domenica 24 novembre 2019

Al cimitero di Signa


Nel suo pregevole volume “Storia delle Merende Infami” l’avvocato Filastò scrive più volte che il delitto di Signa avvenne “accanto al cimitero”, “dietro il cimitero” e qualifica addirittura il delitto come “i delitti al cimitero di Signa” (pag. 145); confonde poi il cimitero di Lastra a Signa con quello di Signa, a proposito della testimonianza Barranca (pag. 161). E’ un errore che si perpetua da tempo, ripercuotendosi da autore ad autore. 
 
Il cimitero di Signa  - San Miniato è in discesa, da sud a nord. L'ala più a nord (a sinistra nella foto) dovrebbe essere un ampliamento risalente agli anni Ottanta.
La prima citazione del Cimitero di Signa come elemento significativo nel delitto Locci – Lo Bianco compare già nella notte stessa del duplice omicidio. Il carabiniere Giacomini dice infatti al Giudice Istruttore Alessandri:  “Strada facendo in automobile il ragazzo disse che era stato al cinema con la madre e con lo zio e poi era andato in automobile con loro, e ricordava di essere passato vicino al cimitero. Non dava altre spiegazioni” (Verbale del 7 ottobre 1968).  Quindi è avendo come riferimento il cimitero, ossia passandoci davanti percorrendo via di Castelletti, su indicazione del bambino, che i carabinieri rintracciano l’auto, certo aiutati dalla luce di direzione lampeggiante.  Come ho già scritto in un precedente articolo, dal cimitero di Signa (San Miniato) all’incrocio con la stradina dove avvenne il delitto corrono più di 1.300 metri, quindi che il delitto sia avvenuto vicino al cimitero è termine relativo da prendere cum grano salis, in quanto il cimitero serve più che altro come punto di riferimento stradale nella ricerca. 

 
La facciata del cimitero, all'incrocio tra via di Castelletti e via Sorelle Gramatica

Carta IGM 1:50.000, su cartografia del 1963. Si vede il cimitero, a sinistra del numero 110 e più in alto a sinistra Villa Castelletti e la stradina lungo il Vingone


Infatti il 23 pomeriggio i carabinieri, nel portare il Mele a fare il sopralluogo, dopo aver raccolto, ma non ancora verbalizzato, la sua confessione, avendo constatato che dalla piazza del cinema il reo confesso non sa orizzontarsi, lo portano fino al cimitero; dal quale lui poi procede  a localizzare la scena del crimine. 
A verbale, quella sera, Mele riassume così: “Enrico (…) dopo aver percorso circa tre chilometri ed essere passato avanti al cimitero di Signa proseguì per la strada dritta che fiancheggia il cimitero e dopo poche centinaia di metri svoltò in una strada bianca posta sempre sulla destra fermandosi a circa cento metri dal bivio. (…) Una volta che Salvatore si accorse che Enrico aveva girato, fermò la macchina tra il cimitero e una casa colonica posta quasi vicino al bivio”. Questa versione, tra tante improbabilità, ha il merito di essere più o meno coerente con la geografia e la viabilità: infatti “Enrico” passa davanti al cimitero (il termine fiancheggia è impreciso), prosegue diritto e svolta a destra; Salvatore posteggia l'auto vicino a una casa colonica posta prima del bivio. Si tratta, con grande probabilità della casa che si vede in alcune foto d’epoca  e che si può apprezzare anche con Google earth




Il giorno dopo, nel passare l’accusa da Salvatore a Francesco, Mele è già meno preciso sui luoghi. Ne approfitto a questo punto per trascrivere i verbali di Mele del 24 agosto, che mi sono stati gentilmente forniti da Flanz Vinci di Insufficienza di prove e che comparivano solo per excerpta nel volume “Al di là di ogni ragionevole dubbio” (Cochi – Bruno – Cappelletti).

Interrogatorio ore 14.30
Procura della Repubblica di Firenze
L’anno 1968 il giorno 24 del mese di agosto ad ore 14:30 in Firenze, carceri delle Murate
avanti di noi dottor Antonino Caponnetto procuratore della Repubblica di Firenze assistiti dal sottoscritto segretario è comparso l’imputato sotto indicato il quale viene da noi invitato a dichiarare le proprie generalità ammonendolo delle conseguenze cui si espone chi si rifiuta di darle o l’età false.
L’imputato risponde:
Sono e mi chiamo Mele Stefano, già qualificato. Vengo informato delle dichiarazioni rese poco fa da VINCI Salvatore, e invitato ancora una volta a dichiarare la verità nell’interesse superiore della giustizia.
Si dà atto che l’imputato rimane per alcuni istanti assorto e pensieroso; a nuove sollecitazioni infine risponde: 
“La verità è che quella sera io ero con Francesco Vinci. Non ho fatto prima il nome del Vinci Francesco poiché ne avevo paura. Quando ci lasciammo quella notte dopo il delitto, Francesco mi disse: “fa il nome di chi ti pare, ma non il mio”. Un po’ per queste parole di Francesco, un po’ perché nella mattinata di ieri [cancellato nel verbale] avevo avuto per casa il Salvatore, per tanto tempo, un po’ perché anche con lui avevo avuto qualche discussione e anche lui era stato amante di mia moglie, mi decisi ieri sera, nel corso dell’interrogatorio messo a verbale, di fare il suo nome come istigatore e complice. Ma il Salvatore per la verità non c’entra.
Negli ultimi tempi avevo più volte parlato con Francesco della possibilità di “far fuori” mia moglie e l’uomo che avessimo scoperto assieme a lei; a tale scopo avremmo usato l’arma di cui Francesco era in possesso. Sapevo fin dal novembre scorso, anzi sapevo già ancor prima che Francesco entrasse in carcere, che egli aveva una pistola. Egli mi disse che la teneva nascosta in casa sua in un posto che non sapeva neanche sua moglie; però in precedenza, e cioè prima che entrasse in carcere, egli la teneva nel porta-attrezzi della lambretta chiuso con un lucchetto, sempre per quel che Francesco mi diceva. La sera del 21, dopo che mia moglie se ne andò al cinema con Lo Bianco e col ragazzo, cominciai a rimuginare nella mente l’idea di ucciderla. Conoscendo le abitudini di Francesco andai ad attenderlo all’uscita del bar in via IV novembre a Lastra a Signa di fronte alla farmacia. Francesco uscì in strada fra le 23:30 e le 23:45 e mi chiese subito dov’era Barbara; io gli risposi che “era andata fuori con un altro”, senza fare il nome di nessuno. Francesco si limitò ad invitarmi a salire sul suo motorino e si diresse verso Calcinaia, lasciandomi lungo la salita prima del paese ad attenderlo sulla strada mentre egli proseguiva in motorino verso l’abitato. Egli ritornò dopo 10 – 15 minuti. 

La strada in salita che da Lastra a Signa porta alla località Calcinaia, dove abitava Francesco Vinci

Non mi disse dove era stato, né cosa aveva fatto (solo successivamente egli mi disse che era andato a prendere l’arma, senza precisare dove) e mi fece subito risalire dicendomi così: “andiamo a Signa”. A dimostrazione del fatto che il Francesco pensava già da tanto tempo ad uccidere mia moglie, preciso che più volte egli aveva seguito mia moglie nei suoi appuntamenti con altri uomini e ciò mi era stato riferito da mia moglie e può essere confermato anche da Salvatore. Appena giunti a Signa quella notte passammo prima dal cinema Centrale [Nota: leggo in wikipedia che il cinema Centrale, poi demolito, si trovava nell'attuale piazza Ugo Pratelli] all’esterno del quale però non c’era alcuna macchina con le caratteristiche di quella di Enrico (io non avevo fatto a Francesco il nome del Lo Bianco ma gli avevo descritto le caratteristiche della sua macchina) e proseguimmo verso il cinema all’aperto nei cui pressi avvistammo la macchina di Enrico. Aspettammo una mezza oretta che uscissero i tre dal cinema: nell’attesa non scambiammo molte parole ma comunque ognuno dei due conosceva bene i pensieri e le intenzioni dell’altro. Ricordo che ad un certo momento chiesi a Francesco: “ed ora che si fa?” ed egli mi rispose: “ci penso io”, con tono deciso. Sul significato di queste parole io non ebbi alcun dubbio. All’uscita del cinema i tre stettero un po’ fermi in macchina per mettersi a posto e poi si avviarono verso Signa [cancellato nel verbale] Castelletti. Io e Francesco li seguivamo a una certa distanza col motorino di lui.
Quando poi la macchina del Lo Bianco si infilò nella stradina dove poi avvenne il delitto Francesco arrestò il motorino sotto il cimitero. Aspettammo alcuni minuti e poi ci inoltrammo anche noi nella stessa stradina camminando lentamente e cercando di non far rumore. Per primo si avviò Francesco ed io lo seguivo ad una decina di metri. Quando Francesco cominciò a sparare io ero ancora ad una decina di metri da lui. Lo vidi far fuoco attraverso il finestrino posteriore sinistro che aveva il vetro abbassato. Io seguitai ad avvicinarmi e mi portai sul lato destro della macchina. Mi resi subito conto che i due erano stati uccisi sul colpo senza avere il tempo di abbozzare la minima reazione. Vidi Francesco tirare all’indietro per il vestito il corpo di mia moglie, che era riverso su quello dell’uomo, e sistemarlo sul sedile anteriore; indi egli sistemò il corpo dell’uomo mettendogli a posto i pantaloni e la gamba sinistra, dalla quale si sfilò la scarpa che andò a finire vicino allo sportello sinistro. Non mi ricordo che mia moglie avesse le mutandine abbassate e che le siano state tirate su. Mentre Francesco metteva a posto i due corpi mio figlio si svegliò e chiamò: “babbo”. Io colto da un profondo senso di vergogna e di colpa, anziché rispondere a mio figlio e prenderlo con me, scappai verso il motorino e mi avviai a piedi lungo la provinciale senza neanche preoccuparmi di aspettare Francesco col motorino, anche per il timore che persone mi vedessero. Dopo un paio di km di strada fatta a piedi mi sono visto raggiungere da Francesco con il motorino; egli mi disse che aveva preso il ragazzo e l’aveva portato, proseguendo sulla strada in cui avvenne il delitto, presso una casa di contadini. Mi disse Francesco: “il bambino non deve parlare”. Però sono sicuro che se l’interrogate a solo il bimbo vi dirà la verità. Se fosse necessario sono disposto ad incontrare il ragazzo nel luogo che riterrete più opportuno per esortarlo io stesso a dire la verità. Con Francesco ci lasciammo quella notte a Ponte a Signa; lo rividi l’indomani mattina presso la caserma dei carabinieri di Lastra a Signa. Questa che ho detto ora è proprio la verità.
 LC S firma
Si dà atto che a questo punto su richiesta dello stesso Mele viene introdotto Vinci Salvatore al quale il Mele, prorompendo in singhiozzi, chiede perdono per il male che può avergli arrecato.

