giovedì 5 maggio 2016

Alfa rossa a Calenzano (2)


Travalle

Il 10 luglio 1997 Rossella Parisi e Giampaolo Tozzini resero testimonianza al processo “Compagni di merende”, indotti dal P.M. La loro testimonianza integrale si può leggere, come sempre, su “Insufficienza di prove”. Dall’udienza risulta che i due – o quanto meno la donna - erano già stati sentiti il 23 giugno 1994, ossia nel pieno del primo processo contro Piero Pacciani. Giovanni Faggi, futuro presunto “compagno di merende”, poi assolto, aveva deposto il precedente 26 maggio, venendo tartassato (termine che non uso a caso) dal PM Canessa in merito alla cartolina da lui spedita a Pacciani nel 1979 come pure sul suo uso di falli artificiali. La vicinanza delle date fa pensare che la testimonianza di Faggi, ritenuta reticente, abbia riportato l’attenzione sull’avvistamento di Calenzano, in quella fase storica piuttosto trascurato per un motivo molto chiaro: l’identikit stilato nell’occasione non assomigliava per nulla a Pacciani, né l’imputato risultava essere mai stato proprietario di un Alfa GT rossa. Non tutti sanno che in corso di processo le indagini andavano infatti avanti, concentrandosi soprattutto sui conoscenti di Pacciani; non si era ancora arrivati all’ipotesi “complici”, che spunterà fuori, piuttosto inopinatamente, nella sentenza di I grado, ma si cercava chi sapesse qualcosa e non avesse parlato (nonostante la taglia non indifferente del 1985, vabbè).


 
 Quello che appare fondamentale nella testimonianza Parisi – Tozzini, oltre all’identikit, è la sicura identificazione dell’auto, un modello certo non molto comune: Alfa GT rossa a 4 fari. Sono tutto meno che esperto di auto; ricorrendo a wikipedia, nella speranza che i dati riportati siano esatti, scopro che l’Alfa Giulia Gran Turismo (GT) venne prodotta dal 1963 al 1976, in vari modelli, alcuni a due fari altri a quattro, alcuni che mantenevano il nome Giulia, altri semplicemente rinominati Alfa GT junior o veloce. 

 Poiché in dibattimento si dice che l’auto non era una Giulia ma una Alfa GT, il modello visto dalla coppia potrebbe essere una Alfa GT 1750 veloce (prodotta in due serie dal 1967 al 1972) o una Alfa GT 2000 (prodotta dal 1971 al 1975). En passant, si può notare una vaga somiglianza nella parte frontale con la FIAT 128 coupé.





Non sappiamo (o, detto meglio: non so) quali indagini vennero condotte nel 1981 per individuare l’auto e il suo guidatore. Certamente, quando nel giugno del 1982 l’identikit venne diffuso alla stampa non si era raggiunto alcun risultato; tanto che l’articolo di Spezi si conclude con l’invito, che sarebbe stato fatto da carabinieri e inquirenti, a segnalare eventuali riconoscimenti o anche, se qualcuno si fosse riconosciuto nell’identikit, a presentarsi sotto garanzia di anonimato (tuttavia, c’è da dire che questa opzione, vista la sorte toccata a Enzo Spalletti, poteva sembrare poco allettante). Si può sperare che si sia verificato se qualche abitante del luogo (via dei Prati, via della Marinella) fosse in possesso di un’auto oggettivamente poco diffusa; altrettanto c’è da augurarsi che siano stati controllati i clienti del Ristorante di Travalle, anche se bisogna dire che chi volesse tornare dal ristorante principale poteva prendere, ugualmente e meglio, via Macìa. Chi rimane a potersi trovare a percorrere a grande velocità quella strada intorno alla mezzanotte e con il viso stravolto e gli occhi sbarrati? Esclusa una coppia di ritorno da un appuntamento clandestino (ma perché a quella velocità? E comunque l’uomo era solo), rimangono a mio parere due ipotesi: un guardone che abbia visto la scena del crimine (durante o al massimo immediatamente dopo il fatto) o l’assassino stesso. Ora, se poteva essere rischioso presentarsi nel 1981, difficilmente lo stesso si può ritenere del 1985 e seguenti, quando anzi ci si sarebbe potuti attendere, sapendo qualcosa, un concreto vantaggio economico. Ovviamente, può benissimo darsi che l’ignoto guidatore in fuga avesse visto solo la scena a delitto compiuto e non fosse stato in grado di dare informazioni utili.

La coincidenza di tempo e luogo è molto significativa. In linea d’aria - secondo Google Earth - il ponte sulla Marina dista 1200 metri dal luogo del delitto, poco di più seguendo via dei Prati; soprattutto, dal viottolo la strada di uscita è obbligata, a meno di non continuare fino a Travalle e poi girare in via Macìa, e non c’è possibilità di altro passaggio diciamo casuale. Quanto al tempo, occorrerebbe sapere l’ora precisa del delitto (la coppia uscì di casa, a brevissima distanza sulla via Mugellese, dopo le 22.40) e quando effettivamente avvenne l’avvistamento, se un po’ prima di mezzanotte come si dice in dibattimento (sarebbe una coincidenza notevole) o intorno alle 0.30, come riporta l’equipe De Fazio.

