Alle due di notte del 22 agosto 1968, il piccolo Natalino
Mele si alza in punta di piedi sullo scalino dinanzi al portone della casa di
via Vingone 154 a Sant’Angelo a Lecore e suona il campanello più in basso,
l’unico cui riesce ad arrivare. Quando l’inquilino dell’interno 1, Francesco De
Felice, casualmente sveglio, si affaccia alla finestra del suo appartamento, il
bambino gli dice: “Aprimi la porta che ho sonno e il babbo è a letto
malato… la mi’ mamma e lo zio sono morti
in macchina”.
Con queste parole inizia il caso criminale più misterioso e
complesso nella storia dell’Italia contemporanea.
[NOTA: si direbbe che l’interno 1 debba indicare un appartamento al piano terra, essendo anche il campanello posto più in basso, come vedremo in seguito. Stranamente, la moglie di De Felice, Maria Sorrentino, interrogata dal giudice istruttore, dirà che il marito andò a chiamare un vicino abitante al piano di sotto. Il maresciallo primo intervenuto, invece, più credibilmente scriverà che il vicino abitava al piano superiore. Già questo piccolo, insignificante dettaglio ci dà l’idea della cura con cui vennero svolte le indagini e compilati gli atti giudiziari.]
[NOTA: si direbbe che l’interno 1 debba indicare un appartamento al piano terra, essendo anche il campanello posto più in basso, come vedremo in seguito. Stranamente, la moglie di De Felice, Maria Sorrentino, interrogata dal giudice istruttore, dirà che il marito andò a chiamare un vicino abitante al piano di sotto. Il maresciallo primo intervenuto, invece, più credibilmente scriverà che il vicino abitava al piano superiore. Già questo piccolo, insignificante dettaglio ci dà l’idea della cura con cui vennero svolte le indagini e compilati gli atti giudiziari.]
Foto scattata dall'autore nel 2013. E' visibile, sopra il portone, il lampione che già all'epoca doveva illuminare la facciata e che guidò Natalino nell'ultima parte del suo percorso notturno |
Il brigadiere dei carabinieri Matassino, in servizio al
Nucleo Investigativo di Firenze, nel suo rapporto giudiziario del 21 settembre
1968, prosegue il racconto, narrando come De Felice, il vicino Manetti e il carabiniere di piantone alla vicina
Stazione di San Piero a Ponti, in base alle indicazioni di Natalino,
giungono, dopo qualche giro vizioso e facendo
riferimento al cimitero, da cui il piccolo ricorda di essere passato, alla
stradina interpoderale che da via di Castelletti si inoltra nei campi in
direzione della via Pistoiese, dove essa attraversa Sant’Angelo a Lecore in
comune di Campi Bisenzio. La stradina, come verrà accertato in seguito, porta
dritta di fronte all’abitazione del signore De Felice, al n. 154 di via Vingone,
dopo un percorso di circa 2 chilometri e 300 metri quasi interamente
costeggiando il corso dell’omonimo torrente (in realtà più un fosso che corre
tra i comuni di Campi Bisenzio e Signa, fino a gettarsi nell’Ombrone).
Foto scattata nell'estate 2013 |
A una distanza che verrà variamente descritta, ma che
dovrebbe trovarsi a circa 100 metri dall’incrocio, vi è un’auto Giulietta Alfa
Romeo, con accesa la luce di direzione destra; all’interno due cadaveri, la
madre del bimbo e l’amante, che lui chiama “zio”. Il carabiniere Giacomini, riconosciuto che
l’auto si trova in territorio di Signa, avverte il comandante di quella
tenenza, maresciallo maggiore Gaetano Ferrero, il quale si reca immediatamente
sul posto e compie un primo sopralluogo, identificando le vittime senza del
resto toccare nulla. E’ lui a darci la descrizione dell’auto per quanto
riguarda finestrini e portiere, che risultano tutti chiusi, ad eccezione della
portiera posteriore destra semiaperta e dei finestrini di sinistra, aperto per
tre centimetri quello anteriore, a metà quello posteriore. La vittima maschile
è Antonio Lo Bianco, muratore siciliano residente a Lastra a Signa,
identificato grazie a uno stato di famiglia rinvenuto nel cruscotto dell’auto;
non si dice, invece, come viene identificata la donna, Barbara Locci, madre di
Natalino, moglie di Stefano Mele, anch’ella abitante a Lastra a Signa. Poiché
all’apertura della portiera anteriore
destra viene notato un borsellino da donna, appoggiato sul pavimento tra
sedile e portiera e aperto, è probabile che vi si sia trovato un documento di
identità. Un particolare forse importante è che il Lo Bianco, semisdraiato sul
sedile di destra, calza solo la scarpa destra; la sinistra, infatti, si trova
appoggiata in bilico alla portiera anteriore sinistra, tanto che, quando il
maresciallo apre la portiera per controllare l’interno dell’auto, la scarpa
rotola a terra.
Riprendiamo la lettura di Matassino. Viene avvisato il
magistrato di turno: si tratta di Antonino Caponnetto, il futuro fondatore del
pool antimafia, all’epoca sostituto procuratore a Firenze; Caponnetto giunge
sul luogo del delitto intorno alle 6.30 in compagnia del tenente dei Carabinieri Olinto
dell’Amico. Il magistrato stende sul posto, con carta e penna, un primo verbale
di sopralluogo (documento pubblicato da Antonio Segnini e scaricabile qui); si tratta di due paginette scritte
a mano, apparentemente insignificanti, ma che per lo storico hanno
un’importanza rilevante, in quanto costituiscono il primo atto giudiziario
ufficiale della “indagine infinita” sui delitti del Mostro di Firenze. Caponnetto
dispone che vengano eseguiti innanzitutto, a cura dei carabinieri, rilievi
fotografici a documentare la scena del crimine, rinunciando a descriverla lui
stesso, evidentemente per brevità. Ciò purtroppo ci priva di una descrizione
immediata, poiché Ferrero scriverà il suo rapporto soltanto il 25 agosto; dobbiamo constatare che le foto a noi oggi
disponibili, pur essendo chiaramente scattate subito dopo l’intervento del
P.M., come dimostra il fatto che i cadaveri sono ancora all’interno dell’auto,
non coincidono con la descrizione fornita dal maresciallo. Mentre non abbiamo foto del
lato sinistro dell’autovettura, su quello destro il finestrino anteriore sembra
abbassato e quello posteriore alzato solo a metà; e non si vede perché i carabinieri
dovrebbero avere operato sui finestrini
prima dello scatto delle fotografie. Non siamo quindi del tutto certi
dei ricordi del maresciallo Ferrero [Nota: questa discrasia venne rilevata dal
P.M. Canessa in udienza – nel corso dell’esame del colonnello –allora tenente –
Dell’Amico, il 22 aprile 1994]; fortunatamente, i bossoli ritrovati sono sulla
fiancata sinistra dell’autovettura, ma questo non ci tranquillizza del tutto,
poiché lo stato dei finestrini di destra potrebbe avere un impatto sui
tentativi di ricostruzione.
Viene chiamato il medico condotto di Signa, dott. Ugo
Pratelli, per i primi rilievi medico-legali; fattogli prestare il giuramento di
rito, i cadaveri vengono deposti su due barelle e si procede a un esame
sommario dello stato dei corpi. Il testo è interessantissimo perché abbiamo,
per fortunata coincidenza, due foto della vittima maschile distesa sulla
barella, in posizione supina e poi prona. E’ esattamente la prospettiva e la
visione che ebbe, quella mattina, il medico Pratelli, il primo a esaminare i
cadaveri. Vale la pena di trascriverlo: “Il cadavere della donna (…) presenta
anteriormente due fori; uno sopra la mammella destra sul margine esternale
(sic) e uno a metà della linea xifo-ombelicale. Posteriormente si notano tre
fori: uno in corrispondenza della scapola sinistra e due nella regione lombare
sinistra. Il cadavere dell’uomo (…) presenta un foro nella regione ascellare
sinistra; uno nel III superiore posteriore del braccio sinistro; uno nella
regione arascapolare (sic) sinistra. Anteriormente presenta un foro al III
medio del braccio sinistro; uno al III superiore del braccio sinistro; uno al
III superiore dell’avambraccio sinistro. L’epoca della morte risale a circa 8
ore fa.” Le forme errate (esternale invece di sternale, arascapolare invece che
parascapolare) sono verosimilmente da imputare a cattiva comprensione da parte
di Caponnetto; pare di poter visivamente immaginare Pratelli che detta, mentre
esamina i corpi, e il magistrato che scrive, di getto, come testimoniano le
correzioni, e interpretando male i termini tecnici, il verbalino [Edit: A un migliore esame, la scrittura sembra quella del tenente Dell'Amico, che firma il verbale insieme al magistrato. Ci fu quindi, nell'esame dei corpi, una sorta di telefono senza fili da Pratelli a Dell'Amico a Caponnetto che giustifica gli errori di scrittura].
Il verbale si
conclude con la nota aggiuntiva che nello spostare i corpi sulle barelle si
ritrova un proiettile nella veste della Locci; “dalla parte della schiena”,
aggiungerà poi Matassino, che era anch'egli presente. Un altro proiettile era stato trovato sul pavimento
della vettura, dietro il sedile anteriore destro; e due bossoli calibro 22 al
di fuori, a sinistra dell’auto; verrà poi trovato un terzo bossolo all’interno
e ulteriori due all’interno dell’auto, “al di sotto del sedile posteriore, tra
la spalliera e il sedile vero e proprio”. Di questi vi è documentazione
fotografica, invero di difficile interpretazione.
In tutto, saranno solo cinque, quindi, i bossoli repertati, nonostante successive, ma inutili ricerche; bossoli che hanno sul fondello la lettera H (quindi inconfondibilmente un marchio di fabbrica della Winchester) come ci informa Matassino, che però, sbaglia clamorosamente attribuendoli alla ditta Fiocchi di Lecce, due errori in una frase. Ci vorrà la perizia balistica, stilata qualche mese dopo, per chiarire definitivamente la situazione.
