Dopo il 2 gennaio, sembrerebbe che gli inquirenti si siano
dedicati alla ricerca di riscontri alle dichiarazioni raccolte fino a quel
momento. Il giorno 23 le abitazioni di Vanni e di Lotti furono perquisite e a
Vanni fu trovato e sequestrato un coltello (nota: così si legge in “Al di là di ogni ragionevole dubbio”, pag. 152; ma
non dovrebbe essere lo stesso sul quale poi si discusse animatamente al
processo, il quale, secondo la requisitoria del P.M. in data 23 febbraio 1998
fu invece sequestrato all’atto dell’arresto di Vanni, quindi il successivo 12
febbraio). Lo stesso 23 gennaio alle 17 Pucci viene sentito dai magistrati
(nota: Fleury e Vigna; il primo
interrogatorio era stato eseguito dalla P.G.). Rispetto al 2 gennaio le sue
dichiarazioni variano un po’: ammette che si erano sì fermati per fare un
bisogno, ma anche per spiare qualche coppia. Vedono la macchina e più oltre la
tenda (nota: quindi la macchina è ancora
a metà tra via degli Scopeti e la piazzola); dalla macchina escono due
individui minacciosi, uno dei quali ha una pistola; era notte fonda però c’era
un po’ di albore. Si sono subito allontanati; Lotti ha affermato di averne
riconosciuto uno. Ribadisce la presenza del motorino. Di fronte alle insistenze
dei magistrati, racconta confusamente che il Lotti, giorni dopo, disse che
credeva di aver riconosciuto il Pacciani e di stare attento perché Pacciani
aveva una pistola; stranamente, a questo colloquio sarebbe stato presente anche
Vanni e non si capisce bene chi abbia detto cosa. A nuove insistenze, dice che
quello che aveva il coltello era Vanni; ma in effetti non è proprio sicuro,
però in un’occasione, non datata, ha visto Vanni a Montefiridolfi girare, forse
ubriaco, con un coltello. A questo punto, i magistrati si saranno chiesti
qualcosa sull’affidabilità del teste, il quale riferisce di aver finito le
elementari a 15 anni, di aver svolto qualche lavoretto saltuario in passato e
di essere titolare di una pensione di invalidità, ma di non sapere perché.
Notiamo che ancora in questa versione i due individui scendono dalla macchina e
che della macchina dei francesi, posta - come sappiamo - dietro la tenda, non
c’è traccia.
Il 9 febbraio Pucci viene nuovamente sentito. Ritornando
alla domenica 8 settembre, racconta di essere stato con Lotti dalla Gabriella,
poi di aver girovagato, cenato (non si sa dove) e sul ritorno Lotti ha proposto
di andare a fare una guardatina a due in una tenda. C’era come aveva già detto
la macchina e poi la tenda e questa volta i due individui sono in mezzo, tra
macchina e tenda; uno aveva un coltellone da cucina ed era certo il Vanni,
l’altro, tarchiato, con la pistola, era Pacciani. A questo punto, però, su insistenza
del magistrato, aggiunge (nota: come egli
stesso dice: “liberandosi da un peso”) la seconda parte del racconto.
Invece di andare via subito sono tornati verso la piazzola e hanno visto la
scena (nota: scena che ben conosciamo,
quindi non starò a ripetere), dopo di che spaventatissimi sono scappati
via. Ha visto una sola macchina, che Lotti gli disse essere quella dei
francesi, avendone riconosciuto la targa. Quindi Pacciani e Vanni forse erano
venuti con il motorino di cui ha già parlato. A questo punto, i magistrati gli
chiedono se sia stato anche nella zona di Vicchio con il Lotti a spiare coppiette
e lui conferma di esserci stato una volta e guarda caso la coppietta che
avevano spiato pochi giorni dopo era stata ammazzata. Possiamo chiederci se vi
è una ragione per questa domanda apparentemente incongrua dei magistrati; in
effetti, tre giorni prima, la Nicoletti, sentita a SIT, aveva riferito di
essere stata nella piazzola di Vicchio (delitto del 1984) con il suo amante di
Arezzo; solo successivamente ammetterà di esserci stata anche con Lotti.
