venerdì 24 giugno 2016

Due minuti a Baccaiano (3)


Campo dietro la piazzola, forse il luogo dove MdF intendeva operare le escissioni

Panorama dalla via di Poppiano / via Volterrana: la prima fila di alberi delimita il corso del Virginio, la seconda via Virginio Nuova. Il luogo del delitto è oggi invisibile dall'alto.

Quel che rimane oggi della piazzola del delitto; la vegetazione è molto più alta e rigogliosa rispetto alle foto dell'epoca.

A questo punto, per situare il delitto nel tempo, abbiamo tre auto anziché due. L'auto A, del teste Francesco C., che fa scuola guida e passa quando la FIAT 127 delle vittime è ancora nella piazzola e prosegue in direzione di Fornacette. L'auto B che procede in direzione opposta, incrocia l'auto A poco prima del bivio per Poppiano e passa davanti alla piazzola quando l'auto è già nel fosso, arriva a Baccaiano e torna indietro per accertare meglio cosa sia successo. E l'auto C, che segue il tragitto dell'auto A (ovvero da Baccaiano a Fornacette) dopo un tempo non determinabile, i cui occupanti addirittura sentono gli spari poco dopo avere imboccato via Virginio Nuova (ovvero ca. 600 metri prima del luogo del delitto), passano davanti alla piazzola, vedono l'auto apparentemente incidentata, hanno l'impressione che dentro ci sia qualcuno, cosicché arrivati all'altezza del bivio per Poppiano invertono la marcia e tornano anch'essi sul luogo del delitto, arrivando più o meno in contemporanea ai ragazzi dell'auto B. Concetta, passeggera dell'auto C, nell'udienza del 19 dicembre 1997 ha naturalmente ricordi piuttosto vaghi; ma dalle domande dell'avvocato Filastò si desume che all'epoca avesse dichiarato, sostanzialmente: che le sembrava di aver incrociato una sola macchina proveniente dalla direzione opposta (che ben poteva essere, infatti, l'auto B) e di essere stata superata da due o più auto che andavano invece nella sua stessa direzione (da Baccaiano a Fornacette) a forte velocità, (NdA: ben difficilmente però queste due auto potevano provenire dal luogo del delitto, perché sarebbero state notate dagli occupanti delle auto A, B e C). Ora, ammesso che gli spari siano stati avvertiti nel mentre l'auto C era in movimento, il tempo di percorrenza è veramente ridotto; sicché è perfettamente ipotizzabile che l'assassino/gli assassini fosse/fossero ancora, non visti, sul posto. Perché tra gli spari e il passaggio di entrambe le auto dovremmo collocare, quanto meno secondo la versione ufficiale, l'auto che va a finire nel fosso in retromarcia inseguita dall'assassino (scrivo ora al singolare per comodità), lo sparo dentro l'auto, l'abbuiamento dei fari, in parte a colpi di pistola in parte con un corpo contundente, la sottrazione delle chiavi per spegnere definitivamente le luci, il lancio delle chiavi sulla cunetta e quanto meno un principio di allontanamento o nascondimento per non essere notato. Insomma, tra gli spari che vennero sentiti dalla coppia Concetta e Graziano e il loro passaggio davanti alla piazzola il tempo per spostare dietro il corpo del Mainardi, mettersi alla guida, finire nel fosso, spegnere i fari, andare via, MdF a mio parere proprio non ce l'ha.

