domenica 8 ottobre 2017

Quanti colpi a Signa? - 2



II

 

Prima di commentare quanto scritto nella I parte, facciamo un breve excursus su cose già dette, nel libro e in precedenti articoli di questo blog.
Perché dobbiamo avere fiducia nel Mele? Un personaggio che, nel giro di tre giorni, prima  dichiara di essere all’oscuro di tutto, poi accusa Salvatore Vinci, poi, informato che Salvatore ha un alibi, accusa Francesco, poi, informato che il guanto di paraffina è negativo su Francesco e positivo su Cutrona, accusa appunto Cutrona, dicendo, in sostanza “se non è stato l’uno, è stato l’altro?” E che a un certo punto ammetterà chiaramente di aver fatto i nomi perché erano gli amanti della moglie? Questa girandola di accuse e ritrattazioni denota forse una conoscenza diretta del fatto? O non piuttosto sospetti alimentati da desiderio di rivalsa? Un comportamento, evidentemente alimentato dalle pressioni degli inquirenti e favorito dalla sua conclamata oligofrenia, che continuerà per tutte le indagini degli anni Ottanta. Al confronto di Mele, i tanto vituperati (a ragione) testi Alfa e Beta sono precisi, coerenti e costanti. Ma torniamo al discorso principale.
 




La conoscenza esatta del numero di colpi sparati è stata, da sempre, il principale cavallo di battaglia della tesi accusatoria nei confronti di Stefano Mele prima (si leggano i documenti messi recentemente online da Antonio Segnini), di coloro, numerosissimi e molto accreditati, che lo pongono comunque sulla scena del crimine pur non credendo alla sua colpevolezza. In effetti, sarebbe una ben strana coincidenza se Mele, senza nulla sapere, azzeccasse esattamente il numero di colpi sparati, né poteva essere questo (a differenza di altri particolari: posizione dei corpi, freccia direzionale lampeggiante) un elemento di conoscenza trasmessogli da Natalino, che certo, se pur aveva sentito qualcosa, non poteva aver contato le esplosioni. Il brigadiere Matassino, nel suo rapporto, si premura di osservare che “(al momento della confessione) non si conosce ancora il risultato dell’autopsia, come il numero dei colpi sparati (otto)”. Non si riesce a capire bene quando vennero fatte le autopsie e perché vennero affidate a medici diversi (l’esame in aula è come al solito confuso); Graziuso, che fece l’autopsia del Lo Bianco, dice di averla fatta circa 36 ore dopo il decesso, “la mattina del giorno di agosto…” che con un po’ di fantasia possiamo ricostruire essere il giorno 23, verso mezzogiorno; non si sa invece quando venne effettuata l’autopsia sulla Locci, ma probabilmente in corso di mattinata, poco prima o poco dopo, poiché le foto dei corpi sul tavolo autoptico risalgono, come ci dicono Arcese e Jadevito, appunto al 23. 

 
Corriere della Sera 24 agosto 1968  (Nota: il giornalista o la sua fonte probabilmente confondono i due proiettili rinvenuti uno nell'abitacolo, uno nelle vesti della Locci, con colpi a vuoto)
Stefano Mele fa la sua prima confessione nel pomeriggio, segue (“all’imbrunire” secondo i giornali) il sopralluogo insieme ai CC, nel quale, a dire di Spremolla, non ci sarebbe accenno alcuno a complici, e alle 21.30 viene verbalizzato il particolare decisivo: Salvatore Vinci consegna la pistola al Mele avvertendolo: “Guarda che ci sono otto colpi”. Non è certo impossibile che, nella serata del 23, i carabinieri di Signa abbiano già avuto notizia informale dell’esito delle autopsie, anche se non vi era ancora un referto ufficiale. Come di solito, in mancanza di documenti, siamo costretti a congetturare. 


Catalogo Bolaffi del cacciatore e delle armi - Edizione 1965 (grazie ad Andrea Allemandi)


