domenica 8 dicembre 2019

Verbali 23 agosto 1968




Ho trascritto i verbali del23 agosto del 1968, contenenti la confessione del Mele, gentilmente forniti da Flanz Vinci.

Legione territoriale carabinieri di Firenze

gruppo di Firenze – reparto operativo

nucleo investigativo


Processo verbale di interrogatorio di

Mele Stefano di Palmerio e fu Murgia Pietrino, nato a Fordongianus il 13 gennaio 1919 (...) Coniugato, manovale muratore.

L’anno 1968, addì 23 del mese di agosto, in Lastra a Signa Ufficio stazione carabinieri, alle ore 11:35.

Avanti a noi sottoscritti, ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sottoscritti è presente Mele Stefano, il quale opportunamente interrogato, spontaneamente dichiara:

“Prima di iniziare l’interrogatorio del Mele si dà atto che allo stesso assiste il signor Mucciarini Pietro (…) Residente a Scandicci (…).

Dall’anno 1960 conosco il signor Vinci Salvatore abitante a Vaiano località La Briglia, il quale ha avuto numerosi contatti carnali con mia moglie. Ne ero a conoscenza perché sia mia moglie che lui lo avevano ammesso che sia perché io personalmente li avevo visti uscire insieme.

Durante il periodo in cui sono stato ricoverato in ospedale e questo nel febbraio di quest’anno, mio figlio mi ha riferito che il Vinci Salvatore veniva a dormire a casa mia nel letto con mia moglie e a lui lo facevano dormire nel lettino in un’altra stanza.

Nell’anno 1960 – 61 il Vinci ebbe ad acquistare una moto Lambretta facendola intestare a mio nome adducendo il pretesto che non aveva la residenza in Toscana. Dopo qualche tempo il Vinci ebbe un incidente stradale a Sesto Fiorentino per cui sono stato costretto – in giudizio – a pagare i danni provocati all’investito. Nel febbraio di quest’anno mi è occorso un incidente stradale per il quale l’assicurazione della macchina investitrice mi ha pagato un risarcimento di lire 480.000 che ho riscosso nella seconda decade del mese di giugno 68. Il Vinci Salvatore faceva l’amante geloso di mia moglie. Più di una volta ha minacciato mia moglie di morte perché non voleva che andasse con altri. La minaccia è stata fatta in mia presenza e più di una volta era stata fatta anche a mia moglie da sola e mia moglie mi aveva riferito le minacce del Vinci e mi aveva espresso la paura che il Vinci le aveva prodotta talché questa più di una volta mi disse anche che un giorno o l’altro la avrebbero ammazzata. Il Vinci Salvatore circa un mese fa venne in Lastra a Signa a casa mia e mi chiese la somma di lire 150.000 in prestito. Nello stesso periodo aveva ottenuto da mia moglie altro prestito più o meno dello stesso importo. Successivamente a questo periodo chiesi al Vinci di restituirmi i soldi che aveva ottenuto da me e mia moglie, il Vinci che evidentemente non possedeva la cifra ebbe a rispondermi: – io prima o dopo faccio fuori tua moglie e così facciamo pari del debito. Io risposi: che non ero contento e non volevo anche se mia moglie si era comportata male. Il Vinci replicò che siccome io non avevo il coraggio di ammazzare mia moglie e per questo motivo ci pensava lui e andò via.

Infatti mia moglie nei momenti di debolezza quando con me si confidava, mi ha detto che (illeggibile).

A.D. R. Il Vinci Salvatore mi ha minacciato affinché facessi  intestare a mio nome il motorino, acquistato da lui  nel 1960 – 1961.
A D. R. Io avevo paura del Vinci Salvatore. Mi disse che aveva ucciso la sua prima moglie, con la quale era sposato solo civilmente, disse infatti che aveva ammazzato la moglie lasciando di proposito la bombola del gas aperta. Il fatto si è verificato in Sardegna, a casa dei genitori del Vinci. 
Quando il Vinci era d’accordo con mia moglie e cioè quando mia moglie praticava soltanto il Vinci e lui dormiva a casa mia, ha tentato più di una volta uccidermi lasciando il gas aperto. Aggiungo che il Vinci mi ha riferito che quando ha ucciso la moglie in Sardegna in casa vi era anche il figlio, che era stato salvato dal gas. La versione fornita circa la proposta del Vinci Salvatore ad uccidere mia moglie e trattenersi le L. 300.000 è tutta la verità. Non avevo alcuna intesa con il Vinci di riferirmi sull’esito del suo proposito e cioè di farmi sapere quando aveva ucciso mia moglie. Per cui il Vinci non è più tornato a casa mia e io ho appreso la notizia dell’uccisione di mia moglie soltanto da voi.
Fatto letto, confermato e sottoscritto:

 Mucciarini Piero

 Mele Stefano

 Funari Filippo M.M.C.C.

 Giacomini Pietro C.C.

 Gerardo Matassino B.C.C.



Legione territoriale carabinieri di Firenze

gruppo di Firenze – reparto operativo

nucleo investigativo

Processo verbale di interrogatorio di

Mele Stefano di Palmerio e fu Murgia Pietrino, nato a Fordongianus il 13 gennaio 1919 (...) Coniugato, manovale muratore.

L’anno 1968, addì 23 del mese di agosto, in Lastra a Signa Ufficio stazione carabinieri, alle ore 21:30.

Avanti a noi sottoscritti, ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sottoscritti è presente Mele Stefano, al quale prima di iniziare l’interrogatorio rendiamo noto:

•     Lei è imputato di duplice omicidio, reato commesso in località Castelletti di Signa in danno di Lo Bianco Antonio e LOCCI BARBARA, consumato nella notte dal 21 al 22 agosto 1968. Al momento non intendo nominare un difensore di fiducia.

•     Avvalendosi delle disposizioni vigenti lei può non rispondere alle domande che gli saranno rivolte.

A questo punto l’imputato, opportunamente interrogato, spontaneamente dichiara:

il giorno 21 agosto 1968, era mercoledì, al mattino mi recai puntualmente al mio consueto lavoro di manovale muratore in località Santa Lucia frazione di Lastra a Signa, feci ritorno a casa mia verso le 12:00 per il pranzo, dopo di che accusai disturbi allo stomaco e rimasi in casa senza tornare al lavoro. Verso le ore 15:30 dello stesso giorno venne a casa mia a tale Lo Bianco Antonio a me noto come Enrico e mentre questi si trovava nella mia abitazione giunse anche tale Cutrona Carmelo a me noto con il nome di Virgilio. Costoro si incontrarono. Però verso le ore 16:30 il Lo Bianco se ne andò e dopo circa un’ora se ne andò anche il Virgilio. Mia moglie Barbara nell’orario in cui avvennero le visite era presente in casa.

Alle 22:00 circa, sempre del giorno 21 mentre io mi trovavo a letto udii mia moglie che si trovava affacciata alla finestra della camera del bambino, finestra che dà sulla strada, parlare con qualcuno. Incuriosito mi alzai ed affacciato nella stessa finestra notai che quel qualcuno era Enrico. Poco dopo mia moglie scese per strada ed io rimasi a osservare alla finestra, quando essa ritornò in casa mi fece presente che sarebbe andata a fare una passeggiata con Enrico a bordo della sua macchina. Avrebbe portato seco anche nostro figlio. Anzi mi precisò che il bambino era in strada a giocare con altri coetanei ed era già salito sulla vettura e non voleva discendere. Io acconsentii senza muovere alcuna obiezione, considerato che ormai ero abituato a questo comportamento di mia moglie. Rimasto solo in casa, verso le ore 23:30, stanco di stare solo decisi di uscire a fare una passeggiata per prendere una boccata d’aria sperando che mi facesse star meglio. Giunto in Piazza IV Novembre incontrai casualmente Vinci Salvatore, un vecchio amico di famiglia, il quale vedendomi solo mi chiese dove si trovasse mia moglie Barbara e mio figlio Natalino al che risposi che probabilmente, dato che erano usciti in macchina con Enrico, erano andati al cinema a Signa. A questo punto Salvatore evidentemente a conoscenza della relazione esistente tra mia moglie Barbara ed Enrico (illeggibile): Perché non la fai finita? Io risposi: come faccio senza nulla in mano? Sapendo che Enrico aveva praticato la boxe. Salvatore a questo punto replicò: io ho una piccola arma, mi fece salire in macchina ed andammo a Signa, ove nella piazza del cinema di Signa alta trovammo parcata la macchina dell’Enrico. Aspettammo che uscissero dal cinema. Verso le 24 – 0.30 mia moglie con l’amico e mio figlio uscirono dal cinema e salirono in macchina, partirono e noi, io e Salvatore, preciso che Salvatore guidava la sua Fiat 600, li seguimmo. Partendo dal cinema Enrico si diresse verso la strada posta in salita che porta al castello, da qui dopo aver percorso circa 3 km ed essere passato davanti al cimitero di Signa, proseguì per la strada dritta che fiancheggia il cimitero e dopo poche centinaia di metri svoltò in una strada bianca posta sempre sulla destra fermandosi a circa 100 m dal bivio.

