sabato 31 ottobre 2015

Mosche a Scopeti (6)


Foto © Umberto Leonardi 2009: tratto Cerbaia - Ponte Rotto... lungo Pesa

Concludiamo ora la serie facendo un breve excursus sulla posizione di colui che sostituirà, dal 1989, SV nelle cure degli inquirenti (questa volta non carabinieri, ma polizia): Pietro Pacciani.

Bisogna dare atto a Mario Spezi di essere stato il primo, almeno a mia scienza, a puntare il dito sull’errata datazione dell’ultimo delitto del MdF, nell’ambito di una serie di articoli pubblicati su La Nazione nell’imminenza del processo di appello a Pietro Pacciani: il titolo dell’articolo apparso nell’edizione del 23 gennaio è infatti: “Scopeti, la data della morte si tinge di giallo”; e l’occhiello riporta: “un piccolo insetto testimone muto a favore di Pietro Pacciani” (l'articolo è, come sempre,  consultabile nell'emeroteca di "Insufficienza di prove"). La tesi, ovviamente, pur con qualche imprecisione, è quella che la data reale del delitto deve essere anticipata (secondo Spezi decisamente al sabato), come verrà in seguito confermato dalla consulenza Introna e, da ultimo e concordemente, da tutte le relazioni citate nel documentario di Paolo Cochi. Seguiamo però il ragionamento di Spezi, ricordando che, alla data dell’articolo non sono ancora comparsi dal cilindro della Procura i testimoni algebrici. La conseguenza che ne trae il giornalista è che perdono rilevanza le testimonianze di coloro che affermano di aver visto Pacciani quella sera vicino alla zona del delitto, quindi Lorenzo Nesi e Ivo Longo. Nell’articolo non si parla assolutamente di un alibi di Pietro Pacciani per il sabato sera, la cui citazione sarebbe stata, come facilmente si intuisce, di grande utilità per la contro-inchiesta di Spezi. All’epoca, infatti, Spezi ha già in mente, dopo i colloqui con la Nabb, il “suo” colpevole.
Non si capisce allora su quali nuove basi, ossia su quali elementi acquisiti successivamente al 23 gennaio 1996, Mario Spezi abbia poi contribuito, in libri, dichiarazioni e interviste, alla creazione della leggenda mediatica che il contadino di Mercatale avesse un alibi a prova di bomba per la sera del sabato.
Vale qui la pena di fare un minimo di analisi filologica. Partiamo dal notissimo testo di Spezi/ Preston “Dolci colline di sangue” e dalla sua versione americana intitolata “The Monster of Florence”, che, immutata ovviamente la sostanza, ne differisce quasi totalmente nella forma. Andiamo al capitolo 36 dell’edizione italiana e leggiamo il dialogo tra Spezi e Preston a proposito della relazione di Introna che Spezi intende presentare alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto” (siamo nel 2002). Vi leggiamo solo che, visto il parere del prof. Introna, l’alibi di Pacciani dovrebbe essere anticipato di 24 ore e che sia le testimonianze dei testimoni algebrici sia quelle di coloro che videro Pacciani a Scopeti la domenica sarebbero false. Leggiamo ora la versione americana: (capitolo 41 pag. 226; traduco per i non anglofoni):
In altre parole, i turisti francesi dovevano essere stati uccisi la notte di sabato.
<<Capisci cosa significa?>> chiese Spezi.
<<Significa che i testimoni rei confessi sono dei dannati bugiardi – perché hanno raccontato di aver visto gli omicidi la sera di domenica!>>
<<E la testimonianza di Lorenzo Nesi che mette Pacciani sulla scena del delitto la notte di domenica diventa ininfluente! E non è tutto, Pacciani aveva un alibi per il sabato notte – la vera notte degli omicidi. Era stato a una fiera di paese!>>


Da qui a parlare in rete di un Pacciani visto da decine e decine di persone alla festa di Cerbaia il sabato, anziché la domenica, il passo è breve; ad esempio, si veda dal minuto 58 di questo filmato https://www.youtube.com/watch?v=duU7qKJv4oM (del giugno 2010, è il primo che mi è capitato sotto mano).