Interrogatorio stessa data alle ore 21:15
Mi è stato notificato l’ordine di cattura emesso dalla S.V. per duplice omicidio premeditato.
Confermo il mio secondo interrogatorio, quello cioè in cui ho accusato, come di nuovo accuso, Vinci Francesco di avere premeditato con me, e poi materialmente eseguito in mia presenza, il duplice omicidio.
La S.V. mi fa presente che un paio di ore fa, prima che mi venisse permesso di riabbracciare e salutare mio figlio presso il Comando Carabinieri, il ragazzo ha rivelato che quella notte fui io a condurlo, un po’ per mano e un po’ a cavalluccio, fin nei pressi della casa colonica della quale poi il ragazzo suonò il campanello. È vero, è andata proprio così; però, per la verità, io l’avevo già dichiarato ai carabinieri durante il sopralluogo del giorno 23 pomeriggio. Lasciato il ragazzo, passai attraverso i campi, finché mi sono ritrovato sulla strada asfaltata vicino al cimitero. Ho proseguito a piedi fino a casa; non è vero, cioè, che io abbia incontrato il Francesco. Francesco si allontanò di corsa, e andò a riprendere il suo motorino, mentre io mi portavo accanto al ragazzo che si stava svegliando. Gli avevo detto di aspettarmi sulla strada, ma non lo rividi più. È vero che, come la S.V. mi riferisce essere stato detto dal ragazzo, io mi misi a sedere sul sedile posteriore dell’auto, accanto al ragazzo, poco prima che egli si svegliasse. Mi rendo conto che appaiono senza senso le diverse cose che io ho detto nel precedente interrogatorio sui punti or ora contestatimi: ma non avevo mai avuto a che fare con la giustizia e non sapevo come comportarmi.
LCS Firma

Il lettore attento e perspicace saprà distinguere da solo quanto può essere farina del sacco del Mele e quali invece sono risposte indotte dallo svolgimento dell’interrogatorio, come il clamoroso voltafaccia sull’accompagnamento del bambino. Altrettanto evidente è che Caponnetto non crede a Mele, ma naturalmente non può evitare di prendere atto della sua confessione ed emette ordine di cattura. L’inchiesta sarà poi condotta da altri magistrati.

Rimangono alcune osservazioni da fare.
Sulle minacce subite dalla Locci, come sappiamo, abbiamo la conferma indiretta della Locci stessa, tramite Giuseppe Barranca, in epoca vicinissima al delitto. Mele le attribuisce a Francesco, come il giorno prima le ha attribuite a Salvatore; se si potessero abbinare con certezza minacce e uomo in motorino, il candidato principale sarebbe Francesco, ma come scrissi già parecchi anni fa, la cosa non è affatto certa. Si è sempre fatto un gran parlare che Mele disse di essere stato portato sul posto da Francesco Vinci con la Lambretta, che invece era dal meccanico. Ma, come si vede, in questo interrogatorio Mele parla di motorino, farà in seguito confusione con la Lambretta dove, a suo dire, Francesco custodiva l’arma, svalutando quindi ulteriormente le sue dichiarazioni. Inoltre, se il giorno prima è stato abbastanza preciso (ma era appena stato portato sul posto), nel verbale del 24 sembra non abbia più idea delle distanze, giacché dice di aver visto, dal cimitero, l’auto del Lo Bianco svoltare nella stradina. L’idea del cimitero e della Lambretta gli rimane in testa, tanto che il giorno 26, nel confronto con Carmelo Cutrona, dirà:  “Noi lasciammo quella sera la Lambretta vicino al cimitero”.
Vista panoramica dei luoghi


Non aggiungo altro, perché continuo comunque a leggere commenti, anche bene informati, che dicono che Mele conosceva la scena del crimine, ha simulato perfettamente l’omicidio, sapeva il numero dei colpi prima degli inquirenti, la scarpa di Lo Bianco ecc., ignorando tutti gli altri indizi che ci dicono che sapeva poco o nulla di prima mano. Quindi tutto questo lavoro di ricostruzione cominciato nel 2012 è stato pressoché vano.

SALUTO
Con questo articolo, credo interessante soprattutto per la trascrizione dei verbali, mi congedo, spero temporaneamente, dai miei soliti quattro lettori, avendo ormai scritto tutto quello che avevo da dire, su Signa, su Lotti e molte altre cose.  Speravo di ottenere una consulenza da uno psicologo forense sui verbali di Natalino Mele del 1969, ma per ora non è stato fattibile; può darsi lo diventi in futuro.
E’ anche il momento di ringraziare chi nel corso di questi anni mi ha fornito i documenti e i necessari spunti di riflessione per la scrittura di questo blog. Li nomino in rigoroso ordine alfabetico:
Ale
Nicola Blasco
Bruchetto
Francesca Calamandrei
Francesco Cappelletti
Paolo Cochi
Claudio Ferri
Martin Rush
Antonio Segnini
Maurizio Sozio
Mi scuso con chi sto involontariamente dimenticando.

Un saluto e a risentirci, in attesa di novità.

FRANK / OMAR

50 commenti:

  1. Articolo decisamente significativo per vari aspetti, tutti, nessuno escluso, di primaria importanza. Indico i tre secondo me principali:
    +
    Il primo: che taluni verbali sono ancora disponibili e a volte vengono fuori. Possiamo quindi continuare a sperare che prima o poi venga pubblicato integralmente anche quello in cui il Mele accusa il Vinci Salvatore il giorno prima, ed ancor più quello fondamentale contenente le dichiarazioni del Mele del 1985.
    +
    Il secondo: come già noto, i due verbali pubblicati non fanno emergere motivi indicanti che il Mele non fosse stato in grado di raggiungere il luogo del delitto; semplicemente che meglio si orientò a partire dai pressi del cimitero. Cosa plausibile per uno che non guida e se sta seduto dietro in motorino vede poco e meno ricorda, specie se quel tragitto è stato compiuto solo una o appena poche volte, ma comuqnue compiuto. E questo orientarsi è elemento indiziante a conferma della presenza del Mele sulla scena del delitto.
    +
    Il terzo: nè da questi due integrali verbali (non potrebbero essendo il Mele a parlare) nè da qualsiasi altro documento è mai emerso che l'alibi del Vinci Francesco si rivelò non veritiero (cosa che atrettanto non si può dire in riferimento al fratello Salvatore precedentemente accusato dal Mele). Inoltre, Vinci Francesco che a causa della sua successiva detenzione in sovrapposizione a delitti della cal.22, in nessun caso avrebbe comuqnue potuto essere il mostro di Firenze unico e seriale che le tipologie di delitti invece mostrano. E se Vinci Francesco aveva un alibi, e ce l'aveva e ce l'ha fino a prova contraria, è palese che l'accusa mossa dal Mele nel verbale integrale su pubblicato, sia una accusa priva di riscontro e conseguentemente il contenuto di quella deposizione inutilizzabile in senso accusatorio nominale e dubbia in senso ricostruttivo generale.

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    1. HAZET! Dirò subito, è stato ammonito, è stato allontanato, poi sarà espulso dall'aula e non ci mette più piede!