Ammettiamo che il Mele abbia colto un (involontario) suggerimento degli inquirenti, e si sia adeguato a un dato in realtà sbagliato, lo stesso dato cui si adeguerà Zuntini nella sua perizia balistica (data ignota; Rotella parla di una relazione peritale stesa “qualche mese più tardi”; ma allora da cosa trasse i suoi dati Matassino nel redigere il suo rapporto del 21 settembre 1968, che cita appunto l’intervento dello Zuntini? Quante cose si vorrebbero sapere in più…). Non sarebbe la prima né l’ultima volta che un teste debole di mente finisce per riferire quello che gli inquirenti vogliono sentirsi dire (si veda l’analisi del comportamento del “Teste Alfa” su questo blog). Rotella dice che, il giorno 23, i carabinieri “insistono a inquisirlo (fuori verbale e con l’ausilio di Mucciarini). […] Finalmente, Mele confessa di essere lui stesso l’assassino.” Quella nota tra parentesi : “fuori verbale e con l’ausilio di Mucciarini” è invero poco rassicurante. Nella stessa vena, per quanto il racconto fatto dal maresciallo Ferrero sembri assolutamente corretto e genuino, occorre aver presente che, quando Natalino infine ammise di essere stato portato dal padre, a cavalluccio, fino alle vicinanze di casa De Felice (24 agosto, pomeriggio), Stefano aveva già confessato (sera del 23, senza però dire nulla del figlio). La minaccia di rifare scalzo e al buio il percorso della notte in cui gli era stata uccisa la madre può essere sembrata intollerabile a un bambino chiaramente ancora scioccato dall’esperienza vissuta. Possiamo essere sicuri che egli non abbia istintivamente intuito dove il sottufficiale voleva andare a parare? Spiace dover sollevare continui dubbi sulla competenza (più che sulla correttezza) degli inquirenti dell’epoca, ma vi sono ormai troppe indicazioni di come, in questa intricata storia, il desiderio di far quadrare quello che non quadrava affatto abbia portato a un utilizzo disinvolto di indizi e testimonianze, soprattutto facendo mancare i dovuti approfondimenti. Cosa sarebbe costato, il giorno dopo, rifare lo stesso percorso con il padre, per accertarsi che le versioni coincidessero? Purtroppo, la confessione, per quanto definita dallo stesso Matassino “sconcertante”, blocca di fatto le indagini; al massimo si continua, fino al processo, a cercare il vero movente e l’eventuale complice, senza peraltro trovare né l’uno né l’altro. La situazione è analoga a quella che si verificherà molti anni dopo, con la pista dei “Compagni di merende”.

Alla luce di queste considerazioni e dei documenti emersi in recenti pubblicazioni, che sembrano indicare una sua probabile estraneità e ignoranza, possiamo togliere Stefano Mele dal luogo del delitto, atteso che, in definitiva, dimostra di non sapere niente di più che quello che gli può essere stato descritto o suggerito da altri? Semmai, volendo rimanere a tutti i costi in ottica “sardista”, si potrebbe eventualmente presumere che la malattia del Mele la mattina del 21 sia un vero alibi preordinato, volto cioè a scagionarlo con certezza, (mentre altri commettevano il delitto) con l'avvallo della testimonianza del figlio, che sarebbe dovuto rimanere a casa con lui. Ma Natalino, contro le intenzioni del padre, si infilò nell'auto del Lo Bianco e l'assassino/gli assassini si trovarono a dover gestire una situazione inaspettata; a quel punto, per tutti, Stefano diveniva il soggetto più facilmente sacrificabile. Quanto a Piero Mucciarini, la situazione è estremamente confusa. Secondo il volume “Al di là di ogni ragionevole dubbio”,  il maresciallo Ferrero, teste al processo del 1970, dichiarò quanto segue: “Svolte indagini su Piero Mucciarini, di professione panettiere, era emerso che la sera in cui Barbara Locci ed Antonio Lo Bianco erano stati uccisi, il Mucciarini non era al lavoro poiché aveva preso un giorno di permesso; lo stesso risultò altresì essere stato arrestato, molti anni addietro, per rapina. A seguito della confessione del Mele le indagini su Mucciarini erano state però abbandonate”. La versione di Rotella, che, ricordiamolo, fece arrestare Mucciarini per l’omicidio del 1968, è diversa: “Si è appurato, documentalmente, che egli risulta al lavoro, presso il forno Buti di Scandicci, nella zona di Casellina, quella notte. (…) Il Mucciarini che riposava in quel mese, per lo più la notte sul mercoledì, aveva, secondo, le sue ultime dichiarazioni scambiato il suo giorno di riposo con quello di un compagno (P.N.), che risultava, secondo le registrazioni, assente proprio la notte successiva (giovedì)”. Insomma, il primo inquirente (Ferrero) afferma che Mucciarini non era al lavoro, ma non investiga oltre; il giudice istruttore del 1984 afferma che era al lavoro (anche se “documentalmente”) e lo fa arrestare. Sembra logico che, se avesse saputo che quel giorno sarebbe stato commesso un delitto in cui poteva essere implicato, avrebbe sì cambiato il turno, ma per essere al lavoro, e non solo documentalmente, in modo da risultare palesemente estraneo. Ma si tratta naturalmente di illazioni che lasciano il tempo che trovano.

Concludendo, fare a meno di Stefano Mele come protagonista del delitto del 1968 significa la fine definitiva della "pista sarda"? Ovviamente no, se intendiamo l'espressione in senso lato, nel senso di un rapporto preesistente e non casuale con le vittime o almeno una delle vittime. Rimangono in piedi due importanti elementi che possono far presumere una conoscenza di qualche tipo tra l'assassino e la vittima femminile e forse la sua famiglia: l'improbabilità, più psicologica che fisica, della passeggiata notturna di Natalino; il timore della Locci di essere vittima di un agguato mentre era in macchina con un uomo, timore alla cui base doveva stare una concreta e recente minaccia.