Il copyright del libro è del 2006. Ma già l’anno precedente, un altro illustre esperto del caso, l’avvocato Nino Filastò, aveva pubblicato il suo fondamentale “Storia delle merende infami”. Anche qui si parla, e un po’ più in dettaglio, di un alibi di Pacciani per il sabato 7; ma dove sarebbe stato? Sempre alla festa dell’Unità di Cerbaia, come la domenica. Leggiamo (I edizione, pag. 264-5):
<<Torniamo al duplice delitto degli Scopeti. Ci sono altre osservazioni da fare.
Abbiamo visto che Pucci e Lotti sono categorici: i due delitti degli Scopeti sono avvenuti nella notte fra l'8 e il 9 settembre '85, domenica. Perché la domenica è importante? Per un motivo semplicissimo: per la notte precedente, quella di sabato 7 settembre, Pacciani ha un alibi emerso con chiarezza durante il dibattimento del processo Pacciani. Il sabato 7 settembre Pietro Pacciani fino alla tarda sera si trovava con la famiglia alla festa dell'Unità di Cerbaia. Sostiene l'alibi del contadino anche una delle due figlie, e la ragazza, che nel contesto della stessa testimonianza ha accusato il padre di violenza sessuale, non può certo considerarsi testimone compiacente. Dunque la data è importantissima. Se i delitti degli Scopeti sono avvenuti nella notte di sabato, va all'aria ogni cosa. Non solo la colpevolezza di Pietro, anche le dichiarazioni di Lotti e di Pucci, anche i cosiddetti 'riscontri', vale a dire le altre testimonianze che confermerebbero, a detta dell'accusa, la presenza di Pacciani e soci la notte della domenica nella piazzola degli Scopeti in atto di commettere i delitti, o di fuggire dal luogo.>>
E più oltre (pag. 270): <<(…) non si può che concludere che nel pomeriggio dell’8 settembre i due francesi erano già morti da più di venticinque ore, almeno trentasei, considerando che durante la notte l’attività degli insetti si ferma. Lo ‘sviluppo investigativo’ del dottor Giuttari va tutto all’aria. Pietro Pacciani è innocente, l’innocenza certificata dalla testimonianza della figlia: la festa a Cerbaia, la presenza continua del padre alla festa, il ritorno a casa a tarda notte (…). Sembra chiaro che la falsità sia in qualche modo necessaria per la conclamata esistenza dell’alibi di Pacciani: se Pacciani nella notte tra il 7 e l’8 settembre era a Cerbaia, non può essere l’assassino, o uno degli assassini; per questo diventa necessario spostare la data alla notte successiva>>.

Lo storico, però, per propria attitudine mentale, non se ne sta e cerca, ogni volta che gli è possibile, di controllare direttamente i documenti.

(Continua)

giovedì 29 ottobre 2015

Mosche a Scopeti (5)




Possiamo a questo punto chiederci quale fu l’influenza, sul piano investigativo, del duplice delitto di Scopeti e della sua errata datazione. Abbastanza paradossalmente, i carabinieri sono da subito convinti che il principale sospetto gliel’abbia fatta sotto il naso. Infatti, dopo un mese di pausa, dal 19 settembre al 16 ottobre, i controlli e i pedinamenti nei confronti di SV riprendono in maniera massiccia: a partire dal 4 novembre SV sarà controllato 24 ore su 24, ovviamente senza esito alcuno, giacché si tratta del proverbiale chiudere la stalla una volta che i buoi sono scappati. Con la collaborazione di Stefano Mele, tra settembre e ottobre, si torna a scavare sui fatti dell’agosto 1968 e sulla morte della prima moglie Barbarina nel 1960, fatto per il quale SV sarà infine arrestato e portato a processo.

