venerdì 27 settembre 2019

Quella notte a Signa (4)

Via Vingone 154, notturna (ringrazio l'anonimo autore di questa suggestiva immagine tratta da Internet)


 E’ chiaro, sulla base di quanto scritto fin qui, che Mele mente: propone infatti agli inquirenti quattro versioni diverse in quattro giorni di interrogatori (la domenica si riposò). Si passa da una professione di totale innocenza e ignoranza, con sospetti gettati sugli amanti della moglie, all’accusa verso Salvatore, poi contro Francesco Vinci, infine contro Cutrona. La domanda a cui dobbiamo rispondere è: una di queste versioni ha maggiori probabilità rispetto alle altre di essere vera o sono invece tutte false? E se sono tutte false, Mele sa cosa sia effettivamente successo quella notte a Signa o attraverso le accuse esplicita in realtà solo i suoi sospetti sulla persona dell’assassino? Infine, con le sue bugie Mele sta coprendo qualcuno?
L’analisi storica ci mostra che quasi tutte le alternative (escludendo Cutrona, che, dopo il demenziale confronto che abbiamo riportato, scompare dalla scena) vennero esplorate, nell’immediatezza o nel seguito. Francesco Vinci fu subito individuato dopo la scoperta del collegamento tra Signa e i delitti successivi, incarcerato (e poi liberato) nell’indagine condotta dal G.I. Tricomi. Salvatore Vinci fu l’oggetto principale delle attenzioni del G.I. Rotella dal 1984 (dopo il delitto di Vicchio) al 1989. L’innocenza del Mele venne sostenuta da Canessa nel primo processo a Pietro Pacciani. Si tratta di ipotesi, quindi, passate al vaglio delle indagini e tutte sostanzialmente fallite; il che peraltro non significa molto di per sé, in quanto la mancanza di prove non equivale a innocenza nel giudizio storico.
Quello che però è necessario sottolineare è la malleabilità del Mele alle influenze esterne. Se il 22 agosto nomina quattro possibili sospetti in quanto amanti, eventualmente gelosi, della moglie, in serata, se è vero quanto dirà Natalino nel 1969, si orienta autonomamente verso Francesco Vinci: il più geloso e violento degli amanti, oltre che notoriamente (a suo dire) armato. Stranamente, in seguito alla visita dei familiari la mattina dopo, l’accusa viene rivolta, e questa volta con molta più precisione, contro Salvatore; ma con modalità tali che si capisce che si sta riferendo ancora a Francesco. In altre parole, cambia il nome, ma lo schema mentale del Mele rimane lo stesso: amante geloso, prepotente, minaccioso nei confronti suoi e della moglie = assassino. Quale influenza abbiano avuto il colloquio con i parenti e l’assistenza di Mucciarini in caserma, non è facile dire; è probabile che Stefano sospettasse di Francesco mentre i familiari ritenevano più pericoloso Salvatore e lo abbiano influenzato in tal senso, quando già lui aveva condizionato Natalino; ovviamente, l’ipotesi regge solo ammettendo che la famiglia Mele in toto non fosse coinvolta nel delitto, ossia che fossero tutti ugualmente ignoranti e sospettassero a caso. Quanto alla nota frase di Natalino di aver visto “Salvatore tra le canne”, attribuita allo zio Piero / Pietro, è evidente che non poté essere pronunciata testualmente da Piero Mucciarini, che così facendo avrebbe ammesso di trovarsi sul posto.  