Foto dal blog "Quando sei con me il Mostro non c'è" di Antonio Segnini |
In tutto, saranno solo cinque, quindi, i bossoli repertati, nonostante successive, ma inutili ricerche; bossoli che hanno sul fondello la lettera H (quindi inconfondibilmente un marchio di fabbrica della Winchester) come ci informa Matassino, che però, sbaglia clamorosamente attribuendoli alla ditta Fiocchi di Lecce, due errori in una frase. Ci vorrà la perizia balistica, stilata qualche mese dopo, per chiarire definitivamente la situazione.
Abbiamo, nel verbale steso da Caponnetto, la prima
impressione che ricevettero gli inquirenti. Confrontiamo lo scritto con le
fotografie, traducendo in italiano corrente il medichese di Pratelli storpiato
da Caponnetto. Al Lo Bianco viene tolta la camicia e, forse, i pantaloni, che
aveva già abbassati in parte al momento dell’attacco; viene steso sulla
barella, in posizione supina. Pratelli individua, tutte a sinistra, una ferita
nella regione ascellare, una in quella che chiama parascapolare, una sul lato
posteriore del braccio, in alto. Girato il cadavere sulla schiena, si
evidenziano altre tre ferite, tutte tra braccio e avambraccio. In totale, sono
4 ferite al braccio, di cui una chiaramente trapassante, e due al torace. Al
cadavere non è stata tolta la canottiera, il che spiega perché il medico non
abbia visto le ulteriori ferite al torace; inoltre, almeno due ferite al
braccio si riveleranno doppie, due fori molto vicini che il dottor Pratelli
scambia per un’unica ferita. Anche se nel verbale non è scritto, una prima
logica conclusione è che i colpi di pistola diretti verso la VM siano stati
tre: due che hanno trapassato il braccio (4 fori) di cui una è entrata nel
torace + un colpo diretto al torace. Questa sarà la prima versione diffusa ai
giornalisti da qualcuno degli inquirenti
o dallo stesso medico.
Quanto alla donna, abbiamo foto solo relativamente all’autopsia (vedi infra); Pratelli comunque, oltre alle due evidenti ferite al torace anteriore, vede il colpo alla scapola e i due più bassi alla schiena e omette il colpo ricevuto alla spalla; è segno che il vestito, che era senza maniche, fu solo sollevato in alto e quella zona rimase coperta. Da qui, la conclusione, salvi i successivi rilievi autoptici, che le vittime fossero state attinte da tre colpi di arma da fuoco ciascuna: è la versione che uscirà sui quotidiani del 23 agosto, ovviamente riferendo gli accertamenti del giorno prima.
Il Giorno 23 agosto 1968 |
Compiuti questi primi atti, i corpi vengono caricati su due
autofurgoni funebri e portati all’istituto di medicina legale dell’ospedale di
Careggi, per l’esecuzione, all’indomani, delle autopsie. Nel frattempo, il
maresciallo Funari, di Lastra a Signa, ha iniziato le indagini vere e proprie,
cercando il marito di Barbara, il suo amante ufficiale, Francesco Vinci, e i
parenti di Lo Bianco. Dell’attività investigativa svolta il giorno 22 chi
scrive non ha purtroppo che il riassunto contenuto nel rapporto Matassino e il
riassunto del riassunto, nella sentenza stesa dal giudice istruttore Rotella 21
anni dopo; tanto sarà il tempo necessario perché alcuni dei sospettati (si
tratta di Giovanni Mele, Piero Mucciarini, Marcello Chiaramonti, Salvatore
Vinci) vengano definitivamente prosciolti in sede di giustizia. Sappiamo che hanno luogo i primi interrogatori, prima del marito di Barbara, Stefano Mele, poi di
due suoi amanti, Francesco Vinci e Carmelo Cutrona, indicati dal Mele stesso.
Tutti e tre sono sottoposti alla prova del guanto di paraffina, che risulta
negativa solo per il Vinci.
La mattina dopo hanno luogo le autopsie delle vittime e più
o meno contemporaneamente viene incaricato di eseguire la perizia balistica il
col. Innocenzo Zuntini, in servizio al Comando di artiglieria di Firenze. Per
sfortunata coincidenza, le autopsie vengono assegnate a due medici diversi: il
dott. Massimo Graziuso esamina il corpo della vittima maschile, il dott. Biagio
Montalto quello della vittima femminile [Nota: entrambi verranno sentiti nel
corso del processo Pacciani, fornendo ricostruzioni assai poco chiare.
Fortunatamente, grazie all’avv. Adriani che li ha forniti e ad Antonio Segnini
che li ha pubblicati, possiamo leggere direttamente i verbali di autopsia]. Le
autopsie sono eseguite alla presenza della P.G. e del perito balistico, come
lui stesso riferisce nel suo scritto;secondo notizie giornalistiche (Corriere della Sera del 24
agosto) vi assiste lo stesso Dott. Caponnetto.
A questo punto, prima di procedere e venire al nocciolo
della questione, è necessaria una precisazione.
Quasi due anni fa (ottobre 2017) pubblicai, scrivendolo a
quattro mani con l’amico Claudio Ferri, Professore Ordinario di medicina
Interna all’Università dell’Aquila, un articolo sul delitto di Signa (qui e qui) nel quale
cercavamo di dimostrare, sulla base della documentazione allora disponibile,
che in quel duplice omicidio erano stati sparati sette colpi di arma da fuoco –
anziché otto secondo le risultanze peritali accolte in sede dei vari giudizi -; con
conseguente svalutazione della testimonianza (meglio, di una delle tante
versioni) del condannato Stefano Mele.
Devo dire che l’articolo ha avuto meno risonanza di quanto mi
aspettassi; in sostanza, si continua a sostenere da tutti e con assoluta
certezza che i proiettili furono otto.
All’epoca, le fonti dell’articolo furono: le deposizioni in
aula (processo Pacciani) dei due periti settori Biagio Montalto e Massimo
Graziuso per quanto riguardava le ferite ricevute dalle vittime; stralci della
perizia balistica Arcese – Iadevito per quanto attinente allo stato dei
proiettili reperiti; la ben nota perizia riassuntiva De Fazio per la scena del
crimine in generale. La nostra ipotesi,
necessitata dalla semplice e incontrovertibile constatazione che in questi
documenti vi era traccia soltanto di sette proiettili, era che il colpo che aveva trapassato
l’avambraccio sinistro della VM fosse lo stesso che aveva attinto la spalla
sinistra della VF, presupponendo che al momento degli spari i due fossero in
stretto contatto, anche senza poter determinare con certezza la posizione
reciproca e all’interno dell’abitacolo. Ciò faceva scendere il computo
balistico di 4 + 4 ferite a sette colpi di arma da fuoco, giacché un proiettile
poteva essere responsabile di aver attinto entrambi; con il felice risultato di
riportare in parità il predetto computo balistico, equiparando i presunti colpi
ai proiettili rinvenuti o comunque chiaramente individuati sulla base del conto
dei fori in entrata sui cadaveri. Riassumiamo infatti che:
la Locci aveva due proiettili ritenuti e due trapassanti;
Lo Bianco tre ferite in entrata nel torace senza corrispondente foro di uscita, quindi tre presunti proiettili, dei quali soltanto uno fu materialmente rinvenuto e due gli rimasero nel corpo;
un proiettile era sul pavimento dell’auto e uno nelle vesti della VF (corrispondenti ai due colpi trapassanti sulla stessa Locci);
quindi indubitabilmente sette e un eventuale ottavo colpo (ipoteticamente quello che aveva trapassato l’avambraccio della VM) doveva essersi misteriosamente volatilizzato all’interno dell’auto, perché – a giudicare dai documenti citati – non era rimasto all’interno dei corpi né poteva essere passato attraverso i finestrini di destra entrambi chiusi, come da verbale.
Dunque:
2 nel corpo della VF,
3 nel corpo della VM,
1 tra le vesti della donna,
1 sul pavimento dell’auto
= 7.
la Locci aveva due proiettili ritenuti e due trapassanti;
Lo Bianco tre ferite in entrata nel torace senza corrispondente foro di uscita, quindi tre presunti proiettili, dei quali soltanto uno fu materialmente rinvenuto e due gli rimasero nel corpo;
un proiettile era sul pavimento dell’auto e uno nelle vesti della VF (corrispondenti ai due colpi trapassanti sulla stessa Locci);
quindi indubitabilmente sette e un eventuale ottavo colpo (ipoteticamente quello che aveva trapassato l’avambraccio della VM) doveva essersi misteriosamente volatilizzato all’interno dell’auto, perché – a giudicare dai documenti citati – non era rimasto all’interno dei corpi né poteva essere passato attraverso i finestrini di destra entrambi chiusi, come da verbale.
Dunque:
2 nel corpo della VF,
3 nel corpo della VM,
1 tra le vesti della donna,
1 sul pavimento dell’auto
= 7.
Orbene, fatta questa premessa, veniamo al seguito. Circa un
anno dopo (ottobre 2018), Antonio Segnini ha pubblicato sul suo blog una
ricostruzione della dinamica del duplice omicidio di Signa che, come al solito,
brilla per l’assoluta ingegnosità con cui l’autore incastra pezzi
apparentemente discordanti; dirò subito che, pur ammirandone la meticolosità,
discordo dall’amico Antonio su un punto fondamentale, come si vedrà nel
seguito. Nel suo articolo Segnini criticava, probabilmente con ragione, un aspetto
della ricostruzione di Ferri e mia, portando a supporto nuova documentazione:
principalmente i verbali di autopsia
stilati il 23 agosto 1968, che ampiamente sostituivano, in meglio, le
sparse e confuse deposizioni rese al processo [Nota: ahimè, il verbale Montalto
manca di due pagine; e se la pag. 7 potrebbe essere poco rilevante, la pag. 9
contiene proprio gran parte delle risposte ai quesiti posti dal P.M.;
anche i verbali possono essere scaricati
qui]. Ammetto di averli letti, allora, con poca attenzione, dopo essermi
accertato che dalla descrizione dei corpi non c’era comunque traccia
dell’ottavo proiettile che andavo cercando. Chiedevo, a tal fine e per ulteriore documentazione, la perizia Zuntini 68, un documento quasi
leggendario tra i mostrologi, di cui si paventava addirittura la sparizione e
la sostituzione a fini di depistaggio, ma che, per notizie di riporto, sapevo
essere in mano di giornalisti e avvocati. Infine, molto recentemente, la
cortesia di un amico mi ha permesso di prendere visione del documento, ma non
di trarne copia e diffonderla ad altri, per motivi che sinceramente non
comprendo bene. Sta di fatto che ho potuto leggere e appuntare quanto mi
interessava, ma non sono in grado di pubblicare o riprodurre alcunché. Mi scuso
con i lettori, ben sapendo che il corretto metodo di critica storica non
dovrebbe funzionare così; ma tant’è, non posso fare altrimenti, quindi invito
chi è appassionato del caso ad accontentarsi
di quello che andrò a scrivere. Confido comunque che prima o poi
l’originale del documento sarà pubblicato integralmente, avendo ben altra
importanza soprattutto dal punto di
vista balistico; preciso, a scanso di equivoci e domande, che nella copia che ho visto non ci sono le
foto dei bossoli, posto che mai ci siano state.