Preciso che noi seguivamo la macchina a una certa distanza. Una volta che Salvatore si accorse che Enrico aveva girato, fermò la macchina tra il cimitero e una casa colonica posta quasi vicino al bivio. Una volta fermata la macchina Salvatore aprì una borsa e mi diede una pistola dicendomi: –guarda che ci sono otto colpi –. Io presi la pistola, percorsi a piedi il tratto di strada fino al posto ove era ferma l’autovettura di Enrico e giunto a pochi metri mi abbassai e camminando carponi raggiunsi la macchina dal lato sinistro, preciso che l’autovettura era ferma con direzione di marcia opposta all’incrocio; e poiché il vetro dello sportello posteriore sinistro era abbassato, visto che mia moglie era in atteggiamento intimo con Enrico; preciso: – Enrico era sdraiato sul sedile anteriore destro, che aveva la spalliera abbassata e mia moglie si trovava sopra di lui, presi la mira e feci fuoco esplodendo tutti i colpi che conteneva il caricatore in direzione dei due amanti. I due non dissero neanche una parola , evidentemente morirono sul colpo. Preciso che mio figlio Natalino nel frattempo si trovava coricato sul sedile posteriore dell’autovettura e stava dormendo. Il ragazzo non si svegliò quando sparai bensì subito dopo. Immediatamente dopo aver sparato aprì lo sportello anteriore sinistro della macchina e mentre mi sostenevo con la mano sinistra sul volante dell’autovettura con la destra afferrai mia moglie per le vesti e la tirai verso di me e la feci ritornare in posizione di seduta. Poiché era scomposta nell’abbigliamento, aveva le mutandine abbassate fino al ginocchio, provvidi a tirargliele su e cercai di coprirle le gambe con la veste, queste però rimasero parzialmente scoperte. La stessa operazione feci con Enrico. Dopo avere aperto lo sportello, nel poggiare la mano sul volante ebbi a toccare qualche cosa perché si accese una luce che poi rimase accesa. Dopo avere sistemato parzialmente i corpi dei due amanti mio figlio si svegliò e vedendomi mi disse: – babbo.  Non aggiunse nessun’altra parola o se lo fece non ebbi modo di sentire perché  

(perché aprì lo sportello posteriore destro ed uscì dalla macchina cancellato a verbale quando mi accorsi che mi aveva conosciuto ed ebbe a chiamarmi babbo, scappai subito via raggiungendo la macchina di Salvatore. Preciso che Salvatore non scese dalla macchina e lo ritrovai dove l’avevo lasciato. Girò la macchina e mi accompagnò fino al ponte di Signa, precisamente nei pressi del ponte e seguendo l’argine del fiume arrivai a casa. Non appena salii in macchina dissi a Salvatore le seguenti parole: – sono belli e sistemati. Salvatore mi chiese del bambino al che io risposi che era salvo.


In relazione alla pistola preciso che non appena ebbi sparato la buttai via. Non posso precisare il posto preciso però sicuramente nei pressi della macchina. Preciso che buttai via l’arma di iniziativa. Vinci Salvatore mi chiese della pistola e quando gli dissi che l’avevo buttata via ebbe a rispondermi: – pazienza.

D. Dopo aver ricomposto il corpo di Barbara lei dice che ha ricomposto il corpo di Enrico, ci dica come ha fatto.

R. Dopo aver chiuso lo sportello anteriore sinistro, preciso che avevo già sistemato il corpo di Barbara, ho girato attorno alla macchina, ho aperto lo sportello anteriore destro e poiché Enrico aveva la gamba sinistra posta di traverso sulla parte anteriore destra del sedile anteriore sinistra tirai la gamba per mettergliela distesa vicino all’altro. Preciso che mentre effettuavo quest’operazione si sfilò la scarpa di Enrico e terminò vicino allo sportello sinistro anteriore sempre rispetto a chi guida.

D. Ci dica se quando sua moglie uscì dal cinema aveva con sé il bambino oppure lo stesso era con Enrico?

R. Quando i tre uscirono dal cinema mio figlio Natalino era in braccio alla madre, penso che fosse già mezzo addormentato tanto che lo mise sul sedile di dietro e durante il percorso non riuscì a vedere mai il capo del bambino. Quando giunsi sul posto per uccidere i due il bambino dormiva regolarmente nella seguente posizione: il capo rivolto verso lo sportello posteriore sinistro e le estremità inferiori verso quello destro sempre rispetto a chi guida.

D. Conosce il tipo di pistola che il Vinci gli diede per uccidere sua moglie ed Enrico?

R. Non conosco il tipo di pistola che Vinci mi diede, però in relazione a quella che oggi mi avete mostrato e che mi dite essere una Beretta calibro nove preciso che quella del Vinci aveva la canna molto più lunga tanto che penso si tratti di una pistola per tiro a segno. Preciso anche che la pistola che il Vinci mi diede era pronta per sparare perché io non feci altro che tirare il grilletto.

Confermo ancora una volta che ad accompagnarmi con la macchina fu il Vinci Salvatore. Mi dichiaro colpevole del duplice omicidio commesso in persona di Lo Bianco Antonio e LOCCI Barbara consumato in località Castelletti di Signa nella notte dal 21 al 22 agosto 1968.

Ho ammazzato mia moglie e l’amante perché ero stanco di vedermi continuamente umiliato. Mia moglie mi tradiva da diversi anni però è da qualche mese che avevo deciso di eliminarla.

A.D.R. non ho niente altro da dichiarare ed in fede di quanto sopra previa lettura mi sottoscrivo.

Fatto, letto, chiuso, confermato e sottoscritto in data e luogo di cui sopra.

MELE Stefano

Funari Filippo

Gerardo Matassino

(illeggibile

illeggibile)

Olinto dell’Amico tenente C.C.

(illeggibile)

[Nota: firmano anche tre agenti o ufficiali di P.S. dei quali non conosco i nomi]

Sarebbe interessante leggere anche i successivi verbali stesi nella notte tra il 23 e 24 agosto nei confronti di Salvatore Vinci e Nicola Antenucci, ma  non sono ancora riuscito a ottenerli. Non dispero. Nel frattempo, ne troviamo il sunto in Torrisi:
"Il 24 agosto 1968, alle ore 01,20, VINCI Salvatore, sentito in merito alle accuse mossegli poco prima dal  MELE,  nel  negare ogni addebito,  sostiene che la sera di quel  mercoledì
21.8.68,  uscito di casa,  sita in località "La Briglia " di Vaiano, verso  le ore 20,30, si  è intrattenuto presso il locale bar Sport, sino alle ore 22,15, in compagnia di VARGIU Silvano
e di un certo Nicola (ANTENUCCI). suo dipendente, di essersi recati successivamente con i due amici a Prato, presso il Circolo dei preti, ove sarebbero rimasti a giocare fino alle ore
24, facendo rientro a casa. Egli conclude affermando di aver saputo dell'omicidio il mattino del giorno successivo, perché un suo operaio aveva il giornale e lo stava leggendo.
Il  24  agosto  1968,  alle  ore  02,00,  a  meno  di  un'ora  dall'interrogatorio  del  suddetto, ANTENUCCI  Nicola,  sentito  in  merito,  conferma  la  circostanza  richiamata  dall'altro,
precisando che dalle ore 22:15 alle ore 00,30, ora in cui si erano divisi, prima di dirigersi a casa,  il  VINCI Salvatore  non si  è  allontanato  da lui".  