Una spiegazione più logica è che lo zio abbia, come in effetti disse, “sondato il bambino” nei giorni in cui era affidato alla zia Antonietta per avere conferma delle accuse formulate da Stefano e gli abbia chiesto se avesse visto Salvatore (il presunto complice del padre) tra le canne; una domanda che nelle dichiarazioni del piccolo diventerà un’affermazione, ma che non aveva necessariamente un intento malevolo. 
La storia raccontata alla sera, nel verbale di confessione, è l’evoluzione di quella della mattina: se prima aveva accusato Salvatore di aver voluto uccidere la Locci, una volta ammesso sotto pressione di essere lui stesso l’assassino, lo coinvolge almeno come complice, ispiratore del delitto e proprietario dell’arma. Ma, tralasciando altri elementi di scarsa plausibilità, che abbia fatto fuoco lui è assolutamente improbabile, vista l’estrema precisione dello sparatore di Signa; lo dirà lui stesso, in un interrogatorio del 26 agosto, facendo osservare che non poteva compiere il delitto da solo, giacché non sapeva sparare (Rotella 2.7) [Nota: l’affermazione che Mele sapeva sparare perché aveva assolto il servizio militare è risibile: i soldati di leva dell’esercito non toccavano la pistola, che è l’arma degli ufficiali].
Salvatore ha un alibi, confermato da terzi; avendolo appreso, Stefano rivolge l’accusa su Francesco. Abbiamo pochi particolari sull’interrogatorio: sostanzialmente cambiando nome del complice  Mele gli attribuisce però sia la volontà che l’esecuzione materiale dell’omicidio e si riduce al ruolo di spettatore coartato [Nota: anche qui abbiamo una corrispondenza – a mio parere impressionante – con i racconti che Giancarlo Lotti farà 28 anni dopo].  Quando poi gli inquirenti gli fanno osservare che l’esito del guanto di paraffina è negativo su Francesco, ma positivo su di lui e su Cutrona, prende ad accusare Cutrona, accusa che manterrà per alcuni mesi, finché, il 3 febbraio 1969, davanti al Giudice Istruttore, per un impulso che non possiamo comprendere dalla lettura dei documenti disponibili, torna ad accusare Francesco Vinci. Ma cambiando i nomi, rimane fermo sullo schema che ha in mente: un amante geloso ha ucciso la moglie, portandolo, non si sa bene per quale motivo, con sé. Solo la prima accusa a Salvatore ha un elemento di diversità, in quanto l’amante è solo il procacciatore dell’arma e istigatore del delitto, mentre lui stesso, il marito, è esecutore materiale.
Riepilogando:

  • la prima versione è l’estraneità, ma il sospetto verso alcuni amanti della moglie;
  • la seconda versione, dopo l’abboccamento con i parenti, è la colpevolezza di Salvatore, ma con un movente assolutamente astruso;
  • sotto la pressione degli inquirenti, ammette di aver sparato lui, su istigazione e con l’arma di Salvatore;
  • quando apprende che Salvatore ha un alibi, trasferisce l’accusa su Francesco;
  • quando apprende che la prova del guanto di paraffina su Francesco è negativa, accusa Cutrona, ma non per sua scienza diretta, ma perché “se gli accertamenti sono come dite voi, vuol dire che è stato Cutrona”.

Analoghe girandole farà riguardo a Natalino, dicendo prima di non sapere nulla, essendo subito scappato dal luogo dell’omicidio;  poi che è stato accompagnato (e minacciato) da Francesco Vinci; infine, dopo che il bambino ha confermato a Ferrero di essere stato accompagnato dal padre, ammette di averlo accompagnato lui, a una casa di contadini (il che non è), ma non sa dire il motivo: “Io portai il bambino fino alla casa dove poi suonò il campanello; lo portai in braccio fino a lì. Gli feci suonare il campanello perché portarlo a casa era troppo lontano. Invitato a spiegare la ragione per cui invece di portare a casa il bambino lo abbia invitato a suonare a quella abitazione dopo quanto era accaduto, l’imputato si stringe nelle spalle e non risponde” (interrogatorio di Stefano Mele 3 febbraio 1969 dinanzi al G.I. Giovangualberto Alessandri). Il contesto si sarebbe chiarito se solo i CC gli avessero fatto rifare il percorso, come fecero con Natalino, che effettivamente dimostrò di averlo percorso a piedi. Scrive Rotella: "E tanto concerne il tratto da Signa al bivio della stradina dell'omicidio e ritorno, e già rende improbabile che conoscesse in dettaglio l'ulteriore tratto, dalla vettura degli uccisi alla casa di De Felice. Durante le indagini del 1968, non glielo si era mai fatto percorrere, stimandosi sufficiente quanto aveva dichiarato circa l'accompagnamento del figlio. Nel 1985, condottovi, non ha mostrato di riconoscerlo. Ha sbagliato più volte l'itinerario e indicato svariate coloniche, senza avvedersi, dal ponticino in poi, che, seppur lontana, la casa (che erroneamente, nel 1968, indica come casa di contadini e, nel 1982  'fattoria') era davanti a lui, illuminata, ora come allora, dal fanale civico della Pistoiese. Salvo a voler stimare che, trascorsi molti anni la sua memoria si sia, e comprensibilmente, offuscata, non risulta che avesse cognizione dei luoghi tale dai consentirgli l'accompagnamento e l'avventuroso ritorno (per quanto sembri aver descritto con molta verisimiglianza il suo viaggio notturno con il bambino nell'interrogatorio del 26 agosto 1968)" [Nota: non abbiamo il verbale del 26 agosto, quindi non possiamo giudicare la verosimiglianza del racconto; nel giugno 1985, a Rotella che gli fa rifare la strada per Sant’Angelo a Lecore, Mele dirà: “la verità è che io in quel posto, la prima volta che ci sono andato è proprio quella sera che mi avete portato voi!“ (Torrisi) Ma quante volte Mele ha detto: “La verità è…”; ovviamente non siamo obbligati a credergli, né in un senso né nell’altro].
Non possiamo evitare la sensazione che Mele non sappia nulla, ma menta inventando, raccontando come verità alle quali ha assistito ciò che presume sia veramente avvenuto e dando contemporaneamente sfogo al suo senso di rivalsa contro i prepotenti amanti della moglie. Se è così, la sua primissima versione, di essere stato a letto, malato e inconsapevole, è vera. Naturalmente, adottando tale posizione dobbiamo spiegare quegli elementi della scena del crimine che Mele effettivamente dimostra di conoscere. Poiché Mele, contrariamente a quello che venne sostenuto all’epoca, non rivela alcun dettaglio che fosse ignoto agli inquirenti, dobbiamo confidare nella buona fede e correttezza degli investigatori nell’esecuzione del sopralluogo e nella sua verbalizzazione. E’ inutile disquisire su particolari poco significativi (la scarpa fuori posto, la catenina spezzata): se Mele effettivamente conosceva la posizione della macchina del Lo Bianco, come scrive Matassino, ogni dubbio sulla sua presenza sul posto viene a cadere. Rileggiamo il rapporto giudiziario: “Dopo diversi giri viziosi si arriva al cimitero di Signa ove viene fatta fermare l’autovettura e si prosegue a piedi. Per evitare che il Mele possa essere influenzato dagli inquirenti viene fatto camminare avanti, ad una certa distanza, e da solo. Gli inquirenti seguono i suoi passi. Il Mele raggiunta la estremità delle mura del cimitero si ferma, si orienta, e quindi procede diritto fino a fermarsi all’inizio della strada interpoderale Signa – Sant’Angelo a Lecore. Dopo un attimo la imbocca, percorre circa 150 metri e si ferma quasi sul punto preciso ove è stata rinvenuta l’auto con i due cadaveri. Per meglio ricostruire la scena viene fatta portare sul posto una Giulia…”. Non c’è possibilità  che Mele individui autonomamente il posto esatto, se non vi era già stato: si tratta infatti, dalle mura del cimitero di Signa all’incrocio con la stradina che costeggia il Vingone, di un percorso su via di Castelletti di ben 1314 metri [Nota: calcolati utilizzando Google Earth] e con due strade secondarie sulla destra che intersecano la strada principale prima di quella giusta.  