La Stampa - 5 marzo 1989

Nota: I lettori del mio “Volume I” considerino questo articolo un’appendice al libro. Per fortuna, vecchi documenti continuano a uscire e il proposito di chiudere definitivamente il discorso su Signa e la pista sarda viene periodicamente disatteso. Come ho scritto altrove, nuove conoscenze necessitano nuove spiegazioni; riaggiustare le idee può essere faticoso e fastidioso, ma è questo il succo del metodo storico. Alla prossima.
(FINE)

25 commenti:

  1. L'unico duplice delitto da non affibbiare al mostro
    movente : vendetta passionale, delitto d'onore
    voluto dai Vinci
    esecutore materiale : SM
    il resto sono favole
    la pistola era in uso a Salvatore...
    e credo anche possa essere lui l'esecutore del secondo duplice delitto.

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  2. Concordo in pieno sul proiettile che attraversò prima l'avambraccio di Lo Bianco poi prese la Locci alla schiena. Quindi, se i colpi furono otto, senz'altro uno andò a vuoto, oppure furono sette. Prima però di escludere quell'ottavo colpo soltanto perchè sembra che non tornino i conti con i proiettili recuperati ti inviterei a riflettere bene sui due bossoli trovati all'interno. A mio parere nessuno dei bossoli espulsi per i sei colpi a direzione analoga finì dentro l'abitacolo. Non credo affatto che lo sparatore aprì la portiera, secondo me sparò dal pertugio del finestrino in alto infilandoci dentro la canna. Avesse aperto la portiera, credo che sarebbe stato naturale avvicinare l'arma quasi a contatto dei corpi, con il che nessun bossolo sarebbe stato espulso all'esterno. Quella portiera non fu mai aperta, e i corpi furono aggiustati da dietro, come conferma la scarpa di Lo Bianco incastrata.
    L'origine dei due bossoli interni va ricercata in due colpi esplosi con la mano dentro il finestrino posteriore. Uno colpì la Locci già morta, l'altro per forza andò a vuoto. Altri proiettili si sarebbero persi in seguito.

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    1. ma non è detto che ci siano sei colpi in direzione analoga; ci sono 4 colpi su Lo Bianco (di cui uno in ipotesi colpisce anche la Locci)e tre colpi sulla Locci. quindi due blocchi distinti. Quanto alla portiera aperta, non è una mia ipotesi, ma di de Fazio, che situa lo sparatore all'altezza del finestrino anteriore (che però era aperto solo per pochi centimetri).

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    2. L'ipotesi della portiera aperta sapevo bene che non era tua, in ogni caso non la condivido.
      Riguardo la dinamica, sarebbe necessario arrivare a disegnarne una completa, nella quale riescano a inserirsi i due elementi "spuri": la ferita con andamento diverso sulla Locci e i due bossoli interni. Secondo me sono un chiaro indice di una fase separata della sparatoria (tra l'altro mi pare che anche De Fazio avesse preso in esame questa ipotesi, ma vado a memoria), quindi anche della fondata possibilità di un cambiamento dello sparatore. La qual cosa ben si intonerebbe, in ipotesi, con una partecipazione secondaria di Stefano Mele.

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    3. Ci sono troppe variabili, perché sia l'assassino che la Locci possono essersi spostati rispetto alla posizione iniziale. Una possibile sequenza sarebbe: 4 colpi contro Lo Bianco, uno dei quali colpisce la Locci alla spalla; la donna si sposta per nascondersi, ripararsi o fuggire, l'assassino si sposta sul davanti, apre la portiera e spara altri tre colpi, due bossoli finiscono dentro la macchina, uno chissà dove (anche dei primi 4 colpi manca 1 bossolo, chissà dov'era). Comunque, se dovessi scommettere su una dinamica, giocherei 2 cent, non di più.
      naturalmente aspetto con interesse la tua ricostruzione, per la quale l'idea di un colpo trapassante che attinge entrambe le vittime potrebbe esserti utile.

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    4. Senza l'apertura dello sportello, per l'esplosione degli ultimi tre colpi sulla Locci, diventa difficile spiegare la traiettoria dal basso verso l'alto con cui è stata attinta dai proiettili. Dal finestrino posteriore mezzo abbassato lo sparatore avrebbe dovuto assumere una posizione innaturale per colpire la Locci; sia se fosse stata riversa sulle gambe di Lo Bianco e sia se si fosse rivolta allo sportello del passeggero per tentare la fuga.

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  3. @Frank
    i miei commenti [con quote, date e orari] già li ho citati nel precedente articolo.

    Non vale la spesa ripeterli qui adesso.