Torniamo al libro da cui siamo partiti, di cui ripetiamo il titolo: "Mostro di Firenze - Al di là di ogni ragionevole dubbio". Gli autori non entrano nell'annosa polemica sulla posizione del corpo del Mainardi all'interno dell'autovettura; una polemica che risale in pratica alla notte stessa del delitto, quando i militi della Croce d'Oro Allegranti e Gargalini dissero che la vittima maschile si trovava sul sedile posteriore accanto alla ragazza, per cui, delle due l'una: o non era stato lui a finire nel fosso, oppure era stato spostato da qualcuno (che naturalmente doveva identificarsi nell'assassino) dopo il tentativo di fuga. Si tratta di una controversia forse irrisolvibile. Già nell'immediatezza del fatto gli inquirenti (i P.M. Izzo e Della Monica) si trovano da un lato dei testi piuttosto incerti e recalcitranti (i primi intervenuti, ossia i passeggeri delle auto B e C) che dicono che il Mainardi era davanti; questo gruppo di testi è peraltro confortato da importanti riscontri oggettivi (il sangue sul sedile anteriore e nell'intercapedine dello sportello sinistro, si veda la testimonianza Ulivelli dello stesso 19 dicembre 1997, purtroppo confusissima per colpa degli avvocati). Dall'altra, due dei soccorritori, che senza dubbio sono entrati nell'auto e hanno estratto il corpo della vittima, i quali molto decisamente e nonostante gravi pressioni contrarie (a quanto dichiarano) fin dal primo momento e anche in udienza affermano che la vittima era dietro (sul sedile posteriore accanto alla ragazza). Ritengo che sia necessario salvare questa testimonianza diretta, di persone che, a differenza dei primi intervenuti, sono entrati nell'auto e hanno materialmente spostato il cadavere (tra l’altro alterando obbligatoriamente la scena, si veda ad esempio il problema del sedile di guida, dritto, abbassato o reclinato in avanti). Un ragionevole compromesso è rappresentato da quanto dirà il teste Mario D.L., arrivato in concomitanza con i militi della Misericordia: <<notai che il ragazzo si trovava disteso con le gambe sul sedile anteriore e il corpo a bocconi nell'intercapedine fra i due sedili, con la testa adagiata sul sedile posteriore nella parte centrale (...) Preciso che lo schienale del sedile anteriore sinistro era reclinato (NdA: elemento questo di discordanza con Gargalini).>>

Chi ha letto fino a questo punto, immaginerà già che non sarò certo io a risolvere "l'enigma di Baccaiano". Osservo soltanto che, se i dati scientifici corroborano una prima posizione e due testi che hanno lavorato dentro l'auto a contatto con il corpo danno per certa una seconda, beh, non si può escludere che qualcosa sulla scena sia cambiato nel frattempo. Insomma, quando il delitto viene scoperto sono all'incirca le 23.50/55; quando arriva l'ambulanza e ritornano sulla scena anche i primi testimoni è senz'altro mezzanotte passata. L'assassino era lì; in quel lasso di tempo, che possiamo ipotizzare in circa quindici minuti, qualcosa può essere successo per dar conto di due scene del crimine che sembrano diverse.

Sia come sia, supporre un intervento di MdF dopo che i primi soccorritori sono andati a chiamare i soccorsi può essere intrigante, ma ha scarsa valenza probatoria. L'interesse principale nella ricostruzione dell'episodio è infatti verificare o falsificare la versione Lotti; e Lotti, dopo la sparatoria, seppur "piano piano" se n'è andato; sicché, qualunque cosa sia successa dopo, il nostro reo confesso ha buon gioco a sostenere di non saperne nulla. Ben giustamente quindi gli autori del libro si concentrano sulla scena principale narrata dal Lotti e confermata dalle sentenze: arrivo dei CdM, posteggio, discesa, spari, fuga dell'auto, nuovi spari. E confrontandone lo svolgimento con le osservazioni dei testi che si trovarono a passare sul quella strada nel medesimo lasso di tempo ne affermano, a ragion veduta, l'impossibilità.

Ritengo che dobbiamo essere molto grati agli autori per la riscoperta di queste testimonianze che nei processi non vennero prese in considerazione per quanto meritavano. E chiudo dicendo che, se quello di cui ho parlato è la vera "novità" del libro, tutta l'opera è interessante, ben scritta, accurata e altamente consigliabile agli appassionati e la cronologia 1968-2000 contenuta nella prima parte è uno strumento prezioso per lo studio del caso.

