giovedì 8 agosto 2024

La datazione del duplice omicidio degli Scopeti: un inquadramento storico.

I dubbi sulla esatta datazione dell’ultimo duplice omicidio attribuito al Mostro di Firenze (settembre 1985, piazzola di Scopeti in comune di San Casciano) iniziarono fin da subito - e a dire il vero permangono alla data odierna. Il perché l’esatta datazione del delitto sia qualcosa di più che una quisquilia da “mostrologi” topi di biblioteca verrà spiegato alla fine dell’articolo. Procediamo ora con una cronistoria dei pareri, scientifici e non.

Su La Nazione del 10 settembre, ossia il giorno dopo il ritrovamento dei cadaveri, il titolo dell’articolo di Mario Spezi era già: “Trovati 20 ore dopo il delitto” [Nota 1. Il calcolo non è comunque corretto, poiché i cadaveri furono rinvenuti intorno alle ore 14 del lunedì 9 settembre e andando all’indietro di 20 ore si arriva all’improbabile orario delle 18 di domenica]; mentre nella stessa data, nella pagina precedente, il prof. Maurri, che aveva eseguito le autopsie in tutti i casi precedenti a partire dal 1974, dichiarava al giornalista Giovanni Morandi, che gli chiedeva quando i giovani fossero stati uccisi: “Non possiamo dirlo con certezza. La temperatura esterna e quella interna alla tenda sono diverse. Sbagliare di 12-20 ore su 60 è facile in queste condizioni. Forse sono stati uccisi nella notte tra il sabato e la domenica, forse nella notte tra domenica e lunedì” [Nota 2. Analoga la dichiarazione riportata dal corrispondente de “La Città”, il secondo quotidiano fiorentino]. Il giorno successivo, 11 settembre, Morandi doveva aver ricevuto altri e diversi input dagli inquirenti; infatti, in una ricostruzione generale del viaggio di Jean-Michel e Nadine fino alla notte dell’omicidio situava il delitto alla notte della domenica; e aggiungeva significativamente: “prima di mezzanotte, forse verso le 23”. In pari data, “La Città” attribuiva la sicura datazione allo stesso Maurri, che al giornalista Maurizio Di Mauro aveva detto: “Sono morti la notte tra domenica e lunedì. Su questo non vi sono dubbi”. L’assonanza tra queste dichiarazioni alla stampa e l’esito definitivo delle autopsia potrebbe far pensare che la decisione fosse stata già presa. Cosa fosse intervenuto tra il 9 e il 10 settembre per far propendere l’illustre luminare della medicina legale fiorentina per la data più tarda non è ben chiaro; tanto più che la perizia della vittima maschile doveva ancora essere eseguita [Nota 3. L’autopsia su Jean-Michel sarà eseguita nella mattina del giorno 11 settembre; e il cadavere della donna, l’unico in quel momento già sottoposto ad autopsia, era quello che mostrava i più avanzati segni di decomposizione e che non sarà utilizzato per stabilire il momento del decesso!].

Discordante il parere del prof. De Fazio e della sua equipe di criminologi, che nella sua relazione sul delitto di Scopeti [Nota 4. La copia in mio possesso non è datata] scriveva alla committente Procura di Firenze: “(...) sulla base dei riscontri tanatologici, l’epoca della morte è risultata collocabile nella notte tra il 7 e l’8 settembre (sabato/domenica)” purtroppo in modo apodittico, già dall’intitolazione del documento, senza motivare il suo dissenso dalla data stabilita dall’équipe Maurri. A quanto si legge sui giornali dell’epoca, De Fazio, medico legale, era arrivato in ritardo sulla scena del crimine, ma aveva comunque potuto esaminare i cadaveri, insieme al prof. Maurri, prima della rimozione e aveva, almeno in parte, assistito alle operazioni necroscopiche [Nota 5. Come da lui stesso dichiarato in aula, ad esempio nell’udienza del 11 gennaio 1998 al processo “Compagni di Merende”. Il lettore interessato al tema potrà farsi un’idea del grottesco e paradossale voltafaccia dei periti, che nel corso dei due processi (Pacciani e Compagni di Merende) avvenne su questo e altro, compulsando con attenzione la trascrizione dell’intera udienza, reperibile sul sito “Insufficienza di Prove”; a giudizio di chi scrive, uno spettacolo riprovevole. Ma si veda anche infra].


 