Sulla base di quanto finalmente letto in Zuntini, riprendevo
in mano i verbali di autopsia, questa volta con maggiore interesse; rileggevo
per l’ennesima volta De Fazio e rimanevo, usando un understatement, sorpreso.
Vediamo perché, cominciando dalle risultanze autoptiche sulla Locci.
La perizia Montalto ci dà delle preziose indicazioni anche
prima di cominciare il vero e proprio esame del cadavere. Viene infatti
descritto in sufficiente dettaglio il vestiario della Locci: vestito senza
maniche, sottoveste, mutandine bianche “completamente intrise di sangue”;
reggiseno nero. Che le mutandine siano intrise di sangue fa pensare che le
indossasse al momento dell’attacco (ossia, non le vennero rimesse dopo, come
sostiene ad esempio Filastò). [Edit: non è questa l'unica soluzione possibile; si veda in proposito la discussione con il lettore Hazet nei commenti in fondo all'articolo] Il vestito ha un foro (il diametro indicato, di solo 2 mm.,
lascia però perplessi) nella regione posteriore-laterale sinistra; la posizione
precisa è rilevata dal perito incrociando le distanze da scollo, cerniera lampo
centrale e cucitura laterale. Sono dati che non siamo in grado di incrociare e
comunque con grande probabilità la veste era sollevata. Infatti, sulla
sottoveste troviamo tre fori anziché uno, corrispondenti senza dubbio alle tre
ferite ricevute in sede dorsale; con tutta probabilità la spalla era scoperta
(la foto del cadavere in auto, ancora vestito, è solo frontale, quindi non
abbiamo certezze) o il proiettile è passato attraverso la spallina del vestito
e il forellino non è stato rilevato. Quindi presumiamo mutandine e
sottoveste indossate in sede, mentre il
vestito, posteriormente, è alzato in parte (dal braccio dell’uomo?). Atteso che
due colpi sono trapassanti, dovremmo attenderci analoghi fori sulla parte
anteriore delle vesti, ma non viene riferito alcunché. Uno dei proiettili, in
effetti, è rimasto nelle pieghe della veste e verrà rinvenuto quando il corpo sarà
spostato sulla barella, cadendo a terra stranamente dal lato della schiena
anziché del ventre come dovrebbe essere. Non facciamoci però venire dubbi sulla
direzione dei colpi, perché il perito autoptico è su questo molto netto: i
colpi sul dorso sono in entrata, i fori sul torace anteriore in uscita; quindi
in seguito ai movimenti subiti dal cadavere post mortem il proiettile deve
essersi spostato. L’altro proiettile, probabilmente quello che, dopo aver leso
cuore e polmoni determinando la morte pressoché istantanea, esce in regione
mammaria destra, avrebbe dovuto forare la faccia anteriore di sottoveste e
vestito; o il piccolo foro non è stato rilevato o è anch’esso scivolato dal
corpo senza ledere il tessuto. Sembra, se la cronologia nei verbali è esatta,
che il proiettile, finito, come sappiamo, nella parte posteriore della vettura,
sia stato rinvenuto prima della rimozione dei cadaveri dall’auto; ciò significa
- se è lo stesso proiettile, e non si vede come possa non esserlo, altrimenti
non si capirebbe dove sia finito - che il proiettile è caduto già nel corso
della sparatoria o a causa di uno spostamento del corpo effettuato da qualcuno
prima dell’intervento delle FdO. Ma più verosimilmente e semplicemente il foro
corrispondente sul davanti dell’abito non venne rilevato, è probabile che fosse
al centro di un imbrattamento di sangue.
Nonostante la cattiva qualità della foto, le macchie di sangue sono ben visibili |
Saltando un po’ in avanti, un altro
segno di un possibile spostamento immediatamente post mortem (oltre alla ben
nota catenina spezzata, di cui il perito non ci parla, ma soccorre Matassino)
potrebbe essere costituito dalle due piccole aree ecchimotiche su faccia
esterna e interna del gomito sinistro (punto 8 dell’esame esterno nel verbale
di Montalto). E’ come se qualcuno avesse afferrato il gomito della vittima
tirandolo con violenza (per rimetterla in posizione sul sedile sinistro?).
Passando ora all’esame esterno vero e proprio, la situazione
del cadavere della VF è la più semplice, anche perché l’autopsia Montalto è
resa in modo molto più chiaro e lineare rispetto a quella del collega. I tre
colpi che la Locci subisce alla schiena non ci danno particolari problemi in quanto due sono fuoriusciti, uno è rimasto
sottocutaneo e in tutti i casi possiamo ricostruire i tramiti che sono
leggermente dal basso verso l’alto e da sinistra verso destra: entrano sul lato
sinistro della schiena ed escono al centro (linea alba) o sul lato destro del
torace anteriore. Zuntini nella sua perizia dà degli angoli precisi, che
riporto: il colpo più in alto sulla schiena avrebbe angolo di 15° dal basso
verso l’alto e di 35° da sinistra verso destra; quello alla base dell’emitorace
sinistro di 10° dal basso verso l’alto e di 25°da sinistra verso destra; quello
in regione lombare sinistra di 25° dal basso verso l’alto e 30° da sinistra
verso destra. Non sappiamo se a queste misure il perito giunse sulla base di
propri appunti e proprie misurazioni, nel corso della stesura definitiva della
perizia, o dopo aver parlato in sede di autopsia con i medici, che a dire il
vero nei propri verbali non ne fanno cenno, né probabilmente era loro compito
farlo.
Anche queste foto, che ritraggono il cadavere sul tavolo autoptico, sono tratte dal blog di Antonio Segnini |
Il colpo alla spalla è invece stato al centro di diverse
interpretazioni. Siamo cresciuti come mostrologi leggendo la perizia De Fazio
1984, il quale, riguardo alla VF di Signa, è molto netto: “In complesso
si individuano quattro
fori d'entrata tutti
al dorso, corrispondenti ad
altrettanti colpi d'arma da fuoco; diverse però le traiettorie, nel senso che
tre sono da sx. a dx. e una da dx. a sx.; tutti comunque dal basso verso l'alto
e, ovviamente, dall'indietro in avanti. Due proiettili sono fuoriusciti sulla
parete anteriore del torace e dell'addome; due proiettili sono rimasti ritenuti
(uno nel torace e l'altro nella spalla).
I tre tramiti da sx. a dx. sono stati tutti intratoracici e di essi uno
sicuramente mortale avendo provocato lesioni cardiovascolari. Il quarto, da dx.
a sx., ha interessato solo la
spalla sx. (ritenuto)”.
Quindi, a dire di De Fazio, avremmo un colpo alla spalla di direzionalità,
rispetto all’asse del corpo, diversa dagli altri, da dx a sx, mentre i colpi
che hanno raggiunto il torace e lo hanno completamente attraversato hanno
chiara direzione da sx a dx. Per questo, vari autori si sono affannati a
spiegare questa discordanza. Discordanza invero molto semplice da giustificare con un
movimento della vittima, giacché solo il colpo che colpisce il cuore è quello
immediatamente mortale e non è affatto detto che sia quello il primo; anzi, ci
sono degli indizi che la donna ebbe una reazione al momento dell’attacco. Da ultimo, Antonio Segnini, nell’articolo già
citato, ha ipotizzato che il colpo alla spalla sia uno dei due sparati “a cose
fatte” da Stefano Mele, dopo l’uccisione della moglie, insieme al misterioso e
mai trovato ottavo colpo. Se leggiamo l’autopsia Montalto, però, ci accorgiamo
che questo dato di una diversa direzionalità è assente. Riguardo alla
ferita alla spalla, infatti, il perito autoptico ci dice soltanto che essa “ha
maggior asse lievemente obliquo dal basso verso l’alto e da sinistra verso
destra”; e, nella sezione dell’arto superiore sinistro, riscontra che “alla
soluzione predetta fa seguito un tramite nel sottocute che si prolunga con un
semicanale a doccia sulla faccia posteriore della testa dell’omero con successiva
perforazione (…) della cavità glenoidea
e ritrovamento di un proiettile molto deformato situato in prossimità
dell’apofisi coracoide”. Il perito non
ha inserito uno specillo nella ferita o, se lo ha fatto, non lo scrive. Il
tramite nel corpo di questo colpo è molto breve, il verbale non indica esplicitamente
una direzione, ma la descrizione ci aiuta. Un proiettile che scava una doccia
sulla testa posteriore dell’omero, arriva nella cavità glenoidea, la perfora e
viene rinvenuto nei pressi del processo
coracoideo non può che avere una traiettoria leggermente da sinistra a destra: infatti,
guardando da dietro l’articolazione omero – scapola, la cavità glenoidea è a
destra dell’omero e il processo (o apofisi) coracoideo leggermente in alto a
destra. Quindi il medico legale documenta, senza dirlo a chiare lettere, una
direzione da sinistra a destra. Il colonnello Zuntini, a sua volta, parla di un
angolo di 30° da sinistra a destra e 20°da dietro verso l’avanti (espressione
quest’ultima che mi riesce di difficile comprensione in questo contesto, dove
ci si aspetterebbe dal basso verso l’alto o viceversa). L’angolazione calcolata
è del tutto analoga a quella degli altri tre colpi.