Non faccio commenti. Dalla lettura degli atti risulta non vero che Mucciarini fu presente alla confessione del Mele e addirittura la controfirmò. Chissà se qualcuno ne prenderà atto, personalmente ne dubito. [EDIT: Vedi Postilla di seguito]


POSTILLA
Volevo riservare gli interventi per le novità, ma devo precisare alcune cose perché sono stato accusato di travisare o tacere fatti ben noti.
Faccio riferimento alla precedente constatazione che Mucciarini non risulta, dagli atti in nostro possesso, essere stato presente alla confessione del Mele. Questa osservazione è la semplice presa d’atto che Mucciarini firma il verbale delle 11.30 (accusa contro Salvatore Vinci), ma non quello delle 21.30 (confessione di Mele di aver agito in prima persona, su istigazione dello stesso Salvatore). Ma – mi si dice – sei un pirla perché Rotella aveva già spiegato tutto in sentenza, l’interrogatorio procede fuori verbale, poi Mucciarini nel pomeriggio va a dormire quindi è ovvio che alle 21.30 non c’è; inoltre lo sanno anche i sassi che prima Mele confessa poi gli fanno fare il giretto cimitero – via di Castelletti infine tornano in caserma a verbalizzare. Potrei ribattere che è buona norma indicare e dare atto  della presenza di terzi, anche non firmatari, nei verbali di P.G.; ma che non sia stato fatto non è purtroppo prova di assenza. E comunque, se lo dice Rotella deve essere vero per forza.
Abbiamo però dovuto amaramente constatare che Rotella alcune cose, anche molto più vicine nel tempo, le ignora o preferisce ignorarle (sia chiaro che io sono per la prima ipotesi). Occorre contestualizzare. Rotella non partecipò alle indagini del 1968-70, anzi, prese in mano il caso MdF nel 1983, quando la pista sarda era in piena corsa, tirò fuori di galera Francesco Vinci e vi rinchiuse Piero Mucciarini e Giovanni Mele. Quindi la sua conoscenza degli accadimenti del 1968 non è di prima mano, bensì basata su atti di indagine verbalizzati e sui racconti dei carabinieri che sentì e che ancora con lui collaboravano (probabilmente Matassino, certamente Dell’Amico). In altre parole Rotella è nella nostra stessa situazione, deve ricostruire le indagini, naturalmente ha tutto il materiale a disposizione, cosa che noi non abbiamo. Siccome però ha la buona abitudine di citare le fonti nella sua sentenza, andiamo a leggere quali sono; premettendo che Mucciarini nel rapporto Matassino non compare proprio. Intanto Rotella scrive: “[I CC] Intuiscono che Mele è implicato nell'omicidio più di quanto abbiano supposto. Insistono nell'inquisirlo (fuori verbale e con l'ausilio di Mucciarini), ma è difficile stabilire in qual misura lo stimino ancora un teste o già un indiziato”. Il fuori verbale è per forza di cose una fonte orale, può derivare dai ricordi dei sottufficiali o ufficiali che condussero l’interrogatorio. Prosegue il G.I.: “Nell'istruttoria attuale si è appreso anche che Mele, prima dell'interrogatorio, era fortemente preoccupato di venire arrestato, già da prima perché i carabinieri, che l'avevano lasciato andare con il figlio la sera innanzi, lo attendevano di primo mattino quel giorno. Tanto si desume già dalle dichiarazioni di uno degl'investigatori al G.I., nel 1969 (cfr.: fasc. testi) brig. Matassino, che è colui che ha steso il rapporto di P.G.. Ed è stato confermato da Funari ed altri in questa istruttoria.” Quindi qui si sta parlando, sulla base di osservazioni di Matassino e Funari, della preoccupazione del Mele. Arriviamo al passaggio più significativo: “Per questa ragione hanno coinvolto anche Mucciarini, apparso disponibile ad adoprarsi a questo fine (cfr.: Ferrero in corte d'Assise). Finalmente Mele confessa di esser lui stesso l'assassino, aiutato da Salvatore Vinci, che lo ha accompagnato sul luogo e gli ha fornito l'arma del delitto. Gl'inquirenti non verbalizzano subito. Mucciarini non è oltre disponibile, perché deve dormire e poi recarsi al suo lavoro notturno di fornaio. Hanno bisogno essi stessi di credere e perciò conducono Mele sul luogo del delitto e si fanno rappresentare da lui i fatti, come narreranno nel rapporto”.
Quindi la collaborazione di Mucciarini (alla confessione da parte del cognato) trova il suo fondamento nella deposizione del mar.llo Ferrero in Corte d’Assise. Fortunatamente l’abbiamo a disposizione e possiamo leggerla. "(…) Fu il giorno dopo – in seguito ad altri interrogatori – che il Mele confessò indicando con particolari le modalità  e le circostanze del delitto. Alla confessione si giunse attraverso l'opera di persuasione fatta da un cognato del Mele, Mucciarini Piero. Il Mucciarini si presentò spontaneamente in caserma, anzi era il Mele che ci chiedeva di affidare il bambino alla sorella, moglie del Mucciarini e costui pertanto fu presente all'interrogatorio del Mele e firmò il relativo verbale”. Ma ora sappiamo che il verbale controfirmato da Mucciarini fu soltanto quello delle 11.30, in cui veniva formulata l’accusa a Salvatore Vinci; quindi Ferrero in giudizio ricorda male e confonde gli atti. Per cui la base documentale della collaborazione di Mucciarini rimane alquanto traballante.
Questo non significa che il cognato non fosse effettivamente presente quando Mele infine decise di confessare; in effetti non lo sappiamo. Siccome però lo storico, come il giudice, deve tenere conto di tutte le circostanze, che gli piacciano o meno, citerò anche un passaggio che sembra confermare la presenza di Mucciarini.  Facciamo un salto temporale in avanti all’agosto del 1982, quando sono riprese le indagini, condotte in quel momento dal G.I. Tricomi, e leggiamo ancora Rotella: “L'ultimo ad essere escusso, della famiglia di Stefano Mele, è Piero Mucciarini (26 agosto 82, 37 ss. loc. cit.), il marito di Antonietta Mele. (…) Ricorda di essersi recato con il cognato Marcello (Chiaramonti, marito di Teresa Mele, che ora vive a Piombino) a casa del Mele la mattina in cui questi apprese dal giornale del duplice omicidio (è la visita di cui ha parlato anche Teresa). Quando Mele li vide arrivare scoppiò a piangere, dicendo che gli avrebbero dato l'ergastolo. [Nota: Teresa dirà un po’ differentemente: “(Stefano) le aveva detto di essere innocente e che tuttavia sarebbe finito alle Murate]. "Io gli chiesi cosa aveva fatto e lui rispose: «non ce la facevo più» e piangeva". Condotto in caserma il Mele, egli aveva parlato con lui, per invitarlo a dire la verità, ma Stefano rispondeva: "Mi ammazzano il figlio". Alla domanda 'chi?', taceva. Il Mele non gli dava risposta neanche alla domanda: "la pistola dove l'hai comprata e dove l'hai messa?".
Questa domanda sulla pistola si giustifica soltanto dopo che Mele ha ammesso di aver sparato. In mancanza del verbale del 1982, è arrischiato fare altre considerazioni.
Ne approfitto per chiarire ancora una volta – e spero definitivamente – che ritenere le confessioni di Stefano Mele e Giancarlo Lotti false non significa ipotizzare alcun complotto di investigatori, avvocati, magistrati ecc., ma più semplicemente accettare l’eventualità che indagini carenti ebbero come risultato, nell’uno e nell’altro caso, un molto probabile errore giudiziario.

43 commenti:

  1. Come andarono le cose ce lo aveva già detto anche Rotella nei seguenti tre passi della sua sentenza:

    "La terza fase inizia il mattino del giorno successivo, dopo il solito colloquio preliminare, con un colpo di scena, al quale assiste anche il marito della seconda sorella di Mele, Piero Mucciarini, che è dato presente e sottoscrive il verbale".

    "Insistono nell'inquisirlo (fuori verbale e con l'ausilio di Mucciarini), ma è difficile stabilire in qual misura lo stimino ancora un teste o già un indiziato. Pochi mesi dopo questi interrogatori, nel 1969, sarebbe stata necessaria la presenza di un difensore, ma a quell'epoca non lo era ancora."

    "Gl'inquirenti non verbalizzano subito. Mucciarini non è oltre disponibile, perché deve dormire e poi recarsi al suo lavoro notturno di fornaio. Hanno bisogno essi stessi di credere e perciò conducono Mele sul luogo del delitto e si fanno rappresentare da lui i fatti, come narreranno nel rapporto."

