venerdì 6 settembre 2019

Quella notte a Signa (2)


Dobbiamo affrontare ora l’autopsia Lo Bianco. Non sarà un compito facile.  Il Dott. Massimo Graziuso, all’epoca assistente volontario presso l’Istituto di Medicina Locale a Careggi, poi passato a lavorare all’INAIL, come racconta lui stesso in udienza (26 aprile 1994), sarà stato senz’altro un ottimo medico legale, ma quel 23 agosto del 1968 non diede certo il meglio di sé.  Per dare conto delle localizzazioni e dei tramiti confusamente descritti nell’autopsia occorrerebbero abilità di computer grafica e di illustrazione (oltre che ovviamente di anatomia) che superano di gran lunga le mie, peraltro praticamente inesistenti; di questo mi scuso in anticipo. Occorrerà, nel seguito, avere a mano il verbale di autopsia che, come abbiamo già detto, è stato meritoriamente pubblicato nei materiali scaricabili del blog di Antonio Segnini.

Facciamoci coraggio e cominciamo, saltando per il momento l’esame degli abiti (ci ritorneremo) e iniziando con la descrizione delle ferite esterne. Graziuso individua 11 ferite esterne tra arto sinistro e torace, che numereremo, nello stesso ordine in cui le rileva il medico legale, da G1 a G11.

Vengono prima descritte 6 soluzioni di continuo sul braccio sinistro.

G1: sulla faccia esterna del braccio, all’inserzione del deltoide sul braccio;

G2 – G3: faccia anteriore del braccio, all’unione tra 3°medio e 3° inferiore (2 fori, che immaginiamo molto vicini perché sono descritti nella stessa frase);

G4: faccia mediale del braccio, 5 cm. più in alto rispetto a G3;

G5: faccia mediale del braccio, leggermente più in alto di G4;

G6: faccia posteriore del braccio all’altezza del cavo ascellare.

Poi si continua sull’avambraccio:

G7 – G8: due fori vicini all’unione tra il 3° superiore e 3° medio, uniti da un tramite sottocutaneo di solo un cm.

Secondo il perito, i colpi G6, G5 e G4 – presumibilmente in uscita - sono leggermente più in alto dei rispettivi colpi in entrata G1, G2 e G3; però almeno due dei tramiti interni al torace sono decisamente dall’alto in basso. L’apparente contrasto può essere dovuto a una posizione flessa del braccio… oppure le ferite sono mal descritte.


Fermiamoci qui per un momento.

Abbiamo 8 fori, 6 sul braccio e 2 sull’avambraccio. Il medico non si è preoccupato di stabilire quali siano in entrata e quali in uscita, né ha indicato un tramite (se non per quello, evidente, all’avambraccio, che è leggermente dal basso verso l’alto). Possiamo pensare che i fori sulla faccia mediale (= interna) del braccio e quello sulla faccia posteriore siano di uscita, poiché difficilmente quelle parti del braccio potrebbero essere colpite direttamente da uno sparatore che, come abbiamo visto, agisce dalla fiancata sinistra dell’auto. In tal caso G1-G2-G3 (+G7) sarebbero colpi in entrata e G4-G5-G6 (+G8) colpi in uscita. Sembra di capire che il medico nella descrizione del braccio è partito da alto esterno, è sceso verso il basso, poi sulla faccia mediale-posteriore è risalito verso l’alto; per cui i fori li potremmo, ipoteticamente, abbinare come segue:

G1 – G6

G2 – G5

G3 – G4

G7 –  G8 (l’unica certa)

E’ comunque una deduzione, non sapendo noi la posizione del braccio della vittima al momento dell’attacco: stava abbracciando la Locci? Si stava alzando a sedere? Si stava tirando su i pantaloni? Non ha soverchia importanza, se non per dire che, in mancanza di dati, l’esame dei fori sul braccio non è utile per stabilire la direzione dei colpi, ma soltanto il numero degli stessi, che sono indubbiamente quattro, sul braccio /avambraccio sinistro, tutti trapassanti.

Vediamo ora il torace, sul quale il medico rileva tre fori:

G9 : faccia laterale dell’emitorace sinistro, a livello del pilastro posteriore del cavo ascellare;

G10-G11: a livello della linea ascellare medio-posteriore (due fori vicini, al centro della medesima area ecchimotica).

Anche qui la descrizione non è soddisfacente in quanto è descritta solo la longitudine e non la latitudine; sarebbe stato necessario indicare le distanze dal margine del cavo ascellare. Presumiamo, per varie considerazioni, che G9 sia più in alto rispetto a G10 – G11. Si tratta, quasi sicuramente, della ferita visibile in foto indicata dalla freccia posta in posizione centrale; mentre le ferite G10-G11 si vedono chiaramente come un’unica area ecchimotica nella foto scattata sul tavolo autoptico. [Nota: queste foto sono tratte dal blog di Antonio Segnini]

Presumiamo che la freccia e il cerchietto più a destra non indichino una ferita, poiché il perito non fa cenno ad alcuna soluzione di continuità in quella posizione
 
Qui sono visibili due ferite molto vicine all’emitorace sinistro (G10 – G11) e una al braccio, apparentemente in corrispondenza (G4?)


