quel contesto di sangue ha irritato solo me?)
no :(
EliminaE perchè mai, scusate? Alle vacanze hanno diritto solo le maestre e gli impiegati? Ci vanno anche gli avvocati, i giudici, i medici e gli infermieri. Se per ogni "fatto di sangue" queste categorie non potessero mai staccare, lavorerevvero h24, non vi pare?
EliminaEccellente come sempre
RispondiEliminacome al solito grazie dell'articolo, Frank.
RispondiEliminahazet
ottimo articolo, come di consueto.
RispondiEliminaCiao Frank,
RispondiEliminaOT rispetto all'articolo, ma sono curioso di sapere cosa ne pensi degli ultimi tre articoli (lettere) pubblicati su Insufficienza di prove.
http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2018/02/01-febbraio-2018.html
http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2018/01/27-gennaio-2018.html
http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2018/01/24-gennaio-2018.html
hazet
un qualche forumista mitomane?
Eliminain genere i messaggi troppo letterari (come quello, ben noto, ricevuto da Giuttari) li ritengo falsi
Ciao, lo stile letterario, però, è quello di Michela Miti
Elimina@Frank
RispondiEliminafa piacere notare che, anche a te, subito, a primo colpo d'occhio, la "vena letteraria" ha fatto storcere il naso :)
ciao
Hai letto la richiesta di Cezar_Sam a te indirizzata?
EliminaComplimenti per il libro , letto in un solo giorno ... mai capitato in vita mia di leggere un libro in un solo giorno
RispondiEliminaComplimenti per il contributo, sempre originale e di altissimo livello. Aldilà della memoria “ballerina” del Dott. Tricomi, l’aspetto più interessante, inutile negarlo, è il meccanismo del famoso collegamento del duplice omicidio di Signa con gli altri, all’indomani di Baccaiano. E ciascuno si sarà fatto una propria idea su come venne fuori tale collegamento, se dal Mar. Fiori o dall’anonimo (che a quel punto non poteva essere che il MDF o persona ad esso strettamente collegata) o magari da un’ipotesi intermedia tra le due. Io ritengo che, se non si vuole correre dietro a fantasiose teorie sulla Spectre che sostituisce i bossoli nel fascicolo (Spectre che si sarebbe scontrata col marasma che regna negli uffici giudiziari italiani e comunque Spectre della quale avrebbe dovuto far parte anche il Col. Zuntini, poichè non posso credere che non conservasse copia delle proprie perizie), la questione diventi dirimente solo nel caso in cui si propenda per il famoso (famigerato secondo le mie convinzioni) passaggio di mano della pistola oppure per un mdf interno al clan dei sardi, o comunque strettamente collegato ai personaggi indagati nel primo duplice omicidio. Chiaramente un SV non avrebbe avuto alcun interesse ad indirizzare gli inquirenti del 1982 verso Signa: non sarebbe stato un depistaggio ma una vera “dritta” agli inquirenti ed a proprio danno. La questione ovviamente perde rilievo se si ipotizza un mdf magari collegato in qualche modo alle vittime di Signa (o anche ad esse totalmente estraneo) ma mai sfiorato dalle indagini e non direttamente individuabile con indagini basate sui sardi.
RispondiEliminaDubito purtroppo che si possa proporre un'ipotesi sensata senza conoscere il reale contenuto del messaggio richiesto indietro dalla Della Monica ai CC. Qualche considerazione tuttavia si può avanzare, a rischio ovviamente di essere clamorosamente smentiti se e quando il testo uscirà fuori. E' un rischio che non sono sicuro di volermi prendere :-) ci sto pensando. Grazie per i complimenti.
Eliminagrazie per questo dettagliato resoconto. mi piacerebbe leggere l'autobiografia di Tricomi, in quanto sono curiosa di sapere dove è andato, di cosa si è occupato dopo aver lasciato Firenze. e, sempre da curiosa mi piacerebbe sapere se Tricomi nell'agosto 1982 si trovava in Sicilia, nei pressi di Scicli ____mi riferisco alla morte di Elisabetta Ciabani_____o nel Xasentino come scrive nella sua autobiografia
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