    Questo articolo, invece, necessità di ben maggiori critiche, visto che a differenza del precedente è un puro pezzo di "illusioni personali"... non per nulla ci si legge "congetturare".

    INFATTI:
    vuol far passare come "certo" [senza elementi a supporto se non il "credeteci"] che:
    1- non solo il Natalino abbia raccontato al SM alcuni particolari del delitto: ma addirittura proprio tutti!!!
    [ma come il NM avrebbe fatto dal sedile dietro, ad esempio, a vedere la scarpa cadere???]

    2- continua a non tenere in conto nè gli elementi di contorno alla data nè quelli successivi usciti nel corso delle varie indagini sul mdf; arrivando addirittura a paragonare i cambi versioni del SM alle bugie del Lotti (e compagnia bella).

    Peccato però che lo faccia senza alcuna discriminante (ma fa scena e tira acqua al proprio mulino).

    SM fornì, che piaccia o meno, riscontri verificati. Di quelli del Lotti (sai bene come me) siamo ancora ad aspettare un qualsiasi riscontro e una qualsiasi indicazione di particolari ignoti.

    Di SM inoltre c'è da dire che i cambi versioni sono tutti dovuti (nell'ottica SM colpevole con almeno un complice come da tutti gli elementi semre emersi) ad intorbidire le acque e a proteggere il suo complice. Nel caso del Lotti invece... vabbè si tratta del caso opposto e poverino ogni due minuti deve aggiustare le verisioni (pur continuando a restare non credibile) e senza mai azzeccarne una! mitico a Scopeti e fantastico a Baccaiano!

    SM lo vide in loco il Natalino... per il Lotti dobbiamo accontentarci del Pucci... evvabè anche questo, eh. tutto fa brodo.


    Nelle richieste di processo: NON si fa cenno al sapere il numero di colpi sparati, come elemento a carico del SM; anzi se ne elencano in apposito paragrafo i motivi e questo dei colpi proprio non c'è. E quindi?

    Non si capisce dove si possa trovare citata nei pezzi, un virgolettato dell'epoca di SM che dica di aver sparato 8 colpi, quando lui invece dichiara il complice (SV) gli disse che l'arma avava nel caricatore 8 colpi (cosa "leggermente" differente).

    Signa 1968 senza SM diventa una buffonata, col Natalino che lo accompagna chissà chi dopo che gli ha ucciso la madre senza protestare; Natalino che dice a De Felice che il padre è a casa malato che ... wow! importantissimo eh! Natalino che dice che il padre c'è ... ma avrà mentito anche lui (come Mele, i Carabinieri, Periti, i Pm, i testimoni, gli imputati, etc. ... salvi solo i giornali e i giornalisti! woooow!); Natalino tra tutte le case trova proprio quella evabbè, quando si dice la fortuna
    E intanto il SM a casa malato si sporca un pò le mani di tracce per il guanto di paraffina e grasso (un classico del casalingo) senza preoccuparsi che nè moglie nè figlio rincasino etc etc etc etc etc.etc etc etc etc etc.

    Succo degli ultimi due articoli:
    - non è stata portata prova che un ottavo colpo non sia stato effettivamente sparato (e la palla andata persa nei vari maneggiamenti dei corpi)
    - non è stata portata prova che SM abbia dichiarato di aver sparato 8 colpi
    - non è stata portata prova che Natalino abbia detto al padre che 8 colpi furono sparati

    Epperò, SM mente sul punto, fino al punto che addirittura bisogn a toglierlo dalla scena del delitto.

    Bella metamorfosi.
    Si è ormai in linea col "nuovo trend" di questi ultimi tempi.
    Al "lineare" si preferisce "l'arzigogolo".
    Peccato.

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    1. Pubblico più che altro perché i lettori si rendano conto della debolezza (e ripetitività ad nauseam) dei tuoi contro-argomenti. E' evidente che la prima parte dell'articolo era basata su dati medico-anatomici, la seconda è una mia interpretazione di quei dati. Ognuno dia la propria, senza volerli accomodare a tesi preconcette (e questa è un'accusa che a me non potrai certo fare).
      Ciao

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    2. Frank,
      cioè... mettendo in linea gli scritti si ha:

      1) presentazione 'asettica' di dati medico-anatomici
      [NOTA: presentati senza anche presentare le possibili spiegazioni a dove potrebbe essersi persa e quando la ottava pallottola - vedasi elenchi nei commenti]

      2) interpretazione di quei dati
      [NOTA: 'asettici' finchè si vuole, ma appunto presentati senza le possibili spiegazioni 'alternative' e soprattutto presentati avulsi degli altri elementi indiziari e storici]

      3) e si chiude il secondo articolo (quello delle "interpretazioni personali") citando il "metodo storico".

      'nnamo bene, valà.

