Dire le cose come stanno (1)
Il tempo
disponibile in questo periodo è poco (questo del 7 aprile è il primo post
dell’anno!) per cui i miei lettori vorranno perdonare la concisione.
Questa sezione
potrebbe anche intitolarsi “perché sono stufo di leggere e sentire sciocchezze
sui social”…
Poche note per
ristabilire non la verità dei fatti su punti controversi della vicenda (la
verità non la conosciamo), ma almeno ribadire e chiarire quello che risulta dai
documenti disponibili e smentire bufale, panzane, invenzioni o anche solo
deduzioni passate per dati certi che continuano a circolare in rete e non solo.
E’ falso 1:
(la
definirei la madre di tutte le bufale): Pacciani (e Vanni! ho letto
recentemente) avevano alibi (di ferro! si aggiunge sempre) per venerdì e sabato
sera 6 e 7 settembre 1985, quindi non possono essere gli assassini di Scopeti,
retrocedendo, come è giusto, la data dell’omicidio. Interrogato il 19
settembre, dieci giorni dopo la scoperta del delitto, in seguito alla ben nota
lettera anonima contro di lui, Pacciani non addusse alcun alibi per la sera del
sabato 7, limitandosi a dire di essere tornato a casa alle 19 e di non essere
più uscito. Sul venerdì sera non gli si chiese nulla. Quanto a Vanni, nessuno
gli poteva chiedere alcunché perché all’epoca era ben lontano da ogni indagine;
e quando, nel 1990, cominciò ad essere tartassato dalla SAM in relazione alla
sua frequentazione di Pietro Pacciani, non poteva certo ricordarsi cosa avesse
fatto in due normali serate di cinque anni prima. A quel punto solo una
permanenza in ospedale, in carcere o in un paese straniero avrebbe potuto
fornirgli un “alibi di ferro”.
Fonte: verbale
di SIT dei Carabinieri della Stazione di San Casciano del 19 settembre 1985
E’ improbabile 1:
Maurri datò la morte dei due francesi alla sera della domenica 8
settembre (1985) perché influenzato dalle testimonianze Borsi – Bonciani, che
li ponevano in vita la mattina della stessa domenica intenti a fare colazione
nel bar della pensione “Ponte agli Scopeti”. I due testi vennero sentiti e
verbalizzati dai carabinieri della Stazione di Impruneta la mattina del giorno
12 settembre. Senonché già due giorni prima Maurri aveva espresso ai
giornalisti la certezza che il delitto fosse avvenuto la domenica sera. A
questo punto, per semplicità, mi riferisco a un mio precedente articolo su
questo blog: “(…) il Dott. Mauro Maurri,
che già nel tardo pomeriggio del martedì, ad autopsia della vittima maschile
non ancora effettuata, si pronunciava “senza dubbio” per un delitto avvenuto la
notte della domenica (La Città, 11 settembre 1985). Da cosa il Prof. Maurri
traesse tale certezza non è in realtà dato sapere, anche perché, a giudicare
dalla trascrizione parziale della perizia apparsa in rete, il dato fondante
sembra la mancanza, sul corpo di Jean Michel, di segni di intervento della
piccola fauna cadaverica, intesa non come larve di ditteri, che ci sono ( e in
perizia vengono prima confermate e poi negate, con evidente errore logico), ma
di topi e formiche: il che sembra un elemento assai debole per una valutazione
tanatocronologica. Anche l’idea - malevola ma non tanto astrusa – che il perito
si sia inchinato al peso delle testimonianze, le quali asserivano di aver visto
in vita le vittime la mattina della domenica, risulta in realtà infondata: infatti,
i testi Borsi e Bonciani vennero verbalizzati il giorno 12, due giorni dopo
l’acquisita certezza del perito in merito alla data del delitto; sicché si può
pensare semmai, al massimo, ad una conferma ad abundantiam di un’ipotesi
diagnostica già formulata”. Rimarrebbe solo l’ipotesi, molto improbabile,
che la notizia dell’avvistamento delle vittime la domenica sia trapelata
informalmente prima della verbalizzazione ufficiale e, riferita dagli inquirenti al perito,ne abbia
influenzato il giudizio. Molto più probabilmente siamo invece di fronte a una
datazione quasi certamente sbagliata, alla luce dei dati scientifici
recentemente riemersi, ma motivata da considerazioni di medicina forense.
Vi è poi il
corollario che si stabilì la data del delitto alla domenica per incastrare
Pacciani, bufala colossale che non merita neppure risposta, considerando che le
prime serie indagini su Pacciani iniziarono nel 1989/90, mentre l’erronea
datazione risale a due giorni dopo la scoperta del duplice omicidio.