A questo punto, dobbiamo precisare che l’assenza di Mele dal luogo del delitto non esclude, naturalmente, che a compierlo sia stato uno o più dei personaggi che furono indagati, ma implica semplicemente che lui non abbia davvero contezza del colpevole. Come sappiamo, al processo di Cagliari per l’omicidio di Barbarina Steri scagionerà Salvatore, dopo di che tornerà ad attribuire il delitto di Signa a Francesco Vinci, un leit-motiv che, con interruzioni e pause dovute alle indagini, ripete in fin dei conti dall’agosto 1968.
La Stampa 19 aprile 1988


Accertato che Mele mente, in gran parte o del tutto, se non ha partecipato al delitto la questione è subito chiusa: sta calunniando per vendetta delle persone contro cui nutre risentimenti e la sua testimonianza non vale nulla. Se è partecipe dell’omicidio, la questione si fa più complessa; se mente per proteggere il vero assassino, dobbiamo chiederci chi stia proteggendo con le sue bugie e a costo di finire lui stesso in galera [Nota: e fu imprigionato, per calunnia di nuovo nel 1985]. In questa prima fase, che stiamo esaminando, Mele non accusa i suoi familiari, il che però non equivale a proteggerli, giacché nessuno li sospetterà prima che Natalino, tempo dopo, inizi a parlare dello “zio Piero”. Nel seguito, un tenue indizio di voler distogliere l’attenzione dalla sua famiglia e in particolare da Mucciarini (dopo le esternazioni in tal senso di Natalino) si ritroverà in un interrogatorio del 26 maggio 1969, riportato sommariamente da Rotella:  “Il 26 maggio 1969 il g.i. pone Mele di fronte al dilemma di chi debba essere creduto tra lui stesso e suo figlio, che ha chiamato in causa persone diverse da quelle indicate da lui, ed egli dichiara: "La legge non crederà a me, ma naturalmente a mio figlio, perché è più giovane ed è innocente. Io con questo non ho detto che dobbiate credere a mio figlio". Il giudice gli rappresenta che il figlio ha accusato del duplice omicidio un suo parente e Mele risponde: "Mio figlio chiamava zii anche gli amanti di mia moglie". E, dopo ulteriori precisazioni circa riferimenti a Francesco Vinci (...) di Natalino, rese per significare che altrimenti ha sempre detto la verità, aggiunge: "Non so spiegarmi perché mio figlio parli in questi termini. Mio figlio, dopo il mio arresto, è stato anche a trovare un giorno il fratello della mamma…".
Certo non proteggerà in alcun modo i familiari nel 1984, quando, non appena ritrovato l’enigmatico biglietto scrittogli dal fratello Giovanni, non avrà remore ad accusare fratello e cognati, ma anche in questo caso cambiando più volte versione, fino a quella, sommamente improbabile, di un accordo tra la famiglia Mele e Salvatore Vinci [Nota: versione accolta da Torrisi, disposto a tutto credere pur di poter accusare Salvatore Vinci]. E’ anche vero che in quel momento Stefano è probabilmente disamorato della famiglia, che non lo ha riaccolto dopo la lunga carcerazione, lasciandolo a vegetare in un ospizio per ex carcerati. Il senso di protezione può quindi essersi mutato in astio, ma più probabilmente siamo di fronte soltanto a uno dei suoi voltafaccia determinati dalla svolta delle indagini.  