(FINE)

mercoledì 22 giugno 2016

Due minuti a Baccaiano (2)



Via Virginio Nuova, il luogo del delitto segnato da un pallino rosso; più in alto il poligono del tiro a segno, più in basso l'incrocio per Poppiano  (a destra di chi guarda) e Montespertoli (a sinistra)


(O.T. Tra l’altro, sarebbe bello capire perché mai, nell’ipotesi di coloro che propongono Giancarlo Lotti nella veste di unico serial killer, egli non si sia limitato a raccontare il vero svolgimento dei fatti semplicemente sostituendo a sé stesso il duo Pacciani-Vanni, anziché inanellare la serie di incredibili fandonie, inverosimiglianze e vere e proprie impossibilità cui fece ricorso tra il 1996 e il 1999. Sarebbe certo risultato più credibile e l’esito finale sarebbe stato il medesimo: una bella condanna per concorso in omicidio plurimo, che era evidentemente la cosa a cui teneva di più. Ma passiamo oltre)

L’argomentazione proposta nel volume non è, invero, del tutto nuova; ne parlò infatti l’avvocato Filastò nella sua arringa conclusiva, il 10 marzo 1998 (si veda Insufficienza di prove); ma in termini così confusi  e vaghi che la Corte di assise in sentenza non dedica al problema neppure  un rigo, mentre in appello il giudice si limita a dire che “non può apparire strano e incredibile che quella sera nessun automobilista di passaggio abbia notato due automobili ferme ai margini della strada l’una dalla parte della piazzola, l’altra dalla parte opposta né che le abbiano notate andare via dopo gli omicidi”. Ma è del tutto evidente, già dalla semplice osservazione della fotografia in testa al post precedente, che, al contrario di quanto sostiene la Corte d’appello, era impossibile non vedere due auto parcheggiate a lato della strada, perché avrebbero considerevolmente ostruito la carreggiata (NdA: a quanto è dato di capire, addirittura una da una parte e una dall’altra, a pochi metri di distanza, costringendo così gli eventuali passanti a una sorta di gimkana; ma Lotti afferma che quella sera non passarono, per somma fortuna degli assassini, macchine di sorta); e quanto ai testi che non le hanno viste, gli stessi hanno notato l’auto del Mainardi ferma nella piazzola, due auto che li hanno superati in corso di tragitto e l’auto dei loro amici che li ha incrociati poco dopo il luogo dell’omicidio; si tratta dunque di testi che, viaggiando a bassa velocità, come specificano, sono ben consci dell’ambiente che li circonda e, soprattutto, vengono specificamente interrogati sul punto, a breve distanza di tempo dal fatto, e confermano di non aver visto alcuna auto nel luogo dove avrebbero dovuto trovarsi i mezzi dei CdM (dice esplicitamente  il teste: “non ho visto altri veicoli lì fermi intorno a quella macchina”. NdA: il teste Francesco C. non venne interrogato in dibattimento perché impossibilitato a deporre in quanto in coma a causa di un grave incidente, per cui la sua unica dichiarazione è quella risalente al 21 giugno 1982). Talché il capitoletto del libro di cui stiamo parlando si può considerare, se non un nuovo elemento di giudizio, almeno una “riscoperta” di una delle tante panzane ammannite dal reo confesso Giancarlo Lotti.

Perché l’avvocato Filastò, il quale, come è evidente nel leggere la trascrizione della sua difesa, si rendeva ben conto della discrepanza tra il racconto del Lotti  e quanto riferito dai testi, non approfondì in maniera più decisa e puntuale la questione?