Vediamo allora in breve, senza scendere in questa sede in tecnicismi superflui, l’esito delle perizie autoptiche sulle vittime. I periti premettevano alle loro conclusioni che “un parere circa l’epoca della morte non può avere valore apodittico né di assoluta precisione e che anzi, pur nella corretta considerazione di tutti gli elementi a disposizione, errori in difetto o in eccesso sono sempre possibili e tanto maggiori quanto più lungo è il tempo trascorso dal momento presuntivo della morte a quello dell’esame del cadavere”. Successivamente, spiegavano di essersi basati per la valutazione tanatologica sulle condizioni del cadavere dell’uomo, in quanto la vittima femminile, rimasta nell’ambiente surriscaldato della tenda ed esposta all’azione della fauna cadaverica, presentava un’evoluzione anomala (nel senso di “sicuramente più rapida”) della putrefazione; il che è un argomento che sembra di buon senso, se non che, ai giornali fiorentini, Maurri aveva già genericamente parlato di “cadaveri (plurale) quasi illeggibili perché in avanzato stato di decomposizione”, ovvero senza distinguere tra vittima femminile e vittima maschile (e si veda anche la precedente Nota 3). In conclusione, forti del rilievo di un mancato intervento della fauna cadaverica sul corpo di Jean-Michel, [Nota 6: Lascia allora perplessi, in altra parte della perizia, l’annotazione che alla mezzanotte, all’Istituto di Medicina Legale, si osserva “un’iniziale deposizione e schiusura di larve di mosca”, come se le mosche carnarie fossero libere di svolazzare all’interno dei locali deputati alla conservazione dei cadaveri. Sembrerebbe più probabile che le uova fossero state deposte in loco e non rilevate nel primo sopralluogo] concludevano che “è probabile che il decesso dei due francesi sia da collocarsi nettamente prima della mezzanotte fra domenica e lunedì. In altre parole, al momento del primo sopralluogo medico-legale si ritiene che fossero passate 16-18 ore dalla morte di entrambe le persone”; considerando come orario del primo sopralluogo le ore 17 di lunedì 9, si risale quindi, con grande precisione, al periodo tra le 23 di domenica all’una di notte del lunedì. Questa perizia medico-legale, a firma Maurri, Bonelli e Cafaro, è tuttora nota ai non addetti ai lavori solo parzialmente e ha dato adito, in tempi recenti e sui social, a numerose polemiche che hanno segnalato apparenti incongruenze, con riguardo all’interpretazione discordante di dati tanatologici, quali il momento della risoluzione del rigor mortis sulla vittima maschile [Nota 7. Polemiche in cui non entriamo per ignoranza della materia. Per un’analisi nel dettaglio, si vedano “Delitto degli Scopeti. Giustizia mancata”, di Adriani, Cappelletti, Maugeri, ed. Ibiskos-Ulivieri e per la documentazione disponibile online il sito “Mostro di Firenze. Un caso ancora aperto” alla pagina https://www.mostrodifirenze.com/1985/09/11/10-11-settembre-1985-perizia-autoptica-di-nadine-mauriot-e-jean-michel-kraveichvili/]. Questa datazione, peraltro, era anche una conferma scientifica di quanto risultato dalle indagini, poiché la vittima femminile era stata riconosciuta dal suocero del gestore della pensione “Ponte degli Scopeti” per aver consumato un’acqua brillante al bar la mattina di domenica 8 settembre; il che, presumendo la certezza del riconoscimento, poneva con sicurezza il termine post quem del delitto in un momento successivo alle ore 11 di quella giornata. E’ pur vero che le, invero vaghe, dichiarazioni dei gestori erano state raccolte ufficialmente solo il 12 settembre dai CC della Stazione di Impruneta. E a tal proposito, ponendosi nella situazione di dubbio sistematico nella quale sempre deve situarsi, per principio, lo storico, si potrebbero ipotizzare due scenari. Il primo, che vi sia stata un’anticipazione informale che possa aver indebitamente influenzato l’esito della perizia: sapendo che le vittime erano al bar la domenica mattina, non potevano essere state uccise prima della domenica sera. Il secondo, che la previa diffusione giornalistica del parere di Maurri orientato sulla domenica sera come data del delitto, abbia convinto i testimoni, inizialmente dubbiosi, di veramente aver visto la coppia francese. Si tratta di illazioni qui formulate senza nessuna pretesa di verità. La terza ipotesi, che non si può per ora scartare, è ovviamente che sia Maurri che i testimoni ci abbiano visto giusto, i ragazzi erano vivi la domenica mattina e tutto è andato secondo quanto emerso dai processi.

Dal nostro punto di vista di osservatori non specialisti, può essere interessante notare che il risultato della perizia non fu forse del tutto condiviso già all’epoca nell’ambito dell’istituto di Medicina Legale. Infatti, su “La Nazione” (28 dicembre 1985) un articolo di Mario Del Gamba, nel dare la notizia del deposito della perizia autoptica, dopo aver ricostruito quella che sarebbe poi diventata la versione ufficiale del delitto, riferiva: “Un unico dubbio da parte dei periti riguarda il giorno del delitto. Si ritiene che sia avvenuto nella notte tra l’8 e il 9 settembre, probabilmente prima della mezzanotte, ma non è esclusa, anche se giudicata meno probabile, la possibilità che sia stato compiuto la notte tra il 7 e l’8”. [Nota 8. Questa incertezza di fondo è stata confermata, molti anni dopo, dal prof Marello, dell’istituto di medicina legale di Firenze, non firmatario della perizia autoptica, il quale riferisce che “ci fu una grande discussione non soltanto tra i periti, ma anche tra noi della medicina legale. L’aver attribuito la morte alla domenica fu una spinta del prof. Maurri, che era il più esperto tra di noi e ha avuto l’ultima parola in proposito …”; si veda Mostro di Firenze – Al di là di ogni ragionevole dubbio di Cochi – Bruno – Cappelletti, pag. 259].


