giovedì 10 dicembre 2015

Pietro Pacciani tra Cerbaia e Scopeti (2)


Mercatale Val di Pesa - Piazza del Popolo


Il post precedente ha scatenato alcune polemiche sia qui che in altri luoghi deputati del web; cosa invero strana, giacché mi sono limitato a riportare, senza commenti, quanto dichiarato da Pacciani nelle sue conclusive dichiarazioni spontanee del 18 ottobre 1994. La discussione verte sulla sussistenza o meno del controllo che l’imputato avrebbe subito il pomeriggio del 9 settembre, nemmeno due ore dopo la scoperta dei cadaveri; il che farebbe pensare che Pacciani sia stato, già all’epoca, tra i sospettati e non di quelli secondari, se è vero che fu perquisito nell’immediatezza dei fatti. Nel rapporto preliminare dei CC il nome di Pacciani non c’è, ma vi è stata evidentemente una scrematura; i controlli di cui si dà conto sono solo una dozzina, ma furono senz’altro di più; lo dimostra la menzione, in corso di processo, della perquisizione effettuata nei confronti del “Dottor B.”, anch’essa non menzionata nel rapporto, ma realmente e certamente fatta, poiché ne esiste verbale. L’evento del controllo e della perquisizione è affermato in aula da Pacciani, “non ricordato” sulle prime e poi decisamente smentito dal mar. Lodato (<<Signorno! Lo escludo>>)su esplicita domanda del PM. Mentre le considerazioni negative sul fatto svolte nella sentenza Ognibene sembrano avere una propria logica intrinseca, bisogna comunque dire che vi sono indizi che il controllo possa aver avuto davvero luogo: indizi risultanti sia da notizie di stampa risalenti al marzo 1996 in occasione dell’inchiesta “fantasma” nei confronti dell’appuntato FNT, che avrebbe affermato di aver partecipato a entrambe le perquisizioni, sia da racconti “de relato” da me personalmente ricevuti. Non sono in possesso di informazioni sufficientemente certe per poter prendere decisamente posizione sull’argomento, quindi preferisco svolgere il mio ragionamento supponendo, per cautela, che Pacciani abbia detto la verità sia sul modo in cui aveva trascorso la sera della domenica sia sulla prima perquisizione del giorno 9, evidenziando però che le versioni si arricchiscono e modificano nel tempo, dal 1985 al 1994, come risulta anche dal riassunto fatto dal giudice Ferri nella sua sentenza di assoluzione, in un passaggio che vale la pena di riportare.
<<Il Pacciani rendeva varie e contrastanti dichiarazioni in tempi successivi. Il 19.9.1985, sentito dai CC. di S. Casciano a titolo di sommarie informazioni testimoniali, ed invitato a descrivere i movimenti compiuti la  domenica 8 settembre 1985, dichiarava che nel pomeriggio si era recato in auto con le figlie alla Festa dell'Unità in località Cerbaia, ove era rimasto fino alle ore 19 in detta località, gli si era scaricata la batteria dell'auto, onde egli si era rivolto per un parere ad un meccanico di sua conoscenza, certo Fantoni Marcello, il quale si trovava alla Festa; il Fantoni gli aveva detto che la batteria era scarica, ed egli con una spinta aveva messo in moto l'auto ed era ritornato con le figlie alla casa di Mercatale, aveva cenato, era uscito di casa alle ore 21, ed era andato alla Casa del Popolo ove si era intrattenuto fino alle ore 22, ed infine era rientrato a casa a dormire. (…) Il 27.11.1990, interrogato come persona sottoposta ad indagini per detenzione e porto di arma ed anche per gli omicidi del c.d. "mostro", confermava l'alibi già fornito in relazione all'omicidio dei francesi, ma con modifiche: egli e le figlie avevano cenato alla Festa di Cerbaia, quindi si era fatto buio, ed al momento di ripartire l'auto (che precisava essere stata la Ford Fiesta di sua proprietà) non si era messa in moto; il Fantoni aveva dato una occhiata, aveva detto che si era bruciato l'interruttore di minima, e si era messo alla guida del veicolo dicendo al Pacciani ed alle figlie di spingere; così egli e le figlie erano riusciti a ripartire e, tornati a casa, erano andati tutti a dormire; il giorno dopo egli aveva fatto riparare l'auto ad un meccanico di Mercatale che gliela aveva venduta, pagando lire 90.000; contestatogli che nelle prime dichiarazioni egli aveva riferito di essere uscito, dopo rincasato, verso le ore 21, per andare alla Casa del Popolo, ammetteva tale possibilità>>.