Perché puntò tutto sulla posizione della vittima maschile all’interno dell’auto, collocandola, seguendo le testimonianze Allegranti e Gargalini, sul sedile posteriore e sviluppando una propria ricostruzione personale secondo la quale l’assassino si sarebbe messo lui al volante dell’auto per portarla (meglio, per portare il cadavere della ragazza, l’unico che in fondo gli interessasse), in un luogo più appartato ove operare in sicurezza le rituali escissioni. Ovviamente, la convalida di un'ipotesi di questo genere avrebbe sbugiardato definitivamente il Lotti, il che spiega il motivo per cui l’avvocato la sostenne in maniera così agguerrita, nonostante alcune gravi inverosimiglianze. Senza scendere nei particolari di questa ipotesi, cui ho già dedicato alcuni post in passato (http://mostrodifirenzevolumei.blogspot.it/2014/03/lenigma-di-baccaiano.html e seguenti) , ne accenno solo per dire che la dinamica ipotizzata da Filastò, più complessa e articolata, richiede un maggior tempo  di esecuzione rispetto a quello delimitato dai due passaggi delle auto di cui si è parlato; onde per cui Filastò non aveva alcun interesse a porre l’accento sul tempo dell’azione.

Dimentichiamo un momento il “chi” e dedichiamoci al “dove”. Pacciani o non Pacciani, Lotti o non Lotti, da qualche parte l’assassino, chiunque sia stato, deve essere venuto, in qualche parte deve aver parcheggiato un mezzo di locomozione, se non si vuole credere che sia venuto a piedi da casa sua.  Procedendo da Baccaiano in direzione di Fornacette, prima della piazzola del delitto si incontra uno spiazzo sulla destra che dà su un campo coltivato e poco più oltre scende al letto del torrente Virginio. Di fronte, dalla parte opposta della carreggiata, un viottolo porta all’ex tiro a segno di Montespertoli.  Percorsi meno di duecento metri si giunge alla piazzola del delitto, sulla destra, oggi cancellata dalla vegetazione e riconoscibile solo grazie a un paracarro da ambedue i lati della strada (la piazzola era a lato di un fosso); duecento metri dopo è apprezzabile un’ulteriore piazzola e infine l’incrocio con la strada che sulla sinistra sale verso Poppiano, sulla destra verso Montespertoli, dove si congiunge con la via Volterrana.   

Poiché il campo sulla destra della strada (in pratica tra la provinciale e il corso del Virginio), è facilmente accessibile, sono sempre stato convinto che il killer fosse passato di lì, avendo parcheggiato il proprio mezzo sullo spiazzo, abbastanza ampio, di fronte all’ingresso del poligono di tiro. Senonché, dal riassunto fatto dall’avvocato Filastò nelle sue conclusioni, sembrerebbe che la coppia Graziano M. e Concetta B. (due tra i primi soccorritori) si sia fermata proprio in quella piazzola al momento degli spari; questo dovrebbe risultare dai verbali dell’epoca, poiché in dibattimento (udienza del 19 dicembre 1997) i due testi non parlano  affatto di una sosta, anzi la ragazza dice esplicitamente di aver sento “i botti” mentre la loro auto era in movimento. Il punto quindi non è chiaro (anche alla stampa la coppia dichiarò di essere” ferma lungo la strada, circa un chilometro prima”); comunque sia, quello, da una parte o dall’altra della carreggiata (ossia lato Virginio o lato poligono,) è senz’altro un possibile luogo di parcheggio.  In alternativa, bisognerebbe pensare che l’assassino abbia preso via Poppiano in direzione di Montespertoli, abbia posteggiato lì e sia poi passato attraverso i campi per giungere sul retro della piazzola; in questo caso però avrebbe dovuto guadare il torrente Virginio; impresa certo non impossibile, ma comunque disagevole nel buio della notte.