 

Un altro parere discordante venne dato qualche mese dopo dal colonnello dei Carabinieri Nunziato Torrisi, all’interno del suo Rapporto Giudiziario del 22 aprile 1986, con il quale individuava Salvatore Vinci come autore di tutti i delitti dal 1968 al 1985. Nel Rapporto il colonnello osservava, pur ammettendo di non essersi trovato sul posto e di basarsi solo su rilievi fotografici, che lo stato dei cadaveri indicava piuttosto come data del delitto la notte del sabato senza neppure escludere quella del venerdì. E’ da tener presente, in tutti i casi, che la spinosa questione dei controversi alibi di Salvatore Vinci potrebbe aver indirizzato l’investigatore verso questa valutazione critica della versione ufficiale. Ispirato dal lavoro investigativo di Torrisi, il giudice Rotella nella sua sentenza del 1989, scriveva che dell’alibi di Salvatore Vinci “non mette conto di parlarne, per la ragione semplicissima che non si è in grado di stabilire con certezza l'ora e nemmeno il giorno esatto della consumazione (sabato o domenica) (scil. del delitto di Scopeti)”. E’ peraltro sorprendente che Torrisi, nel formulare le sue ipotesi, non tenesse in alcun conto le testimonianze dei gestori del bar sopra accennate e che dovevano essergli ben note.

La questione tornò a essere di attualità nel corso del processo in Corte di Assise contro Pietro Pacciani; ma il prof. Maurri non poté che confermare le conclusioni raggiunte a suo tempo. Una possibile disamina più accurata in aula venne di fatto impedita dalle discussioni tra il Presidente Ognibene, l’avvocato Bevacqua e il P.M. Canessa. Anche se Pietro Pacciani non aveva alcun alibi valido neppure per le notti del 6 e 7 settembre [Nota 9. Come risultava dalle SIT del 19 settembre 1985, contrariamente a leggende diffuse su mezzi di informazione e social molto tempo dopo], all’accusa faceva gioco confermare la data di domenica 8, in quanto il teste Lorenzo Nesi affermava di aver visto l’imputato passare in auto su via degli Scopeti proprio in quel torno di tempo. La difesa tentò di far sorgere nella giuria dubbi sull’effettiva data, ma in modo inefficace, senza presentare proprie consulenze a carattere scientifico, tanto che nella sentenza venne affrontato in realtà soltanto il problema del giorno di spedizione della nota lettera con il lembo di seno a Silvia Della Monica e non si mise in discussione la datazione ormai consolidata del delitto, accogliendo in toto le argomentazioni svolte nella perizia autoptica e basandosi sulle testimonianze già ricordate.

Nei motivi di appello, l’avv. Bevacqua ripropose il dubbio sulla data dell’ultimo duplice omicidio, ma sempre basandosi sulla indicazione (sabato 7 settembre) data dall’equipe De Fazio e sottolineando l’incertezza della prima testimonianza dei gestori della pensione “Ponte agli Scopeti”. La Corte, pur assolvendo Pacciani, con una sentenza poi annullata dalla Cassazione per tutt’altri motivi, confermò senza approfondimenti la data del delitto alla sera della domenica, ritenendo ragionevolmente più affidabile la valutazione di chi aveva materialmente eseguito l’autopsia e firmato la relazione autoptica rispetto a chi aveva solamente visto i cadaveri e assistito, da esterno, alla necroscopia. Quindi, riassumendo, abbiamo al momento il contrasto tra due pareri scientifici: Maurri che propende per la domenica, De Fazio e alcuni componenti della medicina legale di Firenze che propendono per il sabato; mentre l’unico dato testimoniale preciso orienta per la domenica.

Tuttavia, vi era un particolare che, all’epoca, era sfuggito a quasi tutti. Dobbiamo a questo punto fare un breve passo indietro e introdurre nella trattazione la figura della scrittrice inglese Magdalen Nabb. Scrittrice di gialli, residente da tempo a Firenze e quasi toscana di adozione, la Nabb aveva già pubblicato, sia in inglese che in italiano, una serie di romanzi polizieschi aventi per protagonista il maresciallo dei carabinieri Guarnaccia. Per dare un quadro credibile dell’ambiente e del modo di lavorare dei carabinieri in campo investigativo, la Nabb era entrata in contatto con alti ufficiali dell’Arma, con i quali aveva poi stabilito rapporti di amicizia e confidenza [Nota 10. Il suo dodicesimo libro della serie (Some bitter taste, 2002) reca un esplicito ringraziamento “al Generale Nicolino D’Angelo, per il suo prezioso, consueto aiuto per quanto riguarda l’Arma dei Carabinieri”]. In una serie di interviste ancora reperibili in rete (si veda la pagina web http://italianmysteries.com/nabb-interview-01.html in particolare la parte 8.), la scrittrice spiega la genesi del suo interesse per il caso del Mostro di Firenze, che l’avrebbe portata poi a scrivere un romanzo, sempre con protagonista il maresciallo Guarnaccia, mai tradotto in italiano. Un brano dell’intervista merita di essere citato: “Il Sunday Times a Londra fece un grosso servizio, prima (NdA: Il riferimento è agli anni in cui era in corso l’indagine su Pietro Pacciani antecedente al processo). E la giornalista che lo stava scrivendo venne da me. Molti giornalisti lo fanno quando devono coprire casi criminali, perché sanno che io ho i contatti giusti. La portai a Borgo Ognissanti e la presentai a varie persone. Fece un grosso servizio e tornò di nuovo mentre Pacciani era sotto giudizio per quei crimini, tornò e rivedemmo i detective che avevamo incontrato nella visita precedente; ci furono discussioni sulla data della morte di due vittime. Il fatto che le uova delle mosche si erano schiuse e le larve si nutrivano dei cadaveri suggeriva che l’epoca della morte fosse da situare 24 ore prima di quella ufficiale. (...) Una persona era a giudizio come serial killer e io ero in possesso di informazioni che potevano essere utili alla difesa. Le portai ai suoi avvocati, ma sfortunatamente dissero che conoscevano poco il caso poiché andava così indietro nel tempo [Nota 11. Qui la Nabb si riferisce alla preistoria dell’indagine relativa a Salvatore Vinci, ossia il suicidio - o presunto omicidio - della di lui moglie Barbarina Steri (1960)] e non potevano studiarlo nel poco tempo disponibile. (...) Decisi di fare uso della stampa; diedi le informazioni a un giornalista che seguiva il caso dall’inizio [Nota 12. Si tratta dell’onnipresente Mario Spezi, che a sua volta diede una concordante versione die fatti nel suo romanzo Dolci colline di sangue, dove il personaggio di Ethel nasconde appunto la Nabb] e lui pubblicò una serie di articoli giornalieri durante il processo di appello.” In sostanza, la Nabb, scettica in merito alla colpevolezza di Pacciani, aveva condotto una contro-inchiesta, utilizzando documentazione che le era stata fornita dai carabinieri, l’aveva proposta alla difesa Pacciani e, giacché non era stata utilizzata, l’aveva passata a Mario Spezi, che ne fece un’inchiesta giornalistica, pubblicata sul quotidiano “La Nazione”. 