 
La Nazione gennaio 1984 - articolo di Mario Spezi
A questo punto dobbiamo citare l’interpretazione del delitto di Signa data da Antonio Segnini in diversi articoli sul suo blog (da ultimo qui): un omicidio organizzato dalla famiglia Mele, utilizzando un’arma fornita da Salvatore Vinci, da lasciare poi sul posto per far ricadere la responsabilità su quest’ultimo. Probabilmente mi sfuggono alcuni elementi dell’ipotesi dell’amico Segnini, in particolare sul passaggio della pistola tra Vinci e i Mele, e sono naturalmente ben disposto ad approfondirli se me ne darà modo. L’ipotesi è molto ben congegnata, mette a posto diversi particolari altrimenti difficili da armonizzare e dà conto dell’accusa di Natalino allo zio Piero, che sarebbe, in fin dei conti, la chiave vera del caso. Vi sono però alcuni punti dolenti, che elenco velocemente. In primo luogo, la debolezza del movente: i Mele, per il resto una famiglia di onesti lavoratori, avrebbero ucciso la cognata – pur se detestata – e il poveretto che si trovava casualmente con lei per vendicare -dopo anni - l’onore offeso di Stefano, per punirla di aver scialacquato le 450.000 lire dell’assicurazione o cos’altro? Quand’anche fosse, non doveva esserci particolare fretta di compiere il delitto, quindi perché procedere in presenza di Natalino, con il rischio, poi parzialmente concretatosi, di essere individuati?  Perché lasciare la freccia di direzione dell’auto accesa e accompagnare il bambino a piedi di notte, pur avendo a disposizione un’auto? Sono particolari che stonano in un delitto organizzato; aggiungiamo che anche Rotella, riguardo all’alibi di Mucciarini, pur approfondendo al massimo [Nota: era lui che l’aveva, su deboli indizi, rinchiuso in galera, quindi ogni elemento che poteva sostenere l’accusa era il benvenuto], dovette concludere che “si è appurato, documentalmente, che egli risulta al lavoro, presso il forno Buti di Scandicci, nella zona di Casellina, quella notte”.  Ma quello che appare veramente poco credibile nell’ipotesi che il delitto sia frutto di un complotto di famiglia è la discordanza delle versioni: gli assassini non si sarebbero accordati prima su una storia plausibile da fornire agli inquirenti, sicché Stefano in prima battuta accusa Francesco, mentre i parenti indirizzano su Salvatore: già questo elemento porta ad escludere una concertazione, a meno di un delitto d’impeto, che allora non sarebbe compatibile con un piano studiato, alibi falsi ecc.

23 agosto 1968 - la confessione tra le canne



Non siamo più in grado di ricostruire con ragionevole certezza la verità sul delitto di Signa, a causa degli inquinamenti apportati alle indagini da Stefano Mele, dall’influenza probabile della famiglia sul piccolo Natalino, dagli errori degli inquirenti, in quell’indagine e in quelle successive afferenti la “pista sarda”. Il soggetto che, alla riapertura del caso, nel 1982, venne subito sospettato e incarcerato, fu scagionato dal Mostro stesso, se non per il 1968, almeno, e senza ombra di dubbio, per i delitti successivi. Trascorsi sei anni dalla pubblicazione del libro di cui questo blog è figlio, la nuova, pur interessantissima, documentazione emersa non aiuta a chiarire i dubbi, ma semmai li aumenta. Questo lungo articolo non può rappresentare altro che un aggiornamento, approfondimento e messa a punto, che sentivo di dovere ai lettori.

51 commenti:

  1. Complimenti per la serietà e la stoica fermezza nel lasciar parlare i fatti e i documenti evitando di piegarli a un'interpretazione parziale e forzata. Sono molto d'accordo sulle conclusioni. Se il clan Mele voleva far cadere la colpa su Salvatore, perchè il primo che Stefano Mele accusa - e anche l'ultimo, secondo le parole di Rotella - è Francesco? L'arma lasciata sul posto, se davvero così fu, fa pensare proprio a un delitto d'impeto e a un gesto incontrollato, non a un piano preordinato. Purtroppo Stefano Mele è il personaggio più inaffidabile di tutta questa storia. E' impossibile trovare un filo conduttore nelle sue mille dichiarazioni.

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  2. Ormai non so piu' come esprimere la mia ammirazione per questo continuo lavoro superbo. Spero che possa proseguire ancora molto a lungo, anche se siamo solo quattro gatti a commentare.
    Certo che a leggere le dichiarazioni di SM l'impressione e' proprio che lui cerchi di venire incontro agli inquirenti rispetto ad un delitto di cui non sa niente (vedi l'incredibile "Se gli accertamenti sono come dite voi, vuol dire che è stato Cutrona" - sempre che siano le sue parole testuali).
    Ho un dubbio sul fatto che SM non sapesse sparare: ma e' veramente cosi' difficile colpire il bersaglio grosso quasi a bruciapelo?
    Infine, sarebbe bello se la "nuova ed interessantissima documentazione" fosse incorporata in una nuova edizione del libro.