A questo punto, Graziuso scrive: “null’altro si rileva all’esame esterno del cadavere”.   Ne dobbiamo dedurre che tre proiettili trapassanti il braccio abbiano continuato la loro corsa nell’emitorace sinistro  della vittima, mentre il colpo all’avambraccio è finito non sappiamo dove; è pacifico che, se avesse anch’esso proseguito nel corpo, dovremmo avere, nel torace o altrove, un quarto foro in entrata, che il medico non vede.
Sempre tentativamente potremmo abbinare come segue:

G1 – G6 – G9

G2 – G5 – G10

G3 – G4 – G11



E con questo potremmo sperare di aver più o meno dipanato e riconciliato i dati risultanti dall’esame esterno. Ricordiamo però che abbiamo anche a disposizione alcune foto e il verbalino di Pratelli, che provvediamo a trascrivere nuovamente per quanto riguarda le ferite subite dal Lo Bianco:
"Presenta un foro nella regione ascellare sinistra; uno nel III superiore posteriore del braccio sinistro; uno nella regione arascapolare sinistra. Anteriormente presenta un foro al III medio del braccio sinistro; uno al III superiore del braccio sinistro; uno al III superiore dell’avambraccio sinistro".
Cerchiamo ora di collegare i fori individuati da Graziuso con questi ulteriori dati. Numeriamo anche le ferite indicate da Pratelli:

P1: regione ascellare sinistra;

P2: 3° superiore posteriore braccio;

P3: regione “arascapolare” (ossia, parascapolare) sinistra;

P4: 3° medio braccio faccia anteriore

P5: 3° superiore braccio faccia anteriore

P6: 3° superiore avambraccio faccia anteriore (sappiamo che sono 2 fori, anche se il medico ne vede solo uno).

Possiamo cercare di abbinare anche questi colpi come segue:

P1 = G10 – G11 (è un’area ecchimotica con al centro due fori)

P2 = G6

P3 = G9 [Nota: equipariamo la “regione parascapolare” di Pratelli al “pilastro posteriore del cavo ascellare” di Graziuso, più che altro per esclusione; il foro che abbiamo chiamato G9 è comunque vicino alla scapola]

P4 = G2 – 3 (due fori molto vicini)

P5 = G1

P6 = G7 – G8

Rimarrebbero fuori due fori sulla faccia interna del braccio (G4 e G5) che stranamente Pratelli non rileva, anche se sembra di vederli in foto. 




[Nota: come dice l’amico Ferri, le tre foto sono l’unico riscontro oggettivo che abbiamo. Purtroppo, a causa della scarsa qualità della riproduzione, risultano quasi inservibili. Sulle foto del cadavere ci sono delle didascalie e dei cerchietti a segnare i fori di ingresso dei proiettili. Non sappiamo chi e quando abbia scritto le didascalie e disegnato i cerchietti neri (frecce e cerchietti rossi rappresentano invece l'interpretazione di Antonio Segnini, quindi non sono originali). Il problema è che in foto viene segnalato un foro in regione dorsale, al bordo della canottiera, che potrebbe anche  essere quello “parascapolare di Pratelli”, ma non viene descritto in alcun modo da Graziuso. Non c’è colatura di sangue e potrebbe trattarsi di una macchia della fotografia, che qualcuno, aiutandosi con la descrizione (di Pratelli), ha interpretato come il punto di entrata del proiettile. Le didascalie segnalano tre colpi nella visione anteriore e tre colpi nella visione posteriore: corrispondono insomma al primo esame di Pratelli. Di più non si può ragionevolmente dire; ci auguriamo che Graziuso nell'eseguire le autopsie abbia girato il cadavere ed esaminato la parte dorsale del cadavere!]


Se già all’esame esterno siamo in una relativa incertezza, i veri guai cominciano quando spostiamo l’attenzione sulla sezione del cadavere.

Infatti, a fronte di tre fori in entrata nel torace senza corrispondenti fori in uscita, ci aspetteremmo di trovare tre tramiti ciechi nel corpo della vittima, in fondo ai quali dovrebbe essere possibile reperire un proiettile o quel che ne rimane; ma vediamo che non è così.

Sezionando il cadavere, Graziuso osserva tre fori sulla faccia laterale del polmone sinistro, a livello del lobo inferiore, allineati a intervalli regolari; con un (?) tramite che termina alla base del polmone con una (?) soluzione di continuo (quindi proiettile/i in uscita). Come da tre fori in entrata possa generarsi un solo tramite e un solo foro in uscita, è un mistero che solo il dott. Graziuso potrebbe risolvere. Potremmo interpretare che il medico ha scritto uno, ma intendeva tre analoghi; quindi tre tramiti e tre uscite alla base del polmone. Dovremmo però avere traccia, visto che abbiamo fori in uscita dal polmone, di ulteriori percorsi negli organi interni della vittima; viene invece segnalato un unico foro nel diaframma (siamo quindi sotto il polmone), una lacerazione della milza e una perforazione della grande curva dello stomaco. E’ possibile - ma non necessario - che il responsabile di questi ulteriori danni sia il medesimo proiettile che, uscito dal polmone, ha perforato il diaframma, ha colpito la milza  ed è entrato nello stomaco a livello della grande curva, che è in effetti contigua alla milza. 
Posizione di diaframma, milza e stomaco

Sembra incredibile che questo proiettile non sia stato rinvenuto; è possibile che sia finito nel duodeno – per peristalsi post-mortem - e lì non ulteriormente cercato. Contrasta, tuttavia, con questa ipotesi la presenza di cibo in cavità gastrica: se è rimasto il cibo, sarebbe dovuto rimanere anche il proiettile. Certo, va detto: è possibile che un po’ di cibo sia passato, insieme al proiettile, superando il piloro e finendo quindi in duodeno.

Un secondo proiettile (uno tra G10 e G11) ha fratturato la settima costola e, forse, ha proseguito la sua corsa forando la pleura e approdando contro la X vertebra dorsale (toracica), dove viene rinvenuto. Che sia stato lo stesso proiettile a colpire costola e vertebra comunque Graziuso non fu in grado di dirlo, quindi sul tragitto di questo colpo non vi è certezza. Rimarrebbe un foro in entrata nel polmone sinistro, lobo inferiore, che non si sa dove sia finito. Ma non è tutto. Il medico individua infatti altri due distinti fori nel polmone sinistro, questa volta nel lobo superiore, di entrata e di uscita in quanto uniti da un tramite; questo colpo infatti esce dal lato mediastinico del polmone (ossia entra sul lato sinistro alto del polmone sinistro ed esce sul lato destro dello stesso polmone, non sappiamo a quale altezza perché non è scritto, in pratica al centro della gabbia toracica), senza dare ulteriore segno di sé. Proseguendo la sua corsa avrebbe potuto colpire il cuore, la trachea, l’esofago, il polmone destro; ma questi organi sono indenni ed il proiettile che termina in mediastino rimane irreperibile. 
Immagine elaborata dall'Atlante di Anatomia Umana di Sobotta, che mostra la ripartizione del polmone sinistro in lobo superiore e lobo inferiore