 

Abbiamo conferma di questa versione da una lettera di Magdalen Nabb, inviata all’avv. Bevacqua in data 6 settembre 1995, nella quale si legge testualmente: “Durante le mie ricerche, svolte con l’aiuto dei carabinieri, sono emersi fatti e documenti che potrebbero risultare molto utili al suo cliente quando il caso va in appello e sono stata consigliata di mettermi in contatto con Lei”. Segue l’indicazione, come referenza, di un ufficiale superiore dei carabinieri di stanza a Borgo Ognissanti. Di più specifico interesse per il tema che stiamo trattando è un fax inviato sempre all’avv. Bevacqua il 29 gennaio 1996. Vi erano allegate 8 pagine tratte dalla “Rivista italiana di medicina legale”, nelle quali si presentava una metodologia di determinazione dell’epoca della morte basata sullo sviluppo medio delle larve di calliphora erithrocephala, avuto riguardo alla temperatura media di esposizione [Nota 13. Erano pagine estratte dall’articolo di Introna  F  Jr., Candeloro  D, Stasi  A M. Determinazione dell'epoca della morte mediante analisi matematica della durata dei cicli di Calliphora erythrocephala . Riv It Med Leg 1991 pag. 567-74. Questi documenti dall’archivio privato di Magdalen Nabb mi sono stati gentilmente forniti dal di lei figlio Liam.

 




 

L’interesse tardivo di Bevacqua era certamente stato destato dalla lettura di una serie di articoli di Spezi, in particolare quello del 23 gennaio, ove il giornalista scriveva: “Basandosi sullo stato del cadavere dell’uomo i periti fanno risalire la morte alla sera precedente, ma ad almeno sedici ore prima. L’allora capo della squadra Antimostro Sandro Federico e il medico legale Mauro Maurri notano che su di lei si sono già formate le larve di mosca carnaria. (...) Siamo tornati all’Istituto di medicina legale e abbiamo posto alcune domande allo stesso dottor Maurri sul ciclo riproduttivo di questo insetto (...)” La risposta di Maurri, come riportata nell’articolo, è che “se la media è di quarantotto ore, il valore minimo, secondo la nostra esperienza, non scende sotto le 36 ore”. Con una risposta di tal tenore, Maurri non si accorgeva di stare smentendo se stesso. Infatti Spezi ne dedusse che il delitto era stato commesso la sera del sabato 7 anziché la domenica 8, per cui le testimonianze (in particolare Nesi) che situavano Pacciani nei pressi di Scopeti la sera di domenica perdevano rilevanza. Erano comunque indicazioni temporali ancora grossolane, come vedremo in seguito. Ad ogni modo, il fax della Nabb arrivò a Bevacqua troppo tardi perché l’entomologia forense potesse entrare da protagonista nel processo di appello; questo almeno sembra potersi dedurre dal fatto che non ve ne è cenno alcuno nella sentenza del giudice Ferri che assolse Pacciani, mentre le trascrizioni delle udienze del processo di appello sono rimaste, per qualche strana ragione, ignote ai più. Resta però chiaro - attraverso l’intervento di Spezi mediato dalla Nabb - che almeno una certa componente dei Carabinieri, ancora nel 1996, continuava a non credere nella colpevolezza di Pacciani [Nota 14. Negli ultimi anni, all’epoca dell’uscita del suo romanzo, Spezi ripeteva questo concetto come un mantra, in ogni intervista] e si serviva, per smontare l’ipotesi processuale portata avanti dalla Procura, degli indizi che portavano a una retrodatazione di Scopeti.