Veniamo al merito e cerchiamo di riportarci nella situazione in cui si trovano gli inquirenti dal 1985 alla fase pre-processo. Si sa (o meglio: si crede) che il delitto è avvenuto prima di mezzanotte del giorno 8. E’ di tutta evidenza che l’alibi di Pacciani per la domenica sera, giorno per il quale venne interrogato fin dall’inizio, non sta tanto nella presenza alla festa di Cerbaia fino alle ore 21 quanto nel guasto all’auto, che avrebbe dovuto (ma non fu) venire certificato dal meccanico Fantoni. Come avrebbe potuto infatti il sospettato recarsi da Mercatale alla piazzola di Scopeti dopo il suo ritorno dalla festa di Cerbaia, essendo rimasto appiedato? Ancor più, come avrebbe poi potuto portarsi a San Piero a Sieve per imbucare la famosa lettera alla Della Monica in tempo per la levata della posta del lunedì mattina? Beh, il 19 settembre questo elemento Pacciani avrebbe potuto conoscerlo solo essendo l’autore degli omicidi, in quanto la notizia uscì sui giornali fiorentini il 27 settembre. L’alibi fornito il giorno 19 ( e forse già 10 giorni prima) sembra veramente debole; molto dopo, Pacciani dirà che i carabinieri videro che l’auto Ford Fiesta non era in garage, di più, che poterono vederla ricoverata nell’officina del Giani, ma di ciò non vi è, né può esservi, traccia documentale. Ma, in primo luogo, il Pacciani non disponeva all’epoca di altri mezzi di locomozione? Una 500 e un ciclomotore? Non ho notizie precise sulla 500, ma il ciclomotore doveva essere quanto meno funzionante, giacché viene visto sul luogo del delitto il sabato mattina (non è il suo, ma il PM e i giudici lo suppongono) e considerato un indizio valido. Dunque, l’alibi del Pacciani è traballante, il che non significa che sia falso; paradossalmente, diverrà più importante nel corso del processo, quando Il Nesi riferirà di aver incrociato Pacciani sulla Fiesta (stranamente divenuta nel ricordo del testimone “rosso amarantina”!) nella tarda serata di domenica 8 al bivio tra via degli Scopeti e via di Faltignano; una testimonianza che verrebbe messa in crisi dalla constatazione che la Fiesta era, a quell’ora, già immobilizzata nel garage dell’imputato.
Veniamo all’oggi; a cosa conduce l’opinione, ben fondata, come abbiamo visto nei post precedenti, che il delitto è avvenuto uno o anche due giorni prima della sua data ufficiale? Ovviamente all’irrilevanza dell’alibi richiesto e fornito per la domenica, compreso il guasto dell’auto, vero o finto che fosse; con il che si può anche lasciar cadere la defatigante polemica tra “alibi falso” e “alibi fallito” portata avanti dalle sentenze. In ogni modo, l’assassino aveva tutto il tempo non solo di compiere il delitto, ma anche di recarsi, magari nella giornata del sabato o in quella della domenica, a San Piero a Sieve per spedire il reperto alla Dott.ssa Della Monica. Ma non è tutto: divengono insignificanti le testimonianze Nesi e Longo, già molto controverse e che furono funzionali non solo alla condanna di Pietro Pacciani in primo grado, ma ancor più all’avvio dell’inchiesta sui presunti complici, i cosiddetti “Compagni di merende”. Si ritorna esattamente al Via: alla situazione indiziaria esistente prima dell’apertura del processo del 1994, un quadro che fu ritenuto sufficiente al rinvio a giudizio, ma ben difficilmente avrebbe potuto portare a una condanna.
Tutto considerato, l’inchiesta giornalistica condotta da Paolo Cochi e sfociata nel recente documentario ha dunque portato quanto meno a una certezza negativa: alcuni indizi contro Pietro Pacciani diventano insignificanti, la prova testimoniale fornita da Lotti e Pucci si rivela mendace, almeno nei termini in cui fu resa. E’ un passo indietro nella storia giudiziaria che costituisce al contempo un passo avanti verso la verità.