Anatomia dell'articolazione omero-scapolare; in questo caso vista anteriore della scapola destra. |
La linea tratteggiata indica il tramite sulla faccia posteriore della testa dell'omero |
Per quello che può valere, notiamo che, sentito in udienza
(22 aprile 1994), Montalto non parla mai di una diversa direzionalità del colpo
alla spalla, ma si limita a ripetere, genericamente, che i proiettili
colpiscono la metà sinistra del corpo e vengono da sinistra; segna anche le
direzioni con una penna, ma non si capisce esattamente per quali colpi. A
scanso di equivoci, rileggiamo una sua frase: “E sono risultati poi colpi quasi
tutti con un orientamento univoco, cioè dal basso verso l'alto, leggermente, e
da sinistra verso destra”. Quel “quasi” è il diavolo che ci mette la coda:
quasi tutti dal basso verso l’alto o quasi tutti da sinistra verso destra? O è
un “quasi” detto così, perché non li ricorda tutti a memoria?
Perché quindi De Fazio, unico specialista medico legale del
terzetto che operò la prima perizia riepilogativa nel 1984, scriva che il colpo
alla spalla aveva direzione opposta agli altri (destra-sinistra anziché
sinistra-destra), rimane abbastanza misterioso, a meno che la spiegazione non
si trovi nella pagina mancante del verbale di autopsia, nella quale il medico
darebbe ipoteticamente indicazioni diverse da quelle che si possono desumere
dalla descrizione della sezione dell’arto superiore sinistro. Però anche
Zuntini dà un particolare diverso per questo proiettile: lo descrive “con
direzione prevalente dall’alto verso il basso”, mentre gli altri tre sono
descritti dal basso verso l’alto, con tanto di angoli di incidenza. Può essere
che De Fazio abbia trasformato, erroneamente, la discordanza alto-basso (letta
comunque solo in Zuntini e non desumibile in Montalto) in una discordanza
destra – sinistra. Si tratta comunque di illazioni; guardando da dietro, il
processo coracoideo, si trova al di sopra della testa dell’omero, leggermente a
destra; quindi una traiettoria da sinistra a destra e dal basso in alto risulta
quella più probabile sulla base dei documenti ora disponibili. Si può avere
l’impressione che De Fazio non abbia studiato in maniera approfondita queste
autopsie, limitandosi a leggerne le conclusioni [Nota: ciò sarà più evidente
quando parleremo dell’autopsia Lo Bianco]. In questo senso, la mancanza della
pagina con le conclusioni del Dott. Montalto è veramente sfortunata.
Sulla base dei dati fin qui enumerati, mi sembra impossibile
proporre ricostruzioni o dinamiche di quello che veramente avvenne, se non
quella, assolutamente generica, che la Locci fu colpita da quattro colpi d’arma
da fuoco provenienti dal suo lato posteriore sinistro, sparati dalla fiancata
sinistra dell’auto; difficile decidere se da un finestrino solo o da entrambi.
Non conosciamo la posizione iniziale della donna al momento dell’attacco e di
quanto e come si sia spostata nel corso della sparatoria. L’indubbia traiettoria da sinistra a destra
dei colpi sparatile contro non è facile da giustificare, se non mettendo la
donna nella posizione che desideriamo rispetto al punto di sparo che abbiamo
soggettivamente scelto come più probabile; un esercizio di immaginazione dal
quale preferiamo astenerci. Qualche ulteriore considerazione e un confronto tra
le diverse ricostruzioni si potrà fare quando esamineremo l’autopsia Lo Bianco,
che è completa, ma purtroppo estremamente confusa. Vi sono forti indicazioni che al momento dell’attacco la donna ebbe una
reazione di terrore e di fuga, che può spiegare le traiettorie dal basso verso
l’alto (si sarebbe abbassata nel tentativo di sfuggire ai colpi). Anticipiamo
qualcosa che riguarda il Lo Bianco: la manica sinistra della sua camicia,
colpita da almeno tre proiettili, è totalmente staccata. Sarebbe il segno che qualcuno
ci si è aggrappato con violenza; possiamo ipotizzare che sia stata la donna all’inizio
della sparatoria. Se è così, si conferma che essa si trovava alla sinistra dell’uomo
e che non fu la prima ad essere mortalmente colpita. E’ anche probabile che il
cadavere, immediatamente dopo la morte, sia stato rimesso a forza sul sedile
anteriore sinistro, abbassandole il vestito, che era sollevato sulla schiena, e
strappandole la catenina. Vi fu quindi una manipolazione del corpo, ma molto
ridotta, ad opera quasi certamente dell’assassino; contrariamente a quanto
spesso si sente dire, il corpo non fu rivestito, in quanto era già vestito, a
parte le scarpe, soltanto con gli abiti in disordine, a causa, verosimilmente,
dell’inizio di un’attività erotica improvvisamente e tragicamente interrotta.
Di più non possiamo dire.
Ringrazio l’amico Prof. Claudio Ferri per avermi pazientemente
spiegato termini anatomici che non avevo mai sentito nominare e per la
collaborazione generale alla stesura dell’articolo; eventuali errori sono
soltanto miei.
[SEGUE]
[SEGUE]
Ciao Frank,
RispondiEliminain attesa della seconda parte, una questione:
* a proposito delle mutandine della Locci, scrivi che:
essendo "completamente intrise di sangue", che le indossasse 'correttamente' e che quindi "non le vennero rimesse dopo, come sostiene Filastò".
Mi pare che una simile affermazione contenga due punti traballini.
- Il Primo:
affibbiare al Filastò la paternità dell'idea della rivestizione mutandinara della Locci (ma la cosa è in primis riportata nel Rapporto Matassino - pag.14)
- il Secondo:
l'affermazione stessa che "non le vennero rimesse dopo".
La Locci non venne attinta con colpi direttamente all'inguine, quindi è gioco forza che il sangue presente sulle mutandine via sia impregnatosi per due vie:
a) attraverso il contatto del sangue colato e raccolto sul sedile (diciamo, per la parte posteriore e bassa delle mutandine) dalle ferite sulla schiena
b) attraverso il contatto col sangue colante (per forza di gravità dalla posizione 'seduta'), proveniente dalle ferite frontali d'uscita.
E quindi ovvio che le abbia impregnate durante un certo lasso di tempo, post-mortem.
Siccome è estremamente difficile ipotizzare che la successiva manipolazione dei cadaveri delle due vittime (es: la Locci ri-messa a sedere) sia avvenuta a coagulazione sanguigna già completata, ne consegue che la presenza (per quanto copiosa) del sangue sulle mutandine NON può essere considerata come una certezza discriminante della posizione originale delle stesse.
Si può invece convenire che sia facilmente ipotizzabile pensare che le mutandine non fossero state completamente sfilate (perchè una rivestizione da zero delle stesse, su un cadavere, in un ambito angusto quanto l'interno di un auto, è alquanto scomodo e probabilmente avrebbe causato/lasciato macchie di tracce ematiche qua e là), ma assai più facilmente e normalmente -visto il particolare contesto effusionale- semplicemente abbassate a mezza coscia o anche meno, comunque fuori 'sede consona' (come evidenziato anche nel rapporto Matassino con quel "...le vesti della Locci sono scomposte tanto che ambedue le cosce sono scoperte fino quasi all'altezza dell'inguine...")
E, fisica dei liquidi a parte, è del resto proprio lo stesso Mele Stefano a dire che "Dopo averli uccisi ho aperto la portiera sinistra dell’auto e, appoggiandomi al volante con la sinistra, con la destra ho tirato su mia moglie per i vestiti, rimettendola seduta ed aggiustandola un po".
O, sempre il MS, in uno dei suoi cambi versione, quando dice "non intervenni neanche per aggiustare i cadaveri: lo fece il Vinci".
Quindi, a prescindere, una manipolazione (in senso di aggiustamento 'scenico') ci fu; e visto come vennero ritrovati i corpi (anche quello del Lo Bianco, senza 'pacco' al vento), non si vede perchè delle mutandine insanguinate a contatto col sedile in cui è stata riposizionata, debbano escludere una copertura delle 'pudicizie' anche alla Locci.
E poi c'è sempre quella la riga nel Rapporto Matassino in cui si legge "...Rimessa quindi la donna seduta, le aggiusta appena le vesti, AFFERMA ANCHE DI AVERLE TIRATO SU LE MUTANDINE..." (pag.14)
CONCLUSIONE:
- ipotizzare che le mutandine della Locci non vennero 'modificate di posizione' dopo il delitto, e farlo a partire dal fatto (ovvio vista la posizione seduta) che fossero intrise di sangue: è -imho- una forzatura in contrato con quanto dichiarato dal Mele Stefano stesso (e ufficializzato nei verbali); e -volendo al limite per assurdo scartare le dichiarazioni ed i verbali- non sufficientemente suffragato nemmeno da una relazione (negante) univoca di causa(indossate) / effetto(insanguinate), perchè ciò avrebbe benissimo potuto avvenire dopo la ricomposizione dei corpi
Hazet
post scriptum:
RispondiElimina"contrariamente a quanto spesso si sente dire, il corpo non fu rivestito"...
- cosa che non risulta Stefano Mele abbia mai nè mimato in fase di ricostruzione in loco, nè detto o sia stata messa a verbale ( si parla di "aggiustare appena le vesti", "tirar su le mutandine" e "rimettere seduta").
Non solo:
aggiungerei, infatti, che quel tuo "E’ anche probabile che il cadavere, immediatamente dopo la morte, sia stato rimesso a forza sul sedile anteriore sinistro" è una pura e semplice conferma all'affidabilità delle (prime) confessioni e atti ricostruttivi del Mele Stefano (certamente presente sulla scena del delitto al momento del delitto).