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    1. Ringrazio. E' stato un grosso lavoro di aggiornamento e se non ha portato a certezze né in positivo né in negativo non è colpa mia ma dei fatti e di come ci sono stati documentati e raccontati. Perché anche i verbali, i rapporti, le sentenze non sono altro che racconti dietro i quali si nasconde una verità cangiante che non riusciamo ad attingere.

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  3. Frank,
    avevi ragione. L'articolo mi ha deluso. E parecchio,
    indubbiamente più di quello che avrei mai pensato possibile da parte tua.
    Peccato.

    In senso generale:
    mi domando cosa intenda tu con la citata definizione di "analisi storica".
    Concatenare solo alcuni eventi/date (e ometterne altri)?

    Per l'articolo in sè, l'amaro in bocca nasce da:
    - la reiterata omissione di dati ufficiali e documentati
    - la reiterata assiomizzazione di valutazioni, illustrate al pari di dati di fatto, le cui premesse' non sono altro che le formulazioni stesse di personali ipotesi
    - una disarmante generalizzazione, che invece di aiutare a dirimere i dettagli, tutto annacqua


    Insomma, dà l'impressione -IMHO, pesantemente- che l'articolo non sia stato scritto a partire dagli elementi esistenti e documentati (e dalle valutazioni che da essi possono discendere), ma da quegli aprioristici assiomi privi di concreto riscontro introdotti a cui il resto dell'articolo doveva adattarsi.

    Parte delle dettagliate obiezioni, già te le ho illustrate nel corso dei commenti degli articoli precedenti e quindi non è il caso di dilunguarsi oltre qui.

    Buon proseguimento e auguri per il tuo nuovo libro.
    Al prossimo articolo (a quando sarà).

    Hazet

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  4. La debolezza del movente.

    Nessuna vendetta, ma misura colma per la sparizione di 400 mila lire che sarebbero dovute servire per riparare il tetto di casa. In realtà quei soldi Mele li aveva dati a Salvatore Vinci per la pistola. Movente debole? Dopo anni di vergogna e soldi spariti (ma credo che la Locci di questo troppe colpe non le avesse) mi pare che il movente ci sia. Del resto è noto quanto disse Giovanni Mele alla vedova Lo Bianco, come dichiarò lei stessa:

    Quanto ad altri particolari, ricordo adesso che, durante il processo d’appello in via Cavour, io uscii dall’aula. Mi seguì un uomo magro e bassino, che sapevo essere il fratello di Mele, ed io gli dissi: “proprio a mio marito, padre di tre figli, doveva succedere?”. Lui rispose che gli dispiaceva per mio marito, ma non per la cognata, giacché per loro “la cognata era già morta prima che la si uccidesse”. Insomma, io così ho capito.
    Ricordo che disse anche: “prima o dopo a qualcuno che era con lei sarebbe dovuto capitare. Mi dispiace che sia toccato a suo marito”.

    Non doveva esserci particolare fretta di compiere il delitto, quindi perché procedere in presenza di Natalino, con il rischio, poi parzialmente concretatosi, di essere individuati?

    Il delitto era stato organizzato nella notte in cui Mucciarini era libero dal lavoro e negli ultimi giorni in cui Giovanni Mele era in ferie (poi doveva tornare a Modena). L'idea era quella che Natalino vedesse soltanto il padre, destinato ad andare in galera secondo i suoi parenti (ma lui non era molto d'accordo, e questo spiega certe contraddizioni). Ma le cose non andarono per il verso giusto, e Natalino si accorse della presenza di Mucciarini.

    Perché lasciare la freccia di direzione dell’auto accesa?