Quanto allo specifico delitto di Scopeti, il Torrisi elabora un’ipotesi secondo la quale SV avrebbe potuto compiere il delitto tra le 20 e le 20.45 della domenica, passare dagli amici per procurarsi un alibi, tornare a casa, indi uscire dopo la mezzanotte, terminate le ore di sorveglianza, per andare ad imbucare, a San Piero a Sieve, la missiva alla Della Monica. L’attendibilità di questa ricostruzione è a mio parere minata alla base dalla valutazione dei resti di pasta e carne rinvenuti nello stomaco delle vittime, che, sempre che i periti non abbiano commesso anche sotto questo aspetto un sesquipedale errore, rimandano ad un decesso avvenuto almeno due ore dopo l’ultimo pasto. A (parziale) onore del Torrisi, bisogna però dire che fu l’unico tra gli inquirenti a valutare la possibilità di una diversa data di commissione del delitto; tanto da non escludere una retrodatazione addirittura al venerdì sera, come si vede nel seguente passaggio del rapporto già citato: <<È il caso di sottolineare infine, che il VINCI Salvatore dalle ore 23,00 del 7 settembre 1985, sino alle ore 09,30-10,00 del giorno dopo, sarebbe rimasto in casa, ma nessuno può escludere che possa essere uscito dalla mezzanotte in poi, non appena i militari hanno ultimato il servizio, né peraltro è da scartare la possibilità, salvo obiettivi elementi di riscontro, che la morte dei due francesi risalga alla notte sul 7 settembre>>. Da indiscrezioni ricevute so che sia il PM Izzo sia il colonnello Torrisi sono rimasti convinti fino all’ultimo della colpevolezza di SV, pur consci di non essere riusciti a dimostrarla.

L’ala non sardista della Procura, ossia Vigna, Canessa e Fleury, (per coincidenza, i tre PM che dopo l’omicidio di Scopeti ricevettero buste con proiettili Winchester cal. 22) chiuse invece definitivamente con la pista sarda; - più probabilmente l’aveva fatto già dopo Vicchio e il fiasco dell’arresto dei cognati Mele e Mucciarini - e indirizzò la SAM, organismo al quale i carabinieri partecipavano molto tiepidamente, su altre strade, che si concretizzarono, dopo un prolungato silenzio del Mostro, solo nel 1989-90.

L’abbandono della pista sarda fu dovuto proprio al fatto che non vi erano altri appartenenti al gruppo da inquisire e i precedenti erano in carcere o “sotto osservazione” dei CC mentre avvenivano gli omicidi. Il concetto è chiarito da Ruggero Perugini nella sua deposizione del 15 giugno 1994 al processo Pacciani. A domanda dell’avvocato Santoni Franchetti, anch’egli fedele seguace della pista sarda, l’ex capo della SAM risponde in questi termini (che traggo come sempre dalla trascrizione dell’udienza presente in “Insufficienza di prove”).

A.S.F.: Precedentemente si è parlato anche delle cosiddette “piste alternative”, perché furono abbandonate o meno. Poi il discorso venne, nelle scorse udienze venne abbandonato. Ora le volevo fare alcune domande su questo. Lei ha detto che per quanto riguarda - faccio riferimento alla sentenza di archiviazione del dottor Rotella, del giudice istruttore - alcune posizioni, non indagaste più perché, ovviamente mentre queste persone erano detenute, l'assassino ha colpito ancora, giusto?
R.P.: Erano detenute o erano sotto osservazione dei carabinieri.
A.S.F.: Sotto osservazione.
R.P.: Perché non tutte erano detenute.
A.S.F.: Una cosa diversa è essere detenuti durante un omicidio.
R.P.: Salvatore Vinci non era detenuto.
A.S.F.: Oh, io sto parlando apposta di Salvatore Vinci.
R.P.: Si.
A.B.: E c’è un alibi così e così…
A.S.F.: Ecco, io volevo chiedere, appunto… R.P.: No avvocato, io ho stima dei carabinieri.
A.B.: Va be’, grazie , io ho stima di tutti…
R.P.: Se i carabinieri dicono che ce l'avevano sotto osservazione, io devo dedurre…


Abbiamo però visto quanto efficace fosse l’osservazione alla quale era sottoposto nel settembre 1985 Salvatore Vinci.

