Mercatale Val di Pesa - Piazza del Popolo |
Il post precedente ha scatenato alcune polemiche sia qui che
in altri luoghi deputati del web; cosa invero strana, giacché mi sono limitato
a riportare, senza commenti, quanto dichiarato da Pacciani nelle sue conclusive
dichiarazioni spontanee del 18 ottobre 1994. La discussione verte sulla
sussistenza o meno del controllo che l’imputato avrebbe subito il pomeriggio
del 9 settembre, nemmeno due ore dopo la scoperta dei cadaveri; il che farebbe
pensare che Pacciani sia stato, già all’epoca, tra i sospettati e non di quelli
secondari, se è vero che fu perquisito nell’immediatezza dei fatti. Nel
rapporto preliminare dei CC il nome di Pacciani non c’è, ma vi è stata
evidentemente una scrematura; i controlli di cui si dà conto sono solo una
dozzina, ma furono senz’altro di più; lo dimostra la menzione, in corso di
processo, della perquisizione effettuata nei confronti del “Dottor B.”,
anch’essa non menzionata nel rapporto, ma realmente e certamente fatta, poiché
ne esiste verbale. L’evento del controllo e della perquisizione è affermato in
aula da Pacciani, “non ricordato” sulle prime e poi decisamente smentito dal
mar. Lodato (<<Signorno! Lo escludo>>)su esplicita domanda del PM.
Mentre le considerazioni negative sul fatto svolte nella sentenza Ognibene
sembrano avere una propria logica intrinseca, bisogna comunque dire che vi sono
indizi che il controllo possa aver avuto davvero luogo: indizi risultanti sia
da notizie di stampa risalenti al marzo 1996 in occasione dell’inchiesta
“fantasma” nei confronti dell’appuntato FNT, che avrebbe affermato di aver
partecipato a entrambe le perquisizioni, sia da racconti “de relato” da me personalmente ricevuti. Non sono in possesso di
informazioni sufficientemente certe per poter prendere decisamente posizione sull’argomento,
quindi preferisco svolgere il mio ragionamento supponendo, per cautela, che
Pacciani abbia detto la verità sia sul modo in cui aveva trascorso la sera
della domenica sia sulla prima perquisizione del giorno 9, evidenziando però che
le versioni si arricchiscono e modificano nel tempo, dal 1985 al 1994, come
risulta anche dal riassunto fatto dal giudice Ferri nella sua sentenza di
assoluzione, in un passaggio che vale la pena di riportare.
<<Il Pacciani rendeva varie e contrastanti
dichiarazioni in tempi successivi. Il 19.9.1985, sentito dai CC. di S. Casciano
a titolo di sommarie informazioni testimoniali, ed invitato a descrivere i
movimenti compiuti la domenica 8
settembre 1985, dichiarava che nel pomeriggio si era recato in auto con le figlie
alla Festa dell'Unità in località Cerbaia, ove era rimasto fino alle ore 19 in
detta località, gli si era scaricata la batteria dell'auto, onde egli si era
rivolto per un parere ad un meccanico di sua conoscenza, certo Fantoni
Marcello, il quale si trovava alla Festa; il Fantoni gli aveva detto che la
batteria era scarica, ed egli con una spinta aveva messo in moto l'auto ed era
ritornato con le figlie alla casa di Mercatale, aveva cenato, era uscito di
casa alle ore 21, ed era andato alla Casa del Popolo ove si era intrattenuto
fino alle ore 22, ed infine era rientrato a casa a dormire. (…) Il 27.11.1990,
interrogato come persona sottoposta ad indagini per detenzione e porto di arma
ed anche per gli omicidi del c.d. "mostro", confermava l'alibi già
fornito in relazione all'omicidio dei francesi, ma con modifiche: egli e le
figlie avevano cenato alla Festa di Cerbaia, quindi si era fatto buio, ed al
momento di ripartire l'auto (che precisava essere stata la Ford Fiesta di sua
proprietà) non si era messa in moto; il Fantoni aveva dato una occhiata, aveva
detto che si era bruciato l'interruttore di minima, e si era messo alla guida
del veicolo dicendo al Pacciani ed alle figlie di spingere; così egli e le
figlie erano riusciti a ripartire e, tornati a casa, erano andati tutti a
dormire; il giorno dopo egli aveva fatto riparare l'auto ad un meccanico di
Mercatale che gliela aveva venduta, pagando lire 90.000; contestatogli che
nelle prime dichiarazioni egli aveva riferito di essere uscito, dopo rincasato,
verso le ore 21, per andare alla Casa del Popolo, ammetteva tale
possibilità>>.
