mercoledì 29 gennaio 2014

Pensieri sparsi


La lettura delle deposizioni dei testi al processo “Compagni di Merende” (1997-8), che Flanz Vinci sta man mano pubblicando su “Insufficienza di prove”, l’ascolto delle registrazioni del processo di appello (1999) disponibili su Radio Radicale, la lettura delle tre sentenze, compresa quella di Cassazione (2000), forniscono lo spunto per pensieri sparsi che forse potranno in futuro essere sviluppati in altri volumi della “Storia del Mostro di Firenze”, se ci saranno.

Ad esempio, Mario Vanni: ma quale sarebbe stato nei racconti di Giancarlo Lotti il ruolo di Vanni sulla scena degli omicidi? Ha il coltello, ma lo usa solo per praticare le escissioni (e con ciò vengono a cadere tutti i ragionamenti del processo del 94 sui trincetti di Pacciani, la sua abilità di cacciatore/scuoiatore/impagliatore e simili). Non ha l’auto e non la guida. Non risulta che vada lui in cerca di coppiette da uccidere. Quando i Compagni sono in difficoltà (Baccaiano), non fa nulla se non lo spettatore; a Giogoli è un convitato di pietra, a Scopeti, quando il francese scappa, è Pacciani costretto ad inseguirlo e finirlo con un altro coltello; l’unica partecipazione attiva sarebbe a Vicchio, quando finisce a coltellate la povera Pia.

Viene da chiedersi: che bisogno avrebbe avuto Pacciani di un compagno di sangue così palesemente passivo e privo di iniziativa?  Usando il rasoio di Occam, il Vanni si può tranquillamente tagliare dalla scena di ogni delitto senza compromettere nulla.

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