(Continua)

martedì 27 ottobre 2015

Mosche a Scopeti (4)




Stabilito con buona probabilità che:
1. il delitto di Scopeti avvenne il venerdì sera, presumibilmente tra le 23 e le 24 (come da resti indigeriti di cibo ritrovati nello stomaco delle vittime in corso di autopsia);
2. il venerdì 6, contrariamente al programma, SV non venne controllato / pedinato;

e sapendo che;
3. le vittime arrivarono a San Casciano probabilmente nel primo pomeriggio del 6, montando subito la tenda nella piazzola degli Scopeti (allegato 57 del rapporto);
4. forse fecero un giro nei dintorni (Nadine venne vista acquistare uva in un negozio nella vicina frazione di Sant’Andrea in Percussina, ammesso che l’identificazione, condotta sulla nota foto apparsa sui giornali, sia da considerare valida);
5. cenarono alla festa dell’Unità di Cerbaia, come da testimonianza di Angelo Cantini ai CC il 17 settembre 1985, confermata nella deposizione al processo CdM del 19 dicembre 1997,

occorrerebbe verificare se sia possibile collocare il sospetto in San Casciano nel ristretto spazio temporale che va dall’arrivo dei francesi alla piazzuola alla loro uccisione.

L’assassinio di vittime in tenda rappresenta una problematica ulteriore rispetto ai rimanenti delitti, con la parziale eccezione di quello dei ragazzi tedeschi di Giogoli, che personalmente ritengo sia stato un fallimento nell’ottica dell’assassino. Quanto è credibile un serial killer marauder che passando nottetempo da via degli Scopeti individua una tenda e sceglie d’impeto gli occupanti come bersaglio senza in realtà conoscerne il sesso, l’età o altro? Senza essere certo che gli occupanti della tenda corrispondono alle vittime di sua elezione? Oltretutto avendo già sperimentato in precedenza l’errore di sparare contro un furgone chiuso e scoprire, subito dopo, di aver ucciso due uomini anziché la desiderata giovane coppia di amanti?

Non possiamo che fare delle illazioni, cercando di scegliere la più fondata.

Individuerei tre diverse possibilità:
1. i ragazzi vengono individuati mentre montano la tenda, appena arrivati sul posto: come furono visti dal teste A.B., possono ugualmente essere stati visti, in maniera del tutto casuale, dall’assassino;
2. i ragazzi vengono notati alla festa di Cerbaia e seguiti in auto fino alla piazzola;
3. l’assassino non sa nulla delle vittime, ma ha casualmente scelto la piazzola degli Scopeti come luogo di un agguato notturno; giunto sul posto, trova una tenda anziché l’auto che si aspetterebbe, si rende conto, ad esempio ascoltando voci e rumori provenienti dalla tenda, che all’interno vi è una coppia, forse intenta ad attività sessuale, e decide di attaccare.

A queste bisogna aggiungere la tenue ipotesi, formulabile sulla base di alcune testimonianze, sia contemporanee ai fatti che ampiamente successive, che prima dell’arrivo delle vittime sulla piazzola stazionasse un’altra coppia in un’altra tenda e che Nadine e Jean Michel si siano, per loro somma sfortuna, inconsapevolmente sostituiti a questa prima coppia nel ruolo di vittime designate.

Mentre le ipotesi 1 e 2, senza ovviamente escludere nulla con certezza, indicano piuttosto un soggetto residente nelle vicinanze di San Casciano o che quanto meno ha modo e ragione di percorrere via degli Scopeti in orario pomeridiano, un soggetto che partecipa alle feste e sagre dei dintorni, l’ipotesi 3 lascia il campo del tutto aperto. Una volta appreso, per esperienza diretta o in altro modo, che la piazzola degli Scopeti è luogo frequentato da coppiette, come senz’altro era, qualsiasi assassino, ovunque residente nell’ambito provinciale e oltre (Vicchio, Montelupo, Prato, via Cironi ecc.), non avrebbe incontrato soverchie difficoltà a recarvisi prima di mezzanotte e tentare la sorte.