La teste Concetta B. in udienza dice qualcosa di importante, pur fatta la tara di tutte le suggestioni  indotte dall’esterno nei quindici anni che dividono il fatto dalla testimonianza (premetto che il fatto di non disporre del verbale del 21 giugno 1982 può inficiare le considerazioni che seguono, se qualcuno ne sa di più – come certamente è – ben venga).  Riassumo per semplicità: 1. l’auto proviene da Baccaiano verso Fornacette e dovrà svoltare a sinistra al bivio in direzione di Poppiano; 2. circa 500 metri prima della piazzola (in altri termini, poco dopo aver imboccato via Virginio Nuova)  i testi avvertono “i botti” o “schioppettìi”; 3. passano accanto all’auto del Mainardi che è dall’altra parte della carreggiata con le ruote nel fosso, ritengono che si tratti di un’auto incidentata e proseguono;  4. all’altezza dell’incrocio ci ripensano e tornano indietro a vedere cosa è successo. La teste afferma; <<Poi, dopo, si disse: 'è successo qualcosa a questa macchina', (…)  Perché si vedeva che... pareva ci fosse qualcuno dentro, ecco>>.   In effetti, Concetta B. chiarisce nel seguito la sensazione di aver visto, nel passare, il corpo della Migliorini, distinguibile nel buio per il maglione bianco. Dov’è finito, nel brevissimo spazio di tempo intercorso tra i momenti 2 e 3, l’assassino?

Foto tratta dal sito "Calibro 22"



(SEGUE)

martedì 21 giugno 2016

Due minuti a Baccaiano


E' possibile non vedere due auto posteggiate in quella posizione?


Il cuore del recente libro di Bruno - Cappelletti - Cochi (titolo: Al di là di ogni ragionevole dubbio - Enigma Edizioni) sta a mio parere in alcune (poche) pagine centrali dedicate al duplice delitto di Baccaiano.

In questo capitoletto, Cochi e Bruno (ritengo che Cappelletti si sia occupato principalmente - e ottimamente - della cronologia, che occupa la prima parte del volume) tentano una ricostruzione della scena del crimine sulla base di alcune testimonianze rilasciate alla PM Della Monica nell'immediatezza (21 giugno 1982). Tali testimonianze, estratte dai verbali dell'epoca, erano inedite, anche se (parzialmente) riproposte nel processo "Compagni di Merende". Lo scopo dichiarato, ovviamente, è di verificare se la versione dell'episodio fornita dal Lotti durante le indagini e in corso di processo è veramente compatibile con quanto videro e dichiararono i testimoni oculari che si trovarono a passare da via Virginio Nuovo in corrispondenza del presumibile orario del delitto.

Premessa questa cornice, vediamo il contenuto. Gli autori prendono in considerazione due gruppi di testimoni. Il primo gruppo è a bordo di un'auto (A) che da Baccaiano si dirige verso Fornacette; si tratta di un ragazzo e due ragazze, le quali stanno facendo pratica di guida con l'aiuto dell'amico. Una delle due è alla guida, l'altra presumibilmente sul sedile posteriore; il ragazzo sul sedile anteriore del passeggero. Questi, nel passare accanto alla piazzola del delitto (sono circa le 23.45), nota alla sua destra l'auto del Mainardi regolarmente parcheggiata nella piazzola, con i vetri appannati e la luce interna accesa. Non vede persone all'interno né accanto all'auto. L'auto prosegue oltre il bivio per Poppiano e poco più avanti ("un centinaio di metri") incrocia un'auto (B) che procede in direzione opposta e che i nostri testimoni riconoscono per quella di un loro amico. Dopo un tempo X questa seconda auto, che percorre via Virginio Nuovo da Fornacette verso Baccaiano, passa anch'essa davanti alla piazzola, ma la scena nel frattempo è radicalmente cambiata: l'auto di Mainardi si trova dal lato opposto della strada, posta di traverso e con le ruote posteriori nel fosso, tanto che gli occupanti della seconda auto pensano che si tratti di un'auto incidentata non ancora rimossa. Si tratta dei due ragazzi che una volta giunti a Baccaiano avranno l'idea di tornare indietro a vedere cosa sia effettivamente successo e infine, insieme ad un altro gruppo giunto contemporaneamente sul posto, daranno l'allarme sia ai carabinieri che all'ambulanza.

