Campo dietro la piazzola, forse il luogo dove MdF intendeva operare le escissioni |
Panorama dalla via di Poppiano / via Volterrana: la prima fila di alberi delimita il corso del Virginio, la seconda via Virginio Nuova. Il luogo del delitto è oggi invisibile dall'alto. |
Quel che rimane oggi della piazzola del delitto; la vegetazione è molto più alta e rigogliosa rispetto alle foto dell'epoca. |
A questo punto, per situare il delitto nel tempo, abbiamo tre auto anziché due. L'auto A, del teste Francesco C., che fa scuola guida e passa quando la FIAT 127 delle vittime è ancora nella piazzola e prosegue in direzione di Fornacette. L'auto B che procede in direzione opposta, incrocia l'auto A poco prima del bivio per Poppiano e passa davanti alla piazzola quando l'auto è già nel fosso, arriva a Baccaiano e torna indietro per accertare meglio cosa sia successo. E l'auto C, che segue il tragitto dell'auto A (ovvero da Baccaiano a Fornacette) dopo un tempo non determinabile, i cui occupanti addirittura sentono gli spari poco dopo avere imboccato via Virginio Nuova (ovvero ca. 600 metri prima del luogo del delitto), passano davanti alla piazzola, vedono l'auto apparentemente incidentata, hanno l'impressione che dentro ci sia qualcuno, cosicché arrivati all'altezza del bivio per Poppiano invertono la marcia e tornano anch'essi sul luogo del delitto, arrivando più o meno in contemporanea ai ragazzi dell'auto B. Concetta, passeggera dell'auto C, nell'udienza del 19 dicembre 1997 ha naturalmente ricordi piuttosto vaghi; ma dalle domande dell'avvocato Filastò si desume che all'epoca avesse dichiarato, sostanzialmente: che le sembrava di aver incrociato una sola macchina proveniente dalla direzione opposta (che ben poteva essere, infatti, l'auto B) e di essere stata superata da due o più auto che andavano invece nella sua stessa direzione (da Baccaiano a Fornacette) a forte velocità, (NdA: ben difficilmente però queste due auto potevano provenire dal luogo del delitto, perché sarebbero state notate dagli occupanti delle auto A, B e C). Ora, ammesso che gli spari siano stati avvertiti nel mentre l'auto C era in movimento, il tempo di percorrenza è veramente ridotto; sicché è perfettamente ipotizzabile che l'assassino/gli assassini fosse/fossero ancora, non visti, sul posto. Perché tra gli spari e il passaggio di entrambe le auto dovremmo collocare, quanto meno secondo la versione ufficiale, l'auto che va a finire nel fosso in retromarcia inseguita dall'assassino (scrivo ora al singolare per comodità), lo sparo dentro l'auto, l'abbuiamento dei fari, in parte a colpi di pistola in parte con un corpo contundente, la sottrazione delle chiavi per spegnere definitivamente le luci, il lancio delle chiavi sulla cunetta e quanto meno un principio di allontanamento o nascondimento per non essere notato. Insomma, tra gli spari che vennero sentiti dalla coppia Concetta e Graziano e il loro passaggio davanti alla piazzola il tempo per spostare dietro il corpo del Mainardi, mettersi alla guida, finire nel fosso, spegnere i fari, andare via, MdF a mio parere proprio non ce l'ha.