 

 


Di maggior peso fu invece la discussione sul punto nel corso del processo “Vanni più altri”, in quanto il teste Pucci e il correo Lotti avevano situato con esattezza la loro presenza / partecipazione al delitto alla domenica 8 settembre. Contestare vittoriosamente quella data avrebbe significato sconfessare praticamente in toto la loro testimonianza. A ciò si impegnarono gli avvocati incaricati della difesa di Mario Vanni, Filastò e Mazzeo, che, nell’udienza del 6 novembre 1997, controinterrogarono a lungo i medici legali Maurri e Cafaro, facendo rilevare lo stato di avanzata decomposizione dei corpi e il parere opposto dei periti di Modena. Senza alcun successo, poiché la sentenza così si espresse sul punto. “E' da escludere, invece, che l'ora della morte dei due giovani possa risalire alla notte precedente tra sabato e domenica, come hanno affermato, in un'altra perizia collegiale, i periti proff. De Fazio, (...), nell'ambito di un diverso incarico ricevuto a suo tempo (...).Tale tesi non appare infatti condivisibile per due ordini di ragioni: - in primo luogo, perché la loro affermazione e stata fatta in via del tutto incidentale e comunque senza preventive indagini dirette sui cadaveri, come ha specificatamente riconosciuto lo stesso prof. De Fazio all'udienza del 12.1.98, quando ha riferito sul punto: "...nessuno di noi ha esaminato ..il cadavere...Noi assolutamente non abbiamo svolto alcuna indagine diretta sui cadavere ..."; [Nota 15. In udienza il Prof. De Fazio rispose in modo molto evasivo, contraddicendo la sicurezza con cui aveva ipotizzato la data del delitto nella relazione di cui già si è parlato. Su “La Nazione” del 10 settembre 1985, Sandro Bennucci aveva scritto: “ Il professor De Fazio ha esaminato e riesaminato più volte i corpi martoriati, insieme al professor Maurri, il medico legale”] - in secondo luogo, perché i due giovani francesi furono visti in vita la mattina di quella domenica 8 settembre, quando si recarono verso le "ore 11" a far colazione presso un bar poco distante ed esattamente presso il bar della pensione "Ponte agli Scopeti" sito a circa due km da Tavarnuzze, dove consumarono una ricca colazione a base di panini ed affettati, come hanno appunto riferito i testi Borsi Igino e Bonciani Paolo, che li servirono e che, a delitto avvenuto, riferirono subito la circostanza ai Carabinieri, dove si recarono il successivo 12 settembre”. Insomma, prevalse anche in questo processo la prova testimoniale e la valutazione scientifica non venne adeguatamente approfondita, né nel dibattito né nelle motivazioni della sentenza.

Nel presentare i motivi di appello, Filastò ritornò sulla questione della data, richiamando la testimonianza in Corte d’Assise di Sabrina Carmignani, (si veda l’udienza del 30 giugno 1997, sempre su Insufficienza di prove), la quale aveva affermato, essendosi fermata in auto presso la tenda il pomeriggio di domenica, di aver sentito cattivo odore “cioè, più che altro dava l'impressione se c'è qualche animale morto da giorni, ecco, più o meno quello.” Si trattava però di null’altro che dell’impressione, forse anche tardiva, di una testimone (particolare peraltro neppure fatto verbalizzare nell’immediatezza; ma si veda qui l’articolo giornalistico contemporaneo ai fatti, tratto da La Città del 10 settembre 1985) e la Corte ebbe agio di ribattere, in sentenza, che “la testimone (...) nulla ha visto e (...) contrasta in maniera nettissima con le dichiarazioni dei testi Borsi e Bonciani, i quali hanno dichiarato che la domenica mattina 8 settembre servirono un’abbondante colazione ai due turisti francesi che quindi allora erano ancora vivi e vegeti.” In sostanza, la precisa testimonianza visiva prevaleva ovviamente sull’impressione olfattiva e quanto all’analisi scientifica dei dati tanatologici la Corte si richiamava al parere dei medici legali già sentiti in primo grado.



 

Passata in giudicato, nel 2000 con la conferma delle condanne di Vanni e Lotti, la sentenza “Compagni di merende”, Spezi non si diede per vinto e fornì i materiali di cui disponeva al giornalista televisivo Pino Rinaldi, che lavorava per “Chi l’ha visto”. Concentrandosi sugli aspetti medico-legali della faccenda, i due chiesero un parere al prof. Francesco Introna, specialista di entomologia forense dell’Università di Bari [Nota 16. Uno degli autori dell’articolo scientifico che la Nabb aveva inviato a Bevacqua nel gennaio 1996]. Il parere del luminare fu che le larve visibili sulle fotografie del cadavere della donna al momento del primo sopralluogo (ore 17 del lunedì), essendo sia in I che III instar, non potevano essere state deposte sulla salma da meno di 36 ore [Nota 17. In perfetta coincidenza con quanto candidamente aveva ammesso Maurri intervistato da Spezi nel 1996], per cui si risaliva, per la ovodeposizione, alla mattina della domenica 8 e conseguentemente, per il delitto, alla notte tra sabato 7 e domenica 8. Il tutto quindi era da anticiparsi di un giorno, il che costituiva conferma, mediante l’entomologia forense, del parere sintetico dato dall’équipe de Fazio nell’immediatezza del delitto.