Bisogna dunque valutare la verosimiglianza – fisica e psicologica - di situare SV in una delle tre situazioni sopra delineate, sapendo che:
1. SV è, teoricamente, sottoposto a controllo (sorveglianza dell’abitazione e pedinamenti) a decorrere dal 1 luglio 1985;
2. è probabile che SV sia ben cosciente di essere sotto osservazione, come commenta lo stesso Torrisi: <<se non fossimo consapevoli che il servizio è stato espletato con la massima attenzione e cura (sic! sottolineatura mia), con l'impiego di personale qualificato, si direbbe che queste non sono le sue reali abitudini, evidentemente perché il soggetto sin dai primi pedinamenti si sarebbe accorto di essere seguito>>;
3. il controllo presenta buchi clamorosi anche all’interno dell’attività programmata. L’inefficacia della sorveglianza messa in atto dai CC nel periodo in questione è peraltro attestata nella stessa sentenza di proscioglimento del giudice Rotella, che scrive: << Da un certo momento in poi i carabinieri attestano un controllo in talune ore serali e in certi giorni della settimana, ma essi stessi (v. rapporto menzionato [ossia Torrisi]) dubitano della continuità ed efficacia del controllo>>.

Poiché la valutazione è altamente soggettiva, mi astengo dall’esporre la mia idea personale, che ben poco aggiungerebbe alla ricostruzione.

(Continua)

sabato 24 ottobre 2015

Mosche a Scopeti (3)





Premetto che in questa sezione saccheggerò a piene mani i documenti di studio pubblicati dal forumista mostrologo Hazet (e in parte anche le sue idee) e che sono ora disponibili agli iscritti al forum “Occhio ragazzi” (occhioragazzi.securibox.net/ ).

Salvatore Vinci (nel seguito SV) era nel settembre 1985 il principale – potremmo dire l’unico – sospettato da parte dei carabinieri e dell’ala sardista della procura (PM Izzo), da quando (12 giugno 1984, quindi pre-Vicchio) Stefano Mele lo aveva prepotentemente reinserito nella mutevole lista degli autori del delitto di Signa. Pertanto, SV è il numero uno nella lista dei perquisiti e interrogati elencati nel rapporto preliminare del 14 settembre e l’unico, insieme col Calamosca, a dover dare conto dei suoi movimenti nelle giornate del 6, 7, 8 settembre. Limitandoci, per quanto scritto nelle puntate precedenti, al venerdì 6, il succo risultante dal rapporto è che SV dichiara che in quella giornata “non è uscito di casa” (Nota: il verbale, allegato n. 12 al rapporto giudiziario, non mi è disponibile). Vengono sentiti anche parenti (convivente, un figlio) e conoscenti (la coppia di amici storici B.), ma sembra che non si parli affatto del venerdì; segno abbastanza evidente del pregiudizio di cui abbiamo già parlato. Viene anche riferito l’esito degli appostamenti e pedinamenti eseguiti nei confronti di SV nei giorni del 7 e 8 settembre (allegati 19 e 20 al verbale), senza far parola di venerdì 6. Potrebbe sembrare un’omissione ininfluente e voluta dell’estensore in quanto il venerdì poteva non esserci nulla di rilevante nel verbale; ma chi cercasse traccia dei movimenti di SV in un ipotetico verbale allegato n. 18 lo farebbe invano: infatti il verbale allegato 18 è quello relativo alle operazioni di intercettazione telefonica sull’utenza di SV, mentre nell’ordine numerico seguono immediatamente i verbali di sorveglianza n. 19 e 20 (appunto sabato e domenica).