A questo punto, la Procura ha in mano un teste oculare –
insperato - del duplice omicidio di Scopeti e deve ancora sentire l’altro, il
Lotti. Che viene infatti convocato il giorno 11 e, debitamente torchiato, fa
qualche ammissione, ma non vuole dire i nomi dei due uomini, chiede anzi che
nomi abbia fatto Pucci. Viene quindi messo in atto un confronto tra i due
testimoni, condotto da Pier Luigi Vigna, del quale abbiamo una preziosa trascrizione,
pubblicata nella seconda edizione del volume “Al di là …” . Sorprendentemente,
nel confronto della scena dell’omicidio non c’è traccia. Riporto solo alcune
battute di Alfa / Pucci:
Insomma, ci si fermò
lì con la macchina a fare un bisogno, no?
A pisciare, vero?
E poi s’andò a vedere,
per curiosità…
E si sentì due
vociare. Ora, mentre loro vociavano: “vi s’ammazza”, va bene? Uno gl’avea la
pistola e quell’altro gl’avea un curtello da cucina…
E allora i’ che si
fece noi? Dissi: “bah, scappiamo.”
Dalla paura che s’ebbe,
si venne via noi dopo con la macchina. Ha capito? E allora… i’che si stava lì a
farsi ammazzare? Sennò…
E quanto all’identità delle persone:
A me mi sembrava uno
i’ Pacciani e uno il… come si chiama? Il Vanni. Mi sembrava, ma sa …
Io, tanto sicuro
unn’ero nemmen io. Ma insomma… a me mi sembrava Mario quello lì. Quello co’ il
curtello.
Bisogna esse’ proprio
sicuri, sicuri, sicuri. Ha capito? E allora … bah, e …
Sulla macchina, a domanda del Lotti, che non ricorda o pretende di non ricordare:
Sì, c’avei il 128.
Proprio … quella rossa, sì. E si venne via.
E sul pomeriggio a Firenze:
Da chi s’eramo stati,
dalla cosa … da … dalla Gabriella, no?
Sì. S’eramo … Sì,
quella sera lì.
Quella sera lì. Di
domenica. Preciso, proprio di domenica.
In sostanza, a parte l’incerto riconoscimento dei due
vocianti per Pacciani e Vanni, siamo tornati alla prima dichiarazione del 2
gennaio. Per completezza, bisogna aggiungere che forse Pucci appare
particolarmente incerto perché il Lotti non gli dà affatto man forte, anzi
sembra capitato lì in Procura per caso. Sta di fatto che dal confronto esce
solo il racconto di essere stati cacciati via con minacce da due individui che
forse erano Pacciani e Vanni. Questa trascrizione della registrazione audio è
preziosa perché ci restituisce, parola per parola (punto interrogativo per
punto interrogativo, puntini di sospensione per puntini di sospensione) il
reale e povero contenuto delle dichiarazioni del teste Alfa al di là della
ricchezza lessicale e consequenzialità logica messe nero su bianco nei
precedenti verbali redatti dalla P.G. in forma riassuntiva, sintetizzando o
comunque ampiamente riformulando.
Ad ogni modo, dopo il confronto, Lotti viene nuovamente
interrogato e questa volta, a quanto pare, confermando quanto già detto da
Pucci (nota: ma perché non l’aveva
confermato prima? O almeno durante il confronto? Perché aspettare di essere
reinterrogato dopo?). Contestualmente, la Procura richiedeva per Lotti (nota:
perché solo per Lotti? che si era solo
adeguato al Pucci?) l’applicazione di misure di protezione e
successivamente l’ammissione al programma di protezione testimoni del Ministero
dell’Interno. Il giorno dopo, il GIP autorizzava l’arresto di Mario Vanni (nota:
giacché Alfa e Beta erano, a questo
punto, concordanti nell’affermare la sua partecipazione all’omicidio).