Della novità giornalistica approfittarono gli avvocati Filastò (già legale di Vanni) e Marazzita (che era intervenuto con successo al processo di appello contro Pietro Pacciani), i quali l’anno successivo richiesero la revisione del processo contro Vanni (Lotti era nel frattempo morto in carcere), apportando vari argomenti che, a loro dire, non erano stati presi in considerazione dalla Corte, in primo luogo l’esame del quadro cronotanatologico alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche dell’entomologia forense, illustrate da una perizia fornita all’uopo dal prof. Introna. La Corte di Appello di Genova, funzionalmente competente, si limitò a osservare che l’istanza non presentava nuove prove, ma soltanto una diversa valutazione di prove già esaminate in dibattimento (le fotografie del cadavere della vittima femminile e la relazione autoptica Maurri- Bonelli - Cafaro) e che pertanto non vi erano gli estremi previsti dalla norma per una revisione del giudicato. E in effetti le larve di mosca erano state viste e descritte nella perizia del 1985, senza però trarne particolari deduzioni in merito all’epoca della morte, forse perché l’applicazione in Italia della particolare disciplina era agli esordi.


 

Dopo il 2003 la questione rimase dormiente per lunghi anni finché, nel 2015, il documentarista Paolo Cochi portò a termine un’inchiesta che riportava il parere di vari medici legali ed entomologi forensi, ai quali aveva sottoposto le foto di ambedue i cadaveri tratte dai fascicoli della polizia scientifica. [Nota 18. Inchiesta condensata poi in un reportage televisivo diffuso online,Scopeti -l’ultimo delitto del mostro, e in un volume, Al di là di ogni ragionevole dubbio (di più autori) Enigma Edizioni 2016, poi con autore unico e stesso titolo per Runa Edtrice 2020] Due entomologi e tre medici legali interpellati [Nota 19. Rispettivamente i medici legali Giorgio Bolino, Carlo Campobasso, Antonio Osculati e gli entomologi Carlo Vanin e Simonetta Lambiase; inoltre Giovanni Marello, già citato. Una più dettagliata analisi della questione si può leggere nel blog “Calibro 22” all’indirizzo: http://calibro22.blogspot.com/2015/06/ultima-fermata-scopeti.html. Rimando inoltre al mio articolo “Mosche a Scopeti” (http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.com/2015/10/mosche-scopeti-1.html e pagg. seguenti, ottobre 2015, su questo blog], avendo esaminato le foto dei cadaveri mostrate dal documentarista, concordarono che era impossibile che al momento del sopralluogo fossero passate solo 18 ore dal decesso, come afferma la versione ufficiale. Di contro, diamo atto del parere avverso della entomologa Denise Gemmellaro, che in una recente intervista concessa al canale YouTube “Le notti del Mostro”, reperibile online, si è dimostrata scettica sulla possibilità di definire esattamente lo stadio evolutivo delle larve basandosi solo su reperti fotografici. Come noto a chi ha seguito la vicenda, vi sono mosche che depongono larve vive anziché uova, il che abbrevia notevolmente il ciclo di sviluppo. Ma nella stessa intervista, la Gemellaro afferma: “io magari, vedendo magari centinaia di larve al giorno, posso magari avere un’idea, perché ormai l’ho vista, la conosco, ok, questa è sicuramente una L3 (NdA: L3 è equivalente a Instar III)”. Quindi, a parere della dottoressa, sarebbe possibile a un entomologo forense fornire un parere esperto, non avente valore giudiziario, sullo sviluppo di larve viste in fotografia; ed è proprio quello che hanno fatto gli specialisti intervistati da Paolo Cochi. Insomma, sembra chiaro che nel 1985 non ci fu alcuna valutazione entomologica dei cadaveri, il che rende la situazione irrecuperabile dal punto di vista giudiziario, ma comunque suscettibile di diverse interpretazioni quando si affronta la ricostruzione storica dell’accaduto.

Oltre alla valutazione scientifica, vi sono altre considerazioni di buon senso, che elenchiamo ora brevemente, seguendo fondamentalmente il seminale volume già citato di Adriani e Cappelletti, e che possono indurre a dubitare della data del delitto e, conseguentemente, della veracità della testimonianza di Lotti e Pucci.

In primo luogo, posto che un testimone vide i due giovani piantare la loro tenda nella piazzola degli Scopeti nel primo pomeriggio di venerdì 6, non sappiamo immaginare cosa li avrebbe indotti a rimanere in loco per due giorni e mezzo e per di più rimanendo chiusi in tenda o aggirandosi a piedi per la campagna sia il sabato mattina che la domenica pomeriggio. E’ singolare infatti che più testimoni abbiano visto la tenda e l’auto nella stessa posizione in due diverse occasioni e sempre senza traccia degli occupanti. O meglio, vi è un particolare inquietante: la teste Sabrina Carmignani, intervistata dal corrispondente de La Nazione il giorno 11 settembre, aveva detto di aver intravisto all’interno della tenda “la forma di una persona sdraiata, forse addormentata”; sensazione riferita anche alla P.G. nel SIT del giorno precedente. Non venne verbalizzato invece il “cattivo odore di animale morto da tempo” di cui la teste parlerà al processo ai Compagni di Merende. In compenso, è lo scopritore del delitto, Luca Santucci, che verso le due del pomeriggio, in prossimità del cadavere di Jean-Michel nota un forte ronzio di mosche e avverte un cattivo odore che gli fa pensare a un gatto morto. Ma ormai siamo al pomeriggio del 9 settembre.