Veniamo al merito e cerchiamo di riportarci nella situazione
in cui si trovano gli inquirenti dal 1985 alla fase pre-processo. Si sa (o meglio:
si crede) che il delitto è avvenuto prima di mezzanotte del giorno 8. E’ di
tutta evidenza che l’alibi di Pacciani per la domenica sera, giorno per il
quale venne interrogato fin dall’inizio, non sta tanto nella presenza alla
festa di Cerbaia fino alle ore 21 quanto nel guasto all’auto, che avrebbe
dovuto (ma non fu) venire certificato dal meccanico Fantoni. Come avrebbe
potuto infatti il sospettato recarsi da Mercatale alla piazzola di Scopeti dopo
il suo ritorno dalla festa di Cerbaia, essendo rimasto appiedato? Ancor più,
come avrebbe poi potuto portarsi a San Piero a Sieve per imbucare la famosa
lettera alla Della Monica in tempo per la levata della posta del lunedì
mattina? Beh, il 19 settembre questo elemento Pacciani avrebbe potuto conoscerlo
solo essendo l’autore degli omicidi, in quanto la notizia uscì sui giornali
fiorentini il 27 settembre. L’alibi fornito il giorno 19 ( e forse già 10
giorni prima) sembra veramente debole; molto dopo, Pacciani dirà che i
carabinieri videro che l’auto Ford Fiesta non era in garage, di più, che
poterono vederla ricoverata nell’officina del Giani, ma di ciò non vi è, né può
esservi, traccia documentale. Ma, in primo luogo, il Pacciani non disponeva
all’epoca di altri mezzi di locomozione? Una 500 e un ciclomotore? Non ho
notizie precise sulla 500, ma il ciclomotore doveva essere quanto meno
funzionante, giacché viene visto sul luogo del delitto il sabato mattina (non è
il suo, ma il PM e i giudici lo suppongono) e considerato un indizio valido. Dunque,
l’alibi del Pacciani è traballante, il che non significa che sia falso; paradossalmente,
diverrà più importante nel corso del processo, quando Il Nesi riferirà di aver
incrociato Pacciani sulla Fiesta (stranamente divenuta nel ricordo del
testimone “rosso amarantina”!) nella tarda serata di domenica 8 al bivio tra
via degli Scopeti e via di Faltignano; una testimonianza che verrebbe messa in
crisi dalla constatazione che la Fiesta era, a quell’ora, già immobilizzata nel
garage dell’imputato.
Veniamo all’oggi; a cosa conduce l’opinione, ben fondata,
come abbiamo visto nei post precedenti, che il delitto è avvenuto uno o anche
due giorni prima della sua data ufficiale? Ovviamente all’irrilevanza
dell’alibi richiesto e fornito per la domenica, compreso il guasto dell’auto,
vero o finto che fosse; con il che si può anche lasciar cadere la defatigante
polemica tra “alibi falso” e “alibi fallito” portata avanti dalle sentenze. In
ogni modo, l’assassino aveva tutto il tempo non solo di compiere il delitto, ma
anche di recarsi, magari nella giornata del sabato o in quella della domenica,
a San Piero a Sieve per spedire il reperto alla Dott.ssa Della Monica. Ma non è
tutto: divengono insignificanti le testimonianze Nesi e Longo, già molto
controverse e che furono funzionali non solo alla condanna di Pietro Pacciani
in primo grado, ma ancor più all’avvio dell’inchiesta sui presunti complici, i
cosiddetti “Compagni di merende”. Si ritorna esattamente al Via: alla
situazione indiziaria esistente prima dell’apertura del processo del 1994, un
quadro che fu ritenuto sufficiente al rinvio a giudizio, ma ben difficilmente
avrebbe potuto portare a una condanna.
Tutto considerato, l’inchiesta giornalistica condotta da
Paolo Cochi e sfociata nel recente documentario ha dunque portato quanto meno a
una certezza negativa: alcuni indizi contro Pietro Pacciani diventano
insignificanti, la prova testimoniale fornita da Lotti e Pucci si rivela
mendace, almeno nei termini in cui fu resa. E’ un passo indietro nella storia giudiziaria
che costituisce al contempo un passo avanti verso la verità.