mercoledì 11 ottobre 2023

L'alibi di Salvatore (2)

 

Vorrei aggiungere qualche breve considerazione rispetto a quanto scritto nell’ultimo post in merito all’alibi presentato da Salvatore nel 1968 e smentito da Nicola Antenucci 17 anni e rotti dopo i fatti.

Per far questo, mi occorre utilizzare un concetto che è proprio della critica biblica, quello di “Sitz im Leben” (e chiaramente lo faccio in omaggio a uno dei miei pochi lettori/commentatori che si firma “Reimarus”). Quindi cosa indica questa difficilmente traducibile espressione tedesca introdotta nell’esegesi dalla “Scuola delle forme”? Che per capire ogni documento letterario è necessario comprendere il contesto storico in cui nasce, il pubblico a cui è rivolto, lo scopo che si prefigge. Ora, nel caso del Rapporto Torrisi del 1986 siamo ben lungi da un testo letterario (anche se alcuni passi presentano notevole somiglianza con le bibliche invettive contro i vizi di Sodoma e Gomorra); però può essere interessante comunque inquadrarne il contesto.

Posto che la testimonianza in esame (Antenucci si presenta spontaneamente al G.I.) ha luogo il 18 ottobre 1985, possiamo ampliare un po’ il panorama delle indagini che erano  in corso in quel momento. Tramontata l’ipotesi Francesco Vinci dopo il duplice omicidio del 1983, controllato senza esito anche il figlio di Salvatore e sodale di Francesco, rimessi in libertà i due cognati dopo l’omicidio di Vicchio, rimaneva sull’agenda degli investigatori il solo Salvatore, giacché le sbrigative indagini del 1968-70 non fornivano ulteriori spunti, a parte alcuni nomi di soggetti siciliani forse in contatto con le due prime vittime.

Pertanto nel 1985 Salvatore Vinci è il primo sospettato, tanto più che dal maggio ‘85 Stefano Mele è tornato ad accusarlo; viene pedinato nei weekend e intercettato; senonché, proprio mentre è sotto sorveglianza avviene l’ultimo duplice omicidio, il che condurrà i CC all’amara conclusione “di non averlo controllato abbastanza bene” (in sostanza così Rotella pag. 154). A questo punto, vieppiù convinti gli inquirenti di venir menati per il naso da un callido e feroce assassino, nel mentre si intensificano - tardivamente -  i controlli già in atto, si torna al passato. E, come è noto il passato di Vinci vede la morte, in un caso violenta, nell’altro sospetta, di due donne a lui vicine: l’amante Barbara nel 1968 e  la moglie Barbarina nel 1960. E Mele,per quanto poco credibile, nel settembre 1985 dopo Scopeti, continua ad accusare Salvatore, questa volta insieme al proprio fratello Giovanni. 

 

Mario Spezi su La Nazione, ottobre 1985

 

 Quindi nell’ottobre 1985 prendono piede le indagini, in Sardegna e Lombardia, sul presunto suicidio di Barbarina Steri e si riesaminano, per l’ennesima volta, i fatti e i documenti del 1968. Per collegare l’omicidio del 1968 con la persona di Salvatore è però necessario smontare l’alibi presentato con successo a suo tempo, sia in corso di indagine sia nel processo del 1970 di cui abbiamo parlato nel post precedente. Potremmo supporre che proprio in questa critica temperie - in questo Sitz im Leben - a qualcuno degli inquirenti sia caduto l’occhio sullo strano verbale del 24 agosto 1968, in cui Nicola Antenucci aveva parlato inizialmente di una partita a biliardo avvenuta il martedì, facendosi poi convincere dal P.M. Capponnetto a correggere il giorno in mercoledì.  Nicola Antenucci viene risentito - dopo varie deposizioni, delle quali l’ultima del 1983, nelle quali aveva confermato quanto inizialmente dichiarato - il 16 ottobre e, nell’occasione, spiega come erano avvenuti gli interrogatori di cui è verbale, ma ancora a quanto sembra non è in grado di ricordare precisamente tutti gli avvenimenti della settimana; Torrisi non ci dice se tuttora confermi o meno le date più volte indicate, ma certo dei dubbi gli saranno venuti o gli saranno stati fatti venire.

Passano due giorni e ad Antenucci, il 18 ottobre, torna, per fortuita ed inspiegabile combinazione (cit.), la memoria totale, esaustiva e definitiva della settimana; l’abbiamo già descritta.

Ora, chiunque abbia qualche vaga nozione del funzionamento della memoria non può non essere scettico in merito al miracoloso recupero della memoria di Antenucci, per quanto avvenuto “dopo aver attentamente meditato” (Torrisi) per due giorni (1). Volendo credergli, si dovrebbe pensare piuttosto che lo sapesse dall’inizio e per questo ne avesse conservata precisa memoria. Ma allora, sorge la domanda, se voleva fornire l’alibi al nuovo amico, perché non fornirlo a puntino, per il giorno giusto? Questa domanda resta, a mio avviso, aperta.

 

(1) Chi è interessato ad approfondire l’argomento può documentarsi, oltre che sui libri già classici della prof.ssa Giuliana Mazzoni, sull’ampio materiale presente nei siti https://www.societadipsicologiagiuridica.org/ e https://www.testimonianzapenale.com/