Fonte: La Città,
11 settembre 1985
E’ incerto 1:
Horst Meyer e Jens-Uwe Ruesch erano gay e stavano avendo un rapporto
omosessuale quando furono uccisi (con quel che ne consegue sulle motivazioni
psicologiche dell’assassino ecc.). Di questo però non si trova prova alcuna;
soprattutto, dal verbale di sopralluogo della polizia scientifica a Giogoli,
risulta che entrambi i giovani erano per il resto nudi, ma con gli slip
addosso. E’ vero che in una foto del fascicolo fotografico gli slip del Meyer
sono abbassati, ma è probabilmente fatto post
factum dalla polizia scientifica per poter meglio evidenziare il foro del
proiettile al gluteo sinistro. Il fatto che le mutande di entrambi siano
intrise di sangue dimostra ampiamente che erano indossate al momento
dell’attacco. Inoltre vicino al cadavere del Meyer si nota un libro e lo stesso
Meyer con il braccio destro abbraccia un cuscino; mentre la posizione di
Ruesch, che si rifugiò nell’angolo posteriore sinistro del vano per cercare di
sfuggire ai colpi, non può essere di aiuto. Secondo De Gothia, solitamente bene
informato, la polizia tedesca definì le vittime “due notori omosessuali”,
mentre Perugini ricorda che in Germania li aspettavano al ritorno dal viaggio
in Italia le rispettive fidanzate. Non dispongo dei documenti a fondamento né
dell’una né dell’altra ipotesi. Certo, qualunque fossero i gusti sessuali delle
vittime, se etero, gay o bisex, non
sembra che dalla scena del crimine si possa desumere che al momento degli spari
fosse in corso un atto sessuale.
Sull’argomento,
si possono leggere gli articoli di Enea Oltremari (qui) e Antonio Segnini
(qui).
Fonte: verbale
di sopralluogo Nucleo Operativo carabinieri Firenze – Rilievi fotografici della
Polizia Scientifica Questura di Firenze in data 10 e 11 settembre 1983
E’ improbabile 2:
Elisabetta
Ciabani e Susanna Cambi erano amiche. Dal che più o meno si fa discendere che
Susanna conosceva il suo futuro assassino e ne aveva fatto il nome a Elisabetta,
la quale non ne parlò ad alcuno, ma dieci mesi più tardi (il lasso temporale è
ottobre 1981 – agosto 1982) fu seguita in vacanza in Sicilia (Sampieri,
provincia di Ragusa) e lì uccisa dal Mostro con un delitto che fu poi scambiato
per suicidio. Ulteriore motivo di sospetto sarebbe, non si capisce bene perché,
la presenza in un paese vicino – anch’egli in vacanza - del giudice istruttore
di Firenze Trìcomi, che indagava sui delitti del Mostro.
Ma qual è la
fonte che riferisce dell’amicizia tra Elisabetta e Susanna? Di solito si cita
il libro di Francesco Bruno e Andrea Tornielli “Analisi di un mostro” (1996),
ove si legge: “Le due ragazze, Susanna ed
Elisabetta, dunque si conoscevano, si frequentavano. Una coincidenza? Oppure
Susanna aveva avuto sospetti sul Mostro e si era confidata con Elisabetta prima
di essere uccisa?” E già che ci siamo, citiamo anche un articolo del
Corriere della Sera (20 marzo 1996) che
anticipa la notizia: “Elisabetta Ciabani,
la ragazza trovata morta, aveva ventidue anni, studiava architettura a Firenze,
la sua città, ed era amica di Susanna
Cambi, una delle vittime del mostro. Una circostanza passata inosservata per
tanto tempo e oggi rilanciata dal professor Bruno, docente di psicopatologia
forense alla Sapienza, che tenta lo scoop in un libro sul serial killer di
prossima pubblicazione. Secondo Bruno, Elisabetta Ciabani sarebbe un' altra
vittima del mostro di Firenze. Per lo specialista, che ha trovato orecchie
sensibili nel procuratore di Firenze Piero Luigi Vigna, ci sarebbero indizi
sufficienti per ritenere che Susanna Cambi conosceva l' identità del maniaco e
che confidò all' amica le sue preoccupazioni. Dopo la morte di Susanna, uccisa
il 22 ottobre 1981 mentre era appartata con il fidanzato Stefano Baldi, e dopo
il massacro di un'altra coppia, Antonella Migliarini e Paolo Mainardi, avvenuto
l' anno successivo, la Ciabani avrebbe deciso di rivelare i suoi sospetti,
parlandone probabilmente in giro. E diventando una pericolosissima testimone.
Ce n'è abbastanza perché il caso venga riaperto, si legge in una nota della
casa editrice Arbor”.
A parte, però,
la pubblicità del libro (lo stesso libro in cui si afferma per la prima volta
un altro fatto rimasto in dubbio, il danneggiamento della tomba di Stefania
Pettini), sembrerebbe, salvo errore, che la prima affermazione della
frequentazione tra Susanna ed Elisabetta si trovi in un articolo pubblicato su
La Città del 26 maggio 1984, a firma M.N.D.C. (?), di spalla all’inchiesta a
puntate sui delitti del mostro dell’avvocato Filastò. L’articolo, che riassume
le morti sospette di giovani donne legate al quartiere fiorentino di San
Jacopino, dice: “Ma la serie di
coincidenze che gettano una luce così sinistra sul quartiere di San Jacopino
non è finita. Elisabetta Ciabani che abitava in via Ponte all’Asse n. 13 (…) fu uccisa da due coltellate il 22 agosto 1982 in un villaggio di vacanze in Sicilia. Questo delitto
più degli altri ricorda il modus operandi dell’assassino delle coppie. Inoltre Elisabetta
conosceva Susanna Cambi che abitava a pochi passi dalla casa dove lei abitava con
la madre”.