      E io che pensavo di aver acquisito un quinto lettore :-(

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    2. Signor Omar, mi sta confondendo per un altro. Si consoli, ha un quinto lettore.

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  2. Mi dispiace per questa tua decisione, articolo molto interessante. Grazie per la citazione ma penso che chi deve ricevere dei ringraziamenti sei tu. A presto Frank. Nicola

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  3. Grande Frank, grazie di tutto quel che hai fatto finora, sperando anch'io che il congedo sia solo temporaneo!

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  4. Ma se escludiamo il Mele dalla scena del delitto, rileggendo il verbale del pomeriggio del 24 cosa dobbiamo dedurre? Che fu il Natalino a informare il padre della morte sul colpo dei due, della mancata reazione del Lo Bianco e della Locci, del Francesco tirare all'indietro per le vesti la donna, che il corpo della Locci era riverso su quello del Lo Bianco, che Francesco sistemò i pantaloni del Lo Bianco, che detta operazione del Francesco sul Lo Bianco causò la perdita di una scarpa fal cadavere del Lo Bianco, e che la scarpa finì vicino allo sportello sinistro? Oppure dobbiamo dedurne che il Mele le buttò lì a caso quelle informazioni indovinandole massimamente? O che le su riportate parole verbalizzate gli furono suggerite dai verbalizzanti?
    E se ammettiamo che il suggeritore fosse stato il Natalino, non paiono un pò troppe le informazioni che in un simile tragico e brutale frangente un bimbo di 6 anni avrebbe dovuto memorizzare e anche però tacere al De Felice e ai primi Carabinieri avvisati la notte del delitto?





    indi egli sistemò il corpo dell’uomo mettendogli a posto i pantaloni e la gamba sinistra, dalla quale si sfilò la scarpa che andò a finire vicino allo sportello sinistro

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    1. Le ultime due righe del commento precedente sono ovviamente un refuso che mi sono dimenticato di cancellare prima di inviare. Me ne scuso. Invece, sempre partendo dal presupposto del Mele non sul luogo del delitto ho provato a fare anche tre altre considerazioni: una che vedrebbe il Vinci Francesco informare il Mele di quei particolari, ma questa ha i piedi d'argilla più di ogni altra ipotizzabile sia per via dei rapporti che tra il Francesco ed il Mele intercorrevano, sia perchè se gli avesse ucciso la moglie senza averlo come complice non avrebbe significato informalo a fatto compiuto, sia e sopratutto perchè il Francesco avendo un alibi mai intaccato non avrebbe potuto avere possibilità di informalo di detti particolari a lui ignoti. L'altra l'ho fatta mettendo il Mucciarini come informatore dei dettagli: ma anche questa mi pare non passare alcun vaglio critico. Il movente diventerebbe inconsistente, non risolverebbe il problema del mezzo di trasporto necessario, risulterebbe incomprensibile la confessione del Mele e ancor più il perchè di mettere il Mele a parte di simili informazioni a meno che il Mucciarini non odiasse a tal punto il Mele da uccidergli la moglie e fare pure di tutto per far finir in prigione il suo parente. La terza l'ho fatta mettendo come soggetto il perfetto estraneo mai entrato nelle indagini e slegato dall'entourage sardo: ma l'ho fatto solo per dovere di casistica perchè è ovvio e trasparente che una simile figura slegata dal Mele non avrebbe avuto nè motivo nè modo nè ragione di passare simili informazioni al Mele e probabilmente nemmeno il Mele avrebbe avuto motivo di credergli.
      Quale nome è dunque da ritenere almeno plausibile come passatore di simili dettagli nell'ipotesi Mele estraneo al delitto? E per quale motivo un tale nome dovrebbe avere maggior plausibilità di un Mele che partecipa al delitto, pur in complicità con altro o altri?

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    2. La morte sul colpo delle vittime è una supposizione indimostrata e indimostrabile, giacché almeno il cadavere della donna fu (molto probabilmente) spostato. Negli interrogatori del '69 Natalino dice che il LB gli parlò; mentre, salvo mio errore, non fa cenno che qualcuno abbia risistemato i corpi ecc. Natalino può avere al massimo raccontato al padre la posizione dei corpi come li vide lui, da cui l'astuto Mele, forse con aiutino, trae il racconto di aver ricomposto, lui o Francesco, a seconda la moglie e il di lei amante. La scarpa è al 99,99% la risposta a una domanda suggestiva, tant'è che nel febbraio 69 modificherà la versione, evidentemente non ricordandola, e poi nel 1982-85 se ne dimenticherà del tutto.
      Non possiamo dare credito a questi particolari, in quanto sono verbalizzati dopo l'avvenuto sopralluogo. A questo punto vorrei chiederle se crede anche ai particolari narrati da Pucci...
      L'unico aspetto insormontabile è, a mio parere, il fatto che dal cimitero il Mele sia in grado di ritrovare il luogo ove era prcheggiata la Giulietta.
      Comunque, per completezza a breve pubblicherò la trascrizione anche dei verbali del 23 così ognuno può scegliere, leggendo integralmente, quale versione sia più o meno credibile.

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  5. Signor Omar, se la morte sul colpo è supposizione indimostrata giustamente non diventa elemento a conferma di quanto detto dal Mele nel verbale delle 14:30. Altresì, sempre in virtù del medesimo essere supposizione indimostrata, non può diventare elemento utilizzabile a smentire il dichiarato del Mele sul punto. Cosa disse il Natalino nel 1969 è inutile nel merito delle domande da me poste relativamente a su chi avrebbe potuto passare al Mele le informazioni che possiamo leggere nel verbale pubblicato integralmente, quindi passategli antecedentemente le 14:30 del 24 agosto 1968, non nel 1969. Il Mele che diventa astuto Mele mi giunge come novità, ma mi diventa una novità ancor più nuova se, come stiamo facendo, stiamo provando a valutare delle opzioni che principiano dall'ipotesi che il Mele fosse innocente e non sulla scenda del crimine. A queste condizioni, quella astuzia diventa il suo opposto. Che la scarpa sia al 99,9% la risposta ad una suggestiva domanda trova fondamento in quali elementi certi? In assenza di essi, chiunque è autorizzato a ipotizzare la stessa percentuale del 99,9% come una dichiarazione spontanea e veritiera, magari proprio dovuto al flashback che lo sfilamento della scarpa da uno dei due sottufficiali dei Carabinieri che mimavano i corpi risvegliò il ricordo al Mele. Non credo una scarpa fosse per uno nella condizione umana di aver da poco assassinato a sangue freddo la propria moglie ed un altro uomo, il particolare è più significativo da notare quella notte nè più importante da tenere a mente nei tempi successivi: ma questo è un mio semplice pensiero e vale poco. Vale di più però se torniamo a discutere utilizzando le stesse lenti dell'ipotesi in discussione, cioè quella del chi avrebbe potuto fornire, prima delle 14:30 del 24 agosto, le informazioni in esso contenute. Prima di quel momento il Mele non parla di scarpa. In sopralluogo una scarpa si sfila. In verbale 14:30 si legge ciò che si legge in merito. Quindi ripeto: cosa avvalora l'idea forte al 99,9% che il Mele parlò della scarpa in risposta ad una specifica suggestiva domanda e non semplicemente come reazione ad aver rivissuto in quel momento un elemento minimo e di secondo piano di quella notte? Che la verbalizzazione sia successiva alla ricostruzione effettuata sulla scena del delitto mi sembra sia la cosa più normale al mondo, specie in un 1968 che ancora non faceva pare dell'era della tecnologia dei portatili e dei tablet. Per evitare l'inficamento dovuto alla posticipazione della verbalizzazione fino al ritorno in Caserma, cosa avrebbero dovuto fare i Carabinieri: portarsi una macchina da scrivere in loco e battere suui tasti in contemporanea con i gesti e le parole del Mele dal cimitero in avanti? Pucci non c'entra nè col delitto di Signa nè col verbale del 24 agosto 68 di Mele, quindi mi guardo bene da rispondere alla domanda che nulla ha a che fare in merito. Ma anche facendo finta che suggestioni percentuali e supposizioni indimostrate siano corrette, resta non identificato nelle sue risposte chi sarebbe stato il chi in grado di fornire a quella data tutte quelle informazioni ad un Mele completamente estraneo, ma comunque succube anzichè astuto, da utilizzarle a suo proprio danno. Apprendo con piacere che pubblicherà altro materiale originale e allora mi chiedo, sarà mica possibile ottenere la pubblicazione dell'elenco esatto della documentazione che venne inviata a Quantico e sulla quale, su quella e solo su quella, gli specialisti della FBI trassero il loro famoso profilo del mostro di Firenze? Sarebbe un bellissimo, utilissimo ed importantissimo, regalo di Natale!

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  6. Non è il momento di lasciare adesso Frank !prenditi una pausa ma continua ad esserci!comincia a filtrare qualche novità dal punto di vista genetico che richiederà delle debite analisi e poi 4 gatti esagerato ! Tre cani ,due cammelli,cinque leprotti ecc ecc......