In sostanza avremmo, secondo il verbale di autopsia:

  • tre fori di entrata nel torace;
  • quattro fori di entrata nel polmone (uno in più, che quindi non si sa da dove e come sia entrato nel corpo);
  • due o quattro fori (a seconda di come si interpreta l’italiano del dottore) di uscita dal polmone;
  • un proiettile nello stomaco andato perso;
  • uno o anche due proiettili ritenuti, ma scomparsi senza traccia;
  • un solo proiettile rinvenuto, quello schiantatosi contro la vertebra T10.
Potremmo cercare qualche lume nell’audizione del teste Graziuso al processo Pacciani, ma invano; il medico sembra essere passato lì per caso, il P.M. e gli avvocati pure. Ne trascrivo due brevi passaggi che possono essere significativi (fonte come sempre la trascrizione dell’udienza in Insufficienza di prove).

P.M.: Vogliamo… se mi ingrandisce perché non ho io una copia... ecco, mi sembra sia numerata, c'è una didascalia, è la numero 10.

Presidente: È la numero 10.

P.M.: “Cadavere Lo Bianco Antonio, insieme...”

Presidente: “…insieme del tronco e della testa”

P.M.: Vogliamo andare alla foto successiva? Grazie.

[Nota: questa è la foto che abbiamo, del cadavere sul tavolo autoptico]

Presidente: Che sarà la numero 11?

P.M.: Sicuramente, ecco sembra una foto più ravvicinata di quel colpo che lei c'ha detto ‘è il colpo al polmone’ quello…

M.G.: Così isolato non saprei proprio…

P.M.: Beh, insomma… È lo stesso di prima ma sembra... vogliamo fare un ingrandimento? Apparentemente... Eh?

M.G.: È un ingrandimento...

P.M.: Cosa dice la didascalia? Chiedo scusa. “Particolare dei due fori di entrata…”

M.G.: “… nella regione costale sinistra”.

P.M.: Ecco. Costale sinistra.

M.G.: Dovrebbe corrispondere a quello.

P.M.: Va bene. Va be’ lei non lo ricorda…

M.G.: Non ricordo.

[Nota: quindi sembrerebbe che la foto 11, un particolare della foto 10, ritraesse in ingrandimento i due fori che abbiamo chiamato G10 e G11, molto vicini tra loro in “regione costale sinistra” che nel verbale il medico aveva chiamato “ascellare medio-posteriore” e che vediamo distintamente nella foto a noi disponibile, la numero 10; uno dei quali ha infatti fratturato la settima costola]

Interviene l’avvocato Bevacqua.

A.B.: Chiedo scusa. I colpi sarebbero quattro.

M.G.: Quattro.

A.B.: Due sono nella parte sotto-ascellare, va bene?

M.G.: Sì.

A.B.: Sembrerebbe.

M.G.: Che sono però… hanno trapassato anche il braccio.

A.B.: Però due sono molto vicini, uno all’altra…

M.G.: Sì.

A.B.: Un altro è sul braccio…

M.G.: Sull'avambraccio.

A.B.: Sull'avambraccio. E il quarto?

M.G.: Uno sul... uno sull’avambraccio, due…

A.B.: Due nella parte ascellare.

M.G.: Ascellare. E due… Sì. E due sul torace. Di questi due del torace: uno è diretto…

A.B.: Uno è diretto.

M.G.: Sì.

A.B.: È quello mortale?

M.G.: Sono tutti e due... Quelli del torace sono i due mortali.

A.B.: Ecco. Quelli nella zona splenica… Quello là, praticamente.

M.G.: Uno più basso nella zona splenica e l'altro più alto...

A.B.: E sono quindi i due mortali… i due mortali sarebbero questi qua?

M.G.: Di questi uno è arrivato alla decima vertebra dorsale dove è stato reperito il proiettile.

A.B.: Il foro di entrata, lei ha detto, che indicherebbe una proiezione dall'alto verso il basso...

M.G.: Dall'alto verso il basso.

A.B.: Dall'alto verso il basso a sinistra.

M.G.: A sinistra

A.B.: Grazie.

[Nota: né dal verbale né dalle foto si desume alcun colpo che entri direttamente in zona splenica, se non il proiettile che dopo aver attraversato il polmone e perforato il diaframma (non si sa bene dove perché "in prossimità del centro frenico" è davvero una indicazione vaga, essendo il centro stesso assai ampio), lacera la milza, perfora lo stomaco  e poi sparisce nel nulla. Neppure è documentato un colpo che arrivi direttamente al torace, giacché al contrario, si scrive: “Di questi (4 colpi), uno ha interessato l’avambraccio sn, gli altri hanno invece interessato il braccio sn e l’emitorace sn”. Ciò significa, in italiano corrente, che il colpo all’avambraccio è finito chissà dove, mentre i tre colpi al braccio hanno poi proseguito penetrando il torace.]

A questo punto la confusione è somma e potremmo dichiararci battuti dall’approssimazione dell’autopsia e arrenderci. Tuttavia, poiché è impossibile che esistano tramiti interni nel corpo senza che un proiettile vi sia materialmente entrato, possiamo fare tre ipotesi, tutte più o meno fantasiose.