;)
Hazet
...e ancora:
RispondiEliminaSulle (posizione delle) mutandine:
- dal Processo Verbale di Interrogatorio di Stefano Mele del 23 Agosto 1968, ore 21:00:
"Aveva le mutandine abbassate fino al ginocchio, provvidi a tirargliele su.
pag.16 - Mostro di Firenze - Al di là di ogni ragionevole dubbio. edizione del 2016. Cochi - Cappelletti - Bruno
Sulla (conferma della) manipolazione molto ridotta:
- "ricomponendola approssimativamente
dalla Sentenza Rotella; 2.4 - LA CONFESSIONE
Hazet
Hazet, il tuo ragionamento è giusto. Le mutandine possono essere state abbassate al ginocchio e tirate su, nell'immediatezza o quasi, dall'assassino. Su questo abbiamo la parola del Mele, raccolta poi dagli investigatori. La versione che il bambino dorma durante gli spari e si svegli solo durante la ricomposizione dei cadaveri convince poco e sarà del resto più volte smentita dal piccolo testimone, che una volta addirittura dice di aver colto le ultime parole del Lo Bianco: "Ci hanno ammazzato" o qualcosa del genere.
RispondiEliminaPreciso che in questi articoli il mio intento non è di sbugiardare il Mele (che si sbugiarda da solo, se si esaminano le sue esternazioni con occhio critico), ma rivedere la vicenda nel suo inizio con maggiore dettaglio di quanto avevo potuto fare nel libro, grazie ai nuovi documenti nel frattempo emersi.
Purtoppo non abbiamo il verbale di confessione per intero, ma solo in frammenti, sparsi in vari luoghi. Ho più volte chiesto a chi lo detiene di averne copia, ma senza esito. Può darsi che prima o poi compaia, ho notato che recentemente si sono formati nuovi canali di diffusione.
Bisogna poi sempre tenere conto che i verbali di questi personaggi minus habentes (Mele, Pucci, Lotti) sono sempre resi logici e coerenti dall'intervento redazionale degli inquirenti.
"rivedere la vicenda nel suo inizio con maggiore dettaglio "...si, si, ma per intanto i dettagli sono che:
RispondiEliminaa) la vox non arriva dal Filastò ma è parte integrante della confessione del Mele
b) in più occasioni, specie quella della ricostruzione in loco a seguito della prima confessione (quindi la "meno influenzta da fattori esterni") il SM ha dichiarato di 'mutandine abbassate' e di 'rivestizione sommaria', come riportato nei verbali
c) i verbali dei minus habens saranno pure resi "sempre resi logici e coerenti dall'intervento redazionale degli inquirenti", ma intanto quello c'è scritto e non altro.
d) che le mutandine -calzate- fossero copiosamente intrise di sangue è normale conseguenza della fisica dei fluidi, rispetto alla posizione (in cui venne spostata), che le metteva a contatto con la fuoriuscita del sangue che -per fisica- andava a defluire verso il fondo dello schienale del sedile. E quindi non è prova di non abbassamento visto lo spostamento in posizione seduta del corpo della VF.
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che SM non fosse sulla scena del delitto al momento del delitto, è cosa -comunque- completamente indimostrata, illogica e che per stare in piedi è obbligata a fare carta straccia, a piacimento personale (un pò come: "spostata sì, mutandine sistemate no") dei passi di documentazione ufficiale che più convengono; oltre a dover -tra le tante- fare a pugni con quel minimo di logica che una finta malattia e le parole del Natalino al De Felice comportano e le altre mille altrimenti 'stranezze'.
Hazet
Ok, però siamo alle solite. Nelle confessioni si cherrypickano dei particolari che ci piacciono e si omettono gli altri che non ci vanno bene. Il Mele ha rimesso le mutandine alla moglie. Ok.
EliminaAllora ha anche buttato la pistola.
Allora ha anche "non accompagnato" il figlio.
Oppure poi lo ha accompagnato.
Oppure il Mele c'era, ma con Francesco.
Oppure c'era, ma con Cutrona.
Oppure c'era, ma con zio Piero in bicicletta.
Oppure c'era, ma con tutto il parentado.
Oppure c'era ma con tutto il parentado + Salvatore.
Per chiudere la discussione, correggo la troppo decisa affermazione che ho fatto nell'articolo.
Le mutandine erano in sede e intrise di sangue, quindi è normale che la VF le indossasse al momento dell'attacco. Ma non si può escludere che l'assassino o un terzo gliele abbia rimesse a posto subito dopo l'omicidio.
Ciao Frank,
RispondiEliminavisto che la seconda parte ancora non l'hai pubblicata, provo - anticipandola- a 'mettere nel calderone'due ulteriori spunti di riflessione.
IL PRIMO
Visto che -per alcuni pare- essere tanto importante sapere se furono sparati 7 o 8 (o un altro numero) di colpi, è bene ricordare che il Mele Stefano non dichiarò di aver sparato "8" colpi, ma di aver sparato "tutti i colpi che conteneva il caricatore"
[Processo verbale di Interrogatorio di Stefano Mele 23/agosto/1968 ore 21:00]
Certo poco prima, stessa deposizione, sempre il Mele Stefano aveva detto "Salvatore aprì una borsa e mi diede un pistola dicendomi: 'guarda che ci sono 8 colpi'"
[Processo verbale di Interrogatorio di Stefano Mele 23/agosto/1968 ore 21:00]
Ma:
- nella deposizione SM mai dice di aver verificato quanti colpi ci fossero effettivamente nel caricatore
- è ben difficile che SM - che non era nè un addestrato militare di forze speciali, nè un patentato e aduso pistolero, nè che mai aveva ucciso a sangue freddo nessuno- abbia contato i colpi sparati mentre li sparava
- visto che la perizia psichiatrica su SM, depositata il 5/2/69, ce lo descrive come con "sviluppo mentale indubbiamente al di sotto della media", "estrema scarsità di nozioni elementari", "affetto da oligofrenia di medio grado" possiamo pure tranquillamente dubitare che -ammesso che li avesse contati sparandoli- sapesse contare bene... quanto meno in un breve e veloce ma altamente carico di tensione, momento come quello di un duplice delitto a sangue freddo.
- non c'è nessuna garanzia di certezza che -come da dichiarato- il Sv avesse detto "8" ma il caricatore ne contenesse proprio quel numero (svista? inganno? 8 davvero?)
In ogni caso, che i colpi siano stati 8, 7 o altro numero (compatibile con un unico caricatore usato...e SM durante la ricostruzione non mimò alcuna ricarica nè dichiarò di aver ricevuto assieme all'arma un secondo caricatore) è coerente e trova riscontro nella deposizione del Mele Stefano del 23 agosto'68 (immediatezze del delitto), avvalorandone di fatto la ricostruzione; anche perchè alla data del 23 agosto, la perizia autoptica ancora non era stata stilata (come si evince dalle intestazioni "L'Anno 1968, il giorno 23 del mese di Agosto, In Firenze, Noi, Dott. Antonino Caponnetto... snip... abbiamo dato incarico al perito di procedere..." (23 SM dichiara..., 23 viene dato incarico di fare la perizia)
IL SECONDO
si fa sempre un gran parlare/dubitare di un bambino di 6 anni che a notte fonda non si svegli nelle immediatezze del primo sparo (di una serie di 7 o 8), ma si svegli solo alla/verso la fine della sequenza di sparo.
C'è -imho- indubbiamente del vero nel dubitare che uno non si svegli -specie considerando che il colpo è sparato nelle immediate vicinanze), MA....
MA:
ci si dimentica che i colpi colpi, siano stati 7 o 8, vennero sparati senza soluzione di continuità (come del resto per i successivi delitti e come logica vuole ed impone):
-premi il grilletto: BANG, sollevi il dito dal grilletto e lo ripremi: BANG, etc etc, ossia ripetuto per 7-8 volte.
- quante frazioni di secondi, quanti secondi ci vogliono per premere un grilletto e rilasciarlo?
diciamo - per star larghissimi- che ci vuole 2 secondi a sparo? 2s*8c = 16 secondi. 3s*8c = 24 secondi.
Siamo ancora così sicuri che un NM, di 6 anni, che per passare dal sonno e i sogni alla lucidità di comprensione di cosa siano quei rumori e di cosa stia accadendo ci impieghi una ventina o meno di secondi, sia un NM che mente o che dice una cosa impossibile ed improbabile?
Hazet
Grazie del commento.
RispondiEliminaConfido che troverai delle mie considerazioni in merito nella seconda e (forse) terza parte dell'articolo. Mi sto scontrando con la difficoltà di dare un senso compiuto e logico alle sciocchezze scritte dal dott. Graziuso; per questo sono in ritardo sulla tabella di marcia.
La tua prima obiezione ce l'ho ben presente.
Sulla seconda direi che concordiamo. Però quando i corpi vengono sommariamente ricomposti il bambino deve essere ormai ben sveglio; come mai non vede nulla? a meno che non si sia già allontanato, il che mi sembra strano (ma è comunque una possibilità).
ciao Frank,
RispondiElimina"Però quando i corpi vengono sommariamente ricomposti il bambino deve essere ormai ben sveglio;
come mai non vede nulla?
a meno che non si sia già allontanato, il che mi sembra strano (ma è comunque una possibilità)"
oserei direi una "possibilità" molto meno improbabile del NM che prima resta in macchina a controllare i parenti e poi esce, scalzo, magari addirittura dal finestrino semi aperto, per farsi da solo una passeggiatina al buio di 2km e passa verso l'ignoto (e pure in direzione contraria a quella di arrivo)... con pure un duplice omicida nei paraggi che si disinteressa di lui e raggiunge casa del de Felice senza manco "segni di ferite o graffi ai piedi"! LOL :)
Però...
però, se quel"si sia già allontanato" lo declini alla forma verbale più corretta del "venne allontanato" (dal SM, principalmente lì appositamente per quella funzione)... vedi che i conti tornano.
Stessa domanda del "non vide nulla?", la puoi girare sul SM che dice che i corpi li rivestì sommariamente lui... ma davvero andò così? davvero lo fece lui e non altra persona della famiglia/clan Mele?
Ho i miei dubbi, visto che non solo i corpi vennero sommariamente rivestiti (e SM avrebbe potuto farlo per l'affetto verso la moglie), ma l'auto venne 'frugata' alla ricerca dei soldi di famiglia/clan (e SM non dice di averlo fatto... ma del resto in quel momento investigativo, e per ancora un pò di anni, SM la famiglia/clan la difendeva)
E dal lato NM, tieni conto che anche lui -imbeccato innanzitutto durante la passeggiata- difendeva il padre (e quindi la famiglia/clan tacendo e fornendo un alibi a papino)... eppure qualcosa anche lui se la lascia sfuggire sul chi ha visto oltre il padre... (lo zio Pietro).