Non ho trovato accenni precedenti a questa
presunta amicizia, quindi il tutto si ridurrebbe a una – relativa – vicinanza
d’abitazione; probabilmente una delle tante diaboliche coincidenze di cui
questo caso criminale è pieno. Più recentemente, infatti, Francesco
Cappelletti, nella cronologia contenuta in “Al di là di ogni ragionevole
dubbio”, ha scritto: “A lungo e spesso i
soliti noti hanno cercato di indurre a pensare che tra Elisabetta Ciabani e Susanna
Cambi esistesse una relazione di amicizia ma nessun riscontro in tale direzione
è mai stato accertato”. Ancora più recentemente, in un documentato articolo
sul quotidiano online Ragusa News, una giornalista scriveva: “Ma fu impossibile dimostrare che le due
ragazze si frequentassero. Nessuno degli amici della Cambi ammise di conoscere
la Ciabani e nessuno dei familiari di Elisabetta disse di credere a questa
possibilità. Riservata e introversa com’era, Elisabetta non avrebbe mai stretto
rapporti così confidenziali con un’altra persona” (Emma Maccanico Bonelli,
2 luglio 2017).
Fonte: La Città
26 maggio 1984
Grazie dell'utilissima puntualizzazione.
RispondiEliminaA proposito della morte della povera Eliabetta, da varie parti ho letto di un "suicidio" con coltellate al pube. Cosa piuttosto curiosa e che sa di suggestione. Sappiamo esattamente come sia stata uccisa (o come si è suicidata)? Ne pallava anche Giuttari in uno dei suoi testi. Saluti e grazie ancora ;)
Mah, i maggiori dettagli li trovi sulla Nazione agosto 1982 nell'archivio di Flanz: https://get.google.com/albumarchive/102650202927646952297/album/AF1QipNaLjXu6TWk0niWxTsIAns_IUhq6G3FhnLBVN1Y
EliminaNello stesso archivio anche gli articoli de La Città https://get.google.com/albumarchive/102650202927646952297/album/AF1QipNMvlly8zopfFqu3NP9tUoucXMNQVJS9ij-l43R
Può essere stato omicidio, può essere stato suicidio; quello che mi premeva far notare è che la diceria dell'amicizia tra Susanna ed Elisabetta, di fonte giornalistica poi ripresa da Bruno - Tornielli e acriticamente ripetuta da altri autori, sembra basarsi solo sulla poca distanza tra le abitazioni delle due ragazze, il che in una grande città come Firenze è veramente poco. Non mi risulta che vi siano testimonianze dirette di una frequentazione.
È un tema già affrontato in vecchi articoli, quelli relativi alla datazione del duplice delitto di Scopeti. A chi dobbiamo assegnare la paternità della bufala dell'alibi di Pacciani per il sabato? Spezi e Filastò sono senz'altro coloro che hanno maggiormente contribuito a diffondere questa leggenda. Vorrei almeno sperare che fossero in buona fede, ma ho i miei dubbi.
RispondiEliminaCredevo qualche anno fa che dalla retrodatazione del delitto si fosse arrivati a retrodatare l'alibi di Pacciani dalla domenica al sabato con una oscura logica. In realtà Pacciani non si sarebbe neppure recato a Cerbaia il sabato, se ci fidiamo delle sue parole del 19 settembre. Veramente un mistero...
Per quanto riguarda la domenica, anche se siamo ormai quasi certi che non avvenne nessun delitto quella notte, si legge nella foto del verbale che Pacciani sarebbe rimasto alla Casa del Popolo fino alle 2.00. È da intendersi 22? (immagino si tratti di un refuso)
Penso (ma non ne sono sicuro) che la storia dell'alibi di PP per il sabato sia stato diffuso da Spezi quando tentò di far riaprire il processo grazie alla consulenza di Introna. Quanto all'ora segnata sul verbale, può certamente trattarsi di un refuso, non credo che la Casa del popolo rimanesse aperta fino alle due di notte. Come ho già fatto notare in passato, l'alibi di Pacciani non si basa sugli orari (dopo le 22 avrebbe comunque avuto tutto il tempo di compiere l'omicidio prima di mezzanotte) ma sul guasto dell'auto. E c'era pur sempre il motorino, sul quale la polizia insisteva tanto (anche Pucci lo vide! e se ne ricordava dopo 10 anni!)
RispondiEliminaChe il Pacciani si insista a dire che c'avesse o meno un alibi per il sabato o per la domenica (tanto poi assai è più probabile il venerdì notte come giorno dl duplice omicidio), non sposta di una virgola il problema "arma cal.22 e Signa 1968".
RispondiEliminaI Pacciani, i Vanni, i Lotti, i Calamandrei, i Narducci, i cdm, i satanisti...: tutta roba buona giusto appena per occupare (tristemente e sulla pelle di alcuni) lenzuolate di distraenti fantasie.
Hazet