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  7. Magari se i lettori, pochi o tanti che siano, partecipassero di più invece che limitarsi a frasi generiche di rito, magari il signor Omar proverebbe meno scoramento e maggior desiderio di continuare i suoi approfondimenti. Voglio dire, i complimenti fanno sempre di sicuro piacere, ma credo che per chi fa ricerca sia più stimolante il confronto su diverse sfaccettature che degli apprezzamenti di poche righe e basta.

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  8. Ma dai Omar, quante volte hai detto che mollavi ...ma non stai scrivendo il terzo volume (cioè il secondo) della storia?
    SonnyL

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  9. Un altro volume? Bene! Spero contenga informazioni utili a capire il cosa ed il perchè dell'anello di fidanzamento dato dal Mele ad un ex amante della moglie che però non era il Francesco Vinci. Qualcuno ha informazioni ed ipotesi in merito?

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    1. La scrittura del volume è sospesa in attesa di conoscere novità emergenti dalle indagini recenti. Accontentatevi di leggere il blog.
      Su Signa come dicevo l'unica cosa che vorrei ancora fare è ottenere una consulenza psicologica professionale sui verbali di Natalino.

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  10. Sarebbe interessante includere anche una consulenza con un docente dell'ISEF, per sapere a quale velocità cammina un bimbo di sei anni. Il passo medio di un uomo adulto medio è generalmente considerato 1m/s (alcuni testi lo indicano compreso tra 1 m/s e 1,5 m/s).
    Conoscendo gli elementi certi della distanza tra l'auto e la casa del De Felice e del Natalino suonò il campanello alle 02:00 precise, si potrebbe calcolare a ritroso il momento in cui il delitto avvenne. Certo il valore del passo medio di un medio bimbo di 6 anni, andrebbero ridotto per via di tutti quegli elementi fisici e psichici che ne inibivano la normalità del passo (il buio, lo scalzo, il fondo accidentato, la direzione incerta, il sonno dell'orario notturno, soste d'orientamento, lo shock, la paura, la solitudine): ma il calcolo riuscirebbe lo stesso a fornire un valore utile per restringere la forchetta temporale del delitto e anche per verificare i quando temporali elencati dal Mele nelle sue confessioni, e abche della possibilità della camminata in solitaria. L'altro dato noto entro cui azioni certe siamo sicuri siano avvenute è l'uscita dal cinema che il Rugi colloca alle 00:15/00:30. A questo tempo iniziale noto, e senza ipotizzare nessun altra possibile perdita di tempo, bisogna aggiungere quello dell'entrare in auto, del raggiungere il luogo, scambiarsi i posti sul sedile, probabilmente sistemarsi il caldo plaid sul sedile per evitare di sporcare, iniziare un minimo di petting. Insomma per stare sullo strettissimo si tratta di operazioni queste, che accelerate al massimo, almeno un quarto d'ora/ mezza ora come minimo lo devono prendere. L'informazione motoria di un istruttore ISEF o di un pediatra, potrebbe essere veramente di grande aiuto.

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  11. Restiamo sul discorso tempi: se il delitto avviene alle 00:30 Natalino ha a disposizione 1,5 ore per compiere quel tragitto. ma se il delitto avviene alle 01:00, Natalino ha solo più un'ora per compiere lo stesso tragitto. E mezz'ora in più o in meno, in quelle condizioni di cammino, non sono affatto un tempo secondario. Io ho parlato con mio amico che non è istruttore ISEF però ha conoscenze nel campo medico, e mi ha buttato lì un 50-60cm/sec come passo per un bambino di 6 anni. Ovviamente in condizioni fisiche normali (non assonnati, non al buio, non scalzi, su fondo piatto e non ghiaioso atto al cammino e, soprattutto mi ha fatto notare su un percorso breve se no mi dice che deve essere presa in causa anche la spossatezza che la camminata stessa introduce) a queste però andrebbe aggiunto, o meglio sottratto, anche la possibile incidenza psicologica del trauma appena subito, del buio attorno e della solitudine: ma sono valori difficili da calcolare essendo estremamente variabili da soggetto a soggetto. Che però incidono. Se consideriamo la distanza auto-casa De Felice in 2,3 km come da lei riportato nel articolo 'Quella notte a Signa (1)' e se poniamo il delitto avvenuto alle 01:00, abbiamo 2300mt/60*60sec = 0,64 mt di passo e questo già sarebbe fuori taglia d'età e di condizioni. Sarebbe più plausible, di poco ma piu plausibile, con un delitto che avviene alle 00:30, però è un orario che appare un pò troppo stretto rispetto l'uscita dl cinema anche se accettabile sul filo del rasoio con un passo di 0,43mt/sec. Se vogliamo provare una via di mezzo, ossia le 00:45, avremmo un passo del Natalino, continuo e senza soste nè degrado di 0,51mt/sec, cioè un altro valore fuori scala per le condizioni avverse. Insomma, così semplicemente spannometricamente, mi paiono tre risultati, matematici e neutri, i cui valori male o molto male si riescono a far combaciare con una camminata in solitaria del Natalino. E se poi prendiamo in esame anche il verbale delle 14:30 24 agosto, andiamo ancora peggio visto che in quello il Mele dice che la Locci lo Bianco, e Natalino con loro, all’uscita del cinema stettero un po’ fermi in macchina per mettersi a posto prima di muoversi, e pure che poi quando lui ed il Francesco Vinci arrivarono in loco, aspettammo alcuni minuti e poi si inoltrarono nella stessa stradina camminando lentamente: due dati che sposterebbero ancora più in avanti l'ora esatta del delitto. Dimenticavo: Natalino oltretutto, non dovrebbe essere sceso dall'auto esattamente al momento del delitto, ma successivamente fosse anche solo di qualche minuto, altro elemento che accorcerebbe ancor di più il tempo a disposizione del bimbo. A mio calcolato parere, i conti, cronometricamente e fisicamente, non tornano per la passeggiata in solitario.

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  12. Una buona nottata di sonno porta lucidità e ulteriori ragionamenti in merito alla distanza auto-casa De Felice. Appurato come da primo articolo su Signa che tale distanza sia di 2,3km, non si deve dimenticare che ben difficilmente Natalino percorse tale tragitto in precisa linea retta, conservando così inalterato il valore dei 2,3km. Come per ogni essere umano che cammina, e su terreni non accidentati e con le scarpe ai piedi, piccole o grandi deviazioni sullo stesso percorso sono sempre in agguato: ad esempio girare intorno ad una buca, girare intorno ad uno o più mucchioni di ghiaia che impediscono il passaggio alle auto, zizzagare per un tratto per la stanchezza o perchè distratti o perchè mentre si cammina ci si guarda intorno e cose così. Ciò significa che i 2,3km, che spero siano stati calcolati in loco camminando e non con programmi come google earth o simili cioè calcolati linearmente indicando punti su una mappa digitale, sono un valore che riferito allo sforzo metrico compiuto dal bambino di 6 anni sono da considerare un valore per difetto. Difetto che può anche essere corposo. Anche questo aspetto neutro numerico deve quindi essere preso in conto, e anche questo aspetto non gioca, numericamente e cronometricamente, a favore della possibilità della camminata in solitaria del Natalino.

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    1. Signor Antonello, discordo del tutto sulle sue ultime considerazioni. Non ritengo vi sia alcuna possibilità di calcolare il tempo impiegato dal bambino (accompagnato o meno) nel suo tragitto dall'auto alla via Pistoiese per due semplicissime ragioni:
      1. Conosciamo l'ora di arrivo dal De Felice, ma non l'ora in cui si mise in moto (probabilmente dopo le 0,30, ma di quanto?)
      2. Conosciamo punto di partenza e di arrivo ma non il percorso preciso: tratturo che segue l'ansa del Vingone (come ho ipotizato un po' imprudentemente nel libro) o percorso rettilineo della strada in costruzione che corrisponde all'attuale secondo tratto di via Ponte alle Palle (dal primo al secondo ponte per intenderci)?
      Con i dati a nostra disposizione calcolare una velocità media al fine di verificare se sia compatibile col passo di un bambino (spaventato scalzo al buio ecc, tutti fattori che rendono il cammino non regolare) mi sembra davvero improponibile. Magari dopo un'altra buona nottata di sonno ne converrà anche lei.