    Quindi è vero che Mucciarini firma un verbale e si tratta non della confessione, ma di quello del "colpo di scena". Questo è un fatto nota da tempo, almeno da quando è disponibile la sentenza Rotella.
    Ma altresì corrispondente al vero che Mucciarini fu testimone attivo dell'interrogatorio "fuori verbale" in cui Mele confessa. Di nuovo lo dice Rotella e di nuovo è nota da quando questa sentenza è stata pubblicata.

    Anche Torrisi riferisce la deposizione di Ferrero in tribunale in questi termini:

    "È il caso di evidenziare che alla confessione assiste il cognato del perdetto, MUCCIARINI Piero ed il Maresciallo FERRERO, solerte investigatore dell'epoca, defunto, a cui nel corso della deposizione in Corte d'Assise, non è sfuggito di riferire che la confessione è stata ottenuta grazie all'opera di persuasione espletata dal medesimo congiunto."

    La testimonianza di Ferrero è infatti di questo tenore:

    "A d. della P.C R: Nel confessare, il Mele fece il nome del Vinci Salvatore come suo complice; alla confessione si giunse attraverso l'opera di persuasione fatta dal cognato del Mele, Mucciarini Piero."

    E' altresì vero che, nonostante il contributo di Mucciarini, questi non firmò il verbale conclusivo della giornata a Lastra a Signa, semplicemente perché tale verbale fu chiuso dopo che i Carabinieri portarono Mele a fare la sua dimostrazione (in presenza di funzionari della questura, di CC e di giornalisti) perché in tutta evidenza "Hanno bisogno essi stessi di credere".

    Quindi se davvero si vuole sostenere che Mucciarini non fu presente alla confessione (e non solo al "colpo di scena"), allora si deve sostenere anche che Rotella e Ferrero mentirono senz'altro e lo fecero uno in una sentenza e l'altro in tribunale sotto giuramento.
    Personalmente ne dubito.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Rotella non ha alcuna possibilità di sapere cosa realmente avvenne il 23 agoato pomeriggio, giacché gli interrogqatori sono condotti fuori verbale. Quindi si basa sui ricordi che gli propinano i CC, gli stessi CC che gli negheranno di aver mai ricevuto una segnalazione anonima relativa a Signa. Quanto a Ferrero, giacché ci dice che Mucciarini firmò il relativo verbale, e l'unico verbale firmato da Mucciarini è quello delle 11.30 (che, contrariamente a quanto pensa il sig. Antonello è un'accusa e non una confessione) quanto meno a processo fa confusione e ricorda male.
      Cari amici, o siamo disposti a sottoporre a vaglio critico tutto o tanto vale accettare tutto quello che ci hanno propinato in 50 anni di indagini sciagurate. Quello che a me non va bene è scegliere cosa è vero e cosa non lo è a seconda di quanto si accordi alla nostra ipotesi precostituita, per chi ce l'ha. Questo metodo Nnon mi va bene per niente.
      Mucciarini fu coinvolto da Natalino, vennero fatti accertamenti su di lui, secondo quanto ci dice Ferrero, poi compare tranquillamente come teste nel 1970, dopo di che fino al 1984 non ne sentiamo più parlare.
      Per completezza trascrivo, per quanto ben noto, quello che Rotella riporta del primo interrogatorio di Mucciarini nell'agosto 1982:
      "L'ultimo ad essere escusso, della famiglia di Stefano Mele, è Piero Mucciarini (26 agosto 82, 37 ss. loc. cit.), il marito di Antonietta Mele.
      Innanzitutto egli rafforza il convincimento che Mele, implicato nell'assassinio della moglie e del Lo Bianco, non parli per paura.
      Ricorda di essersi recato con il cognato Marcello (Chiaramonti, marito di Teresa Mele, che ora vive a Piombino) a casa del Mele la mattina in cui questi apprese dal giornale del duplice omicidio (è la visita di cui ha parlato anche Teresa). Quando Mele li vide arrivare scoppiò a piangere, dicendo che gli avrebbero dato l'ergastolo. "Io gli chiesi cosa aveva fatto e lui rispose: «non ce la facevo più» e piangeva". Condotto in caserma il Mele, egli aveva parlato con lui, per invitarlo a dire la verità, ma Stefano rispondeva: "Mi ammazzano il figlio". Alla domanda 'chi?', taceva. Il Mele non gli dava risposta neanche alla domanda: "la pistola dove l'hai comprata e dove l'hai messa?".
      Sarebbe dunque questa la collaborazione non verbalizzata di Mucciarini: invitarlo a dire la verità.

      Elimina
    2. A me va bene sottoporre a vaglio critico tutto. Il problema in questo caso, per fare un esempio tra i tanti è che sostenere che Mele rispose ad una specifica domanda quando di questa domanda non solo non vi è traccia ma vi è testimonianza 'scritta, letta e controfirmata' che la domanda era un'altra e di tutto altro tenore: non passa il vaglio critico. Anche a me non va bene se si sceglie cosa è vero e cosa non lo è a seconda di quanto si accordi alla nostra ipotesi precostituita. Ma in questo caso, il problema che traspare è che l'associazione a delinquere da cp270 che si cerca di far passare come dato di fatto, è a documentazione così nulla da parere proprio essa stessa una ipotesi precostituita alla quale tutto si deve piegare a prescindere. Sarò duro di comprendonio, cieco, vivrò sulla luna, non saprò l'italiano o avrò solo fantasie nella mia testa: ma al momento risconto anche minimo a quanto sostenuto in questi suoi articoli e conseguenti dibatti: non ne ho trovati. Ho trovato invece forzature paradigmatiche concatenate le une alle altre e giustificate le une con le altre. In forma affabile e di interessante lettura certamente, ma incapaci di fornire nè riscontro documentale nè riscontro logico e ancor meno riscontro di buon senso della massaia.

      Elimina
  2. Pietro Gemmino, Torello Martini, Tonino Delfino.

    Non ho capito come puoi affermare che Mucciarini non era presente alla confessione in base agli atti, mi spieghi? Il verbale di quella confessione non esiste, essendo stato redatto alla sera dopo la ricostruzione del delitto. Lì la firma di Mucciarini non c'è, ma questo non vuol dire che non fosse stato presente nella tarda mattinata quando Mele aveva raccontato di aver sparato.
    Non so Rotella da dove avesse preso le informazioni, però in sentenza scrive che c'era.

    Intuiscono che Mele è implicato nell'omicidio più di quanto abbiano supposto. Insistono nell'inquisirlo (fuori verbale e con l'ausilio di Mucciarini)...
    ...
    Finalmente Mele confessa di esser lui stesso l'assassino, aiutato da Salvatore Vinci, che lo ha accompagnato sul luogo e gli ha fornito l'arma del delitto.
    Gl'inquirenti non verbalizzano subito. Mucciarini non è oltre disponibile, perché deve dormire e poi recarsi al suo lavoro notturno di fornaio.

    Se non sei in grado di dimostrarlo è meglio se fai un edit sulla parte di frase "Dalla lettura degli atti risulta non vero che Mucciarini fu presente alla confessione del Mele...".
    Mi sembra che di fandonie ce ne siano già troppe su questa storia. Se invece sono io che mi sbaglio fammi capire e chiederò scusa.

    RispondiElimina
  3. Grazie della trascrizione.
    Dagli atti non risulta la presenza di Mucciarini, ma ricorderai sicuramente che il motivo è indicato da Rotella nella sua Sentenza (pag. 15: "finalmente Mele confessa ...Gli inquirenti non verbalizzano subito. Mucciarini non è oltre disponibile ...." ecc.). Perché ne dubiti?

    Semmai tra le incongruenze mi viene in mente che a leggere la confessione e a volerla correlare con le ricostruzioni successive, non si capisce perché Mele già che c'era non confessi anche di avere accompagnato il figlio. Cancellatura a parte (ma è sospetta, ovviamente), che senso ha dire "Salvatore mi chiese del bambino al che io risposi che era salvo"? E i CC non chiedono nulla?

    Infine, una cosa probabilmente poco significativa ma che cozza con ciò che ho sempre saputo. Ma Mele non era stato riaccompagnato a casa dal Barranca? (da cui tutta una serie di congetture sulla coincidenza della parentela con la vittima maschile, di cui si era a lungo dibattuto nell'ex forum). Pare invece che Mele torno a casa a pranzo e lì rimase. Boh!