      Resto in attesa dell'articolo in cui si potrà leggere il quote del SM che, all'epoca, dica testuale di aver sparato 8 colpi contro le vittime; e del perchè nelle richieste di suo rinvio a giudizio, un tale elemento non sia stato incluso.

      Hazet

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    3. leggi pag. 10 punto 4) della sentenza di rinvio a giudizio.
      quanto al numero dei colpi, non capisco l'obiezione: Salvatore gli dice guarda che ci sono otto colpi (perché lo dice? chi lo sa) e mele afferma di averli sparati tutti (quindi 8, c'è poco da fare). In seguito, affermerà di non sapere quanti colpi furono sparati, il che non fa che confermare quanto da me scritto, ossia che effettivamente non lo sapeva, ma lo "orecchiò" sul momento.

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  4. Trovo interessante l'osservazione sul proiettile troppo deformato per i tessuti attraversati. Devo ancora leggere bene e fare le mie verifiche, se però fu davvero quello a direzione differente estratto dal corpo della Locci, poichè ragionevolmente esso fu sparato dopo gli altri, bisogna pensare a una breve sopravvivenza di Lo Bianco, che ebbe il tempo di mettere una mano sulla schiena della donna.

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  5. @Frank
    tu citi "pag. 10 punto 4) della sentenza di rinvio a giudizio."
    Documento che:
    a) non riporta alcun virgolettato della parole del SM in merito ai colpi nè la fonte documentale che conterrebbe un simile virgolettato.
    b) è datato 6 novembre 1969
    c) è una Sentenza (ossia, come ben si sa, un documento espositivo delle motivazioni, in cui il giudice mette a norma di legge nero su bianco le spiegazioni alle proprie deduzioni e i propri convincimenti, su cui ha emesso condanna/assoluzione/etc.).
    Io ti citavo i due documenti inerenti che lo precedono:
    a) quello delle "Richieste Definitive" per il rinvio a giudizio (30 settembre 1969)
    [pagina 1-2 / paragrafo "parteciipazione del Mele al fatto e sue responsabilità" / punto 2)
    -> che tra tutte le motivazioni NON riporta quella del numero di colpi sparati

    b) il rapporto Matassino (21 settembre 1968), in cui c'è il virgolettato del quanto suppostamente detto dal SV al SM, ma per quanto riguarda le parole del SM dice solo, in forma riassuntiva e senza virgolette che il SM ammise di aver sparato tutti i colpi (senza tra l'altro indicarne il numero).

    Al momento quindi, l'ago della bilancia pende ben ancora in favore di una non menzogna del SM in tal senso; specie nel momento in cui quand'anche avesse "mentito" sul numero dei colpi dicendo 8 anzichè 7, vista la posizione in cui si trovava, e visto che uccidere a sangue freddo due persone (pure tua moglie) non è come bere un bicchier d'acqua emotivamente parlando: di tutto lo si può incolpare tolto che di aver mentito su uan detonazione in piu o in meno per un motivo specifico o per una totale invenzione da zero.

    Se poi escludiamo il SM dalla scena del delitto, in automatico dobbiamo far cadere anche la frase del SV sul numero dei colpi in caricatore.
    E allora, 7 8 o 10, da dove l'avrebbe tirato fuori un numero il SM?

    Che il SM abbia sparato a Signa, può (e deve) essere dubitato e con validi motivi.
    Ma che il SM non fosse sulla scena del crimine al momento del crimine, invece, non appare congruo di fronte a nessun elemento (specie quello di NM che non solo non avrebbe avuto ragione alcuna per dire al De Felice della "malattia" paternae, e che ancor meno avrebbe avuto motivo a sostenere ciò con tutte le imbeccate dai parenti.

    l'ho detto e lo ribadisco:
    7 o 8 colpi a Signa '68 (e 7 non è stato affatto provato dal tuo articolo): non spostano niente nella ricostruzione del delitto. e non spostano nulla sui riscontri a carico del SM. e men che meno quel numero può essere cosiderato rivelatore di una non-presenza del SM in loco.

    Il SM nel corso delle sue dichiarazioni ebbe moltissime volte a che mentire ed inventare di sana pianta. Solo che tutte quelle menzogne sono in ipotesi tutte leggibili e dunque spiegabili (nel senso di con significato logico a posteriori comprensibile) nelle scansioni temporali degli eventi investigativi fino all '84-5.

    Una menzogna volontaria sui colpi il 23 settembre 68 (in quanto lui ipotizzato assolutamente non presente sulla scena) per essere plausibile deve derivargli da un racconto del Natalino (che assieme gli racconta della scarpa, freccia, ricomposizione corpi, inclinazione sedile, luogo della macchina, posizione dei corpi, stato finestrini, etc.... un pò tantino per un bambino, ma... NM si sa che è un uber-bambino che vaga di notte scalzo indifferente a tutto tolto alla salute del padre "malato" a casa).