A chi pensa che questi elementi siano poco significativi, vorrei ricordare il contenuto di altri avvistamenti d’auto che vennero valutati al processo “Compagni di merende”. La signora Frigo vide le auto in un punto indeterminato a circa 1 km dalla Boschetta, ma più di due ore dopo l’omicidio; ii coniugi Caini-Martelli a circa 7 km (seguendo il confuso e del tutto incongruo percorso ipotizzato dalla sentenza; si veda qui ) e più o meno alla stessa ora della Frigo o addirittura prima – cosa palesemente impossibile. Per non parlare del riconoscimento della Ghiribelli che è, come oggi sappiamo, errato di almeno un giorno, probabilmente di due. Insomma, a parte il caso Spalletti, sul quale si sa troppo poco, quello delle Bartoline sembra essere l’avvistamento più prossimo per luogo e tempo a uno dei delitti del Mostro di Firenze.





Concludo con un apparente “fuori tema”. Nel 2009 sul forum “Il Mostro di Firenze” un utente riportò un brano di un articolo che sarebbe apparso su “Visto” nel 1994 (data imprecisata, probabilmente in coincidenza con il processo Pacciani). Riporto il breve brano:

“«Ho, paura, c’è un uomo alto, con una Alfa Romeo rossa, i capelli rossicci che mi segue continuamente», s’era confidata Susanna con Alessandra Ciaboni, sua amica e coetanea che, andata in vacanza a Ragusa l’estate successiva, fu trovata uccisa con un coltello nel petto e ferite profonde nel pube. Perché nelle trentamila pagine dell’inchiesta la verità
c’è, forse è seppellita o forse troppo evidente da non essere stata vista, ma c’è. E prima o poi verrà fuori. Perché ad esempio un’Alfa Romeo rossa fu fermata dai carabinieri alle Bartoline poco prima dell’omicidio di Susanna e Stefano, che avvenne attorno alle 23,30 e i militi dell’Arma si limitarono a controllare la patente del guidatore osservando, però, che «il conducente rivelava uno stato di agitazione psicomotoria inusuale». I carabinieri non lo sanno e non parlano, ma nelle famose trentamila pagine dell’inchiesta l’ex legionario è apparso, eccome, e proprio nel 1981 e proprio dopo l’omicidio di Susanna e Stefano. Era lui l’uomo fermato alle Bartoline su un’Alfa rossa alle 22 circa del 22 ottobre, era lui l’uomo agitato e nervoso che fu lasciato andare, era lui uno dei guardoni della zona.”

Poiché: 1. Non ho potuto vedere materialmente l’articolo; 2. il pezzo contiene gravi errori di fatto 3. il suo autore (De Stefano) dovrebbe essere quello stesso “Randagio” che ha scritto uno dei libri più brutti e insulsi mai pubblicati sull’argomento “Mostro di Firenze”, ho riportato la citazione solo a titolo di curiosità, lasciando ai lettori l’onere di trarne le conclusioni che preferiscono.

martedì 3 maggio 2016

Alfa rossa a Calenzano



Era da molto tempo (settembre 2015) che intendevo parlare del delitto di Travalle e dell’avvistamento dell’Alfa GT rossa in fuga sul ponte della Marina; ma ho sempre rimandato nella speranza di ottenere qualche documento in più riguardante le indagini dell’epoca (sono un inguaribile ottimista). Tramontata questa possibilità, parliamone ugualmente sulla base del poco disponibile.

La situazione geografica.

Via dei Prati è (ed era) una strada carrozzabile piuttosto stretta che collega la periferia di Calenzano con il minuscolo nucleo abitato di Travalle, sede di due ristoranti e una fattoria che vende prodotti locali, immersa in una bella campagna ai piedi dei monti della Calvana. Per accedere a via dei Prati venendo da Calenzano si oltrepassa lo stretto ponte sul torrente Marina; dopo il ponte, girando a destra si imbocca appunto via dei Prati, che costeggia il torrente, girando a sinistra ci si immette sulla strada per Prato, che è a pochi chilometri (Calenzano però è ancora provincia di Firenze). Il tutto può essere visto in dettaglio in questo estratto della carta topografica dell’Istituto Geografico Militare edizione 1986, quindi quasi contemporanea al delitto, considerato che i rilievi saranno di epoca precedente all’edizione (Serie 50 Foglio 263: la scala reale è 1:50.000). Arrivati alla fattoria di Travalle, la strada si interrompe, continuando solo in viottoli pedonali. Da quel punto, per ritornare sulla strada principale, si percorre via Macìa se si è diretti verso Prato, o si rifà all’indietro via dei Prati se si vuole andare verso Calenzano o Firenze; altre strade carrozzabili non esistono.