    SonnyL

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mele è malleabile. Finché non gli dicono che il piccolo ha ammesso di essere stato portato da lui, del seguito riguardante il bambino non sa niente. Anzi, meglio, il giorno dopo dirà che lo ha accompagnato Francesco in motorino; infine confesserà che lo ha portato lui, ma non saprà spiegare perché.Ma non è stato lui, perché non poteva sapere cosa avrebbe trovato alla fine della stradina sterrata.

      Elimina
  4. Molto interessante, mille grazie davvero. E tanti punti da evidenziare!!!
    + IL PRIMO: quello sulla misteriosa persona che minacciava di uccidere la Locci: Verbale 11:30, qui il Mele ci dice chi era.
    + IL SECONDO: il verbale delle 21:30 smentisce completamente che il Mele abbia parlato della scarpa in risposta a domanda, magari mal formulata che la citava o magari che infingardamente e volutamente la citava. Si legge infatti che la domanda a cui Mele risponde era assai più generica e che non fa menzione di alcuna scarpa, e infatti recita un semplice: 'Dopo aver ricomposto il corpo di Barbara lei dice che ha ricomposto il corpo di Enrico, ci dica come ha fatto.'
    + IL TERZO: è errato dire che il Mucciarini non controfirmò verbale di accusa e confessione del Mele. Infatti, a fondo verbale delle 11:30 si legge (Mele che parla):'Non avevo alcuna intesa con il Vinci di riferirmi sull’ESITO (maiuscolo mio) del suo proposito e cioè di farmi sapere quando aveva ucciso mia moglie'. 'Esito', non proposito o chiacchiere in merito. A parte tutto il resto di contorno contenuto nello stesso verbale sulla stessa persona: questa è già una accusa diretta e già un confessare di essere a conoscenza della premeditazione di uccidere la Locci e quindi, visto il non essersi rivolto alle FF.OO, confessare di essere complici. Nel successivo verbale, 21:30 Mucciarini non era presente visto che lavorava di notte. Ma il Mucciarini, come da scritta in calce nel verbale delle 11:30 era presente e controfirmante mentre il Mele accusava direttamente il Vinci Salvatore di essere il responsabile materiale mentre, per sè, il Mele confessava la propria complicità tentando di ricavarsi un ruolo minore di responsabilità, ma insindacabilmente già ammettendo di essere a conoscenza diretta del chi doveva essere ucciso, del chi doveva uccidere, e del chi doveva offrire il proprio silenzio complice affinchè il delitto potesse avvenire, anche se in data e momento a lui ignoto. Si potrebbe anche aggiungere che, stante le altre parole che dice a proposito di soldi, il Mele stia addirittura confessando di aver retribuito o aver accettato di retribuire una persona per ucciderne un'altra, scavandosi così pure fossa come 'mandante'. A casa mia c'è un solo nome per questo: confessione. Confessione a cui il Mucciarini era presente. Che tale verbale e successivi, possano includere menzogne, anzi includano, anche solo almeno relativamente a moventi, lo si può decidere da soli leggendo cosa il Mele svelò poi nel 1985 e cosa gli investigatori scoprirono a proposito dell'alibi del soggetto che il Mele accusa in questo verbale.
    + IL QUARTO: quel 'a giocare fino alle ore 24, facendo rientro a casa' fa a pugni con quanto testimoniato sotto giuramento in aula dalla all'epoca del delitto moglie dell'indicato dal Mele a verbale. In seguito il Vargiù non confermerà limitandosi ad un semplice 'non ricordo' e l'Antenucci dirà che si trattava di altro giorno e che gli venne richiesto di dire che si trattava di quella notte. Anche il Biancalani, non sentito nelle immediatezze, in seguito non confermerà trincerandosi dietro i 'non ricordo'.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ognuno la vede un po' come vuole; mi era ben chiaro che nessuno avrebbe cambiato idea. Purtroppo, signor Antonello, che il verbale della mattina, firmato da Mucciarini, costituisca una confessione del Mele e non un'espicita accusa a Salvatore Vinci temo sia solo nella sua testa. Quanto alla scarpa, è un particolare che non vale nulla, poiché i CC verbalizzano quanto avvenuto e discusso nella ricostruzione, per cui è naturale pensare che siano stati loro a chiedere al Mele di giustificare la strana posizione della scarpa. Quindi posso ben supporre che sia risposta fornita a una domanda suggestiva fatta sul posto; tant'è che questo particolare al Mele non rimane in testa, lo stravolge nel 1969. Mentre della freccia che avrebbe inavvertitamente acceso non ricorderà più nulla nel 1982. E ripeto che le bugie si dimenticano in fretta.

      Elimina
    2. Signor Omar, non se la prenda, ma è nei vocabolari e non nella mia testa quale sia il significato normale e corrente del vocabolo 'esito': 'conclusione valutabile', 'risultato valutabile'. Sulla scarpa, mi spiace dirlo, ma sarà naturale per lei. Per me no di certo. Quella parte di verbale è esplicita con tanto di D. ad introdurre la domanda e R. ad introdurre la risposta. Che sia stato battuto a macchina una volta rientrati in caserma non sposta nulla visto credo non fosse norma portarsi appresso la macchina da scrivere invece del taccuino, ma ancor più palesemente dato che il verbale termina in calce con il: 'Fatto, letto, chiuso, confermato e sottoscritto in data e luogo di cui sopra' seguito dalla firma del Mele. Letto. Confermato. Sottoscritto. Visto che è venuto fuori che a verbale redatto in caserma c'è scritto altro, adesso la domanda suggestiva la spostiamo in ricostruzione? Mi sembra un pò troppo comodo, ma poi, ma a che pro? Cosa avrebbe poi di così utile una tale domanda in fase di ricostruzione con il Mele ovviamente presente, tenendo conto che effettivamente una scarpa si sfilò dal piede di un sottufficiale incaricato di mimare una delle vittime? Mele poteva dire: accadde lo stesso la notte del delitto o rispondere la notte del delitto non accadde o se accadde non ci feci caso. O, se innocente, dire 'io non c'ero, ero a casa col mal di pancia'. Tanto la scarpa cadde lo stesso sia alla prima apertura di portiera dei CC la notte del delitto sia in ricostruzione. Per fare la differenza, o meglio, per fare la differenza che lei ipotizza se comprendo bene il suo discorso, bisognerebbe che: siccome quando la notte del delitto la scarpa cadde al Comandante della Tenenza di Signa quando aprì la portiera, questi o un suo collega abbia informato il Mele di quel dettaglio prima che il Mele partecipasse al sopralluogo e/o prima che confessasse. In quel caso, e solo in quel caso, si potrebbe aver bisogno di porre senza verbalizzare una domanda così capziosa. Ma visto che una scarpa cadde anche in ricostruzione, di una simile domanda non c'è nel concreto bisogno comunque. E continua a restare pienamente indimostrato che qualcuno dei Carabinieri abbia informato il Mele di quel dettaglio o di altri. Le bugie si dimenticano in fretta? Sì. No. Dipende dall'importanza del ricordo. Dipende da persona a persona, dipende da mille aspetti e mille circostanze. Non è una regola. E comunque stiamo valutando cosa disse, nel senso di come poteva sapere subito nel 1968 certe informazioni, non cosa disse dopo in una o più delle sue cangianti versioni, che le successive dichiarazioni sono da leggere in base all'evolversi delle successive contemporanee situazioni altrimenti sono fuori contesto.

      Elimina
  5. Ma secondo te Rotella aveva la macchina del tempo? O ripete quello che gli raccontano i carabinieri? Non faccio nessun edit. Fai prima tu un edit sull'insesistenza dell'anonimo di Signa, se credi che Rotella sia così credibile al di là di ogni critica.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai scritto "DALLA LETTERA DEGLI ATTI RISULTA NON VERO CHE MUCCIARINI FU PRESENTE ALLA CONFESSIONE DEL MELE" e questa è una falsità. Leggi bene la frase!!! Quali sarebbero questi atti?
      Riguardo Rotella, non ho scritto che bisogna credegli, ma solo che lo ha scritto, leggi ancora bene!!!!