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  13. Non credo sia cosa così inutile. Si prenda ad esempio il punto da lei indicato come 1. Che quel dato sia ignoto, ma ignoto solo fino ad un certo punto essendo ben compreso in una limitata forchetta, è ovvio. Il calcolo da me proposto serve proprio anche a detrminare meglio il omento della morte. Per Signa ci sono molti parametri numerici, da non dover interpretare psicologicamente o indiziariamente, che racchiudono in una forchetta ben limitata il tempo del percorso. E neutro è il valore del passo di un bambino, così come neutra è la distanza tra due punti. I tragitti, anche plurali, non sono certo così molteplici: si fanno i calcoli per l'uno e per l'altro e via. Non è affatto così illogico usare il metro della lunghezza media normale del passo di un bambino di 6 anni (ritoccato con le dovute limitazioni, se vogliamo e dovremmo) per avere una o due, se due percorsi differenti, tempistiche a ritroso. Certamente se i risultati metricocronometrici dessero risultati con forchette di impossibilità di soli pochi minuti non dovrebbero essere considerati assolute negazione della possibilità. Ma per valori di un quarto d'ora o più: serissimi problemi di possibilità insorgerebbero. Già i miei semplici calcoli su riportati, nei quali non sono state numericamente introdotte le riduzioni di passo, mettono in luce, matematicamente, delle più che probabili incongruità. Se una macchina va a 100kmh, in un'ora percorre al massimo 100km. Di più non può. Le ricostruzioni della passeggiata fornita dal Natalino, solo e non solo, sono ovviamente inutile zona grigia. Ma inutili perchè si basano, su mutabili dichiarazioni di persone in causa, dunque che possono essere motivate in un senso o in un altro a mentire. La matematica invece, al limite potrà essere approssimativa in merito alle riduzioni da applicare, ma sempre matematica resta. Evitare a prescindere un confronto con questo tipo di dato è inspiegabile. Si prendano ad esempio le autopsie, da Signa fino a Scopeti, allora anche in questi casi ne dovremmo fare a meno perchè anche i calcoli autoptici sono fatti su tabelle di dati medi della casistica forense e non tagliati sulle specifiche persone analizzate. Così altrettanto sono i calcoli del passo di un essere umano. E' comunque bene specificare che la velocità media del passo di un bambino di 6 anni, non è un valore che 'noi' dobbiamo calcolare. Esistono tabelle mediche certamente. Forse il Ferri ne ha pure a disposizione. Quello da calcolare è al limite, la quantità di riduzione di passo da applicare. Ma abbiamo su visto che anche con valori non ridotti, i conti non tornano o forse appena appena al pelo, ma metterei la mano sul fuoco certamente no con gli handicap al movimento di quella notte in quelle condizioni introdotti. Si può disquisire su quanto dovranno essere alti o bassi quegli handicap, ma c'erano e vanno tenuti in considerazione. Si potranno usare valori di massima e di minima, ma rigettare a priori un simile approccio matematico a base di distanze, tempo e fisica del corpo umano non mi sembra proprio un cercare di approfondire una vicenda. Mettere o togliere Natalino in un passeggiata solitaria o meno, è dato di primaria importanza analizzando il caso di Signa. E dato che non è un dato che può essere ottenuto a partire dalle dichiarazioni del duo padre e figlio, va quindi cercato per altre vie, che fortunatamente sono matematicamente a disposizione.

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  14. Signor Omar, chiedo lumi sulla posizione dei cumuli di ghiaione che bloccavano il percorso alle auto, rispetto alle da lei indicate due possibili vie seguite dal Natalino: tratturo che segue l'ansa del Vingone / percorso rettilineo della strada in costruzione. Perchè partendo da casa del De Felice almeno fino ai cumuli il Natalino i Carabinieri li portò. Poi vista l'impossibilità per la gazzella di proseguire, dovettero tornare indietro e fare il giro come all'andata fece il Lo bianco con la Locci. Possibile che quel dato geolocalizzante, certamente noto al Natalino e riscontrato la notte stessa, non possa essere d'aiuto nel circoscrivere il percorso, escludendone uno dei due? Anche prendendo in considerazione che il Natalino cambiò in seguito diverse volte le sue versioni rendendo grigia e sterile la certezza delle sue parole, per conoscere quella notte stessa, in anticipo rispetto ad incontrarli coi Carabinieri, la posizione di quegli ostacoli insormontabili per le auto, il bimbo doveva per forza esserci passato prima, perchè immaginare che un simile tracciato un bimbo di 6 anni l'avesse imparato a memoria da un racconto di qualcuno o da una passeggiata precedente avvenuta chissà quando, credo nessuno in buona fede possa nemmeno immaginarlo. E, in subalterna ma non troppo, che differenza di lunghezza di percorso c'è tra il primo di 2,3km e l'altro? Grazie in anticipo per le delucidazioni.

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    1. Intanto correggo una sua inesattezza. Le "montagne" entrano in gioco nell'esperimento di Ferrero del giorno 24. La notte del delitto tutto fa pensare che i CC con Manetti De Felice e il bambino abbiano vagato in auto tra cinema cimitero e villa castelletti fino a identificare l'auto appunto da via di Castelletti. Questo però non significa che il piccolo non abbia percorso (ripeto, da solo o accompagnato) quel sentiero o tratturo o strada in costruzione che fosse. E che andando sempre dritti si arrivi di fronte alla casa De Felice. La presenza delle montagne fa pensare che Natalino abbia percorso la strada in costruzione, che si identifica con via ponte alle palle + via dei sodi. E' un percorso quasi rettilineo e quindi più breve di quanto da me calcolato all'epoca, forse nell'ordine dei 2,1 km. A rischio di sembrare poco ricettivo e chiuso, continuo a ritenere più fruttuosa un'analisi psicologica del comportamento e delle dichiarazioni di Natalino (una valutazione fu fatta all'epoca, ma non la possiamo leggere) piuttosto che calcoli ipotetici con troppe variabili. Comunque la ringrazio per il lavoro compiuto compilando la tabella. Mi sembra che, anche ammettendo una velocità di 60 cm al secondo, una semplice moltiplicazione ci porta a 2,16 km/ora. A questo punto però dovremmo far intervenire le variabili peggiorative, che non siamo assolutamente in grado di verificare. Ad esempio, il bambino poteva essere così terrorizzato da non poter muovere un passo fuori dalla macchina: ed ecco che avremmo una velocità di 0 metri all'ora. Di converso, nell'ultimo tratto rettilineo e con miglior fondo potrebbe avere corso verso la lucina, accelerando quindi la velocità media. Come può vedere, il tutto rimane aleatorio.

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    2. Grazie, giusta correzione di riferimento diario che però non inficia il fatto che il percorso seguito dal Natalino sia uno e quello, visto che quello con le 'montagne' è quello che è emerge dai verbali. Anche la correzione di distanza, da 2300mt a 2100 mt, calcoli alla mano non inficia il risultato. Sui calcoli ipotetici con troppe variabili rispetto alle ipotesi che poggiano il loro fondamento sull'ipotizzare che su Pubblici Ufficiali in accordo tra loro, abbiano costretto il Mele, innocente, a confessare il falso, a inibire il Mucciarini presente alla confessione dal protestare, che attendano il risultato delle autopsie per informare il Mele di cosa debba dire e come comportarsi durante il sopralluogo alla presenza del Caponnetto, e che obblighino il Natalino a mentire costringendolo a dire di essere stato accompagnato dal padre: non ho il minimo dubbio su quale dei due approcci io reputi più scientifico, affidabile, documento, documentabile e corretto. Per ogni handicap ho, per sicurezza, usato un valore minimale di appena 1cm/sec! Ossia meno del 2% di handicap (per l'esattezza dell'1,67% !). Magari alcuni di quei punti di handicap avranno avuto pure valore inferiore, ma certamente handicap come il buio e lo scalzo su terreno impervio hanno valori decisamente molto ma molto ma molto maggiori, capaci non solo di compensare possibili altri valori minori ma da soli di ribaltare la possibilità di una passeggiata in solitaria nella finestra temporale anche massima. Se Natalino avesse avuto una velocità di 0 metri all'ora, non sarebbe arrivato dal De Felice. Così non fu, quindi si torna a bomba di una velocità di 60mc/sec meno handicaps (da me quantificti in valore minimale eppure sufficiente ad escludere la camminata solitaria). Nell'ultimo tratto di rettilineo, il Natalino sarebbe stato più stanco per il cumulo dei precedenti passi, per l'ora più tarda, e per tutto il 'fastidio' accumulato alla pianta dei piedi. Il tutto rimane aleatorio ma entro valori matematici di minima e di massima incompatibili con un bimbo di 6 anni, oltre che entro ciò che è documentato nei verbali e nelle deposizioni.

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  15. Sperando di non essere nuovamente confuso e rischiare di essere bannato per il solo citare il nome innominabile del Vinci Salvatore, riporto il link ad una recentissima notizia:
    https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/mostro-pista-sarda-1.4910515
    In sunto: Firenze, 28 novembre 2019 - ritrovato il DNA del Vinci Salvatore su quegli stracci macchiati di sangue e residui di sparo di cui aveva sempre negato di aver nulla a che fare.
    Mi sa che la firma Hazet c'aveva ragione a puntare il dito su di lui. Peccato solo che all'epoca, 1984, l'Ufficio della Procura, chissà mai nel nome e firma di chi, per mesi non fece analizzare quei due stracci gialli a fiorellini accampando a giustificazione che "…appare ben singolare la circostanza che il Vinci, già in precedenza perquisito [n.d.s.: per il delitto duplice del 1983] proprio nell'ambito della stessa indagine, all'indomani del duplice omicidio avvenuto in Vicchio di Mugello il 29.7.1984,
    custodisse, per di più in camera da letto, uno straccio che in qualche modo potesse collegarlo all'omicidio."