Nadine Mauriot gestiva a Montbéliard un negozio di scarpe e lo scopo del viaggio, oltre una breve vacanza in Italia, era una visita alla Fiera campionaria della calzatura di Bologna, in programma da venerdì 6 a lunedì 9 settembre; ma non risulta che le due vittime vi siano mai arrivate. La donna conservava gli scontrini, forse per motivi fiscali o altro, ma gli scontrini autostradali si arrestano con l’uscita dell’auto al casello di Rapallo mercoledì 4 settembre, mentre l’ultimo scontrino commerciale ritrovato, rilasciato da una tavola calda di Pisa, risale al primissimo pomeriggio di venerdì 6. Ovviamente non si può escludere che altri scontrini o documenti cronologicamente successivi si trovassero in un qualche portaoggetti o borsa portato via dall’assassino o da terzi dopo il delitto. Per retrodatare il delitto sulla base di queste considerazioni occorre però necessariamente contestare la genuinità del riconoscimento da parte del duo di gestori della Locanda agli Scopeti risalente alla domenica mattina. In realtà il quadro non è così pacifico come sarebbe poi sembrato ai giudici; il suocero vede “molto probabilmente” (così nelle SIT di Igino Borsi del 12 settembre 1985) la donna, il genero l’auto Golf bianca, ma non vi è traccia di Jean-Michel; i particolari riferiti molti anni dopo nei processi (un’abbondante colazione) sono accrescitivi e da prendere cum grano salis. La donna viene descritta con i capelli corti, come nella foto della patente di guida riportata sul giornale, ma all’epoca della morte Nadine aveva i capelli sulle spalle; come sappiamo, in altra pagina de La Nazione vi era una foto più recente di Nadine, con capelli più lunghi, per cui la questione del riconoscimento deve restare aperta, nel senso che rimane una possibilità che vi sia stato, in perfetta buona fede, uno scambio di persona. Preferisco invece considerare non dirimenti, né in un senso né nell’altro, le testimonianze tardive e in parte contraddittorie dei collaboratori della Festa dell’Unità di Cerbaia presentate dalla difesa Vanni, ritenendo che a quella distanza di anni non si sia in grado di ricordare con precisione in che sera della settimana un evento abbia avuto luogo. Anche l’argomento che Nadine avrebbe voluto essere di ritorno a casa entro la domenica sera per accompagnare la figlia in occasione del primo giorno di scuola non è a mio parere cogente (rimando per maggiori dettagli al mio articoletto “Ancora sulla data di Scopeti” http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.com/2015/11/ancora-sulla-data-di-scopeti.html).

Considerato tutto quanto sopra, a me rimane una domanda senza risposta. Come fece Maurri a optare per una data certa (domenica), prima di effettuare l'autopsia sulla vittima maschile, il cui esame autoptico sta alla base della data stessa, giacché le considerazioni sullo stato della vittima femminile vennero scartate a causa dell'alta temperatura della tenda, fenomeni putrefattivi accelerati eccetera?




 

Imbocco, viottola e piazzola di Scopeti allo stato del 2013

 

E’ il momento di concludere: De Fazio, trascurando successivi aggiustamenti opportunistici, fu il primo a situare decisamente la data del delitto a sabato 7; Torrisi propose una possibile datazione al venerdì 6. Vi fu poi la pista entomologica, anticipata dal duo Nabb – Spezi - ai quali va dunque riconosciuta un’importante primazia - riproposta da Filastò e infine riportata in auge da Paolo Cochi. Vi sono stati tentativi di smentirla, a mio parere poco convincenti. Anche indipendentemente dall’entomologia, il quadro indiziario, come delineato soprattutto in Adriani – Cappelletti, sembra confermare una maggiore probabilità per una retrodatazione. [Nota 20. Ma vi sarà sempre chi accetta la retrodatazione, ma ipotizza, per salvare capra e cavoli, improbabili scenari di guardianaggi ai morti e/o Lotti e Pucci e magari altri interessati allo spettacolo]

Ma cosa comporterebbe, in fine, la possibilità che i due testimoni della domenica abbiano sbagliato persona e Maurri abbia erroneamente determinato la data della morte di Nadine e Jean-Michel? Le testimonianze di Lotti e Pucci, già traballanti per molti altri motivi, verrebbero caducate, per lo meno per quanto riguarda la narrazione dell’ultimo delitto, pur non intaccando il precedente quadro indiziario acquisito dalle indagini contro Pietro Pacciani, che, come abbiamo detto, non era in grado di presentare alibi validi per nessuna delle sere dal 6 al 8 settembre. Si tornerebbe in sostanza alla situazione di dubbio precedente il processo indiziario del 1994. E’ un passo indietro che la giustizia forse non potrà più fare, ma la storiografia può comunque, per amore di verità, ancora proporre. 

 

P.S. Importante: da qualche tempo Blogger permette di commentare solo entrando nella pagina con Google Chrome; almeno così mi sembra di capire. Quindi se qualcuno ha qualcosa da dire o correggere, ne tenga conto. Astenersi Hazet. 