Facendo un salto in avanti nel tempo, passiamo al 22 aprile 1986, quando il grande accusatore di SV, il colonnello Nunziato Torrisi, comandante del Reparto Operativo dei carabinieri presenta alla procura e all’ufficio del G.I. il suo rapporto giudiziario. In esso, si delineano con apparente precisione, tra l’altro, le fasi dei controlli cui era stato sottoposto SV ad opera dei carabinieri, scrivendo: <<(…)seconda fase, dal 1º luglio 1985 all'8 settembre 1985, eseguiti nei giorni di venerdì, sabato e domenica, dalle ore 20,00 alle ore 24,00 >>. Qualche pagina dopo, però, si scrive che <<A proposito dell'alibi fornito dal VINCI Salvatore, si precisa che, nel corso dei servizi di osservazione eseguiti da militari del dipendente Nucleo Operativo, dalle ore 20,00 alle ore 24,00, dei giorni di sabato e domenica (sottolineatura mia), nei pressi dell'abitazione dello stesso, per controllare i suoi movimenti, con l'ausilio dell'ufficiale di p.g. che segue le operazioni di intercettazione, in atto sin dal 27 aprile 1985, è emerso che: − sabato 7.9.1985, il VINCI Salvatore (…); − domenica 8.9.1985 (…)>>. Si tratta di null’altro che della riproposizione letterale, parola per parola, del testo del rapporto del 14 settembre 1985. E il venerdì? Non aveva appena scritto il Torrisi che i controlli erano eseguiti <<nei giorni di venerdì, sabato e domenica>>? Ma sembra chiaro che nello stendere il suo rapporto dell’aprile 1986, Torrisi non ha a disposizione altro che il rapporto preliminare del 14 settembre con gli allegati e che nel suddetto rapporto preliminare non si parla di controlli eseguiti il venerdì e non esiste un verbale allegato descrittivo di una sorveglianza effettuata il venerdì. Del resto, per sua ammissione, Torrisi all’epoca era fuori Firenze e non aveva contezza diretta dello svolgimento dell’attività investigativa nei giorni dal 6 al 9 settembre. Per cui sembra proprio che, contrariamente al programma di sorveglianza, per motivi a noi ignoti, nella giornata di venerdì 6 non fu effettuato alcun controllo.

A questa conclusione si arriva anche per via indiretta, dalla lettura del testo già citato “Scopeti. Giustizia mancata” di Adriani-Cappelletti-Maugeri, i quali hanno potuto visionare il rapporto completo di allegati, tra cui il riepilogo delle intercettazioni telefoniche. Nel testo si legge. <<Vinci, sentito dai CC. del Nucleo Operativo alle ore 16:00 di quello stesso 9 settembre, dichiara di essere rimasto in casa nel pomeriggio del venerdì e nella successiva serata del sabato e ciò sarebbe confermato dal di lui figlio. Sennonché il riepilogo delle intercettazioni sulla sua utenza (allegato 18 del citato rapporto) dà atto per la giornata di venerdì 6 settembre di varie telefonate che egli effettua da fuori, chiamando la propria utenza domestica sino alle 20:03. Dunque, l'alibi di Salvatore Vinci per tale giorno non appare del tutto convincente.>> Se ne deduce senza troppo sforzo che non è vero, come dichiarato dall’indagato, che il venerdì 6 lo stesso non si era mosso da casa e che non si ha alcuna informazione su come egli abbia trascorso la serata, al di fuori della sua dichiarazione (in mancanza di indicazioni eventualmente presenti nei SIT della convivente e del figlio). E’ un peccato che il colonnello Torrisi, che dedica parecchie pagine a illustrare dettagliatamente le telefonate notturne di SV tra domenica e lunedì, non si sia apparentemente accorto di questa incongruenza.


(Continua)

venerdì 23 ottobre 2015

Mosche a Scopeti (2)




Ammettiamo dunque, poiché a questo punto i dati investigativi, tanatologici ed entomologici sembrano coincidere, che il duplice omicidio di Scopeti sia avvenuto con buona probabilità il venerdì 6 anziché la domenica 8 come da racconto dei testi Alfa e Beta corroborato da riscontro di Gamma e Delta. D’altra parte, a rafforzare la versione ufficiale, non vi sarebbero solo i “testimoni algebrici”; in una recente trasmissione televisiva (L’Apriscatole, su Italia 7) l’avv. Bertini, già legale di Giancarlo Lotti, ha parlato, forse ottimisticamente, di dodici testimoni che avrebbero visto gli autori del delitto sul luogo (o, immaginiamo, nelle vicinanze) la sera della domenica.