Ipotesi 1. Il colpo G1 (deltoide) non è uscito dal braccio, ma è passato direttamente nel torace, dando origine al tramite che attraversa il lobo superiore del polmone e si volatilizza nel mediastino. Poiché Graziuso scrive che il proiettile è entrato all’inserzione del deltoide nel braccio (intendendo l’omero), questa ipotesi è quasi impossibile, poiché il proiettile non può seguire una linea curva, andando verso l’alto per poi girare; eppure è l’ipotesi sposata da Zuntini, che è evidentemente costretto ad adottarla per far tornare i suoi conti.  Il perito balistico scrive che il proiettile colpì il deltoide, perforò il lobo superiore del polmone e lacerò lo stomaco, una traiettoria assolutamente improbabile, a meno che la vittima non avesse il braccio alzato; nel qual caso, però, gli altri due proiettili trapassanti non gli sarebbero finiti nel torace. Inoltre, nulla è segnalato a carico dell’articolazione scapolo-omerale, che il proiettile dovrebbe aver attraversato. Infine, ammettendo per assurdo che sia così, una volta eliminato G1, i fori nel braccio diventerebbero in numero dispari (un totale di 5 fori, da G2 a G6); quindi i fori in entrata non corrisponderebbero ai fori di uscita e dovremmo avere per forza di cose un proiettile orfano, rimasto nel braccio e non identificato.
Nell’immagine, tratta da Sobotta, è segnato l’ipotetico punto di impatto del proiettile G1 con il braccio disteso (O, sul braccio destro) o con il braccio alzato (A, sul braccio sinistro). In quest’ultima posizione, un’entrata diretta in torace è teoricamente possibile.


Ipotesi 2. Il proiettile che colpisce la settima costola può essersi frammentato, dando origine a più frammenti che descrivono tramiti più o meno paralleli nel polmone, disperdendosi in qualche modo al di sotto del diaframma (che però appare forato solo in unico punto). In tal caso, dei 3  colpi entrati nel torace, uno (G9, il più alto, a livello del lobo superiore del polmone) si perderebbe inspiegabilmente nel mediastino, uno si frammenterebbe e i frammenti finirebbero nello stomaco e poi chissà dove e l’ultimo, l’unico ritrovato, si fermerebbe nella vertebra T10. Questa spiegazione, anche se per certi aspetti poco soddisfacente, appare l’unica in grado di conciliare i 3 fori di entrata nel torace con i 4 tramiti rilevati nel polmone. Peraltro, è più facile non vedere dei frammenti che un proiettile integro.
Nell’immagine, tratta da Sobotta, è segnata la posizione presunta dei colpi su settima costola e decima vertebra toracica.

Stato di proiettili LR calibro 22 (i tre più a destra) dopo aver attraversato gelatina balistica o materiali resistenti (vetro, acciaio). Foto di Andrea Allemandi.

Ipotesi 3. Vi è un errore materiale nell’esecuzione dell’autopsia o nella stesura del verbale. Siamo infatti di fronte a un aut aut: o è descritto un foro in meno in entrata nel torace, o è descritto un tramite in più nel polmone. Oppure il verbale è scritto talmente male che rende impossibile comprendere pienamente quali ferite abbia subito il Lo Bianco. Del resto, che due o addirittura tre proiettili non siano stati rinvenuti pur non essendo usciti dal corpo della vittima la dice lunga sulla qualità del lavoro del medico necroscopo. Quindi dovremmo sospendere il giudizio sul punto, anziché affastellare ipotesi indimostrabili; questa è in sostanza la soluzione preferita dall'amico Prof. Ferri, sulla base della sua mentalità scientifica.


Se leggiamo la ricostruzione fatta da Zuntini, vediamo che il perito balistico, oltre al palese errore di cui all’ipotesi 1, giustifica i tre fori in entrata nel torace con due colpi attraverso il braccio e il terzo sull’avambraccio, che sarebbe miracolosamente entrato sul fianco accanto agli altri due grazie al fatto che il Lo Bianco "doveva" avere il braccio completamente flesso all’indietro e avambraccio piegato. Ma rimarrebbe sempre un foro in più sull'arto superiore, ossia 5 fori al braccio e due all’avambraccio per un totale di 7 fori, che fanno… 3 proiettili trapassanti e mezzo! In sostanza, nella perizia balistica, il colpo G1 rimarrebbe all’interno del corpo trasmigrando miracolosamente dal deltoide allo stomaco, mentre gli altri 7 fori tra braccio e avambraccio corrisponderebbero, altrettanto miracolosamente, alle tre entrate nel torace (G9 – G10 –G11). Si può controbattere che, se si suppongono tre proiettili trapassanti, i fori  tra entrata e uscita devono essere 6 e non 7! Ribadiamo che non possiamo sapere in quale posizione fossero precisamente le vittime, ma è probabile che fossero a stretto contatto, quindi  che il colpo all’avambraccio del Lo Bianco abbia colpito anche la schiena o spalla della Locci è l’ipotesi più naturale, sparigliando pertanto il totale in un 4+3 (=7). Lo Zuntini, invece, per salvare il dato dei 4 + 4 colpi risultanti dalle autopsie e immaginando la Locci sopra il lo Bianco, come descritta dal Mele [Nota: “Enrico era sdraiato sul sedile anteriore destro, che aveva la spalliera abbassata, e mia moglie si trovava sopra di lui”], fa in questo caso una serie di acrobazie logiche e linguistiche, finendo per dire che la sua ricostruzione è l’unica possibile. Già questo è segno di imbarazzo; la sua interpretazione dei dati autoptici, a meno di nostro grave errore di lettura, appare inaffidabile, in quanto già i semplici calcoli aritmetici non tornano. Pertanto, non vale la pena neppure di citare le angolazioni da lui calcolate, in quanto le traiettorie appaiono basate su calcoli infondati; ovviamente, la responsabilità di questa confusione non è da attribuire al perito balistico, ma a quello necroscopo.