    Ma ciò (numero colpi raccontatogli dal NM) è assai dubitabile perchè il NM stava dormendo, era solo un bambino, era in una situazione in cui l'ultima cosa al mondo chinunque si metterebbe a contare dei colpi mentre te li sparano da accanto e intanto ti ammazzano la madre a pistolettate). E perchè il NM mai dichiarò il numero dei colpi sparati (o almeno a me non risulta da nessuna parte).

    Comunque, qui sono solo ospite per qualche commento ogni tanto e non voglio appesantire con (troppe) critiche a casa del padrone di casa.

    Ci si risente al prossimo articolo.

    Hazet



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    1. Hazet, mi sa che nella tua furia polemica contro tutto quello che rischia di incrinarti il giocattolo Salvatore (cosa che poi il mio articolo non fa minimamente)neanche hai letto fino in fondo. Intanto, impara che la sentenza di rinvio a giudizio è più importante, nell'iter processuale, della richiesta di rinvio a giudizio. Confesso che mi stai diludendo,come direbbe Crozza.
      Alla prossima.

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  6. scusa Frank, sorry davvero.

    avevo scritto "arrivederci al prossimo articolo" per non sembrar molesto, ma se te le tiri, non è che poi non posso rispondere.

    - presunzione di non aver letto fino in fondo:
    errato.
    semmai la presunzione è quella di "presumere" espressa dalla tua frase.

    - giocattolo SV
    per quanto si certo il SV sia il soggetto che io ritengo significativo di tutta la vicenda mdf, signa compresa, le mie critiche qui sono state in topic col tema dell'articolo (SM e colpi sparati).
    quindi, è giochetto inutile tirarlo in ballo (anche se si può farlo visto che le "congetture" [cit] su delitto non sono una disamina fredda di bossoli o traiettorie e basta)

    - la sentenza di rinvio è più importante della richiesta di rinvio
    Si e no.
    Sono entrambi documenti ufficiali; entrambi trattano dello stesso tema; entrambi possono essere citati per le loro pertinenze;
    Le differenze informative possono risiedere nell'escussione dei testi, ma nei fatti quello che le differenzia è solo che nella "richiesta di rinvio" ci sono i 'pareri dell'accusa' espressi, mentre nella sentenza c'è di mezzo il "Libero convincimento" del giudice.
    Anche in sentenza Paccinai e CDM... oibò! caso risolto dunque! ;)

    Ma ammettiamo pure - come da tua citazione di pag.10 punto 4)- che la Sentenza debba cancellare tutto quanto espresso nei documenti precedenti e faccia pietra tombale di tutto....

    In questo caso avremmo, sempre prendendo questa sentenza, ANCHE PER:
    - Pag.8 e pag.9 doveo espressamente è scritto di "8 colpi sparati" (4 a lei 4 a lui).

    Cos'è? adesso la Sentenza non va più bene o è sbagliata in pieno la tua ricostruzione dei "7 colpi"?
    O più semplicemente si va a vedere le fonti sulla quali il Giudice ha espresso il suo "libero Convincimento", e poi da lì si esprime il nostro parere?

    Ma non solo, perchè se continuiamo la lettura di detta Sentenza (più importante del rinvio a giudizio), ne scopriamo delle altre:
    - ES: di SM in sentenza sono riportate diverse citazioni testuali in virgolettato di sue affermazioni (es: pag. 11 - pag. 13).
    NON è invece riportato in virgolettato nulla a suo riferimento in merito al numero di colpi esplosi (pag.10 punto 4)

    Quindi anche in questo caso non sarebbe più corretto risalire alle fonti di detto numero prima di mettergli in bocca qualcosa?

    E la fonte di detto numero è il Rapporto Matassino... nel quale però anche lì: non c'è virgolettato di una simile affermazione.

    ---
    Inoltre detta Sentenza, contiene numerose altre "cristallizzazioni" rivelatesi completamente errate in seguito
    (es: vedasi pag.13 a proposito di SV visto che lo hai citato, di cui si scrive:
    - "ferreo alibi"... che verrà scoperto fasullo
    - "due amici sicuramente attendibili (Antenucci e Vargiu)"... di cui lo smentirà e l'altro cercherà di far finta di niente
    - "mancanza di valido movente"... per non parlare della relazione omo-bi col SM e per non parlare della cacciata dalle grazie del letto accompagnata da scherno e iinsulti ai due, da parte proprio della Locci per detti rapporti)


    Esempi, sì. Esempi per far vedere che detta estrapolazione forzata e cherrypickata del punto 4 pag. 10, pur all'interno di un "di maggior valore" di sentenza rispetto ad una richiesta di rinvio, vale assai ben poco.