[...e pure di "tra le canne" di un 'autista' che non ha partecipato direttamente agli spari, ma che è rimasto/avrebbe dovuto rimanere a fare il palo vicino all'auto a "quattro ruote" con cui arrivò il gruppo omicida ]
Hazet
Frank,
RispondiElimina...restiamo ancora sui colpi sparati, sul tempo per spararli, sul NM dormiente e le dichiarazioni di SM del 23 agosto.
Stavolta però facciamo la 'controprova', ossia proviamo a vedere come la cosa (non)funzionerebbe NELLA VERSIONE 'SM NON SULLA SCENA DEL DELITTO E INFO RACCONTATEGLI DA NATALINO dopo il primo interrogatorio del 22 agosto, quando lo rimandano a casa col papà.
1- 22 agosto: l'estraneo SM dopo essersi dichiarato innocente, viene rimandato a casa col NM... e a casa dal NM si fa raccontare dal figlio cosa è successo la notte del delitto, scoprendo così di 'freccia', 'corpi spostati', etc etc e soprattutto del 'numero dei colpi sparati'
23 agosto /1: vengono ordinate le perizie autoptiche, che quindi ancora non sono state fatte e quindi non possono ancora aver dato il responso di quanti colpi son stati
sparati, dato dunque ignoto anche al momento alle FF.OO.
23 agosto /2: SM: in fase di sopralluogo ricostruttivo dichiara che bla bla bla bla (freccia, spostamento etc) e soprattutto di numero di colpi sparati ("tutti i colpi che conteneva il caricatore" che prima aveva detto essergli stato riferito contenerne "8".
PROBLEMA (o detta 'inversione del problema')
- visto che i colpi vennero sparati in rapida successione e senza soluzione di continuità,
- visto che abbiam detto che -tenendoci larghissimi possiamo indicare in 2 sec il tempo per un colpo- e che quindi quei 7 8 colpi avrebbero portato via meno di una trentina di secondi
- visto che il Natalino dormiva, ma è impossibile che gli spari, esplosi nelle sue estreme vicinanze non lo abbiano svegliato
DOBBIAMO per forza di cose immaginare che in quella trentina scarsa di secondi:
- un bambino di 6 anni,
- che dorme al buio rannicchiato sul sedile posteriore di un auto,
-
che viene svegliato di soprassalto da una serie di detonazioni accompagnate dall'odore acro della combustione dei colpi
- che appena sveglio vede sua madre morta:
Ebbene, dovremmo dire che quel bimbo svegliato di soprassalto, ebbe:
- la prontezza di spirito di contare i colpi,
- quella di memorizzarne il numero
e successivamente, raggiunto da solo, scalzo e nel buio ignoto casa del De Felice,
- col De Felice si sia dimenticato di spari e del numero degli stessi
- si sia invece ricordato di dire che suo padre 'era a casa'
E pure che invece, sollecitato il giorno dopo da suo padre:
- si sia ricordato di spari e del numero degli stessi.
Sinceramente, se è poco credibile che l'incapace SM abbia contato i colpi mentre li sparava, è assurdo immaginare che NM -repentinamente passato dal sonno alla veglia- possa averli contati lui e quindi averli riferirli al padre il giorno successivo.
se non è una prova del nove questa, che il SM era sulla scena del crimine e che non fu SM o le FF.OO ad imbeccarlo... non so cosa altro ci debba volere.
Hazet
Non ho mai pensato che sia stato Natalino a dirgli il numero dei colpi (giusto o sbagliato). Quindi non credo di avere mai scritto quello che non ho mai pensato.
EliminaMa nel tuo intervento c'è un errore che spiegherò quando sarò pronto, con il massimo scrupolo, con la seconda parte dell'articolo.
Nel frattempo ti invito ad avere pazienza.
Frank, non dicevo che Tu sostenessi una tale cosa.
RispondiEliminaDicevo e mi riferivo a tutti quei "chiunque" sostengano che SM non fosse sulla scena del delitto al momento del delitto (dunque complice), che per farlo non hanno altro mezzo a cui attaccarsi, se non appunto il dire che le info (volume di fuoco compreso) le aveva apprese da NM quando, il 22 Agosto, li rimandarono liberi e beati a casa assieme, per giustificarne l'ipotesi.
Perchè nemmeno l'attaccarsi ai presunti "schiaffoni" può essere sufficiente, visto che alla data del 23 le perizie non erano pronte (e quindi il preciso volume di fuoco ignoto... tolto a chi era effettivamente lì, e non addormentato).
***
Aspetto con impazienza la specificazione e la motivazione dell'errore.
Hurry Up! mhò, m'hai fatto curioso!:)
PS:
se per "errore", contesti la rapida successione dei colpi postulando uno spostamento del soggetto sparante (facendo così aumentare il numero di secondi necessari alla sequenza di sparo, causa pausa per spostarsi): non cambia in nulla la sostanza del dover immaginare un SM o NM che si mettono a contare i colpi in una simile circostanza; e non cambierebbe di molto nemmeno in termini puramente temporali (anche perchè 2 sec. a premere un grilletto è un tempo già iper-arci-largo).
Hazet
Dovendomene occupare per altri motivi, ho dato una rapida occhiata alle tue considerazioni riguardanti il colpo alla spalla di Barbara Locci. Non sono entrato nel merito dei ragionamenti di anatomia, che sono sicuro siano esatti, anche se purtroppo poggiano sulle informazioni nebulose del verbale di autopsia. Non so da dove De Fazio avesse tratto l'informazione della direzionalità opposta, potrebbe senz'altro essersi trattato di un suo errore. Quel che credo di poter affermare con ragionevole certezza è il fatto che non aveva alcun interesse a cambiare le carte in tavola (come invece si può sostenere con una certa sicurezza per Zuntini nella sua perizia del 1974), poiché non utilizzò tale dato per farle tornare, in quanto non fornì una ricostruzione particolare della dinamica.
RispondiEliminaIn ogni caso non mi attacco alla direzionalità della ferita per ritenere valida la mia ricostruzione dei due colpi sparati in una seconda fase (dopo i primi sei, quindi otto in tutto), essendoci altri particolari che la comprovano. Come sempre faccio ricorso alla logica, che a tanti, compreso te, sembra fare tanta paura.
Da una parte abbiamo la presenza di due bossoli nell'abitacolo, in particolare sul sedile posteriore, e vicinissimi l'uno all'altro. Che fossero all'interno indica in modo inequivocabile che i corrispondenti colpi furono sparati con la mano dentro. Che fossero vicinissimi l'uno all'altro indica che probabilmente i colpi furono sparati da un'arma che non si mosse tra l'uno e l'altro, quindi in rapida sequenza.
Lasciando perdere per un momento il colpo alla spalla della Locci, dall'altra parte abbiamo sei ferite sulle vittime che indicano due sequenze di tre colpi ciascuna sparati uno dietro l'altro, prima su una (con quasi assoluta certezza la Locci, ma non è sostanziale) poi sull'altra. Mi pare di un'evidenza lapalissiana che nessuno dei due bossoli trovati all'interno poteva far parte di queste due sequenze, altrimenti se ne sarebbero trovati almeno tre, ma, con estrema probabilità, sei, non esistendo ragioni per le quali alla Locci si sarebbe sparato da fuori e a Lo Bianco da dentro.
Supponiamo infatti che lo sparatore avesse aperto la portiera e, da fuori (ma sarebbe stato uno sciocco a non mettere la mano dentro con la coppia che stava dall'altra parte) avesse sparato i primi tre colpi alla Locci. Poi avesse avvicinato l'arma introducendola dentro per sparare a Lo Bianco. Avremmo avuto tre bossoli dentro.
Se invece avesse sparato anche alla Locci con la mano dentro avremmo avuto sei bossoli dentro.
Rimane poi da spiegare il colpo alla spalla della Locci. Quando sarebbe stato sparato? Assieme ai primi tre?
Per spiegare i due soli bossoli dentro senza ipotizzare una fase due, come ho fatto io, bisognerebbe arzigogolare una dinamica che preveda l'apertura della portiera, l'espolosione dei primi cinque colpi da fuori e degli ultimi due da dentro. E quali sarebbero questi ultimi due colpi? Quelli su Lo Bianco? Prima uno da fuori poi due da dentro?
Secondo me sarebbe un accrocchio in ogni caso.
Quindi, riassumendo. Non stupendomi affatto che il proiettile a vuoto si fosse perso, e non avendone alcun bisogno come prova della presenza di Mele (a me basta e avanza la sua finta malattia della mattina, ma gli indizi sono innumerevoli e insuperabili), ritengo ancora altamente probabile che i colpi sparati fossero stati otto, e che quello rimasto in canna fosse servito da modello a chi raccolse la pistola per acquistare la prima partita dei suoi.
Ancora un paio di considerazioni che ho dimenticato.
RispondiEliminaLa prima: la posizione dei due bossoli sul sedile posteriore non dimostra certo che quei due colpi furono sparati con l'arma inserita dentro attraverso il finestrino posteriore, però è un bell'indizio in tal senso. Uno sparo dalla parte anteriore, attraverso la portiera aperta, avrebbe avuto senz'altro molte più possibilità di finire da tutt'altra parte.
La seconda: si potrebbe anche ritenere che un terzo bossolo fosse finito dentro e non fosse stato ritrovato. Questo in appoggio all'esplosione da dentro della sola sequenze di sparo contro Lo Bianco, mentre l'altra sulla Locci e il colpo alla spalla potrebbero essere state esplose da fuori. Però non si tratta certo della situazione più probabile, dovendosi accettare il fatto che, poco ragionevolmente, a portiera aperta ben quattro colpi su sette si sarebbero sparati inutilmente da fuori, e la perdita di un bossolo nell'abitacolo, possibile, ma non con un livello paragonabile a quella di un proiettile, ben più veloce e facilmente frammentabile, essendo di piombo.
Antonio, prima mi hai dato del superficiale, ora avrei paura della logica...