Dando per veritiere le testimonianze dei due gruppi, che in effetti si riscontrano reciprocamente, gli autori danno per certo che il duplice omicidio sia avvenuto nello spazio di tempo che intercorre tra il passaggio dell'auto A (l'auto del Mainardi è nella piazzola, con luce interna accesa) e quello dell'auto B (l'auto è dalla parte opposta, con le ruote infossate). Vi è, a dire il vero, un salto logico: cosa ci assicura che, al momento del passaggio della prima auto, il delitto non fosse già avvenuto? Conosciamo tutti bene l'ipotesi dell'avvocato Filastò secondo la quale sarebbe stato l'assassino stesso a mettersi alla guida e, sbagliando manovra, a finire nel fosso. Anche se gli autori non scendono nei dettagli, immagino che preferiscano aderire alla ricostruzione ufficiale della dinamica (indipendentemente dalla identità dell'/gli assassino/i) a motivo della posizione dei bossoli sulla strada, che sembrano raccontare un inseguimento a colpi di pistola sulla carreggiata. Sul presumibile momento dell'omicidio abbiamo anche un'altra testimonianza: una coppia di ragazzi che ha posteggiato in una piazzola prima di quella del delitto (si intende, più vicina a Baccaiano) sente dei rumori, come schioppettii; sono le 23.45 circa, quindi, se quelli che sono stati sentiti sono effettivamente gli spari, la coincidenza temporale è perfetta. Il problema sta dunque nel circoscrivere il tempo che scorre tra il momento A e quello B, atteso che tutto l'episodio deve essersi svolto in quel ristrettissimo lasso di tempo; un lasso di tempo che gli autori calcolando, in maniera obbligatoriamente approssimativa ma comunque attendibile distanze e velocità, arrivano a determinare in circa 90 secondi.

In cosa dunque questo calcolo contrasta insanabilmente con il racconto del Lotti? Il problema è che né gli occupanti dell'auto A né quelli dell'auto B vedono persone sulla scena o auto parcheggiate lungo la strada; e in quella posizione non avrebbero potuto non vederle se ci fossero state. Ma secondo il racconto del Lotti, in quello stesso lasso di tempo di 90 secondi (ma aumentiamoli pure a due minuti, il problema rimane) avrebbero dovuto aver luogo le seguenti cose: arrivo in loco delle due auto dei CdM, parcheggio lungo la carreggiata sul lato opposto alla piazzola, discesa del terzetto omicida, conciliabolo per dare istruzioni a Lotti di fare il palo, attraversamento, spari, nuovi spari dall'altra parte della carreggiata per abbuiare i fari (questo può anche essere spostato dopo), discorso col Lotti che se ne vuole andare e "piano piano" se ne va (Pacciani e Vanni restano lì), decisione di rinunciare al prelevamento dei "feticci", lancio delle chiavi dell'auto nel fosso, abbandono definitivo della scena. Troppe cose in troppo poco tempo. Cosa dice infatti il Lotti della fase finale dell'agguato, proprio quella che tanti dubbi ha sempre suscitato? Nulla, se non queste stentate parole, in incidente probatorio : << (...) poi dopo gli spari mi allontanai, non stessi li...(...) Di lì la macchina si spostò e venne verso la parte opposta di qua. E poi credevano che non avesse sparato... eppoi si spostò la macchina e li ripresero per bene (...). Aspettavano andar via la macchina...a muoversi la macchina...e allora andettero di là e di lì. Li fermarono li...non si mossero più>>; e in dibattimento: <<Quando veddi che avevano finito di sparare presi e andetti via e mi fermonno. Pietro dice:-te un tu vvai via, e come un vo via?! E prese... a questo punto io che facevo lì? Poi piano, piano mi fecero andar via.>>

Il racconto di Lotti non coincide quindi in alcun modo con le testimonianze né per quanto riguarda la posizione delle auto di Pacciani e dello stesso Lotti né sui tempi dell'azione. E il Lotti su Baccaiano non sa dire nulla al di là della versione ipotizzata dagli inquirenti, sia che voglia nascondere qualcosa, sia (come sembrano pensare gli autori e come ritiene anche chi scrive) per sua totale ignoranza dei reali accadimenti di quella notte. 

(SEGUE)