domenica 7 aprile 2019

Dire le cose come stanno (1)


Il tempo disponibile in questo periodo è poco (questo del 7 aprile è il primo post dell’anno!) per cui i miei lettori vorranno perdonare la concisione.

Questa sezione potrebbe anche intitolarsi “perché sono stufo di leggere e sentire sciocchezze sui social”…

Poche note per ristabilire non la verità dei fatti su punti controversi della vicenda (la verità non la conosciamo), ma almeno ribadire e chiarire quello che risulta dai documenti disponibili e smentire bufale, panzane, invenzioni o anche solo deduzioni passate per dati certi che continuano a circolare in rete e non solo.

 

E’ falso 1:

(la definirei la madre di tutte le bufale): Pacciani (e Vanni! ho letto recentemente) avevano alibi (di ferro! si aggiunge sempre) per venerdì e sabato sera 6 e 7 settembre 1985, quindi non possono essere gli assassini di Scopeti, retrocedendo, come è giusto, la data dell’omicidio. Interrogato il 19 settembre, dieci giorni dopo la scoperta del delitto, in seguito alla ben nota lettera anonima contro di lui, Pacciani non addusse alcun alibi per la sera del sabato 7, limitandosi a dire di essere tornato a casa alle 19 e di non essere più uscito. Sul venerdì sera non gli si chiese nulla. Quanto a Vanni, nessuno gli poteva chiedere alcunché perché all’epoca era ben lontano da ogni indagine; e quando, nel 1990, cominciò ad essere tartassato dalla SAM in relazione alla sua frequentazione di Pietro Pacciani, non poteva certo ricordarsi cosa avesse fatto in due normali serate di cinque anni prima. A quel punto solo una permanenza in ospedale, in carcere o in un paese straniero avrebbe potuto fornirgli un “alibi di ferro”.

Fonte: verbale di SIT dei Carabinieri della Stazione di San Casciano del 19 settembre 1985

 

E’ improbabile 1: 

Maurri datò la morte dei due francesi alla sera della domenica 8 settembre (1985) perché influenzato dalle testimonianze Borsi – Bonciani, che li ponevano in vita la mattina della stessa domenica intenti a fare colazione nel bar della pensione “Ponte agli Scopeti”. I due testi vennero sentiti e verbalizzati dai carabinieri della Stazione di Impruneta la mattina del giorno 12 settembre. Senonché già due giorni prima Maurri aveva espresso ai giornalisti la certezza che il delitto fosse avvenuto la domenica sera. A questo punto, per semplicità, mi riferisco a un mio precedente articolo su questo blog: “(…) il Dott. Mauro Maurri, che già nel tardo pomeriggio del martedì, ad autopsia della vittima maschile non ancora effettuata, si pronunciava “senza dubbio” per un delitto avvenuto la notte della domenica (La Città, 11 settembre 1985). Da cosa il Prof. Maurri traesse tale certezza non è in realtà dato sapere, anche perché, a giudicare dalla trascrizione parziale della perizia apparsa in rete, il dato fondante sembra la mancanza, sul corpo di Jean Michel, di segni di intervento della piccola fauna cadaverica, intesa non come larve di ditteri, che ci sono ( e in perizia vengono prima confermate e poi negate, con evidente errore logico), ma di topi e formiche: il che sembra un elemento assai debole per una valutazione tanatocronologica. Anche l’idea - malevola ma non tanto astrusa – che il perito si sia inchinato al peso delle testimonianze, le quali asserivano di aver visto in vita le vittime la mattina della domenica, risulta in realtà infondata: infatti, i testi Borsi e Bonciani vennero verbalizzati il giorno 12, due giorni dopo l’acquisita certezza del perito in merito alla data del delitto; sicché si può pensare semmai, al massimo, ad una conferma ad abundantiam di un’ipotesi diagnostica già formulata”. Rimarrebbe solo l’ipotesi, molto improbabile, che la notizia dell’avvistamento delle vittime la domenica sia trapelata informalmente prima della verbalizzazione ufficiale e, riferita dagli  inquirenti al perito,ne abbia influenzato il giudizio. Molto più probabilmente siamo invece di fronte a una datazione quasi certamente sbagliata, alla luce dei dati scientifici recentemente riemersi, ma motivata da considerazioni di medicina forense.

Vi è poi il corollario che si stabilì la data del delitto alla domenica per incastrare Pacciani, bufala colossale che non merita neppure risposta, considerando che le prime serie indagini su Pacciani iniziarono nel 1989/90, mentre l’erronea datazione risale a due giorni dopo la scoperta del duplice omicidio.  

Fonte: La Città, 11 settembre 1985

 

 

E’ incerto 1

Horst Meyer e Jens-Uwe Ruesch erano gay e stavano avendo un rapporto omosessuale quando furono uccisi (con quel che ne consegue sulle motivazioni psicologiche dell’assassino ecc.). Di questo però non si trova prova alcuna; soprattutto, dal verbale di sopralluogo della polizia scientifica a Giogoli, risulta che entrambi i giovani erano per il resto nudi, ma con gli slip addosso. E’ vero che in una foto del fascicolo fotografico gli slip del Meyer sono abbassati, ma è probabilmente fatto post factum dalla polizia scientifica per poter meglio evidenziare il foro del proiettile al gluteo sinistro. Il fatto che le mutande di entrambi siano intrise di sangue dimostra ampiamente che erano indossate al momento dell’attacco. Inoltre vicino al cadavere del Meyer si nota un libro e lo stesso Meyer con il braccio destro abbraccia un cuscino; mentre la posizione di Ruesch, che si rifugiò nell’angolo posteriore sinistro del vano per cercare di sfuggire ai colpi, non può essere di aiuto. Secondo De Gothia, solitamente bene informato, la polizia tedesca definì le vittime “due notori omosessuali”, mentre Perugini ricorda che in Germania li aspettavano al ritorno dal viaggio in Italia le rispettive fidanzate. Non dispongo dei documenti a fondamento né dell’una né dell’altra ipotesi. Certo, qualunque fossero i gusti sessuali delle vittime, se etero, gay o bisex,  non sembra che dalla scena del crimine si possa desumere che al momento degli spari fosse in corso un atto sessuale.