Completiamo l’analisi dell’autopsia redatta da Graziuso dando conto di un punto riguardante il vestiario della vittima. “La camicia di cotone, celeste,  è ampiamente lacerata sul fianco sn e in corrispondenza della manica sn, che è completamente distaccata”. Vi sono due lacerazioni  del tessuto nella zona dell’ascella sinistra, una più piccola più in alto, una più larga leggermente più in basso (a 5 cm dalla cucitura dell’ascella e a 5 cm dalla cucitura del fianco sinistro). Questo dato si accorda bene con il foro in regione ascellare G9 e il doppio foro G10 – G11 poco più sotto. Sulla manica dovremmo invece trovare diversi fori (da 4 a 6; la camicia aveva le maniche corte o almeno rimboccate) o ampie lacerazioni; invece, il perito segnala una ventina di lacerazioni del tessuto, in serie lineari, di 3-4 mm ciascuna. Graziuso non dà alcuna interpretazione di queste piccole ma numerose lacerazioni e neppure noi siamo in grado di farlo con una certa verosimiglianza.


La perizia Graziuso è un piccolo giallo nel giallo, un rompicapo che nessuno ha tentato di risolvere; neppure De Fazio & C., che probabilmente hanno letto solo le poche righe di conclusioni, senza approfondire più di tanto (forse giustamente). E’ inutile dire che questa incertezza di fondo mina alla base ogni tentativo di ricostruzione; sia il verbalino di Pratelli che la perizia necroscopica di Graziuso che la perizia balistica di Zuntini contengono errori e/o omissioni che possiamo sanare solo con ipotesi molto aleatorie. L’unica certezza sembra, come già abbiamo visto per la Locci, che gli spari provenivano dal lato sinistro dell’auto. I tramiti alto – basso sul cadavere della VM sono contradditori; sul braccio sembrano andare dal basso in alto (ma sono estremamente mal descritti e non sappiamo in realtà quali siano fori in entrata e quali in uscita); due colpi al torace vanno indubbiamente dall’alto in basso, giacché dalla regione ascellare arrivano in vertebra T10 e nello stomaco; il colpo al deltoide, se è quello che entra nel cavo ascellare e perfora il lobo superiore del polmone, sembra piuttosto perpendicolare alla figura. La traiettoria dall’alto al basso può essere spiegata con uno sparatore che faccia fuoco attraverso lo spiraglio del finestrino anteriore (questa l’ipotesi di Antonio Segnini) contro la vittima seduta, ma anche con spari provenienti dal finestrino posteriore contro una vittima distesa sul sedile reclinato. C’è forse una leggera inclinazione dall’indietro in avanti (i colpi entrano infatti a livello della linea ascellare posteriore o medio-posteriore) che potrebbe essere significativa. 


Poiché in realtà non sappiamo da quale finestrino Mele abbia simulato di aver sparato [Nota: Matassino scrive anteriore, ma il dato è dubbio; nel verbale del 23 sera, redatto dallo stesso Matassino, Mele racconta di aver sparato dal finestrino posteriore. L'incongruenza tra ricostruzione e verbalizzazione è grave. Per non sbagliare, di fronte ad atti discordanti, il PM Spremolla, nel chiedere il rinvio a giudizio dell’imputato, scriverà che Mele aveva sparato prima dal finestrino posteriore poi da quello anteriore; il che è ovviamente possibile, ma non corrisponde a quanto a verbale relativamente alla simulazione dell’omicidio. Ringrazio Flanz Vinci per avermi cortesemente fornito il verbale in parola, che conoscevo solo per estratto], questo elemento è di poca importanza per validare la sua confessione.


Anche le fonti giornalistiche danno resoconti discordanti: sopra, ritaglio da "Il Giorno"; sotto, ritaglio da "La Nazione"


Concludiamo questo resoconto, defatigante per noi che lo abbiamo scritto e temiamo anche per il lettore che abbia avuto la forza e costanza di arrivare fin qui. Non si può stabilire con certezza il numero dei colpi sparati. Abbiamo dimostrato che il numero di otto, tradizionalmente accettato, deriva semplicemente dalla pedissequa addizione di 4 proiettili che colpiscono la Locci e 4 che colpiscono Lo Bianco; addizione ottenuta dal perito balistico sommando i dati delle due separate autopsie; perito che però è poi costretto a una ricostruzione del tutto artificiosa per far tornare i conti, non trovando traccia, né nei corpi né all’interno dell’auto di un ottavo proiettile. [Nota: forse il colonnello Zuntini aveva la tendenza a moltiplicare i colpi; nel 1974 ne conterà 11, ma sono probabilmente solo 9] Viene infatti a mancare qualsiasi valida indicazione della sorte subita dal proiettile che trapassò l’avambraccio della VM. Per quel che può valere, Zuntini scrive che non vi sono tracce di colpi, neanche di rimbalzo, all’interno della vettura. Un colpo sarebbe potuto uscire dai finestrini della fiancata destra, se essi fossero stati anche parzialmente aperti come nella foto vista nella puntata precedente; ma il verbale steso da Ferrero, il primo ufficiale di P.G. giunto sul posto, lo esclude e su di esso dobbiamo basarci. In fin dei conti, l’ipotesi avanzata da Ferri e me, che quel colpo sia andato a finire addosso alla Locci (spalla o dorso a questo punto è lo stesso) regge, per mancanza di evidenze contrarie. Aspettavo, con impazienza,  di poter leggere la perizia balistica Zuntini per verificare quale spiegazione il perito avesse dato del proiettile mancante, ma essa assolutamente non c’è.


Chiudiamo il capitolo delle autopsie con un dato cronologico. Le autopsie furono effettuate nella mattinata del giorno 23 agosto, dalle 9 alle 13 circa, come ci dice Zuntini, che vi assisté e lo scrive nella sua perizia. Erano presenti anche ufficiali di P.G.  (come risulta dalla lettera del conferimento dell’incarico ad entrambi i medici necroscopi: “con la presenza dell’ufficio”) e, secondo fonti giornalistiche, lo stesso Caponnetto. 
Ritaglio da "Il Corriere della Sera"


Ancora, Zuntini scrive di aver comunicato i dati relativi al primo esame dei proiettili e dei bossoli agli investigatori, “affinché se ne servissero per le prime indagini intese a scoprire l’autore del duplice delitto”. Possiamo ipotizzare che fu in questo primissimo momento che, dopo un esame affrettato dei reperti, si produsse la falsa impressione che le cartucce fossero Fiocchi anziché Winchester, errore che ha tanto stupito gli appassionati, trascinando molti a ipotesi di sostituzioni e improbabili depistaggi; a questa prima fase risalirebbe anche l’individuazione dell’arma come “presumibilmente Beretta calibro 22” (Matassino pag. 21), di cui poi, nella perizia balistica ufficialmente depositata, non c’è più traccia.