EliminaVa bene, su questo non rispondo.
Numero dei proiettili: sono otto solo perché, sommate le autopsie, 4+4 = 8. Il bello è che anche tu accetti l'idea che un colpo di quelli che hanno attinto Lo Bianco (quello all'avambraccio, con grande probabilità) ha proseguito nel corpo della Locci. Quindi l'ottavo proiettile c'è, ma non fu trovato... Con questa logica possono essere stati sparati nove dieci undici colpi, ad libitum. Posso accettare che furono sparati otto colpi solo ammettendo che il verbale di Ferrero sia sbagliato riguardo allo stato dei finestrini e che l'anteriore destro fosse aperto come si vede nelle foto. Se ci si basa sugli atti, non c'è motivo alcuno di ipotizzare un ottavo proiettile se non per far tornare i conti del Mele (e i propri).
Bossoli: una volta negata una diversa direzionalità del colpo alla spalla della VF (che potrebbe avere comunque semplice spiegazione nel movimento della vittima; che venne colpita per prima è una tua illazione) non c'è traccia di serie di 3+3+2 colpi. Semmai di 4 colpi contro LB, uno dei quali colpisce BL, e 3 contro la stessa BL che probabilmente ha cercato di sottrarsi; colpi tutti sparati dal lato anteriore sinistro dell'auto, a portiera aperta e gli ultimi due con il braccio avanzato all'interno.
Questa è la ricostruzione più semplice e lineare; poi di ipotesi ne possiamo fare tante, mettendo sulla scena 3 4 5 6 personaggi diversi, facendo sparara il Mele (cosa che Natalino ha espressamente negato) ecc. Quando più di sette anni or sono mi appassionai a questo caso, ritenni di primo acchito che il delitto di Signa fosse una storia di corna. A ogni nuovo documento emerso, che ribadisce, se non l'innocenza, quanto meno l'ignoranza del Mele, questa convinzione è scemata e non posso oggi escludere che non sia altro che il primo delitto del MdF, "rovinato" dalla inopinata presenza del bambino.
Non prendertela Franco, siamo tutti grandi, sapessi io con la mia teoria Lotti, anche su certi tuoi interventi...
EliminaAndiamo su quello che conta. Mi devi spiegare il perché ci sono due e solo due bossoli dentro l'auto. Poi discutiamo.
Preciso meglio la mia domanda. Quando lo sparatore avrebbe messo la mano dentro, all'inizio o alla fine. Perché lo avrebbe fatto? E quali sarebbero le due ferite corrispondenti a questi due colpi?
EliminaPremesso che non sappiamo con esattezza la posizione delle vittime al momento dell'attacco, quindi è tutto molto aleatorio, non vedo quale sia il problema nell'adottare l'ipotesi più semplice e lineare: l'assassino apre la portiera, spara con la mano ancora fuori (probabilmente 4 colpi su LB di cui uno colpisce la Locci non mortalmente), la donna si ritrae verso il lato opposto dell'auto (o semplicemente si abbattesul corpo della VM), il killer spara altri 3 colpi di cui due sporgendo l'arma dentro l'abitacolo. Se il finestrino dx era aperto come in foto può anche averne sparato 8 e uno si è perso nell'universo. Nella conta mancano sia bossoli che proiettili, quindi una ricostruzione precisa a mio avviso non si può fare. In una situazione dinamica non c'è alcuna inverosimiglianza nello sparare un colpo da fuori e due secondi dopo avere la pistola all'interno dell'auto e finire di sparare gli ultimi due colpi.
EliminaQuindi secondo te uno apre la portiera, e invece di mettere la mano dentro avvicinandosi al bersaglio la tiene fuori dall'aut. Altrimenti sarebbe stato tutto troppo facile, date le ottime condizioni di visibilità! Poi però si pente, pensando: "Ma tanto chi mi vede?" e per gli ultimi due colpi si avvicina...
EliminaI problemi di simile dinamica sono molti, cito soltanto la mancanza di quasiasi segno di affumicatura, quindi i due colpi i cui bossoli finirono dentro da quale distanza sarebbero stati sparati? Con la mano dentro dalla portiera anteriore la distanza non poteva essere molta (diversamente da quella posteriore sulla spalla della Locci).
Tra l'altro dicendolo a parole sembra tutto possibile, ma mettendosi davanti a una portiera che si è appena spalancata con la mano sinistra, quindi vicinissimi alla fiancata, tenere il braccio destro allungato per sparare con la pistola ancora fuori dall'abitacolo è del tutto innaturale se non praticamente impossibile. Naturale è invece tenere la portiera aperta con il proprio corpo, magari con la mano ancora sulla maniglia, e mettere l'altra mano dentro con il braccio steso. Provare per credere, come ho appena fatto io.
Tutto certo è possibile, ma bisogna dare un grado di plausibilità applicando la logica, che con una ricostruzione del genere mi pare molto penalizzata.
Frank,
RispondiEliminaa me invece piacerebbe sapere dove il SM disse di aver sparato 8 colpi ("...non c'è motivo alcuno di ipotizzare un ottavo proiettile se non per far tornare i conti del Mele..."[cit])
a verbale, come già fatto notare e rinotare: NON risulta SM disse così.
Ah, già! I verbali sarebbero 'addomesticati' dai CC... e se non lo sono, oh beh, su dai, allora facciamogli dire 'noi' le cose che preferiamo.
così sì che i conti li si fan tornare sempre tutti.
"...facendo sparare il Mele (cosa che Natalino ha espressamente negato)...".
ah. adesso allora le parole del Natalino van bene e sono credibili?
ma non avevi scritto che...bla bla bla?
Insomma, riassumendo: quale delle versioni dobbiamo prendere per buona?
Hazet
Hazet, sei un incorreggibile sicofante...
EliminaChiedi cose che sai benissimo, cercando ingenuamente di trarre in inganno l'interlocutore. Giacché SV gli ha detto guarda che ci sono otto colpi e lui ha sparato l'intero caricatore, Mele sta dicendo (vero o no che sia) di aver sparato 8 colpi, per la proprietà transitiva e la logica formale.
Incollo da enciclopedia treccani: 1. Nel pensiero greco classico, la scienza del logos, ossia del pensiero in quanto viene espresso; in partic., in Aristotele, teoria della connessione tra proposizioni (cioè del sillogismo, argomentazione che consta di due premesse e di una conclusione), che si generalizza in seguito come la teoria o l’indagine relative alle condizioni di validità dei procedimenti di inferenza di un giudizio da un altro; l. dei termini, l. delle proposizioni, denominazioni dei sistemi logici nei quali sono considerati come variabili i termini (cioè nomi e verbi) o, rispettivam., le proposizioni stesse. Accanto al significato tradizionale di teoria dell’inferenza, il termine acquista successivamente quello generale di indagine relativa alle forme astratte del pensiero: l. formale, espressione con cui si designa la logica con l’intento di sottolinearne il carattere formale, ossia il fatto che essa prescinde dai contenuti per esaminare soltanto le forme dell’inferenza.
Quanto a NM come fonte, l'osservazione era rivolta ad Antonio, che lo ritiene affidabile e veritiero, dopo però accurata cernita di ciliegia e ciliegia (non userò il termine inglese perché so che lo irrita)
No, Frank,
Eliminanemmeno un pò. ma proprio nemmeno un pò.
Una simile transitiva equivalenza è, al limite, una DEDUZIONE PERSONALE.
Inoltre: deduzione personale che si basa su qualche fatto? NO!
Perchè per sostanziarsi in qualche modo ha pure bisogno di introdurre la NON documentata e PERSONALE IPOTESI che i CC informati dai periti settori, abbiano travasato le informazioni ricevute al SM e che l'abbiano obbligato in fase di ricostruzione in loco a comportarsi e dichiarare di conseguenza [e che poi abbiano continuato per anni e anni e anni a fargli dire di essere colpevole, etc etc etc]
Ipotesi Personale (periti->CC->SM) che a sua volta si deve basare sull'IPOTESI che i periti settori (differenti per VF e VM) e perito balistico, all'epoca abbiano tutti sbagliato a riconoscere il ferite/tramiti/palle/bossoli etc [non solo che a scrivere i verbali fossero stati sciatti e fumosi espressivamente]
Quindi: sostenere che SM disse di aver sparato 8 colpi, è:
1- un personale deduzione
2- che per reggersi in piedi obbliga ad inventarsi l'ipotesi che i CC imbeccarono SM
3- che per reggersi in piedi a sua volta obbliga ad avere gli svariati periti, incapaci-ma-concordi tra loro
Ciò che invece è documentalmente e storicamente certo (non personalmente ipotizzato o dedotto), è che
4- il SM dichiarando di aver sparato tutto il caricatore (che l'abbia fatto lui o meno è altro discorso ovviamente) disse una cosa coerente col il delitto [sia che vennero sparati 7 oppure 8 colpi]
- - - - -
Ok (per me) il succo del chiarimento su NM in riferimento a Segnini, però...
ocio, che stai rispondendogli ricorrendo allo stesso tipo di format 'cigliegesco' [come hai fatto tu col SM per il 1985] per controbattere al suo format 'cigliegesco'.
Hazet
Premesso che non sappiamo con esattezza la posizione delle vittime al momento dell'attacco, nè come si siano mosse durante l'attacco, nè come siano state spostate dopo l'attacco, nè da che punto o punti siano partiti gli spari, nè che ci sia concordanza tra bossoli repertati e palle rinvenute, nè che più di tanto le perizie affidate a differenti periti per la Locci e per il Lo Bianco, possano essere considerati dirimenti, possiamo molto più correttamente dire che: se escludiamo le testimonianze di Stefano e Natalino Mele e la ricostruzione fatta da Stefano Mele: ogni formulazione di ipotesi ricostruttiva, specie se fatte a distanza di decine e decine d'anni: è pura e semplice invenzione fantastica.
RispondiEliminaIncludendo i racconti di Stefano e Natalino ne sappiamo meno ancora perché ci portano fuori strada, avendo detto tutto e il contrario di tutto
EliminaCome dire, non ci capisco niente io, quindi nessuno ci potrà mai capire niente.