    Ciao.
    Al prox articolo (che spero sarà su come si conciliano la passeggiata e le dichiarazioni di Natalino, gli atteggiamenti e i maneggiamenti dei parenti di SM, il biglietto di GM, etc etc in un'ottica di SM nemmeno presente sulla scena del delitto)

    Hazet


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    1. commento pubblicato soltanto per rispetto della libertà di espressione, perché veramente ripetitivo e insulso.

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  7. Non pubblico il commento di Luca Lorenzo Baldini, per quanto lo condivida pienamente, perché darebbe vita a un flame di cui non sento alcun bisogno. Tengo molto alla libertà di opinione e di espressione tra i pochi lettori di questo blog, sempre augurandomi che gli interventi siano costruttivi. Comunque, in futuro bloccherò le argomentazioni ripetute ad nauseam.

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  8. Caro Omar, dopo aver letto i due articoli sui colpi sparati a Signa e i relativi commenti, le rinnovo i complimenti per la serietà del suo lavoro e la pazienza con cui sopporta delle critiche pretestuose e inutili. Sul delitto di Castelletti, cosa pensa della teoria proposta da Ognibene in sentenza? Mettendo da parte i sospetti su Pacciani o chiunque altro, non è possibile che Stefano Mele avesse seguito la Locci per 'cercare di recuperare l'ultimo residuo della somma che la donna gli aveva inopinatamente portato via'? e che quindi fosse capitato sul luogo del delitto quando era già stato commesso? Questo potrebbe spiegare le accuse rivolte dal Mele ai tanti amanti della donna, su cui nutriva dei reali sospetti. Le pressioni degli inquirenti avrebbero portato Mele, che ignorava l'identità dell'assassino, a confessare un ruolo mai avuto. La chiamata in correità dei Vinci e di Cutrona secondo questa teoria altro non sarebbe che una vendetta nei confronti dei possibili assassini di Barbara.

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    1. Una ricostruzione assurda - ovviamente a mio parere - derivata dal dover salvare capra e cavoli: la presenza sul posto del Mele (come risultava dagli atti di indagine del 1968) e la colpevolezza di Pacciani anche per quel delitto. Senonché, dopo aver ipotizzato in lungo e in largo, la corte mandò assolto Pacciani, con somma incoerenza.
      Mele da solo sulla scena del crimine è impossibile; se c'era, cosa su cui ho molti dubbi, vi era stato accompagnato da qualcuno.
      Penso che almeno su questo possiamo ormai concordare tutti.

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    2. L'idea che fosse stato Mele a spostare i corpi dei due amanti non mi sembrava assurda. E chi altri avrebbe potuto portare il bambino nei pressi della casa di De Felice? Il fatto che Mele abbia accusato praticamente tutti gli amanti della moglie, potrebbe far pensare che non sapesse chi fosse l'assassino. Collocare Pacciani a Signa è una forzatura e la conclusione può apparire incoerente, ma credo che la Corte dopo avere a lungo discettato lo abbia assolto perché esisteva pur sempre una vicenda processuale conclusa che aveva condannato un colpevole, seppure improbabile.

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    3. E' assurda l'idea che mele a un certo punto della serata prenda e vada a cercare la moglie per riprendersi le 40.000 lire che poi lascerà lì.
      Non escludo che Mele si sia recato sul posto, ma in tal caso è andato accompagnato dall'assassino / assassini.

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    4. Quello che non mi sembra assurdo nella ricostruzione un po' forzata dei giudici è l'idea che il mostro avesse ucciso già a Castelletti. La storia dell'arma passata di mano mi sembra improbabile e non credo per niente al futuro mostro che assiste alla scena. Vedrei Stefano Mele a Signa - accompagnato da qualcuno come sembra logico e non in veste di assassino - perchè potrebbe aver portato lui il bambito dal De Felice e magari aver notato il particolare della freccia. Sono ovviamente ricostruzioni complicate. Le dichiarazioni del Mele e quelle di Natalino hanno irrimediabilmente compromesso la vicenda e sbrogliarla mi pare arduo.

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  9. Finalmente mi sono messo a riguardare la mia ricostruzione del delitto per un nuovo articolo. Non mi tornano le considerazioni del tuo amico professore sul viaggio del proiettile nella spalla della Locci. Scrive:

    Questo colpo, pertanto, ha compiuto un percorso di pochi centimetri (forse solo 5-6 cm), da destra a sinistra, dal basso verso l’alto, fermandosi (dalla disamina balistica di Arcese e Jadevito si evince anche in parte frammentandosi) proprio “nel cavo articolare”. Non risulta che sia stato fermato da una parete ossea e/o che abbia leso strutture ossee.