Grazie ai nuovi documenti emersi, è stato possibile ricostruire più in dettaglio, rispetto a quanto fatto ormai  sei anni fa nel libro, gli avvenimenti fino alla mattina del giorno successivo al delitto. Ma non è finita; abbiamo appurato che alle ore 13 del 23 agosto, i carabinieri, il perito balistico e probabilmente anche il PM sono in possesso, sulla base dei risultati delle autopsie alle quali sono stati presenti, del dato dei colpi presumibilmente sparati nel corso del duplice omicidio: otto. Nel frattempo, alle 11,35 di quella mattina, mentre all’ospedale di Careggi si sezionano i corpi, Mele è interrogato dai carabinieri nella Stazione di Lastra a Signa, con l’assistenza del cognato Mucciarini, e sta accusando Salvatore Vinci di avergli ucciso la moglie per ripagare un debito nei suoi confronti; e per il resto, dichiara di non sapere altro.  

[Nota: rinnovo i ringraziamenti all'amico Prof. Claudio Ferri, che mi ha con molta pazienza accompagnato nella lettura e interpretazione di un testo così ostico come il verbale di autopsia Lo Bianco; e che conclude così l'ultima email inviatami:
"Onestamente, c’è un mistero: Graziuso riporta 3 fori di ingresso, poi però descrive 4 tramiti nel polmone, ma con un solo foro in diaframma, 1 solo foro in mediastino ed 1 solo proiettile in X vertebra = un totale di 3 fori di uscita. Ora: per non trovare un proiettile ritenuto nel polmone, che persa l’aria diventa piccolissimo, bisogna impegnarsi molto…..
Ribadisco - capisco che chi non fa il medico non lo consideri troppo - che la vera cosa incredibile é che non si siano trovati i proiettili ritenuti, 2 o 3 che fossero: qualunque anatomopatologo può confermare che è inverosimile. 
I proiettili ritenuti - incredibilmente non repertati dall’anatomopatologo (l’unica spiegazione è solo quella: estate piena, tutti in vacanza, il caso è lampante e non ha grande rilevanza……) - sono sepolti con il povero Lo Bianco, giovane ventottenne, colpevole solo di aver cercato un po' di svago in una scappatella con una donna che notoriamente si concedeva con facilità.  Saranno 2 oppure saranno 3? Non possiamo dirlo con certezza.
Come sempre, eventuali errori e omissioni residue sono unicamente mie] 
[SEGUE]




8 commenti:

  1. Ciao Frank,
    Bravo!
    Con il dettaglio orario, scritto da Zuntini nella perizia, la tua segnalazione di un mio errore trova riscontro.

    NON è quindi più possibile dire, come avevo scritto io, che: alla data del 23 agosto, la perizia autoptica ancora non era stata stilata (come si evince dalle intestazioni "L'Anno 1968, il giorno 23 del mese di Agosto, In Firenze, Noi, Dott. Antonino Caponnetto... snip... abbiamo dato incarico al perito di procedere...".
    Alle 13 del 23ago le autopsie erano state già eseguite ed i risultati noti a chi di dovere.
    ...Thanx, Zuntini!

    E così adesso abbiamo un altro punto fermo che... che -peccato- però non sposta nulla di una virgola nella vicenda. :)
    Infatti: non cambia assolutamente nulla rispetto alla deposizione + ricostruzione in loco del SM (nè a quelle di NM).

    A meno che... a meno che non si voglia sostenere (ma solo sulla base di pure personali ipotesi, non documentate e nemmeno documentabili... che poi... se vale una volta, allora vale sempre come approccio!) che:
    - O i medici o i Carabinieri o il perito balistico e o magari addirittura il PM, abbiano raccontato (per filo e per segno, si dovrebbe pure aggiungere) a SM tutti i particolari che mimò e che dichiarò
    --- ma questa è una accusa assai grave e che necessiterebbe di qualche pezza d'appoggio di maggior peso di un "potrebbe...", e che comunque continuerebbe a cozzare con le prime parole del NM al De Felice (ed altri particolari)

    - O che al SM quei particolari (pure quelli dell'avvicinamento!!!) a raccontarglieli fu il NM
    --- ma anche per questo mancano pezze d'appoggio fattuali a riscontro, e pure ci si continua a scontare con le parole del NM al De Felice (e altri dettagli) e ci si scontrerebbe pure col sonno del NM con tanto di mancanza di scarpe ai piedi

    - O che al SM quei particolari glieli raccontò qualcun'altro (Mucciarini? un altro parente? uno "zio"? l'ignoto già MdF in persona?)
    --- ma anche così facendo (implausibilità a parte dell'andare a raccontare ad un innocente che viene sospettato al posto tuo, particolari che inchiodano chi te li racconta, scagionandolo de facto, ma lui confessa lo stesso!) ci si continua a scontrare con le prime parole di NM al De Felice (e tanti altri particolari)

    - O che il SM si inventò su due piedi tutta una ricostruzione di fantasia, ma che casualmente e (s)fortunatamente corrispondeva tutti i dettagli ignoti
    --- si si vabbè, ok. la metto solo per coprire tutti le casistiche possibili, ovvio.