Sull’argomento, si possono leggere gli articoli di Enea Oltremari (qui) e Antonio Segnini (qui).

Fonte: verbale di sopralluogo Nucleo Operativo carabinieri Firenze – Rilievi fotografici della Polizia Scientifica Questura di Firenze in data 10 e 11 settembre 1983

 

E’ improbabile 2:

 Elisabetta Ciabani e Susanna Cambi erano amiche. Dal che più o meno si fa discendere che Susanna conosceva il suo futuro assassino e ne aveva fatto il nome a Elisabetta, la quale non ne parlò ad alcuno, ma dieci mesi più tardi (il lasso temporale è ottobre 1981 – agosto 1982) fu seguita in vacanza in Sicilia (Sampieri, provincia di Ragusa) e lì uccisa dal Mostro con un delitto che fu poi scambiato per suicidio. Ulteriore motivo di sospetto sarebbe, non si capisce bene perché, la presenza in un paese vicino – anch’egli in vacanza - del giudice istruttore di Firenze Trìcomi, che indagava sui delitti del Mostro.

 Ma qual è la fonte che riferisce dell’amicizia tra Elisabetta e Susanna? Di solito si cita il libro di Francesco Bruno e Andrea Tornielli “Analisi di un mostro” (1996), ove si legge: “Le due ragazze, Susanna ed Elisabetta, dunque si conoscevano, si frequentavano. Una coincidenza? Oppure Susanna aveva avuto sospetti sul Mostro e si era confidata con Elisabetta prima di essere uccisa?” E già che ci siamo, citiamo anche un articolo del Corriere della Sera  (20 marzo 1996) che anticipa la notizia: “Elisabetta Ciabani, la ragazza trovata morta, aveva ventidue anni, studiava architettura a Firenze, la sua città,  ed era amica di Susanna Cambi, una delle vittime del mostro. Una circostanza passata inosservata per tanto tempo e oggi rilanciata dal professor Bruno, docente di psicopatologia forense alla Sapienza, che tenta lo scoop in un libro sul serial killer di prossima pubblicazione. Secondo Bruno, Elisabetta Ciabani sarebbe un' altra vittima del mostro di Firenze. Per lo specialista, che ha trovato orecchie sensibili nel procuratore di Firenze Piero Luigi Vigna, ci sarebbero indizi sufficienti per ritenere che Susanna Cambi conosceva l' identità del maniaco e che confidò all' amica le sue preoccupazioni. Dopo la morte di Susanna, uccisa il 22 ottobre 1981 mentre era appartata con il fidanzato Stefano Baldi, e dopo il massacro di un'altra coppia, Antonella Migliarini e Paolo Mainardi, avvenuto l' anno successivo, la Ciabani avrebbe deciso di rivelare i suoi sospetti, parlandone probabilmente in giro. E diventando una pericolosissima testimone. Ce n'è abbastanza perché il caso venga riaperto, si legge in una nota della casa editrice Arbor”.

A parte, però, la pubblicità del libro (lo stesso libro in cui si afferma per la prima volta un altro fatto rimasto in dubbio, il danneggiamento della tomba di Stefania Pettini), sembrerebbe, salvo errore, che la prima affermazione della frequentazione tra Susanna ed Elisabetta si trovi in un articolo pubblicato su La Città del 26 maggio 1984, a firma M.N.D.C. (?), di spalla all’inchiesta a puntate sui delitti del mostro dell’avvocato Filastò. L’articolo, che riassume le morti sospette di giovani donne legate al quartiere fiorentino di San Jacopino, dice: “Ma la serie di coincidenze che gettano una luce così sinistra sul quartiere di San Jacopino non è finita. Elisabetta Ciabani che abitava  in via Ponte all’Asse  n. 13 (…) fu uccisa da  due coltellate il 22 agosto 1982  in un villaggio di vacanze in Sicilia. Questo delitto più degli altri ricorda il modus operandi dell’assassino delle coppie. Inoltre Elisabetta conosceva Susanna Cambi che abitava a pochi passi dalla casa dove lei abitava con la madre”.

  Non ho trovato accenni precedenti a questa presunta amicizia, quindi il tutto si ridurrebbe a una – relativa – vicinanza d’abitazione; probabilmente una delle tante diaboliche coincidenze di cui questo caso criminale è pieno. Più recentemente, infatti, Francesco Cappelletti, nella cronologia contenuta in “Al di là di ogni ragionevole dubbio”, ha scritto: “A lungo e spesso i soliti noti hanno cercato di indurre a pensare che tra Elisabetta Ciabani e Susanna Cambi esistesse una relazione di amicizia ma nessun riscontro in tale direzione è mai stato accertato”. Ancora più recentemente, in un documentato articolo sul quotidiano online Ragusa News, una giornalista scriveva: “Ma fu impossibile dimostrare che le due ragazze si frequentassero. Nessuno degli amici della Cambi ammise di conoscere la Ciabani e nessuno dei familiari di Elisabetta disse di credere a questa possibilità. Riservata e introversa com’era, Elisabetta non avrebbe mai stretto rapporti così confidenziali con un’altra persona” (Emma Maccanico Bonelli, 2 luglio 2017).

Fonte: La Città 26 maggio 1984