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  16. Pubblico lo screenshot di una tabella omnicomprensiva in XLSX che mi sono preparato, che ben riassume e chiarisce la problematica tempi/distanze/passo. Non so se l'immagine può apparire direttamente nei commenti, nè che tag siano necessari da usare, mi limito quindi per sicurezza a mettere il link diretto e così ognuno può consultarsela con calma.

    https://ibb.co/1QsLVtP

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  17. Complimenti all'autore. Davvero una ottima fiction storica come quella su Eleonora d'Aquitania.

    Serena Romesi

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  18. Non so valutare il suo commento. Eleonora d'Aquitania è dichiaratamente una fiction, un pastiche, scritta da me con molta libertà sulla base di fonti storiche. Il verbale di confessione è una fiction scritta dai CC su dettatura del Mele, ma a mio parere molto adattato e rimaneggiato dai curatori, continuando la metafora letteraria.

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  19. Quando il parere scavalca la storia, come candidamente ammesso in questa sua risposta, il termine fiction non è una critica ma una constatazione di fatto. Fiction storica che come già detto, ho sinceramente apprezzato e di cui le rinnovo i complimenti.

    Serena Romesi

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  20. Spesso, ricordiamo ad esempio Filastò, si è sovente sentita circolare l'ipotesi del mostro/i-poliziotto/i. Lo Spalletti ebbe a fare un accento in tal senso ed il suo compagno di spiate parlò di una ramanzina da parte di un qualcuno in divisa, non identificata. Torrisi nel suo famoso Rapporto scrive di una soffiata passata da un agente, ignoto mi par di ricordare, che avrebbe vanificato l'esito di una perquisizione. Giuttari non perse occasione di ipotizzare poteri forti in grado di agire sulle indagini. La lettera col lembo di pelle venne spedita da una cassetta delle lettere stranamente fin troppo vicina ad una residenza in uso della Della Monica, il cui indirizzo era ignoto al pubblico ma non a chi stava in divisa nel mondo delle indagini. Il collegamento tra 82 e 68 avvenne con rimpalli nebbiosi tra un anonimo e un Carabiniere, in divisa. Lo Zuntini, in divisa e Carabiniere, parlò di Fiocchi invece che di Winchester. Parlò di arma vecchia e arrugginita, cosa che le successive perizie smentirono. Parlò, come i periti settori vicini ai Carabinieri, di 8 colpi quando ne vennero invece sparati solo sette.

    Ora veniamo messi a conoscenza che i Carabinieri, che ricordiamolo furono i primi ad arrivare sul luogo del delitto di Signa e che dichiararono di non aver trovato la pistola, imputarono al Mele un delitto che il Mele non aveva compiuto, col Mele che testimonia informazioni ed eventi che non sono farina del suo sacco a causa delle induzioni assai particolareggiate subite durante interrogatori e ricostruzione.

    Se dobbiamo prendere per buone tali induzioni e tali adattamenti e rimaneggiamenti di verbali, e data l'autorevolezza dello scritto non c'è motivo di dubitarne, ci ritroviamo però tra le mani con una serie di domande bollenti come le classiche patate.

    Davvero non trovarono la pistola? O la trovarono ma anche in quel caso i curatori del verbale lo adattarono e rimaneggiarono? Se un improprio comportamento è successo una volta, e per accusare un innocente, può benissimo essere successo per entrare in possesso di un arma senza doverne rendere conto a nessuno.
    Pistola che poi anni dopo tornerà ad uccidere nelle mani dell'ipotetico poliziotto paventato dal Filastò eccetera eccetera come da capo commento, solo che invece di poliziotto sarebbe un carabiniere.

    Ma più bollente ancora è la altrettanto logica e sequenziale domanda che deriva a partire dagli stessi presupposti che l'articolo ha documentato: ma chi ce lo garantisce che invece non furono loro direttamente a sparare alla coppia e che quindi il Mele lo incastrarono appositamente e volutamente?

    Non possiamo appellarci al rasosio di Occam nè al rispetto della legge, visto che abbiamo appena appurato che non la rispettarono. Non possiamo appellarci ad altre documentazioni da loro scritte perchè altrettanto possono essere manipolate. Non possiamo nemmeno appellarci all'unico testimone oculare sopravvissuto vista la sua completa inaffidabilità.

    Dobbiamo quindi prendere in considerazione che il mostro di Firenze o i mostri di Firenze si annidassero nella caserma di Signa o in quella di Lastra a Signa?

    E in caso contrario, su quali pezze d'appoggio basarci visto che ora non possiamo più prendere per buono alcun documento prodotto da loro e che nemmeno in tribunale abbiano deposto in correzione di loro possibili inavvertite ed involontarie pressioni e indicazioni lasciando supporre, e anzi ne paventandone, una precisa volontarietà in tal senso, che sommata all'impossibilità ormai di potergli credere di non aver trovato la pistola, diventa la madre di tutte le domande.

    Questa serie di articoli su Signa sono una vera bomba che potrà portare finalmente ad un nuovo approccio al caso e potrà farlo a partire da basi solide e logiche e oltretutto permetterà di lavorare su una ristretta e nota cerchia di nomi noti e certificati in calce ai verbali.

    I miei migliori complimenti all'autore per lo scoop!

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    1. Nessuno scoop...
      ho ricostruito la vicenda in maniera cronologica ordinata, pubblicando la trascrizione degli atti a me disponibili. Chi legge trae le proprie conclusioni, che spesso non coincidono con le mie (peraltro scarse e confuse) idee.
      Devo però dire che il passaggio dal sottolieanre errori investigativi (del resto già conosciuti) a sospettare alcuni delle FdO intervenute di partecipazione al delitto mi sembra del tutto immotivato.
      Mentre il rasoio di Occam, applicato a Signa, ha sempre due tagli: o era qualcuno che conosceva le vittime... o era qualcuno che non le conosceva.
      E se era qualcuno che le conosceva, o era della famiglia... o era tra gli amanti...E se era tra gli amanti, o era noto ... oppure era ignoto...
      E così via.

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  21. Ma, e cito, "errori investigativi" sono però inconciliabili con una, e cito, "confessione" di un innocente. Possono essere conciliabili con una accusa, magari errata o mal documentata, ma non lo possono essere con una confessione, menzognera e autoaccusatoria, di un innocente. E ancor meno è possibile etichettare come, e cito, "errori investigativi" il, e cito, "adattare e rimaneggiare i verbali", perchè quelle son gravi pratiche illegali passibili sia di denuncia sia di inficiamento dei capi d'accusa a processo.
    Il resto, pisola non posseduta anteriormente o semplicemente davvero non ritrovata da quegli stessi Carabinieri induttori di confessioni fasulle e manipolatori di verbali, è solo l'unica, l'evidente, naturale, diretta e palese conseguenza di quella scoperta: se non possiamo credere ad alcuni verbali e ad alcune affermazioni a firma di alcuni nomi di un circoscritto ambiente, non possiamo credere nemmeno agli altri e alle altre dagli stessi rilasciate!!!

    Ha dimostrato l'esistenza di un precedente. Il resto è solo la logica inevitabile conseguenza, anche se fin troppo modestamente per il suo egregio lavoro, dice di non aver postulato direttamente, ma è trasparente che indirettamente è lì che si andava a parare essendo quella l'unica imprescindibile conseguenza.
    Non sia modesto: sua la scoperta suo il merito. Complimenti davvero.

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    1. Me per carità... assolutamente no! assolutamente NO! ASSOLUTAMENTE NO! (cit.)
      non mi lascio portare su questo terreno. Sul lavoro di "redazione" dei verbali ci sarebbero lunghi discorsi da fare, basti dire che il verbale in forma riassuntiva è sempre quanto meno coautorato dal teste e dai verbalizzanti e anche quello che riporta domande e risposte è spesso frutto di rielaborazione. Figuriamoci nel 1968...

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  22. La pistola compare con il duplice omicidio, non commesso dal Mele, e ufficialmente "scompare" con una certificazione a verbale dei Carabinieri di non rinvenimento.
    Fino a prima di leggere il suo lavoro, come molti credo, avrei messo la mano sul fuoco che il dichiarare di non averla rivenuta fosse da prendere come dato ufficiale oggettivo quindi insindacabile. Ma dopo averli letti questo non è più possibile affermalo con certezza se è vera l'indicata modalità di confessione di uno che manco era sul luogo del delitto.

    "Molto adattato e rimaneggiato dai curatori" un verbale = elevata possibilità che ciò abbiano fatto anche per altri verbali. E certamente deve essere successo qualcosa di identico anche per quello in cui Natalino afferma di essere stato portato dal padre, perchè se no verrebbe meno l'affermazione precedente e Mele non sarebbe stato nè indotto nè informato di certi particolari e la sua confessione veritiera, cosa invece smentita negli articoli con dovizia di particolari e ragionamenti inoppugnabili, come per i colpi e l'autopsia.

    Non c'è proprietà transitiva automatica che anche il verbale di non ritrovamento sia stato altrettanto adattato, ma a questo punto non solo non lo si può escludere nè negare aprioristicamente con un semplice maiuscolo, ma si può portare a sostegno di probabilità l'illustrato agire sul Mele ed il figlio.