domenica 6 dicembre 2015

Pietro Pacciani tra Cerbaia e Scopeti




Concluderei temporaneamente la serie sul delitto di Scopeti, che ci impegna dalla scorsa estate, esponendo la versione dei fatti che diede il principale sospettato, Pietro Pacciani. Detto che Pacciani fa, almeno secondo i dati ufficiali, il suo primo racconto il 19 settembre 1985 e che quella versione iniziale sarà successivamente corretta, non posso addentrarmi  su questo aspetto perché il verbale non è pubblico. Voglio invece dare conto di quanto Pacciani sostiene in corso di processo, all’interno delle sue ultime dichiarazioni spontanee, rese il 18 ottobre 1994. Purtroppo  l’udienza non è stata trascritta in Insufficienza di Prove, forse per carenza del verbale, ma è tuttora ascoltabile su Radio Radicale. Non ho il tempo né la pazienza  di trascriverla per intero (l’intervento dell’imputato dura più di due ore), ma ne riassumerò qui i punti principali.
Pacciani comincia ricordando di essere stato alla festa di Cerbaia come confermato anche dalla figlia, testimone peraltro a lui sfavorevole, quindi senz’altro sincera sul punto;  la figlia avrebbe anche confermato il guasto dell’auto e l’intervento del meccanico (NdA: si deve intendere Graziella  nell’udienza del 25 maggio 1994 e forse precedentemente in corso di indagini). Il meccanico Fantoni invece non avrebbe confermato il fatto essendo stato indotto a cambiare versione (NdA: si intende <<dalla magistratura di Firenze>>: <<gli dissero di non dire>>; <<dì che tu non c’eri>>) in un interrogatorio di quattro ore a San Casciano (<<è successo il finimondo>>). Pacciani ripete che partì alle 15.30, dopo pranzo, <<s’andette a cena a Cerbaia, per portare queste figliolucce alla festa>>. Ricorda che la figlia maggiore andò a trovare una compagna di collegio, Rosanna Z., che si era sposata di recente e viveva a Cerbaia: <le si abbraccionno, le si salutonno e compagnia bella, insomma>>; dopo di che la famiglia Pacciani si reca alla festa. Dopo aver cenato, all’ora di ripartire, intorno alle 9.30-9.45, l’auto <<Forde, l’è nova>> non si mette in moto, non vuole partire. A fianco di tavolo c’è un meccanico, il Fantoni Marcello, che lavora nell’officina Bellini di San Casciano ed è vicino di casa dei Pacciani, il quale già aveva aiutato a volte per far partire la vecchia 500. Seguono una serie di particolari sull’intervento del Fantoni che gli dice <<queste testuali parole:  non insistere con la chiave, perché tu scarichi tutta la batteria e la macchina non ti parte, perché si è bruciato l’alternatore di minima>>.  Il Fantoni collega con i cavi la propria batteria a quella della Ford e <<con un colpo di chiave la partì subito>>; gli raccomanda di tenere sempre l’auto accelerata perché il motore non si spenga più e segue i Pacciani fino a casa con la sua auto per accertarsi che non rimangano in panne durante il tragitto, promettendo l’indomani di far intervenire il carro attrezzi.
Giunto felicemente a casa senza altri problemi e parcheggiata la Ford nel garage, la mattina dopo Pacciani chiama il carrozziere Giani Roberto, presso il quale aveva acquistato la macchina, che fa portare l’auto nella propria officina con il carro attrezzi. Seguono considerazioni sull’esorbitante prezzo della riparazione (per la sostituzione di un <<gingilluccio grande come un cecino>> che però comportava un lungo lavoro) e il ricordo, un po’ incerto, che l’auto venne riparata in un paio di giorni. A questo punto Pacciani esplode in maledizioni contro il Fantoni che, interrogato, aveva smentito il suo alibi dicendo <<io un c’ero, io un c’ero>>. (NdA:  il riferimento è probabilmente alla SIT resa dal Fantoni nel novembre del 1991), alle quali seguono apprezzamenti negativi  contro la moglie di questi, detta <<la gruga>> (NdA: gru?) perché sporge il collo fuori dalla finestra per spettegolare e <<la racconta ‘icché non è vero>>, interrotti dal presidente Ognibene.  Pacciani sostiene di avere avuto un chiarimento con il Fantoni in piazza, nel quale il presunto teste avrebbe sostenuto di non voler avere a che fare con i carabinieri. 
Segue l’episodio del primo controllo da parte dei carabinieri di San Casciano, che a detta dell’imputato sarebbe avvenuto il 9 settembre, lo stesso giorno del rinvenimento dei cadaveri, intorno alle 15.30; Pacciani, riferendosi implicitamente allo scontro verbale avvenuto in aula durante la deposizione del maresciallo Lodato (3 maggio 1994), afferma ora di non potersi ricordare se si trattasse proprio del maresciallo “De Lodato” o un altro graduato, accompagnato da due carabinieri <<vestiti in divisa, insomma, son quasi tutti uguali>>.  Racconta lo svolgimento dell’interrogatorio (non verbalizzato e la cui esistenza era stata negata dal teste e dal PM) e della successiva perquisizione (<<apri qua, apri là, guardonno dappertutto>>) per quanto informale (<<un s’ha mandato, ma se si vole si procura>>). A richiesta del maresciallo di avere eventualmente conferma da qualcuno che lo avesse visto a Cerbaia, Pacciani avrebbe subito indicato il Fantoni Marcello, precisando che era stato colui che gli aveva rimesso in moto la macchina.  Viene perquisito anche il garage, conseguentemente  i carabinieri, così ragiona Pacciani, devono aver constatato che la macchina non era lì ricoverata.  <<Loro andettero, passonno dal Giani Roberto, perché la strada che va a San Casciano l’affianca con la carrozzeria e andettero a vedere e la mi macchina era lì, era rotta, era in questo garage del Giani Roberto, è la verità>>. Pacciani conclude in maniera sconsolata: <<Insomma, l’è stata fatta tutta una tragedia, gli è stato sparito ogni cosa; io dissi tutta la verità e compagnia bella>>.
Segue l’episodio della Sperduto (<<questa bertuccia, gl’è una matta>>), poco rilevante per il processo, se non per un commento del Pacciani che potrà bene attagliarsi anche ai processi futuri: <<gli è stato fatto una selezione – non voglio offendere nessuno - dei  più furbi>>.
Nel seguito, qualche considerazione personale mia.
(Segue)