    Hazet

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    1. Certamente...
      Il succo è che non è vero che il dato degli 8 colpi (vs 6 come descritti da Pratelli - giusto o sbagliato che sia) era ignoto agli investigatori -almeno alcuni - al momento della confessione e sopralluogo, che avviene nel tardo pomeriggio.
      Quindi diciamo che Matassino scrive quanto meno un'inesattezza, che poi al processo avrà il suo peso.
      Chiaramente questo non può dimostrare che il numero gli fu messo in bocca dai CC (sempre fedeli e irreprensibili); se il Mele era lì, avrà contato lui i colpi (molto credibile); o uno dei complici gli ha detto: attento, che abbiamo sparato otto colpi, non uno di più né uno di meno.
      Sinceramente, sarei stato più tranquillo se avesse detto sette.
      Ci penso ancora un po' prima di scrivere la terza puntata.

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  2. Frank,
    occhio però (parlo a soggetti generici, non a te in particolare come se tu usassi questo metro, eh!): SE ricorriamo al presupposto CHE SE gli investigatori sanno qualcosa...
    ALLORA nessuna confessione/ricostruzione può essere accettata per certa e veritiera perchè avrebbe potuto essere imbeccata.

    Ma così, non se ne viene mai a capo di nulla di nessun caso, 1968, 1985 o manco 2019, 2127 o 3124.

    Non sono un fervente credente dell'illibatezza bucolica delle FF.OO., men che meno nel caso del MdF, e lo sai.
    Ma se si 'esagera' nel voler allargare all'infinito la finestra della 'sfiducia' anche quando non ce ne è bisogno, non credo si faccia un'opera pia nei confronti della comprensione, dell'analisi e pure della storia del caso.

    Che poi, repetita, a verbale NON risulta proprio che SM abbia dichiarato di aver "sparato 8 colpi".
    Disse invece di aver sparato tutto il caricatore; che è cosa diversa.
    Ma visto che poco prima aveva dichiarato di aver ricevuto l'arma da xyz(SV) e che questi, xyz(SV) gli aveva detto che nel caricatore c'erano "8 colpi"... allora secondo l'ipotesi dell'imbeccata, bisognerebbe dire che i CC lo imbeccarono anche di dire xyz(SV).
    Cosa che non ha alcun senso, visto xyz(SV) all'epoca per i CC di Signa e dintorni, era uno più che pulito e tuttalpiù -se l'avessero imbeccato così a puntino su tutta la ricostruzione- gli avrebbero messo in bocca il nome del fratello di xyz(FV), che quello si che per loro era uno che c'aveva la rogna.

    Cmq, se SM era lì: era complice, e quindi colpevole
    ma allora che lo imbecchi a fare? le cose le sa già.

    E se invece non era lì, era quindi innocente...
    allora però non ha alcun senso:
    - nè che il/un colpevole gli vada a raccontare certi particolari (che inguaierebbero il colpevole, non il SM, anzi!),
    - nè che i CC lo imbecchino e non solo esca un complice per un delitto considerato un delitto passionale/d'onore all'epoca, ma addirittura che come complice esca il nome di SV e non di FV in prima battuta.

    ...ma tanto, SM, non disse di aver sparato 8 colpi, nè di aver controllato quanti effettivamente ce ne fossero nel caricatore, dalle autopsie e perizie i colpi risultano un pò quel ad ognuno pare e quindi... che importa tutto ciò?

    Hazet

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    1. Importa per due motivi:
      1. La prova n. 4 della sentenza di rinvio a giudizio del G.I Alessandri (pag. 10 del pdf scaricabile dal sito di Segnini), di aver il Mele indicato esattamente il numero dei colpi sparati quando neppure gli inquirenti ne erano a conoscenza, non regge, sia perché è molto dubbio che il numero sia esatto, sia perché comunque gli inquirenti lo conoscevano prima di ricevere la confessione.
      2. mi sono fatto un mazzo tanto per due mesi per studiare le perizie autoptiche e volevo farvi partecipi dei risultati. Inoltre ho dato ai lettori altre informazioni a mia scienza inedite, sulle quali i sardisti al 110% possono riflettere. Ad esempio, che il Mele non si sa bene da dove abbia sparato perché i verbali e rapporti sono aggiustati. O che il tanto chiacchierato colpo eccentrico alla spalla della Locci non trova fondamento nei documenti autoptici. C'è ancora qualche considerazione da fare, spero a breve, per chiudere questa rivisitazione del mistero di Signa.
      Quanto a me, continuo a dichiararmi sardista al 50%, dopo esserlo stato, inizialmente al 99,99%.

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  3. Caro Franco,
    Ottima messa a punto. Non porterà alla soluzione del caso, ormai insolubile, ma chiarisce alcuni punti e fornisce alcuni spunti.
    In effetti, a voler estrapolare la conclusione più logica, come tu fai, sia il medico condotto Dr Pratelli che il perito settore Dr. Graziuso non riferirono di 4 fori di ingresso nel torace. I fori di uscita interni, d’altra parte, sono 1 diaframmatico ed 1 mediastinico, mentre 1 proiettile finisce in X vertebra dorsale: il totale è 3, pur ammettendo che non si capisce cosa il Dr. Graziuso volesse dire scrivendo dei tre tramiti che uscivano analogamente dalla parte inferiore del polmone sinistro. Parrebbe quindi evidente che il Dr Graziuso abbia scritto in modo non comprensibile quello che ha visto (che non sapremo mai più, visto che il testo è ciò che abbiamo ed è in parte non fruibile a fini di comprensione) ed il Colonnello Zuntini ci abbia aggiunto la sua personale interpretazione. L’ipotesi più verosimile - ma assolutamente non certa - è che il povero Lo Bianco sia stato attinto da 3 proiettili penetranti in torace, non 4. Il mito del quarto colpo che entra nel torace nasce - forse e se di mito effettivamente si tratta - da una serie di circostanze che nulla hanno a che vedere con l’autopsia e che tu hai perfettamente messo in luce.
    Concludo: se ascolti (metaforicamente) il Dr. Graziuso in udienza, che tu riporti dall'ottimo Insufficienza di Prove, pare quasi che l’unico che abbia capito di cosa si stia parlando sia l’Avvocato Bevacqua. Non essendo importante per il Suo difeso, ha solo fatto qualche domanda, ma pare quasi che lui avesse ben compreso che nel torace non c’erano 4 fori di ingresso o, almeno, che non capisse dove stavano questi 4 fori di ingresso, dal momento che erano solo due lungo due delle linee ascellari, ma con “due sono molto vicini”, quindi in totale 3. L'Avvocato Bevacqua doveva essere un professionista molto preparato e molto intelligente.