    Quindi, come possiamo adesso fidarci che davvero non la trovarono? Non certo ricorrendo a verbali o dichiarazioni degli interessati.
    E' a questa domanda che a questo punto si deve, dovrebbe, rispondere avendo il suo lavoro messo a nudo questa ineluttabile conseguenza.
    Ma con il campo sgombro della vecchia e ormai sindacabile certezza che l'arma non venne ritrovata, allora abbiamo invece molti comuni elementi successivi, di varie fonti e spesso terze, che possono combaciare o trovare un incastro consequenziale logico in grado solo a questo a questo punto di permettere di comprendere gli inopinati "Fiocchi" e il "vecchia ed arrugginita" di Zuntini e così altrettanto il magico apparire del Fiori o dell'anonimo, che anonimo a questo punto non sarebbe più tanto, e così via dal Filastò allo Spalletti e fino alla missiva del 1985 alla Della Monica, fino pure ad arrivare a prendere in seria considerazione anche un possibile collegamento, come sostiene mi sembra di aver letto, l'avvocato Vieri quando parla di un nesso con la strategia della tensione e l'estremismo di destra; che è storicamente accertato che specie in quegli anni avesse solidi entry proprio in ambienti che redigono verbali.

    Il problema come si vede non è affatto la modalità di "redazione in forma riassuntiva" di uno o più o tutti i verbali di questo modo. Il problema, ma di cui ha già ampiamente fornito evidenze, è che se Mele non era sulla scena del delitto, crolla la possibilità di potersi fidare o ricorre anche degli altri verbali.
    Capra (Mele innocente e indotto) e cavoli (certezza che non trovarono la pistola) non possono coesistere nello stesso universo e meno che meno in un universo di appena un paio di caserme e ridotto numero di colleghi che si coprono le spalle gli uni con gli altri fino anche in tribunale nel processo che assegna la pena ad un innocente.

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  23. @Ennio
    disamina interessante e senza dubbio logica a partire dalle premesse. Peccato che queste siano errate e Mele Stefano fosse ben presente sulla scena del delitto, altro che povero innocente costretto con il trucco e con l'inganno ad autoaccusarsi: la mole di particolari ricostruttivi a lui noti, il coerente numero di colpi indicati, la posizione di approccio e quella delle vittime, la scarpa sfilata eccetera eccetera, il biglietto dei parenti, il guanto di paraffina, l'impossibilità della passeggiata in solitaria o con un estraneo di Natalino, le parole stesse del Natalino sul padre presente e lo stesso accusarsi visto che non si credeva al suo fantastico alibi del mal di pancia: lo collocano senza ombra di dubbio sul luogo degli spari al momento degli spari.
    Non bastano calli da cinghiale ai piedi per permettere a Natalino quella passeggiata in solitaria e nemmeno basta cucire assieme con la fantasia alcune scelte interpretazioni che pure si discostano da quanto presente nei verbali per riscrivere la storia (vedasi la inesistente domanda instradante sulla scarpa che a verbale non risulta nemmeno genericamente o del Mele che dice di aver sparato 8 colpi quando mai lo disse). A queste condizioni i CC come mdf fanno il paio alle storielle del VLP mdf.

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  24. Quali sono le prove che la calibro 22 non venne trovata nei pressi della macchina del Lo Bianco?

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  25. Sul lavoro di "redazione" dei verbali... (citazione 19 gennaio 2020 14:02 )

    Ma non dimentichiamo di dire anche che il verbale si chiude con un bel: "Fatto, letto, chiuso, confermato e sottoscritto in data e luogo di cui sopra."
    Con l'accento su quel "letto" e "confermato", direi.
    E se c'è la firma dell'escusso, vuol dire che il contenuto scritto non è difforme da quello orale e che l'escusso se ne fa responsabile. Oppure, cosa enormemente più grave e più illegale, che è sì difforme ma che l'escusso è coercizzato ad accettarne il contenuto che lo danneggia contro la sua volontà (ma poi lo racconta all'avvocato, l'avvocato sporge denuncia o lo fa presente in tribunale... ah no, non è il caso del Mele. scusate.)

    Inoltre, il termine "coautorato" non vuol dire nulla di specifico. Se per "coautorato" si intende che il verbale contiene in forma omogenea scritta quanto oralmente detto o mimato dall'interrogato/ascoltato anche in risposta a domande formulate dagli interroganti: è cosa lapalissiana al cubo ed è proprio ciò che un verbale deve essere.
    Se invece con quel termine si intende altro: sarebbe il caso di specificare cosa, invece di sottintendere possibili interventi correttivi pro domo propria degli interroganti, e soprattutto di specificare dove, quando, chi e quali e quanti aggiustamenti modificanti il racconto dell'escusso sarebbero presenti. E di farlo portando dati inoppugnabili alla mano.

    Un verbale ADR che contiene i botta-risposta virgolettati, dubito assai seriamente che contenga "rielaborazioni", quanto meno di significativa sostanza incidentale.
    Anche perchè se ne contenesse, come per i verbali in forma riassuntiva alla presenza di un escusso, l'interrogato può benissimo chiedere le modifiche del caso, far mettere per iscritto le proprie rimostranze e richieste di correzioni e/o rifiutarsi di firmare il verbale. Anche qui nulla a che vedere col Mele.
    E meno che meno che simili "rielaborazioni" ne contengano "spesso". Dove "spesso", anche in questo caso non vuol dire nulla vista l'aleatorietà generica del termine che non indica e non prova quando e dove simili "rielaborazioni" sarebbero avvenute nè discerne tra un verbale ipoteticamente "rielaborato" ed uno no.

    Infine: ma siamo sicuri di aver capito cosa legalmente sia, implichi e comporti verbalizzare, addirittura nei virgolettati!!!, un qualcosa di differente nella sostanza da quanto dichiarato da un soggetto nel corso di un interrogatorio???!!!
    E siamo sicuri di aver capito cosa legalmente sia, implichi e comporti il fornire ad un sospettato che si sta interrogando, involontariamente per uno o due particolari magari ma decisamente volontariamente se si tratta di tutta la mole utile a far ricostruire coerentemente tutta una scena del delitto???!!!

    D'accordo che stiamo parlando del caso del mostro di Firenze dove pare che ognuno possa soloneggiare ad cazzum a piacimento su ogni aspetto possibile ed immaginabile che tanto qualcuno in rete che se le beve ci sarà sempre, ma a tutto dovrebbe esserci un limite. Limite che invece non c'è se grazie a certe fole spacciate addirittura come ricerca storica ormai ci tocca pure leggere di carabinieri in possesso della cal.22 dal 1968.

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  26. E il Fiori, allora? Come lo spiegate?

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  27. Ma in definitiva, ma al Mele chi/cosa glielo ha fatto fare di pigliarsene la colpa di quel duplice omicidio e gli anni di galera annessi?
    La gloria? Il piacere personale di dimostrare a se stesso di aver mandato a memoria i particolari che i Carabinieri 'involontariamente' si facevano sfuggire? Il togliersi dalle scatole a qualsiasi costo, va bene pure la galera, il runner piedino-di-cinghiale?
    i benefits da collaboratore di giustizia, Lotti style, no di certo. E quindi per cosa?
    Dubito seriamente basti che inavvertitamente ed involontariamente qualche agente si lasci sfuggire qualche o meglio tutte le informazioni appurate nelle indagini per far venire voglia a qualcuno di innocente di dire di essere colpevole (e farsi mandare al gabbio per anni)!

    Mele era sì certo un oligofrenico ed un 'accondiscendente', ma oligofrenico non vuol dire nè totalmente incapace di intendere e volere, nè masochista nè mitomane. E tra essere 'accondiscendente' e una manica di anni in prigione c'è un abisso incolmabile.
    E allora, anche volendo tirare l'elastico oltre misura e sostenere che i particolari specifici del duplice omicidio li apprese per gli "involontari errori investigativi"(sic e cit), manca il nesso con l'autoaccusarsi, ossia col chiedere di farsi la galera (dovendo così pure abbandonare il figlio callutissimo di appena 6 anni al proprio destino da invincibile maratoneta survivalist).

    La tentata somma di 'Mele innocente + involontarietà degli "errori investigativi" + confessione di colpevolezza': è profondamente illogica ed implausibile (oltre che indimostrata nei fatti). Non passa nessun vaglio critico. Nessuno.
    Può stare in piedi una simile somma di quei tre elementi, solo nel caso in cui la "involontarietà" la si cambi in "volontarietà" e la confessione la si abbini ad una diretta coercizione; oppure nel caso che il Mele fosse stato effettivamente sulla scena del crimine.
    Ma nel primo caso però sarebbero pienamente motivati i dubbi sollevati da Ennio_1962, e nel secondo beh... ciao ciao Ennio e ritorno sulle scene di chi -ma guarda un pò!- per quella notte fornì un alibi falso (e non parliamo del mal di pancia!).