Il successivo atto di P.G. a carico del teste Alfa (13
febbraio) è un sopralluogo alla piazzola di Scopeti, dal quale non emergono
elementi nuovi, a parte una grande confusione nel collocare temporalmente gli
eventi (nota: significativamente, anche
qui si tratta della trascrizione di una registrazione, quindi non ci sono
interventi redazionali dei verbalizzanti): non è chiara la sequenza tra
minacce, taglio della tenda, spari e fuga dei due testimoni dalla scena. Si
legga ad esempio questo passaggio: “E si
sentì strappare, come strappare. Madonna bona! Dopo si stette un attimo a
vedere, e ritornarono addietro. Noi, via, si scappò, capito? Si senti vociare.
Dice: "oh! dice Che vu’ ci fate?
Andate via, perché sennò si spara". Madonna bona! Io ... si scappò,
capito? (…) Poi dopo si sentì un altro
sparo, mi sembra, ora ... Madonna bona, qui ... dopo un po' si disse andiamo
via e basta, perché noi ... (…) Non si stette, non si stette a vedere proprio
ogni cosa, ha capito? Perché si ebbe paura noi!”
Paura comprensibile, verrebbe da commentare, se non che,
secondo quanto affermano le sentenze accogliendo come veritieri i racconti dei
due, Lotti era complice e Pucci, dal canto suo, era da tempo consapevole
dell’identità degli assassini; cosicché non si comprende da dove provenisse
tutta questa paura di cose già vissute in prima persona dall’uno e note
all’altro. Per inciso, il 13 febbraio è anche il giorno della sentenza della
Corte d’Assise di Appello che assolve Pietro Pacciani, senza che siano stati
sentiti i “testi algebrici”; il segreto viene poi tolto il 16 febbraio, in
coincidenza con l’interrogatorio di garanzia di Vanni, cosicché i giornali
ormai possono tranquillamente chiamare Alfa con nome e cognome.
Quattro giorni dopo, Pucci viene condotto a Vicchio per un
sopralluogo, a conferma di quanto aveva dichiarato il 9 febbraio, ma non
riconosce i luoghi. Si dà atto a verbale, però, che appare a disagio nel
guardare la piazzola (nota: che non gli
facesse piacere vedere le croci delle vittime?).
Il 5 marzo Pucci viene di nuovo interrogato per sentire se
si sia “ricordato qualche particolare in più” (nota: nel frattempo, infatti, Lotti sta ampiamente vuotando il sacco). Ma
la sua versione, stavolta, è peggiore delle precedenti; infatti sostiene che
quella sera Lotti si sia fermato agli Scopeti “su suo (di Pucci) invito perché aveva necessita di fare un bisogno
fisiologico”. La cosa può, al momento, non impensierire gli inquirenti,
perché Lotti, pur raccontando sempre più cose, non ha ancora svelato il suo
ruolo di complice. In sostanza, però, dal 2 gennaio al 9 marzo, le
dichiarazioni di Fernando Pucci non sono cambiate di molto e il suo ruolo (e
quello del Lotti) è ancora a suo dire quello di involontario testimone
dell’ultimo duplice omicidio; come assicura il teste: “quanto precedentemente riferito è la piena verità e di ciò vi prego di
credermi.”
E’ dunque inaspettato, di fronte a questa sentita dichiarazione
di aver già riferito la piena verità, il fuoco d’artificio di notizie inedite
che Pucci racconterà il 18 aprile, quindi dopo una pausa di un mese e mezzo
dall’ultimo interrogatorio.
La messe di importanti novità è tale che riassumere diventa
difficile, proviamo comunque a farlo, ma sarà necessaria qualche citazione.
Dopo aver detto di sapere che Lotti era presente all’omicidio di Vicchio (nota:
cosa che fino ad allora mai aveva detto),
gli viene chiesto se sa il perché Pacciani e Vanni li abbiano ammazzati. “Chiesto a questo punto al Pucci se conosce
il motivo per il quale Vanni e Pacciani volessero ammazzare i due giovani, ci
pensa a lungo chiedendo al P.M. successivamente se il Lotti abbia già
raccontato qualche cosa in proposito; avuta risposta negativa dice: li hanno
ammazzati perché anche loro volevano fare l'amore con quella figliola”.