    Un plauso sincero quindi a Franco ed a tutti quelli - come Antonio Segnini - che ancora si dedicano con puntualità e precisione all'impresa - sventuratamente vana - di comprendere qualcosa in questo mar d'incertezze.

    Concludo veramente: grazie ancora per la citazione, assolutamente immeritata. Mi hai solo costretto a ricordare quello che ho studiato nello scorso millennio per l'esame di Anatomia umana (un bell'esercizio per la mente: tre ciclopici libroni e due atlanti da imparare a memoria, di cui ricordo con affetto e nostalgia il Sobotta ed i suoi spettacolari disegni. Solo quelli Leonardeschi erano più belli) e per quello di Medicina Legale (un libro meraviglioso, scritto da un Maestro della Medicina Legale, fatto di tre immensi libroni ed un minuscolo librino, da capire a fondo più che da memorizzare. L'esame sembrava un interrogatorio con Poirot, con il Professore che voleva che lo studente sviscerasse all'impronta con perizia e precisione chiavi legali e mediche per capire le cause di un decesso per cause non naturali). Bei tempi: i Professori all'epoca potevano chiedere tutto, fino all'ultima virgola. Gli studenti però, allora, non avevano internet e sapevano tutto. La carta insegna, il monitor molto meno.

    Grazie quindi ancora per avermi citato e riportato con la mente al millennio scorso e scusa per la digressione nostalgica (è l'età che avanza)

    Claudio Ferri

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    1. Caro Claudio
      come puoi vedere, purtroppo, sembra che questa analisi interessi solo a noi due e a Hazet :-(

      Elimina
    2. Frank,
      ai tuoi, aggiungo i miei di complimenti a Claudio (e a te, ovvio).

      Letto e riletto il tutto, mi sorge spontaneo dire che:
      - sia gli originali sia la vostra rilettura tecnica comparativa: concordano sul punto principale della questione MdF [*1]

      Entrambe ci raccontano di
      * un delitto "semplice": privo di evidenti segni di maniacalità, sadismo, extra-violenze etc

      * un delitto "facile": una manciata di colpi sparati da distanza ravvicinata, in successione, in una area ristretta, su bersagli con limitate possibilità di reazione

      * un delitto "mono-pistola": che siano 6-7-8-9 i colpi sparati, risultano comodamente alla porta di una sola arma, no ricarica; no fuoco incrociato, etc.

      * un delitto "correttamente ricostruito dal SM"[*2]
      che i colpi siano '7-8' o 'svuotamento del caricatore'; che sia finestrino 'posteriore' o 'anteriore' o entrambi o attraverso una portiera aperta, non è che nei racconti ci sia poi tutta questa differenza (e contando sulla testolina del SM, poi! pure nel momento di massima tensione chè il suo alibi è appena crollato e sa che se ne andrà in galera nonostante il suo 'essere stato a casa malato'! e poi SM non dice solo dei colpi!)

      - Conclusioni:
      in entrambe si ha il rafforzamento:
      * della difficoltà di una attribuzione di maniacalità' nel 68
      [e vista la sopravvivenza del testimone oculare, è ancor più arduo ipotizzare un "MdF ignoto che colpisce maniacalmente la prima(?) volta a Signa, passando di lì per caso o per caso essendo appostatosi lì quella notte"]

      * dell'idea che compiere delitti, in simili favorevoli condizioni d'attacco, non necessiti particolari capacità militari


      [*1]
      Come già detto (Pista Sarda 2.0 e vecchi forum), non credo più di tanto all'utilità delle ri-ricostruzioni delle perizie (eccezione Scopeti che però è fatta a partire da analisi di materiale 'nuovo'), a meno che non smentiscano effettivamente capisaldi consolidati [es: più pistole, necessità di più attaccanti in loco, etc]. Ma siccome ciò (Scopeti a parte, ma che comunque non confligge col filo della storia MdF, ma solo con la credibilità di alcuni 'personaggetti' di 'alto' e basso rango) non avviene, il rischio che si corre è di passare da strumento 'concentrante' a strumento 'disperdente'... e ancor più se a polveri, camici e specilli si rischia di assegnargli un posto di importanza maggiore dell'insieme degli elementi, indizi, logiche (che per Signa non si fermano al 1968 ma arrivano fino alle dichiarazioni di SV, del Vargiu e del Biancalani nel post Giogoli 1983, a quelle "inopinatamente" (tra virgolette nel verbale) del SM del 16 gennaio 1984, e trovano la loro cristallina conclusione con quelle sempre del SM del 30 maggio 1985 e quelle dell'Antenucci e del Vargiu dell'1985).

      [ovviamente: non si può sapere prima di aver ri-periziato E in questo il lavoro di Claudio è stato encomiabile e benvenuto perchè è stato oggettivo e non ha mescolato dati con interpretazioni soggettive. ma cambi di spessore significativo non ne ha portati]

      [*2]
      come sai, io il SM lo colloco assolutamente -complice partecipe- su tutta la scena del delitto (dal cinema fino a vicino dal del De Felice), ma non autore degli spari omicidi, che invece vide/intravide (ma pur sempre probabilmente con l'ostacolo dell'auto a parzialmente nascondergli qualche particolare) da abbastanza vicino... vicino da poter intervenire prontamente alle prime reazioni di NM.

      Hazet

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  4. Giusto per la cronaca, la ricostruzione e' molto interessante anche per me, assiduo lettore tuo e di Segnini, anche se purtroppo condivido l'opinione di Claudio Ferri sopra: "impresa sventuratamente vana" (ma veramente meritoria per il suo valore civile)

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