5 commenti:

  1. In definitiva, di quando sia stato commesso quel delitto non si sa nulla adesso esattamente come prima. Di cosa dicano i Carabinieri non ci si può fidare visti i precedenti di Signa e i rapporti con zucchini e fichi. Di cosa dica la Procura e le Sentenze non ci si può fidare altrimenti sono stati i CdM. Di Lotti non ci si può fidare visto che cambia versioni e particolari più di Natalino. Di Maurri non ci si può fidare perchè De Fazio lo smentisce, e di De Fazio non ci si può fidare perchè Maurri lo smentisce. Del rigor mortis non ci si può fidare perchè non è un orologio. Delle larve non ci si può fidare perchè erano solo in foto. E non ci si può nemmeno fidare, postumi, dei francesi che devono andare a Bologna e invece si fermano tre giorni in quel paradisiaco spiazzetto come se fossero al mare alle Maldive. Degli alibi e dei non alibi non ci si può fidare perchè non fanno testo essendo la data ignota. Dei testimoni altrettanto non ci si può fidare nè ad anni di distanza nè nell'immediato. E manco dei tagli di capelli ci si può fidare. In conclusione, articolo che non aggiunge nè toglie punti alle varie partigianerie dei mostrologhi delle varie fazioni e tutto resta esattamente come prima. Mai una soddisfazione. Mai.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Da una parte, ha ragione. La mia è stata una carrellata storica dei pareri discordi sulla datazione. Sottostante la mia acribìa, si intravede comunque un giudizio, tanto che questo articolo ... (come direbbe un avvocato, non posso dire di più ...). C'è anche qualche elemento ignoto ai più, che dovrebbe essere stato interessante. Indubbiamente da me non troverà mai certezze, ma spunti di riflessione e qualche approfondimento critico.

      Elimina
  2. Di una cosa però io mi fido,della logica razionale , e la logica razionale dice a tutti noi che è assolutamente impossibile,non improbabile,IMPOSSIBILE che quei due ragazzi abbiano campeggiato per tre giorni consecutivi in un posto del genere in un weekend di fine estate comunque ancora piuttosto caldo,dove le uniche attrazioni (per cosi dire) erano il ristorante "La Baracchina" e la sede degli Hare Krishna,dove i mezzi pubblici erano e sono tuttora pressoché inesistenti, dove hai la possibilità di spostarti con l'auto che viene regolarmente notata da molti testimoni sempre parcheggiata accanto alla tenda: ecco, dopo 39 anni aspetto ancora qualcuno che riesca ad ipotizzare qualcosa di plausibile che possa giustificare una simile situazione e che,disgraziatamente,ha fatto da asse portante per tutta l'impalcatura dei vari processi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io addirittura non mi immagino perché campeggiarono lì il venerdì, se è vero che piantarono la tenda nel primo pomeriggio.

      Elimina
  3. E perchè non avrebbero dovuto sostare lì il venerdì? Era indicativamente sulla strada per Bologna rispetto alle puntate al mare e pratico per l'autostrada. Arrivi da un tour chilometrico ed in capo ad un giorno (se vuoi essere già il sabato a Bologna, magari ma anche per certo in un alberghetto per farti anche una dormita comoda, una sana doccia calda e darti una bella strigliata), così da essere pronti per colloqui di lavoro e successiva macinata di chilometri per tornare a casa. E' venerdì, il mare è passato, trovi un buco qualsiasi, ti rilassi un attimo il pomeriggio, vai a mangiarti un boccone la sera e poi nanna, che domani si riparte. Certo, potevano trovare quello spiazzo tanto quanto un altro, dipende solo da che giro panoramico di strada si son fatti quel giorno. Non sussiste nemmeno molto il concetto che se monti la tenda il pomeriggio e poi ti allontani (un giretto il pomeriggio stesso? di certo comunque la sera per andare a mangiare) rischi che te le possano rubare. Non è che una igloo valesse poi chissà quale cifra, ed in tenda ci avrebbero lasciato chissà cosa di valore. E poi: ma dove sta scritto, Lotti e sentenze a parte, che quella tenda sia stata tagliata il momento del delitto? Insomma, il rischio di farsela fregare, se era già tagliata, scende e anche di molto (per quello si insiste sull'assurdo in quanto inutile ed avvisante taglio in contemporanea). E se l'idea, assai logica, loro era di ripartir per Bologna già il Sabato: male che fosse andata avrebbero dormito una notte in macchina e nulla più come scomodità pre fiera e business visto che tanto poi a Bologna mica avrebbero campeggiato sotto i portici. Sul perchè della data alla domenica, visto che tanto certezze non ve ne sono, dico la ragionata mia: si era in allerta mostro, si sapeva che c'erano particolari attenzioni in quel periodo, Procura e FF.OO. rassicuravano di controlli e Piani anti-mostro. E per tre giorni le pattuglie su e giù per le strade di area sensibile non notano una tenda a bordo strada e non fanno sloggiare gli occupanti causa rischio e pericolo? Ne' per tre giorni si accorgono di due cadaveri, di una tenda ed un auto abbandonata con tanto di un seggiolino da bambino dentro? Dai, che gran brutta figura di palta che avrebbero fatto! Proprio il fatto che non esista nè verbale nè conferma alcuna che le FF.OO. di normale pattuglia sulle strade (ma consce in pre allerta-mostro) abbiano nè visto nè allertato la coppia di francesi: dimostra quanto per il mdf colpire, in quello spiazzetto od in un altro campo o anfratto, fosse facile e a rischio ridottissimo anche nel 1985. Non c'era bisogno di nessun "Superman" nè di nessun "intrallazzo" o "complicità/copertura" da parte di nessuna figura istituzionale o in divisa o quant'altri.

    RispondiElimina

Il tuo messaggio apparirà dopo essere stato approvato dal moderatore.