Torniamo al libro da cui siamo partiti, di cui ripetiamo il titolo: "Mostro di Firenze - Al di là di ogni ragionevole dubbio". Gli autori non entrano nell'annosa polemica sulla posizione del corpo del Mainardi all'interno dell'autovettura; una polemica che risale in pratica alla notte stessa del delitto, quando i militi della Croce d'Oro Allegranti e Gargalini dissero che la vittima maschile si trovava sul sedile posteriore accanto alla ragazza, per cui, delle due l'una: o non era stato lui a finire nel fosso, oppure era stato spostato da qualcuno (che naturalmente doveva identificarsi nell'assassino) dopo il tentativo di fuga. Si tratta di una controversia forse irrisolvibile. Già nell'immediatezza del fatto gli inquirenti (i P.M. Izzo e Della Monica) si trovano da un lato dei testi piuttosto incerti e recalcitranti (i primi intervenuti, ossia i passeggeri delle auto B e C) che dicono che il Mainardi era davanti; questo gruppo di testi è peraltro confortato da importanti riscontri oggettivi (il sangue sul sedile anteriore e nell'intercapedine dello sportello sinistro, si veda la testimonianza Ulivelli dello stesso 19 dicembre 1997, purtroppo confusissima per colpa degli avvocati). Dall'altra, due dei soccorritori, che senza dubbio sono entrati nell'auto e hanno estratto il corpo della vittima, i quali molto decisamente e nonostante gravi pressioni contrarie (a quanto dichiarano) fin dal primo momento e anche in udienza affermano che la vittima era dietro (sul sedile posteriore accanto alla ragazza). Ritengo che sia necessario salvare questa testimonianza diretta, di persone che, a differenza dei primi intervenuti, sono entrati nell'auto e hanno materialmente spostato il cadavere (tra l’altro alterando obbligatoriamente la scena, si veda ad esempio il problema del sedile di guida, dritto, abbassato o reclinato in avanti). Un ragionevole compromesso è rappresentato da quanto dirà il teste Mario D.L., arrivato in concomitanza con i militi della Misericordia: <<notai che il ragazzo si trovava disteso con le gambe sul sedile anteriore e il corpo a bocconi nell'intercapedine fra i due sedili, con la testa adagiata sul sedile posteriore nella parte centrale (...) Preciso che lo schienale del sedile anteriore sinistro era reclinato (NdA: elemento questo di discordanza con Gargalini).>>
Chi ha letto fino a questo punto, immaginerà già che non sarò certo io a risolvere "l'enigma di Baccaiano". Osservo soltanto che, se i dati scientifici corroborano una prima posizione e due testi che hanno lavorato dentro l'auto a contatto con il corpo danno per certa una seconda, beh, non si può escludere che qualcosa sulla scena sia cambiato nel frattempo. Insomma, quando il delitto viene scoperto sono all'incirca le 23.50/55; quando arriva l'ambulanza e ritornano sulla scena anche i primi testimoni è senz'altro mezzanotte passata. L'assassino era lì; in quel lasso di tempo, che possiamo ipotizzare in circa quindici minuti, qualcosa può essere successo per dar conto di due scene del crimine che sembrano diverse.
Sia come sia, supporre un intervento di MdF dopo che i primi soccorritori sono andati a chiamare i soccorsi può essere intrigante, ma ha scarsa valenza probatoria. L'interesse principale nella ricostruzione dell'episodio è infatti verificare o falsificare la versione Lotti; e Lotti, dopo la sparatoria, seppur "piano piano" se n'è andato; sicché, qualunque cosa sia successa dopo, il nostro reo confesso ha buon gioco a sostenere di non saperne nulla. Ben giustamente quindi gli autori del libro si concentrano sulla scena principale narrata dal Lotti e confermata dalle sentenze: arrivo dei CdM, posteggio, discesa, spari, fuga dell'auto, nuovi spari. E confrontandone lo svolgimento con le osservazioni dei testi che si trovarono a passare sul quella strada nel medesimo lasso di tempo ne affermano, a ragion veduta, l'impossibilità.
Ritengo che dobbiamo essere molto grati agli autori per la riscoperta di queste testimonianze che nei processi non vennero prese in considerazione per quanto meritavano. E chiudo dicendo che, se quello di cui ho parlato è la vera "novità" del libro, tutta l'opera è interessante, ben scritta, accurata e altamente consigliabile agli appassionati e la cronologia 1968-2000 contenuta nella prima parte è uno strumento prezioso per lo studio del caso.
(FINE)