Come sappiamo il delitto Cambi-Baldi (ottobre 1981) avvenne su un viottolo a pochissima distanza da via dei Prati, in pratica prospiciente a una passerella pedonale che attraversa il torrente e continua in via delle Bartoline. A differenza di un altro paio di viottoli campestri paralleli, che collegano trasversalmente via dei Prati e via Macia, quello dove è posteggiata l’auto del Baldi è senza sfondo, quindi un luogo ideale per appartarsi in camporella. Con qualche difficoltà per i miopi, potrete individuare il ponte (A), il luogo dove avvenne il delitto (B) e il Ristorante di Travalle (C).






Provenendo da Calenzano, avendo svoltato a destra dopo il ponte, si incontrano alcune case, si incrocia sulla sinistra via della Marinella, che è una strada senza sbocco, si supera sulla sinistra una palazzina condominiale che esisteva anche all’epoca e, percorsi circa 1,4 km  si arriva sul luogo del delitto.  A sinistra si avrà il viottolo dove era parcheggiata l’auto (il luogo esatto è segnato da una lapide), a destra, oltrepassato l’argine, la passerella pedonale che scavalca il torrente e sbocca in via delle Bartoline. Proseguendo altri 800 metri si arriva al nucleo di Travalle(sono quattro case), dove la strada si biforca in via di Travalle, un impasse che porta solo alla Fattoria, e via di Macìa, che, più o meno parallela a via dei Prati, ci riporta sulla strada principale Calenzano – Prato in località “la Querce”.  In pratica, Travalle si trova al vertice di un triangolo i cui lati sono via dei Prati sul lato Calenzano e via Macìa su lato Prato, mentre la strada principale è la base.

Attualmente, dal ponte all’abitato di Travalle si contano 13 case (sulla mappa 1986 ne sono segnate di meno), quasi tutte unifamiliari all’infuori del condominio; a Travalle ci sono 4 case; 9 su via della Marinella. Via Macìa ha 54 numeri civici, che sono però  addensati nella prima parte della strada; nella seconda parte, molto vicino a Travalle, c’è quasi solo il locale che si chiama appunto “Ristorante di Travalle”. Penso di non sbagliare di molto supponendo che nel 1981 nel tratto di poco più di 2 km che porta dal ponte a Travalle abitassero al massimo una trentina di nuclei familiari, forse meno.
Questa, dunque, è la situazione topografica della zona. Quindi, su via dei Prati ci si passa per un qualche motivo ben determinato, poiché in sé, la strada non porta in nessun posto, fa un giro e ci riporta alla partenza.
 

Questa lunga introduzione era necessaria per rispondere con maggiore cognizione a una domanda. Chi può viaggiare intorno a mezzanotte da Travalle a Calenzano su via dei Prati? Un abitante del posto (sono più o meno 30 famiglie, abbiamo detto) che esce a tarda notte? Un avventore del ristorante di Travalle che torna a casa, da solo e di gran fretta? Una coppia che si è appartata ad amoreggiare in campagna? Un guardone? Chi può viaggiare su quella stradina a velocità folle e senza curarsi di altre auto tanto da rischiare un incidente? 

Ci passa, secondo una coppia di testimoni, un uomo di mezza età, stempiato, col viso stravolto e lo sguardo sbarrato, che proviene da Travalle e si dirige verso Calenzano; tra le 23.40 e la mezzanotte del 22 ottobre 1981: Susanna Cambi e Stefano Baldi sono presumibilmente stati uccisi da pochi minuti. La testimonianza dei due fidanzati che incrociarono l’auto fu raccolta nell’immediatezza dei fatti e fu steso un identikit, poi divenuto famoso come quello del “maniaco assassino” e diffuso alla stampa il 30 giugno 1982, dopo che vi era stato l’omicidio di Baccaiano. Per mera coincidenza, poco tempo dopo si sarebbe dato avvio, nel modo che sappiamo, alla “pista sarda”. Sulla “Nazione di quel giorno si parla (l’articolo è di Mario Spezi) anche di altre due coppie di giovani e di un secondo identikit, somigliante, ma non identico al primo; costoro però, a differenza della coppia in auto, non vennero sentiti a processo e la loro testimonianza sembra persa nel mare magnum dell’inchiesta. Dalle notizie di stampa (La Città, 30 giugno) l’uomo visto mentre si aggirava a piedi in atteggiamento di spiare le auto in sosta nelle vicinanze del luogo del delitto aveva capelli corti a spazzola e si distingueva per l’andatura goffa. Secondo De Fazio, l’avvistamento risale alle ore 0,30; è probabile che questa sia stata la prima versione verbalizzata, orario poi anticipato in dibattimento.



(SEGUE)