      Elimina
  6. Luca, Segnini, Omar: ma guardate che Mele confessa già alle 11:30 e Mucciarini quel verbale firma eccome. Sta scritto nero su bianco nel verbale, e cito: 'Non avevo alcuna intesa con il Vinci di riferirmi sull’esito del suo proposito e cioè di farmi sapere quando aveva ucciso mia moglie'. RIFERIMI SULL'ESITO, cioè il Mele confessa già alle 11:30 che sapeva che la Locci sarebbe stata uccisa da Vinci Salvatore, e che lui, Mele, semplicemente non voleva essere messo a conoscenza dei particolari del quando dove e come. Quindi sapendo della predeterminazione di uccidere la Locci perchè chi la vuole uccidere glielo dice e al tempo stesso non avvisando le FF.OO. e non facendo nulla per impedire che venga uccisa, in automatico confessa di essere complice. Essendo stato sbertucciato per l'alibi della mattia che proprio non regge, Mele cosa può fare in prima battuta se non confessare? E cosa confessa? Confessa il vero, ossia il nome dell'assassino e la sua complicità, perchè non ha avuto tempo di inventare una nuova balla articolata. E come lo fa? Lo fa confessando ma contemporaneamente provando almeno a ridurre il suo carico di responsabilità (io so, non mi oppongo e non intralcio, ma per cortesia 'non mi mettere a conoscenza'). Al mattino non viene creduto al 100% perchè quella confessione non risolve l'assurdità di un bimbo di 6 anni che camminerebbe scalzo sul pietrisco per 2km e passa al buio pesto di notte, e quindi al pomeriggio, la sera, successivamente dovrà ancora aggiustare il tiro. Ma che Mucciarini fosse presente alla confessione del Mele, quella delle 11:30 che sempre confessione è, è cosa certa ed assodata. Sostenere che Mucciarini non fosse presente mentre il Mele confessava è sbagliato.

    RispondiElimina
  7. Signor Omar, credo dovrebbe correggere quella risposta ad un mio quesito nell'altro articolo, in cui scriveva, testuali parole: 'La scarpa è al 99,99% la risposta a una domanda suggestiva. Nel secondo verbale sbobininato e su pubblicato (ancora grazie) si legge che la domanda era: 'D. Dopo aver ricomposto il corpo di Barbara lei dice che ha ricomposto il corpo di Enrico, ci dica come ha fatto'. Quindi per nulla suggestiva e minimamente accennante alla scarpa. Ma allora come fece il Mele, se innocente e non presente sul luogo del crimine, a sapere di detto particolare?

    RispondiElimina
  8. Grazie Omar per questi preziosi verbali, per il minuzioso lavoro che fai e per avermi fatto scoprire 2 nuove bugie che Salvatore Vinci disse su quel delitto.
    Infatti nella parte finale del tuo articolo citi il passo del rapporto Torrisi in cui Salvatore Vinci dichiara di aver appreso la notizia della morte di Barbara il mattino seguente da un suo collega che stava leggendo il giornale.
    In un intervista al quotidiano La Città del 31 Ottobre 1985, però, Salvatore Vinci dichiara questo:
    Cosa accadde?
    Mi vennero a prendere sul lavoro. Io della morte di Barbara non sapevo ancora niente. Mi portarono in caserma, a Signa, e mi chiesero che cosa avevo fatto il giorno prima e quello prima ancora. Poi si aprì una porta e fui portato nell’altra stanza. Non sapevo che cosa mi aspettava, nessuno mi aveva detto niente, ogni stanza, ogni viso erano un mondo nuovo. Mi trovai davanti Stefano Mele. Scoppiò a piangere: "Perdonami Salvatore, perdonami, non volevo farti del male. Non sapevo cosa facevo". Solo allora seppi che Barbara era morta e che Stefano Mele aveva accusato me."
    E cioè che quando viene portato in caserma ancora non sapeva nulla della morte di Barbara.

    La seconda bugia la dice quando dichiara di essere tornato a casa a dormire dopo la partita al biliardo. In realtà Rosina Massa, ascoltata al processo Pacciani(ci sono gli audio su YouTube) disse che quella notte Salvatore non rientro' in casa.

    Un saluto caro!

    RispondiElimina
  9. Alese, è improbabile fino all'incredibilità più totale che il Vinci Salvatore venne prelevato e portato ad un confronto con un sospettato che lo accusava e non gli sia stato detto il perchè di tale confronto. Attenzione, che in ogni di dichiarazione del Vinci Salvatore, sia su Signa sia successive, sono sempre presenti documentate menzogne. Ultima in ordine di tempo di scoperta ne sia quella del suo DNA e gli stracci gialli a fiorellini. Non c'è, ad esempio, alibi che abbia fornito che non abbia presentato dati non riscontrati o smentiti. Lo stesso dicasi per le sue, chiamiamole col loro nome, accuse, al fratello Francesco in merito alla pistola. Tra le più 'divertenti', ti consiglio di leggere quelle del 26 novembre 1986 davanti ai totalmente non-sardisti Vigna e Canessa. Che dici Alese, secondo te quel giorno avrà indossato al dito l'anello di fidanzamento del Mele con la Locci oppure no?

    RispondiElimina
  10. Alese, dimenticavo: leggiti il verbale di Caponnetto del 24 agosto 68, quello scritto a mano libera per intendersi, con il Vinci Salvatore e lì ci troverai che il Vinci dice: 'Non mi rendo conto perchè Stefano mi accusi', e poche righe dopo, in chiusura di stessa pagina, si legge: 'Si dà atto che si procede a confronto tra il Mele e il Vinci Salvatore'.
    Quindi, come vedi, meglio non elevare articoli di giornale a documentazioni e meglio mai credere a quello che afferma il Vinci Salvatore

    RispondiElimina
  11. A mio parere, l’errore che commettono alcuni è quello di credere a ciò che dichiara SM. SM è come Lotti Pucci & Ghiribelli: non bisogna credere ad una parola di quello che dicono. Quello che conta sono solo gli elementi che collegano direttamente SM al luogo del delitto e cioè nessuno. Ho continuato a seguire con attenzione tutti gli aggiornamenti del Suo blog, su Signa, sui compagni di merende e quant’altro, sono quindi rimasto uno dei suoi “quattro lettori” (ma lei sa bene che sono molti di più). Se non sono più intervenuto fino ad ora è solo per il motivo che ritenevo di non aver nulla di rilevante da dire, visto che il frutto dei suoi sempre pregevolissimi studi non ha fatto che confermare e dare nuova linfa al quadro generale che mi sono fatto.
    Signa è sempre Signa, la chiave di tutto. La sua analisi, nel post del 24/11 conferma una volta di più che SM non conosceva la scena del delitto per il semplice motivo che c’è stato per la prima volta insieme ai carabinieri in sede di sopralluogo. Un elemento semmai, a mio parere, meritava di essere maggiormente sottolineato: il famoso lampeggiatore acceso. Ora, è pacifico che un lampeggiatore acceso in un’auto ferma di notte al buio più totale rende la stessa molto più facilmente rilevabile, tanto che quella notte fornì aiuto ai carabinieri per rintracciarla. Chiunque abbia commesso l’omicidio, o abbia in qualche modo contribuito alla sua realizzazione, potrebbe aver avuto interesse, per motivi che ci risultano del tutto ignoti, a facilitare l’individuazione della Giulietta con i due corpi a bordo. Però in quel caso non avrebbe lasciato acceso “quel” lampeggiatore. Infatti la Giulietta era accostata sul viottolo sul suo lato destro, verso quel canneto che attualmente non esiste più ed il lampeggiatore acceso era proprio quello destro, quello cioè che dava direttamente verso la vegetazione. Credo che se qualcuno, come sostiene Scrivo, avesse voluto rendere l’auto facilmente individuabile, avrebbe lasciato acceso il lampeggiatore di sinistra, che non avendo ostacoli avrebbe reso l’auto notevolmente più visibile. Viceversa, se questo “qualcuno”, come assai più probabile, avesse avuto interesse a renderla meno visibile possibile, una volta acceso anche incidentalmente si sarebbe preso cura di spegnerlo, soprattutto se avesse dovuto sobbarcarsi una passeggiata notturna al buio a piedi ad accompagnare il bimbo (altro che accendere il lampeggiatore per manipolare il corpo della moglie e lasciarlo acceso!). In realtà la spiegazione del lampeggiatore acceso la fornisce Natalino, cioè l’unico certamente presente sulla scena del delitto per il quale il lampeggiatore acceso o spento in quel frangente faceva lo stesso. Quando dichiara di essersi svegliato, di aver trovato la madre morta (e forse il LB morente) e di aver armeggiato con i comandi della Giulietta, sporgendosi da dietro allo schienale del sedile di guida, allo scopo di azionare il clacson. Da notare, anche se può non entrarci nulla, ma allora i bambini erano attentissimi a quello che riguardava la guida e le automobili in genere che esercitavano in loro (rectius: in noi) un grande fascino, che effettivamente in alcune auto del tempo il clacson si azionava schiacciando tangenzialmente proprio la stessa levetta che azionava anche il lampeggiatore, ad esempio sulla Simca 1000 che aveva mio nonno.
    Spero di tornare a leggere presto altri Suoi interessantissimi articoli, che tutto sono meno che lavoro inutile.