EliminaMa una ricerca storica che si propone l'obiettivo di dimostrare che niente è dimostrabile, almeno alla luce della ragione, che ricerca storica è?
Scusami, ma questa te la sei proprio voluta.
Da Socrate in poi, ammettere di non sapere è una virtù...
EliminaQuanto al lavoro dello storico, è vero che lo storico è anche un investigatore; ma questo non vuol dire che lo storico sia in grado di risolvere tutti gli enigmi. E comunque, una certezza negativa è meglio di niente.Quindi anche arrivare alla conclusione che le sentenze sono sbagliate è meglio di niente.
Credo che il sapere di non sapere di Socrate sia soltanto un invito a non dare nulla per scontato, non certo alla rinuncia di cercarlo, quel sapere.
EliminaForse. Resta il fatto che certe conclusioni e certe certezze non sono delle prove: ma semplicemente delle personali interpretazioni formatisi a partire da personali scelte di lettura di valore indiziario di solo alcuni elementi a discapito di altri.
RispondiEliminaIl Rotella, lui sì che storicamente e moralmente poteva permettersi la disquisizione sulla "cose concrete", intese come prove fisiche tangibili necessarie, benchè in Italia fosse già in vigore il 'processo indiziario' (come molto molto bene dimostrato dal processo a Pacciani come mostro di Firenze). Ma il Rotella, appunto, era il Rotella.
Lo storico le prove non le fabbrica certo, ma le interpreta. Rotella cercò di fare qualcosa di analogo, ma non da storico: voleva e doveva cercare il Mostro. La qual cosa costituiva un grosso limite di base per il suo lavoro. La risoluzione del giallo di Signa di per sè non gli interessava. E infatti l'aveva trovata e la perse, a mio modesto parere, che non sono Rotella, ma ho comunque una mia capacità di raziocinio che non nocessariamente è inferiore alla sua.
EliminaQuella delle personali scelte di utilizzo di solo alcuni elementi a discapito di altri è una considerazione che lascia il tempo che trova, se non calata nella realtà. In quali casi questo sarebbe successo, se vogliamo attenerci al delitto di Signa? E' chiaro che quando ci troviamo di fronte a una complessità di elementi vastissima, come in questo caso, una scelta s'impone, che poi è la classica separazion del grano dalla crusca. La bontà della scelta dipende dalla sua indipendenza da bisogni personali e dalla sua dipendenza da considerazioni di plausibilità. Dipende anche dalle successive implicazioni. Una buona scelta condiziona in modo positivo le scelte successive, che si trovano automaticamente scremate della fuffa che deriverebbe da una scelta sbagliata alla fase precedente. Che invece le condizionerebbe in modo negativo, tenendo la fuffa in piedi. Si potrebbe anche fare una "non scelta", mantenendo sempre tutte le ipotesi in piedi, ma allora si arriva inevitabilmente al non capirci nulla, date le troppe ipotesi in gioco che si ramificano a dismisura.
(Segue)
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Facciamo un esempio sulla sparatoria. Mettere sullo stesso piano l'utilizzo del pertugio del finestrino anteriore sinistro con quello dell'apertura della corrispondente portiera è sbagliato. Entrambi potrebbero essere presi in considerazione, ma il primo è nettamente da preferire, in virtù della mancanza di un adeguato numero di bossoli interni all'abitacolo. Una semplice prova pratica, che, quando possibile, andrebbe sempre fatta in questi casi (anche senza utilizzare attori e fotografie), dimostra che chi apre una portiera e spara a un bersaglio che sta dalla parte opposta mette anche la mano dentro l'abitacolo. Potrebbe non farlo, ma è molto improbabile.
EliminaE' chiaro che se non ci fosse stato quel pertugio per forza si sarebbe dovuto accettare l'improbabilità della sparatoria dalla portiera aperta, ma quel pertugio c'era.
Andiamo avanti. A questo punto dobbiamo spiegare i due bossoli all'interno. Guarda caso c'era il finestrino posteriore sinistro mezzo aperto. E allora, quale ipotesi potrebbe essere migliore di quella di due colpi sparati con la mano dentro quel finestrino? Anche perché ci sono elementi che s'incastrano. Il più grosso è il colpo alla spalla della Locci, la cui collocazione lo rende "diverso" dagli altri tre. Non fu di traiettoria nettamente contraria? Può darsi, ma lo stesso Rotella lo definì "eccentrico", e in effetti, anche a un esame superficiale, appare fuori sequenza rispetto agli altri tre. Un altro elemento è la mancanza di segni di affumicatura sui cadaveri. La perizia Zuntini, che non ho letto ma che viene riferita dal rinvio a giudizio di Mele, parla di colpi esplosi a distanza di 1 metro e mezzo su Lo Bianco e di un metro sulla Locci. Ora, se si pensa che la Giulietta era larga un metro e mezzo, la domanda è: da dove furono sparati i due colpi i cui bossoli finirono dentro l'abitacolo? Non certo dalla portiera anteriore, perché la distanza sarebbe stata molto minore, direi quasi a contatto, provare per credere.
Mi pare evidente che lo scenario di gran lunga più probabile è quello di una sparatoria in due fasi, una dal pertugio del finestrino anteriore, una dal finestrino posteriore semiaperto. Possiamo poi confrontare questo scenario con i racconti di Stefano Mele, che furono tanti, ma che a loro volta vanno sottoposti a scelta ponderata, dopo opportuna contestualizzazione. Qui non posso affrontare anche questo argomento, vorrei però richiamare l'attenzione su un particolare che emerge dalle descrizioni che Mele fece della sparatoria. Quando era lui a sparare (23 agosto) disse di aver esploso tutti i colpi dal finestrino posteriore sinistro mezzo abbassato. Quando a sparare era Francesco Vinci (24 agosto) disse esattamente la stessa cosa. Ergo: Mele estese all'intera sparatoria i due colpi finali che lui stesso aveva sparato dal finestrino posteriore.
Antonio, stamattina vista la tua insistenza su questo particolare ho fatto una prova pratica sulla mia auto (non una Giulietta ovviamente). Ebbene, non c'è alcun impedimento né fisico né logico nell'aprire la portiera, sparare alcuni colpi dalla fiancata e poi avvicinare la mano entrando nel vano dell'abitacolo nella stessa azione; anzi è un movimento naturale. Quindi questa idea della serie 3+3+2 è uno schema mentale che ti sei costruito, che dà origine a una ricostruzione certamente possibile, ma che altrettanto certamente non è l'unica valida e neppure la migliore o più plausibile di altre; anzi dà per scontato che un proiettile si sia perso in un ambiente chiuso. Del resto, anche dal punto di vista della distanza dell'arma dai corpi delle vittime, se supponiamo il LB disteso sul sedile e la BL che si rannicchia contro lo sportello dx cercando di sfuggire, non c'è alcuna differenza tra pistola spinta avanti attraverso la portiera o attraverso il finestrino posteriore.
EliminaDa dove disse di aver sparato il Mele non è chiaro, visto che Matassino dice anteriore ma a verbale c'è scritto posteriore e anche i resoconti del sopralluogo pubblicati sui giornali sono contrastanti.
Aggiungo che Natalino dice di aver visto sparare lo zio Piero, ma se ha sparato dallo spiraglio del finestrino non poteva vederlo; mentre non dice mai di aver visto sparare il padre e invece doveva per forza averlo visto.
Quindi Mele spara un po' da un finestrino un po' dall'altro; Natalino vede quello che non può vedere e non vede quello che deve vedere; queste testimonianze sono bacate in nuce e non ci caviamo nulla.
Quindi al massimo facciamo ipotesi, ma non ci sono certezze.
Non c'è alcun impedimento, ma se nelle condizioni di scarsa visbilità in cui avvenne il delitto di Signa uno tiene la mano lontana dalle vittime per i primi 5 colpi quando ha appena aperto la portiera non lo ritengo naturale. Poi fai te, spero soltanto che sei stato onesto con te stesso.
EliminaRimane il problema che i due colpi con la mano dentro non produssero affumicatura.
Per quanto mi riguarda non ho altro da dire.
Se invece di provare a cimentarsi in assurde millimetriche variopinte ricostruzioni di gesti, ci si provasse a concentrare sul fatto che fosse necessario avere un auto per seguire la coppia dall'uscita del cinema fino al non predestinato punto di imboscamento; ci si concentrasse sul cui prodest; e soprattutto ci si concentrasse su chi fornì alibi falsi per quella notte: magari qualche ragnetto dal buco, se non cavarlo, almeno lo si potrebbe vedrebbe. poi se a decine e decine di anni di distanza vi aspettate che vecchi papelli e arzigogolati ragionamenti super-iper-arci-soggettivi e personali sfornino le "cose concrete" rotelliane: auguroni. Al tempo stesso, stessi auguroni anche alle fiabe del nulla-nessuno affidabile, che è solo una pilatesca e soprattutto soggettiva comodità e nient'altro.
RispondiEliminaCiao Hazet... ti avevo avvertito che non avrei più pubblicato i tuoi commenti. Ora non pubblicherò più i commenti anonimi :-)
EliminaE comunque, quello che avevo da dire l'ho detto, ora mi dò finalmente alla pazza gioia.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaCome scritto sopra non pubblico più commenti anonimi; chi non ha un account google può mettere nome o nickname.
RispondiEliminaQuindi elimino il commento di Anonimo
Ma dove sta la certezza che le portiere dell'auto fossero chiuse al momento dell'attacco? Era agosto, freddo non faceva di sicuro. Stavano pure su un plaid che proprio fresco non è che dovesse tenere. Stavano amoreggiando che è una classica attività caliente. Che bisogno c'è di perdersi in voli pindarici sua quanto sia difficile o facile aprire una portiera con una mano e sparare con l'altra? E che bisogno c'è di perdersi in voli pindarici su un colpo che non potrebbe andare perso, se manco si sa se al momento dell'attacco la portiera a fianco di Lo Bianco fosse stata aperta o chiusa? I primi ad arrivare sulla scena dissero che le portiere erano chiuso, ma questo nulla ha a che vedere con lo stato in cui erano al momento dell'attacco.
RispondiEliminaFantasticare sul nulla non porta a niente se non al rischio di creare e crearsi pregiudizi