    Ma se si è fermato nel cavo articolare arrivando da dietro, deve per forza aver attraversato o la testa dell'omero o la scapola, oppure rimbalzato tra l'una e l'altra insinuandosi nel loro punto di contatto. Questo spiega il perché era così deformato. D'altra parte nella spalla un percorso di pochi centimetri, a meno che non sia molto molto di striscio, qualche struttura ossea la comprende per forza.
    In effetti nel verbale di Montalto, che appena riesco condividerò, si legge riguardo il foro sulla spalla:

    [...] si osserva che alla soluzione predetta [il foro] fa seguito un tramite nel sottocute che si prolunga con semicanale a doccia sulla faccia posteriore della testa dell'omero, con successiva perforazione imbutiforme svasata verso il basso della cavità glenoidea e ritrovamento di un proiettile di revolver molto deformato situato in prossimità dell'ipofisi coracoide.

    Non si capisce bene se fu perforata la cavità glenoidea oppure la testa dell'omero o entrambe, in ogni caso il proiettile arrivò nei pressi dell'ipofisi coracoide, che si trova, con vista dal dorso, dietro e sopra la testa dell'omero, con una traiettoria compatibile con una posizione prona della vittima rispetto allo sparatore. Si può anche notare che Montalto parla di proiettile molto deformato senza chiedersi il perché. Mi pare chiaro che il proiettile impattò contro delle strutture ossee.
    D'altra parte la fetita all'avambraccio doveva essere quasi di striscio (i due fori si distanziavano per appena un cm di cute) quindi non responsabile di alcuna sensibile deformazione.

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    Risposte
    1. Inserisco la risposta cortesemente inviatami dal Prof. Ferri; aspetto con interesse la tua ricostruzione di Signa. Grazie a entrambi.

      Caro Franco,

      Ti ringrazio per l'invio del commento del sempre efficientissimo Antonio Segnini.

      Dopo lettura di due righe dall'autopsia del Prof. Montalto, non quindi del testo riportato della Sua deposizione in tribunale, devo dire che ho compreso alcuni punti precedentemente oscuri e ne ho derivato un ulteriore supporto nel convincimento che il colpo entrato nella spalla si sia fermato "inspiegabilmente" dopo pochi centimetri, a differenza degli altri. Diverso quindi questo colpo, rispetto agli altri, per direzione e per distanza del tragitto: ciò può avere solo due spiegazioni in Medicina Legale, come è noto. Il primo motivo è legato ad una differente energia cinetica (la tua teoria, che a me sembra molto credibile, sia pur non certa), il secondo all'impatto con strutture ossee (o altro) di un corpo dotato inizialmente di analoga energia cinetica.

      Orbene, si evince dalle due righe Montaltiane che - in realtà - il frammento di proiettile non si fermo' in cavità articolare, ma la superò per fermarsi a livello coracoideo. Precedentemente, come già si evinceva, ma ancor più si comprende ora, il proiettile entrato a livello della spalla aveva incontrato cute e sottocute, la testa dell'omero (che non viene frantumata o penetrata: il proiettile "striscia" - parrebbe dallo scritto - sulla superficie "lasciando il segno" del suo passaggio) ed il cavo articolare. Qui non si è fermato, riuscendo invece a pervenire a livello coracoideo.

      Appare quindi - certo non con sicurezza - che il proiettile (sicuramente avente direzione differente rispetto agli altri) da me chiamato - se ricordo bene - "e" percorre un tracciato assai breve, non impatta strutture osse (laddove si eviti di considerare lo strisciamento sulla testa dell'omero, che non può averne rallentato più di tanto la corsa) e si ferma in cavità (in realtà, apprendiamo tutti adesso, non è vero: riusci' - parrebbe - a fuoriuscire appena dalla cavità medesima).

      In sintesi quindi, si deve ringraziare Antonio Segnini per il chiarimento.
      Certo: tutto è possibile e senza avere fotografie - come ho scritto altrove - non si può essere conclusivi.
      Con tutti questi limiti, appare chiaro che “quel” proiettile ha avuto una vita diversa rispetto agli altri.
      Il mio giudizio è che l’ipotesi di Franco sia credibile: il tragitto potrebbe essere stato assai più breve rispetto agli altri non perché il proiettile sia stato fermato da strutture “compatte”, bensì’ perchè l’energia cinetica iniziale era minore.

      Un caro saluto

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    2. Grazie professore delle sue precisazioni. Rimane il problema di spiegare la notevole deformità del proiettile, che deve per forza aver trovato qualcosa di duro. Che però non può essere l'avambraccio di Lo Bianco, poichè scrive Graziuso, riferendosi a quello:

      [...] all'unione fra il 3° superiore e il 3° medio si osservano due soluzioni di continuo della cute, strettamente ravvicinate tra loro e con un intervallo di cute libera di circa un centimetro [...] tra loro riunite da un tramite a sede sottocutanea [...]

      Ritengo anch'io che la ferita sia da attribuire a un proiettile che poi colpì la donna, ma tecnicamente potrebbe essere stato uno qualsiasi dei quattro.

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