    RispondiElimina
  12. Spezzo una lancia in favore di Omar/Frank. Anche a me fa un certo effetto vedere la firma di Mucciarini - prima di quella di Mele - in calce al primo verbale e assente nel secondo. Non capisco pertanto perchè venga contestata la conclusione del post. Continuo a non comprendere come si possa ricostruire la vicenda selezionando e distinguendo disinvoltamente tra le mille dichiarazioni di Mele le bugie dalle mezze verità, dai condizionamenti familiari ecc. Vedo che nella discussione si moltiplicano le identità e gli (auto)elogi. Aveva ragione di nuovo Omar, non c'è un quinto lettore:)

    RispondiElimina
  13. Lancista, gli elementi che collegano Mele al luogo del delitto sono 'nessuno' solo ipotizzando che i Carabinieri costrinsero il Mele a confessare un duplice omicidio di cui lui era estraneo, che lo informarono dei dettagli e che costrinsero il Natalino a modificare versione facendogli accusare il padre innocente. Ma non un carabiniere, una cosiddetta 'mela marcia' o 'pecora nera', ma i tanti tra Signa, Lastra a Signa e Firenze partecipanti alle indagini assieme a magistrati e quanti altri compresi. E che poi negli anni, altri corposi gruppi di Carabinieri e magistrati e GI, a loro volta si fecero mandria di pecore nere e frutteto di mele marce. Cos'è? Svoltiamo finalmente dai Compagni di Merende per ritrovarci a sostituto i Carabinieri di Merende? Mele è come Lotti, Pucci, Ghiribelli: non bisogna credere ad una parola di quello che dicono. Quindi e ovviamente, quando lo stesso Mele dice che non conosceva la scena del delitto per il semplice motivo che c’è stato per la prima volta insieme ai Carabinieri in sede di sopralluogo: non bisogna credergli. E si ritorna da principio e da capo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vorrei però chiarire una cosa, perché continuo a leggere sui social che chi sostiene l'innocenza del Mele automaticamente avvalora l'esistenza di un diabolico complotto a suo danno da parte di carabinieri, medici legali, PM e giudici e chi più ne ha più ne metta. Non è così. A meno che non si pensi che ogni errore giudiziario sia frutto di complotti e trame nascoste e inconfessabili. Siamo invece probabilmente di fronte a un sospettato che sottoposto a un interrogatorio stringente cede e confessa quello che non ha fatto. E Mele ha sempre ceduto di fronte all'autorità; anche quando si trattava di accusare i suoi parenti, non ha resistito mezzo secondo. L'errore investigativo (spero non si neghi che in quei giorni - ma anche dopo -ne vennero commessi parecchi)è poi sfociato in un errore giudiziario. Del che era convinto anche Canessa nel 1994, non so se ricordate.
      Ma perché i CC prima fanno il sopralluogo e poi verbalizzano? Non era più corretto proceduralmente l'inverso? Qualcuno ha qualche idea?

      Elimina
    2. Con rincrescimento... Antonello R. bannato; si cerchi un altro forum.

      Elimina
    3. Solo qualche precisazione. Non ho mai pensato ad alcun complotto. Penso però che se una donna sposata viene trovata ammazzata con un suo amante, ora come allora il primo a venire sospettato è per forza di cose il marito tradito. In questo caso gli inquirenti si trovarono davanti ad un povero oligofrenico che diceva sempre di si ed in grado neanche di trovarsi un alibi degno di tale nome. Durante gli interrogatori, aldilà di quello che possono renderci i verbali redatti in burocratese, senza oltretutto la presenza di un avvocato difensore, necessaria oggi quando si diventa formalmente indagati (ma non allora credo), posso immaginare il tenore degli stessi. Basta pensare a come fu interrogato Natalino a sette anni, figuriamoci il padre. E non è questione di professionalità dei Carabinieri, che non ho mai inteso mettere in discussione e della quale del resto daranno ampia dimostrazione fino alla sentenza Rotella del 1989, è che erano altri tempi. “Ormai sei incastrato, ti conviene confessare” o qualcosa del genere. E lui, che effettivamente si sarà sentito incastrato ha confessato, chi storce il naso significa che non ha idea della percentuale di confessioni false che, per i più svariati motivi, circola, forse oggi più di allora, nelle aule di giustizia. A quel punto, visto che tanto in galera ci sarebbe andato, magari contando in qualche sconto di pena se avesse confessato, tanto valeva portarsi dietro qualche amante della moglie, tanto per ripagare alcune delle umiliazioni subite. Tanto uno valeva l’altro; certo, se gli fosse riuscito di mandare in galera FV, il più prepotente, sarebbe stato meglio, ma in mancanza “se dite che al guanto di paraffina FV è negativo e Cutrona è positivo allora significa che ero con Cutrona”. Uno vale l’altro. Di certo per accusare uno in modo credibile doveva dire di esserci stato anche lui, cercando di sminuire le proprie responsabilità, come si legge dal verbale, tanto lui in galera ci sarebbe andato lo stesso. Sa Dio cosa gli sarà passato per la mente in quella lunga ultima notte che trascorse a casa con il figlio.
      (fine prima parte)

      Elimina
    4. (seconda ed ultima parte)
      Quindi, se ritengo che SM non fosse presente sulla scena del crimine non è certo perché (almeno inizialmente) lo ha detto lui. Che di versioni ne ha tirate fuori tutte le possibili immaginabili a seconda delle convenienze del momento. Ma piuttosto perché nessun elemento lo collega alla scena del crimine, che ha fatto una gran fatica a raggiungere in sede di sopralluogo e di cui ha raccontato solo ed esclusivamente gli elementi a conoscenza degli inquirenti (scarpa, lampeggiatore ecc) compresi quelli con tutta probabilità sballati (numero dei colpi, vedi articolo “quanti colpi a Signa?” su questo blog).
      Più in generale, mi è sembrato di scorgere (e mi scuso se così non fosse) una certa acredine nelle risposte al mio precedente post. Acredine della quale faccio fatica a capire il senso e le motivazioni.
      Al contrario di altri, ho inviato pochissimi post su questo blog, solo quando ritenevo di avere qualcosa da dire ma sempre rigorosamente con questo pseudonimo, quindi se qualcuno sta avanzando l’ipotesi che io in realtà sia “qualcun’altro” beh, posso garantire che questo qualcuno sta prendendo un granchio di proporzioni colossali. Apprezzo molto il lavoro di ricerca svolto da Frank, spesso (ma non sempre) condividendone le conclusioni, allo stesso modo in cui apprezzo il lavoro svolto da Segnini sul suo blog, pur non condividendo (ma neanche potendo matematicamente escludere) la sua identificazione del MDF. Tutto qui. Ritengo chiusa (semmai fosse aperta) questa polemica sulla quale non intendo più intervenire.
      Piuttosto, io credo che noi, ad oltre mezzo secolo dai fatti, stiamo avanzando tesi e contro-tesi capaci di trasformare un povero oligofrenico di mezza età in uno spietato killer a sangue freddo solo perché a morire su quel campo fu BL. Ma se ad essere ammazzata in quell’agosto del 1968, invece che l’Ape Regina ci fosse stata Santa Maria Goretti, con tutta probabilità ora staremmo qui a parlar d’altro. Magari invece di baloccarci con mariti traditi ed amanti gelosi riusciremmo a vedere la vicenda per quello che è: Il Primo Delitto del Mostro di Firenze. Invece a morire è stata L’Ape Regina e per quanto mi riguarda non posso non domandarmi se davvero sia stata una coincidenza (ed io non credo alle coincidenze), oppure se la sua fama di mangiatrice di uomini, che negli anni’60 non credo possa non aver travalicato gli angusti confini di quei paesoni ancora agricoli, possa aver stimolato la fantasia di qualcuno a “punire quella svergognata”, che era in fondo l’oggetto impossibile dei suoi desideri, ed averlo spinto a passare dalla fantasia ai fatti.