    Ed è assai probabilmente proprio questo il punto che obbliga i maestri mostrologhi a fantasticare pur di deviare le attenzioni da quell'alibi falso e da tutto il prosieguo di mannagggia-quante-sfigate-solo-coincidenze e bugie di quel nome innominabile.

    Il mostrologhismo ha bisogno di perenni contorte ipotesi e fuffa e nebbia e salti di nessi e fantasie: se no addio al fiorente mercato di libri, conferenze, convegni, seminari, presentazioni, dvd, comparsate televisive e radiofoniche.
    Il mostro deve restare un ectoplasma mitico e non identifcabile, guai a mettere punti fermi. Guai a restringere i campi attenendosi agli elementi emersi nelle indagini. Se no, non sia mai, il filone rischia di esaurirsi.

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    1. Antonello, non sprechi più il suo tempo a scrivere qui, questo è il suo ultimo intervento. Addio.

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  28. Pur per quanto saranno inutili visti gli arrangiamenti, c'è possibilità di leggere i verbali di Natalino? Sono reperibili da qualche parte?

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    1. Solo i verbali di Natalino 1969 mi risultavano pubblicati, da Antonio Segnini; ora però non li vedo più, forse mi confondo. Comunque in Rotella c'è riepilogato quasi tutto.

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    2. Grazie! Trovati nell'articolo di Segnini su Natalino. In effetti non ci sono nell'area di download.

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  29. https://imostridifirenze.forumfree.it/?t=74796275&st=3240

    The Pandora's box is open!
    hai voglia adesso a prendere le distanze dalle ipotesi figlie delle basi del tuo lavoro e delle tue argomentazioni.

    PS:
    ma dove quando come e da chi, sarebbero stati accertati i " quattro schiaffoni al mele"?
    Mucciarini non ne parla. I Cc nemmeno, in tribunale non se ne fa cenno. E l'unico che esiste esce dalla bocca del Mele stesso e solo molto molto tempo dopo. Mele che però, attenzione, tu stesso ci informi non essere mai credibile.
    Davvero si prese 4 ceffoni? Realtà o fantasia, storia o fiction?

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    1. Ma che mi frega...
      leggiti sto sito
      https://www.testimonianzapenale.com/lista-argomenti/false-confessioni
      e pensa alle cose serie

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  30. L'ho riletto (mi era già noto), ma anche stavolta nell'articolo che hai segnalato non è citato nè il mostro di Firenze nè Stefano Mele, nè i presunti "quattro schiaffoni" dichiarati da uno le cui dichiarazioni devono essere considerate tutte inattendibili.

    Se si vuole ricorrere alle "dimostrazioni" a partire da generali statistiche, allora puoi leggere anche questo (https://www.istat.it/it/files/2018/04/Analisi-delle-sentenze-di-Femminicidio-Ministero-di-Giustizia.pdf) del Ministero della giustizia – Direzione generale di statistica e analisi organizzativa, e hai l'altrettanta "prova" del Mele sulla scena del delitto.

    Ripeto la domanda per nulla capziosa ma seriamente documentativa: chi e/o cosa confermerebbe che Mele venne preso a schiaffoni? E quando?

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    1. Nessuno lo conferma; né gli schiaffoni, se e quando vengono dati, stanno scritti nei verbali.
      personalmente credo che sul Mele fosse più efficace l'opera di ragionata convinzione, tipo: "Vedi, tu accusi Francesco e invece il guanto di paraffina è negativo; mentre su Cutrona..." "Allora fermate tutto, vi dico che è stato Cutrona".

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    2. Sul successivo fargli dire un nome piuttosto che un altro, l'approccio soft della "ragionata convinzione" ci può anche stare.
      Ma non altrettanto per quello che è il fatto primario che lo riguarda in prima persona: l'attribuirsi il delitto cioè automandarsi in galera. Lì non c'è convinzione ragionata che tenga se sei innocente e quand'anche ci fosse dovrebbe essere abbinata imprescindibilmente ai cd involontari errori investigativi che permetterebbero al Mele innocente di venire a conoscenza dei dettagli per autoaccusarsi e cambio di versione del figlio appena messo di fronte al dover fare un remake della passeggiata in solitaria e scalzo.
      Una siffatta ipotizzata catena di eventi mi sembra decisamente troppo lunga e/o veramente troppo soft perchè possa reggere un minimo di screening critico.

      Comunque almeno abbiamo appurato che in questo caso parlare di schiaffoni vale come parlare di torte al lampone durante gli interrogatori: niente, nulla, zero. e niente, nulla, zero di verbali di denuncia di violenze subite.
      Speriamo di sta fantasia degli schiaffi di non doverne mai piu leggere da nessuna parte.

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    3. La fonte degli schiaffoni e botte è il Mele (chi altri poteva, ragionevolmente, essere?). Pertanto è corretto dargli lo stesso grado di credibilità dei suoi altri racconti. Per continuare l'esempio, Mele può essersi inventato gli schiaffoni quando il suo avvocato (o anni dopo il figlio o i giornalisti)gli chiede: "Ma se sei innocente, perché mai hai confessato?"
      Tuttavia, non vedo come si possa escludere che possa aver ricevuto degli schiaffoni perché non li denunciò penalmente, questo, da parte di un sottoproletario ex pastore sardo nel 1968, fa veramente sorridere.

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    4. Se agli schiaffoni diamo la stessa credibilità delle altre dichiarazioni dl Mele, e alle dichiarazioni del Mele abbiamo dato credibilità zero: stiamo appunto dicendo che quella degli schiaffoni è pura inattendibile aria fritta.
      Possiamo dire, come per la scarpa, che è una "bugia" perchè ne parla una volta sola, cioè in altre dichiarazioni dimentica il particolare perchè essendo inventato è difficile ricordarsi ogni balla che si dice?
      Oppure stiamo dicendo che Mele non è sempre inattendibile, ma allora non si vede perchè scartare la sua dichiarzione X anzichè Y se non per questioni di pro domo alle teorie che uno preferisce sostenere: ossia ricorrere ad un selezionato cherrypicking di alcune dichiarazioni ed eventi per assemblare assieme
      un prodotto non neutro ma bensì di gusto personale.

      E non è vero che non possiamo escludere abbia ricevuto quegli schiaffoni: perchè non vi sono elementi concreti a supporto, mentre è pieno di elementi che quegli schiaffi escludono, e se accettiamo come attendibile la sola tardiva voce del Mele di una coercizione allora perdiamo pure la possibilità di credibilità di un travaso in buona fede di elementi dagli investigatori al Mele e dobbiamo trasformalo in travaso in malafede con tutto ciò che ne consegue.

      Se così non facessimo, ricorrendo alla tattica del non escludere solo perchè fisicamente non impossibile, potremmo 'colorare' il Mele o chiunque altro o anche qualsiasi evento, di qualunque bizzarria ci passi per la testa e pretendere che gli altri o lo accettino in dogma o perdano tempo a smentire un qualcosa di non smentibile in quei termini.

      Facciamo un esempio a paragone-paradosso:
      Esistono gli alieni? non si sa. Possiamo dire che fino ad oggi non sono state portate prove concrete della loro esistenza, ma l'universo è talmente vasto e da noi non esplorato, che "non possiamo escludere che" esistano. E a sto punto "non possiamo escludere che" abbiano poteri particolari che gli permettano di fare e far fare qualsiasi cosa nell'universo.
      Possiamo quindi introdurre nell'enigma Signa 1968 e Mele gli alieni a spiegazione e soluzione del delitto?
      Io dico di no, ma... "non possiamo escludere che" furono loro a creare e far scomparire dal nulla la pistola, ad uccidere la Locci e il Lo Bianco e poi ad impadronirsi delle mente del Mele e a fargli dire le cose che disse.
      A voi l'onere della prova a smentita di ciò.
      too easy, eh.



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    5. Pubblicato anche questo... marea di sciocchezze... ora torna ad ammorbidire il bucato...
      Discorso schiaffoni (peraltro mai da me aperto) chiuso spero per sempre.

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  31. Grazie, ecco un'altra bella conferma che rinvigorisce l'idea iniziale dell'articolo!
    Infatti, prenderlo a schiaffi per farlo confessare proprio non ci azzecca con il buonismo, di pura facciata pubblica immagino, del dire che il travaso di tutte le informazioni utili a permettergli la ricostruzione del delitto derivino da semplici "errori investigativi". Però ci azzecca benissimo con una apposita manovra atta a coprire i veri colpevoli incastrando un innocente. E chi meglio dei colpevoli poteva sapere chi colpevole era e chi innocente?! Gli sberloni, in piu, anche meglio si addicono alle gravi minacce fatte al bambino di 6 anni di dire quello che volevano sentirsi dire o di farlo camminare scalzo di notte! Roba da tortura, su un bambambino per di piu!!! Decisamente tutta una serie di informazioni che, assieme, rende proprio inspiegabile il sostenere che quella notte l'arma non venne ritrovata da chi la doveva cercare, a meno che già non sapessero che non era stata lasciata in loco.
    Come dice il detto: il diavolo fa le pentole, ma sberle e numero di colpi sparati gli rovina i coperchi!

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