Chi ha una certa dimestichezza sul caso, avendo ad esempio letto il testo di Adriani – Cappelletti – Maugeri dedicato al delitto o le trascrizioni delle udienze pubblicate su “Insufficienza di prove”, sa già qual è il peso reale di questi testi e di questi riscontri esterni, per cui è abbastanza inutile ripetere cose già dette e ridette.

Come si giunse a una datazione che, alla luce delle consulenze entomologiche del 2003 e del 2015 sarebbe sbagliata addirittura di due giorni? Non certo per incastrare Pacciani, il cui nome era ancora di là da venire; e neppure, ritengo io, per procurare un alibi al medico di Perugia che, da sabato 7, pur tenendo conto dei fusi orari, si trovava negli USA. In realtà, i dubbi che aleggiavano sui membri dell’equipe di medicina legale fiorentina dell’epoca non sembrano aver sfiorato l’attore principale, il Dott. Mauro Maurri, che già nel tardo pomeriggio del martedì, ad autopsia della vittima maschile non ancora effettuata, si pronunciava “senza dubbio” per un delitto avvenuto la notte della domenica (La Città, 11 settembre 1985). Da cosa il Prof. Maurri traesse tale certezza non è in realtà dato sapere, anche perché, a giudicare dalla trascrizione parziale della perizia apparsa in rete, il dato fondante sembra la mancanza, sul corpo di Jean Michel, di segni di intervento della piccola fauna cadaverica, intesa non come larve di ditteri, che ci sono ( e in perizia vengono prima confermate e poi negate, con evidente errore logico), ma di topi e formiche: il che sembra un elemento assai debole per una valutazione tanatocronologica. Anche l’idea - malevola ma non tanto astrusa – che il perito si sia inchinato al peso delle testimonianze, le quali asserivano di aver visto in vita le vittime la mattina della domenica, risulta in realtà infondata: infatti, i testi Borsi e Bonciani vennero verbalizzati il giorno 12, due giorni dopo l’acquisita certezza del perito in merito alla data del delitto; sicché si può pensare semmai, al massimo, ad una conferma ad abundantiam di un’ipotesi diagnostica già formulata. Sembra dunque semplicemente trattarsi di un pre-giudizio: la credenza nel fatto che, data la scoperta di un omicidio ad opera del cd Mostro di Firenze in un dato giorno, il delitto dovesse risalire per forza di cose al giorno immediatamente precedente, come era di fatto avvenuto in tutti i casi fin allora verificatisi, compreso il delitto di Giogoli, in cui le vittime si trovavano all’interno di un pulmino. La notevole frequentazione, diurna e notturna, della piazzola degli Scopeti può, infine, aver fatto pensare che i corpi non potevano aver stazionato lì per due giorni senza venire avvistati; senza però tener conto che i cadaveri erano parzialmente occultati e non immediatamente visibili. Neppure è da trascurare l’ipotesi che qualcuno abbia veramente visto i corpi, ma si sia ben guardato dall’avvisare le Forze dell’Ordine: l’incertezza tra apertura / chiusura della tenda può dare adito a qualche illazione.

Ciò detto, e riconosciuto ormai che sfortunatamente il Dott. Maurri sbagliò di almeno un giorno e probabilmente di due nello stabilire la data del delitto, si può provare a vedere come e in quale misura l’errata datazione influenzò le indagini successive. Il rapporto preliminare del Nucleo operativo dei Carabinieri datato 14 settembre, quindi solo cinque giorni dalla scoperta del delitto, fa chiaro che le persone interrogate (che sono, ovviamente, quelle indagate o segnalate in relazione ai casi precedenti) furono chiamate a rispondere prevalentemente dei propri movimenti nel pomeriggio sera di domenica e che le verifiche, con un’unica eccezione, della quale si dirà in seguito, furono abbastanza blande. E’ probabile che la medesima attenzione concentrata sulla domenica si sia avuta in tutti gli altri casi di escussione di possibili sospetti o persone informate sui fatti dei quali non vi è documentazione disponibile.

L’eccezione, ma anch’essa parziale, riguarda Salvatore Vinci.

(Continua)