      Elimina
    5. Non mi riferivo assolutamente a lei, ma all'utente Antonello R., che mi pareva evidente fosse in realtà il solito Hazet. Avevo scritto prima che il suo commento fosse pubblicato, per altro.

      Elimina
    6. Mi scuso ovviamente.

      Elimina
  14. La prima domanda da farsi sarebbe, invece, perché i CC fanno il sopralluogo?
    Ad ogni modo l'anomalia non è il fatto che venga redatto un verbale in caserma basato sulle minute prese sul posto. Quello succede sempre, quando le dichiarazioni non sono prese in caserma. E' successo anche al sottoscritto nel 2014. Avrebbero potuto registrarmi, ma le minute le scrissero a mano mentre mi facevano le domande. L'anomalia che stigmatizza Rotella consiste nel fatto che il verbale della ricognizione confluì in quello sospeso del pomeriggio e poi chiuso e firmato alle 21. Avrebbero dovuto esserci, piuttosto, due verbali distinti: confessione e ricognizione.

    Rotella scrive infatti:

    "Non esiste un verbale di sopralluogo, ed è credibile (lo dice anche il rapporto) che sia stato, in gran parte,
    verbalizzato nell'interrogatorio, quello che Mele ha in realtà detto sul luogo del reato."

    Quindi lamenta il fatto che non esista un verbale "specifico", ma ci dice che la verbalizzazione fu fatta, ma che venne inserita nel verbale di confessione, era incompleta e fu in parte integrata nel rapporto giudiziario successivo firmato da Matassino che era anche presente alla "dimostrazione".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti la procedura corretta sarebbe stata prendere atto della confessione, redigerne verbale, poi fare il sopralluogo per verificare. Altrimenti qualcuno (non io naturalmente) potrebbe avere il dubbio che Mele non sapeva cosa dire, magari aveva bisogno di un aiutino :-)

      Elimina
  15. Sollecitato, un po' rudemente, dall'amico Segnini, ho aggiunto all'ultimo articolo una postilla, che invito a leggere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bene hai fatto a chiarire che dagli atti semplicemente non risulta se Mucciarini fu presente oppure no al fuori verbale.
      A questo punto, in base alle testimonianze secondarie, ognuno può farsi la propria idea.
      La mia la sai già: il pensare che Mele si fosse fatto condannare da innocente, per di più accusato dal figlio, è pura follia logica.

      Elimina
  16. Non voglio anticipare adesso ciò che dirò domani in trasmissione radiofonica, comunque sono d'accordo con Omar quando sostiene che Mele ha avuto un crollo psicologico per cui ha confessato un delitto che non ha mai commesso. I verbali stessi di questa confessione mi confermano ancora di più che Stefano non sapeva un bel nulla proprio perché sa troppo cose in contraddizione con capacità tecniche che non possedeva e per la cura di alcuni particolari che, seppure avesse davvero commesso l'omicidio, mi sembrano fin troppo precisi. Particolari che si accordano perfettamente con la ricostruzione fatta dagli inquirenti dell'epoca. Sottolineo che le parole del Mele si accordano alla ricostruzione e non viceversa.

    RispondiElimina
  17. Se i particolari si accordano perfettamente alla ricostruzione degli inquirenti dell'epoca, non possono che essere stati passati dagli inquirenti a Mele. Quindi non errore giudiziario ma reato.

    RispondiElimina
  18. Giuttari (con de Sica!!!) farà un film in cui svelerà "la storia definitiva del Mostro" [cit. La Nazione].

    Cochi, pubblicherà di nuovo lo stesso libro con l'aggiunta di chi aveva in casa dei numeri di un "periodico, molto in voga in quel periodo" [cit. OkMugello], rivista dalla quale qualcuno ritagliò le ettere per la missiva alla Delle MOnic.

    A Omar Quatar, a 'sto toccherà replicare con uno spettacolo circense nel quale spergiurerà in ogni modo e maniera possibile che i principii della "storiografia" escludono i verbali dalle documentazioni alle quali ci si può riferire.

    The show must go on :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quanta ignoranza e sciocca malafede in questo commento... incapacità di capire, proprio.
      :-(

      Elimina
  19. A da essere che: "storico" is the new fashion :)
    https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/mostro-giuttari-film-pacciani-1.5052685
    ...però sarebbe stato molto più cool se la notizia l'avessero scintallentemente riportata Cronaca Vera o Gente in un numero speciale sugli orti, a firma Minervini ;)

    Vabbè, portiamo pazienza e mettiamo da parte gli eurini per i due 'nuovi' libri, che il PIL italiano ce lo chiede

    HazeT

    RispondiElimina
  20. chiedo se qualcuno, non solo omar quatar, ouò darmi delle indicazioni su dove posso trovare notizie, anche ipotesi su possibili rapporti fra la holding del Mostro di Firenze ( definizione di toxicity che io trovo azzeccatissima) e l'anonima sequestri sarda
    grazie

    RispondiElimina
  21. la "Holding del Mostro di Firenze + Anonima Sequestri + Poteri Forti + Sette Sataniche + Forteto + terroristi della Strategia della Tensione + Medici + Farmacisti + Ubriaconi avvinazzati analfabeti e oligofrenici"... mhmm...

    Altro che una manciata di duplici delitti spiattellati in un lunga finestra temporale!
    Con una così numerosa e omertosissima armata, la "mdf holding"(sic) avrebbe potuto attaccare anche la Francia e conquistarla.

    RispondiElimina
  22. Beh dai, adesso dimmi che non è divertente che 'uno' pochi anni prima se la faccia sotto nelle mutande a rientrare a casa propria perchè magari dentro c'è quel segaligno del Pili nudo a letto con sua moglie [e debba correre a chiamare amici, parenti e vicini di casa], e poi...

    ...e poi appena pochissimi anni dopo [4 anni, appena], approdato in quel di toscana, diventi un 'cuor di leone pronto alla pugna, pure per conto terzi', come un fascistissimo legionario imbarcato nella strategia della tensione ed i servizi segreti deviati e minacci di "morte per impiccagione" e si presenti sotto casa del minacciato armato di corda?

    [* fonte: sentenza condanna SV 1965, su reato del 1964: https://bit.ly/35ZRQRE ]


    Qualcuno pubblica documenti senza nemmeno rendersi conto di cosa pubblica: uno spasso (better: una comica).

    MA il saggio non guarda il dito [di chi li pubblica], ma la luna ed il contenuto dei documenti e le loro implicazioni.
    E se la ride.

    h.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. oddìo gli ultimi post di Segnini non ho ancora avuto tempo di leggerli... devo recuperare

      Elimina
    2. manco io li ho letti (nè li leggerò).
      M'è bastato l'incipit del primo che inizia con un simpatico cameo carlizzian-azimoviano di un 'SM che ha accusato se stesso e i suoi famigliari, e solo dopo poi in seguito ha fatto il nome di SV'; e mi son fermato.

      Ma m'han segnalato che lì aveva reso disponibili un verbale ed una sentenza, e me li sono andati a scaricare.
      E ne valeva assai la pena

      hzt

      Elimina
  23. Ciao, cerco qualcuno che abbia salvato le foto della sezione immagini del vecchio forum sul mostro (o qualche contatto dell'amministratore). Se avete info contattami a porcorosso74pd@gmail.com

    RispondiElimina
  24. Ciao porcorosso74, ti ho scritto una mail ma mi è tornata indietro. Probabilmente non hai scritto l'indirizzo corretto o il tuo account non funziona.
    Mi dice esplicitamente che il tuo accoun non esiste, ti consiglio di crearti una nuova mail.
    Se vuoi contattarmi la mia mail è vladimirrebikov@protonmail.com oppure gabtrt78@gmail.com

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ciao ti ho scritto, avevo fatto un errore sull'email
      porcorossopd74@gmail.com

      Elimina

Il tuo messaggio apparirà dopo essere stato approvato dal moderatore.