Poi ritorna su Scopeti e dice di essersi fermato a spiare la coppia in tenda
anche al pomeriggio (nota: questa
correzione era ovviamente necessaria per aggiustare l’apparente contrasto con
la testimonianza Chiarappa – De Faveri). Andando indietro nel tempo,
rivolgendosi al P.M.: “A questo punto lei mi chiede se io abbia
saputo dal Lotti anche degli omicidi compiuti ai danni di coppie appartate con
le stesse modalità negli anni dal 1980 al 1983. lo non so nulla”. L'Ufficio da atto che a questo punto il
Pucci tiene a lungo il capo chino e non guarda il P.M., né gli Ufficiali di
P.G. presenti, voltandosi dalla parte opposta alla scrivania. Ed aggiunge, io
non so nulla di questi fatti. Quello che sapevo l'ho già detto”;
inopinatamente però, in sede di rilettura del verbale, Pucci aggiunge che, già
prima dell’effettiva esecuzione del delitto, Lotti gli aveva detto che Pacciani
e Vanni avrebbero ammazzato la coppia che loro avevano spiato a Vicchio; che
gli aveva detto che avevano ammazzato anche le altre coppie degli anni
precedenti, i due tedeschi, la coppia di Montespertoli e quelli di Calenzano.
Ammazzavano le ragazze perché quelle non volevano stare con loro. Parla di un
guardone omosessuale di Calenzano, conosciuto da Pacciani e Vanni, che sarebbe
stato presente al delitto di Scopeti (nota: qualche
minuto prima aveva detto di non saperne nulla). Riporta ancora il verbale:
“Chiestogli se il Lotti gli dicesse
perché ammazzavano, risponde: "Perché gli garbava". Chiestogli
ancora se il Lotti gli dicesse perché tagliassero parti anatomiche delle vittime
femminili risponde: "Perché gli garbava". Lotti gli raccontava
gli episodi nel tempo, man mano che facevano gli omicidi. Al Lotti piaceva
guardare, Pacciani e Vanni invece avevano passione anche per ammazzare (nota: mentre il Faggi era semplicemente interessato,
ci andava volentieri; sembra davvero si stia parlando di un’allegra
scampagnata; mai il termine di compagni di merende è parso più appropriato che
in questa occasione).
Considerato che all’epoca Lotti aveva ammesso solo una sua
presenza ai delitti di Scopeti e Vicchio, è facile vedere come questo S.I.T. di
Fernando Pucci sia centrale nello sviluppo delle indagini e della vicenda
giudiziaria nel suo complesso. Lotti infatti, che è già indagato per Scopeti e
Vicchio, nuovamente interrogato il 26 aprile, dopo un primo diniego si
adeguerà, confermando quanto dichiarato da Pucci. Vediamo quindi che Pucci, il
2 gennaio 1996, dà la stura a una prima serie di ammissioni su Scopeti; il 9
febbraio parla di essere stato a spiare coppiette a Vicchio con il Lotti (della
piazzola di Vicchio ne aveva già parlato, invero, la Nicoletti qualche giorno
prima, ma riferendosi a una girata con il suo attuale amante); il 18 aprile,
infine, tira dentro Lotti anche nei delitti di Giogoli, Baccaiano e, forse,
Calenzano. Insomma, in altre parole, è sempre il teste Alfa che dà il la ai
racconti del teste Beta; il quale ci ricama su, aggiunge particolari importanti
rispetto ai moventi suoi personali e della banda, ma a livello di ricostruzione
fondamentale dell’iter delittuoso non sa andare oltre quanto già ammesso da
Pucci.
Da quel giorno, non risulta, quanto meno dalla lettura di
libri e dei documenti disponibili, che Pucci sia più stato sentito, fino all’esecuzione
della perizia psichiatrico-forense condotta dai prof. Fornari e Lagazzi nel
dicembre 1996.
(SEGUE)
Sempre preciso e puntuale. Ottimo. Paolo Cochi
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