    Non c'è un perché. Mele si attardò a mettere a posto il cadavere della moglie e azionò inavvertitamente la freccia. Avrebbe potuto spegnerla Mucciarini, che era con Natalino poco più avanti, ma si vede che aveva fretta di scappare e ne fece a meno, anche perché che bisogno c'era?

    Perché accompagnare il bambino a piedi di notte, pur avendo a disposizione un’auto?

    Per il semplice motivo che chi guidava l'auto, Marcello Chiaramonti, e anche Giovanni Mele che era a bordo, non volevano farsi vedere da lui.

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  5. Prendo atto delle tue precisazioni, ma continuo a ritenere questi aspetti, in particolare quello sul movente, punti deboli della tua ipotesi. Bisogna ricordare che non siamo di fronte a un clan di delinquenza organizzata, ma a "una famiglia di onesti lavoratori". Anche se Mucciarini aveva un precedente e dopo il delitto ebbe un periodo di profondo sbandamento dandosi all'alcol.
    Le parole dette dal Mele G. vanno ridimensionate nel loro significato, è un'immagine figurata che si usa nel linguaggio parlato: una persona con la quale non si vogliono avere contatti, che si disprezza o che ci ha fatto un torto, è "morta per noi". E' una metafora, non una confessione (un po' come "quando sei con me il mostro non c'è") :-)
    Anche mandare in galera scientemente Stefano dopo averlo convinto a farsi uccidere la moglie non mi pare una cosa tanto bella; per non parlare del povero Lo Bianco, che in tutto questo c'entrava poco o niente.
    Detto questo, ti esprimo il massimo apprezzamento per l'ingegnosità della soluzione, anche se non riesco a farla mia, il ringraziamento per la grossa mole di materiale che hai messo a disposizione e naturalmente la mia solidarietà.

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    1. Omar, non le sembra che proprio il fatto che il clan Mele non era un gruppo di delinquenti organizzati sia invece un punto forte della teoria di Segnini? Hanno stabilito un piano senza pensare troppo alle conseguenze. Un vero gruppo di criminali avrebbe fatto le cose per bene, da questi personaggi non ci si poteva aspettare di "meglio".
      La difficoltà di istruire il bambino e la scarsa fermezza di Mele davanti agli inquirenti possono spiegare le tante apparenti contraddizioni.
      Quale potrebbe essere il significato della frase di Lotti "quando sei con me il mostro non c'è di sicuro?" Sarebbe una vanteria di Lotti (come dire: Con me sei al sicuro, ci sono io a proteggerti)?

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    2. 1. Certo, se supponiamo che abbia agito un gruppo di assassini, il che rimane tutto da dimostrare; vorrei poi capire come i Mele facessero a sapere dove arrivava la stradina lungo il Vingone; Stefano non la conosceva - o non riconobbe i luoghi, a quanto ci dice Rotella; invece in una delle tante versioni arrivato al secondo ponte lascia il bambino e imbocca lo sterrato che , accorciando notevolmente, lo riporta a Signa. Ma del suo ritorno fa molti racconti tutti diversi.
      2. E' una rassicurazione che si usa coi bambini: quando ci sono io l'uomo nero non viene. Anche Lotti ha il cervello di un bambino mal cresciuto e rassicura l'Alessandra come farebbe un bambino maschio protettivo con la sua amichetta femmina più piccola.

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  6. E' sinceramente interessante veder dibattere sulla cd 'ipotesi Segnini' (che non è nemmeno corretto definire 'ipotesi', visto che quella 'ricostruzione'(sic) per Signa 1968 altro non è che solo e semplicemente l'obbligata stampella ex-post necessaria per 'giustificare' la cal.22 in mano al MdF=Lotti mostro solitario (sic!)), almeno quanto vedere come si continui imperterriti a far finta che 1985, Massa, Antenucci, etc etc nemmeno esistano.

    In quattro (4!!!) articoli, manco una riga su cosa il SM disse nel 1985 e su quanto venne appurato e confermato, quello sì, anche da terzi; e nell'ultimo, questo, addirittura si legge: "Salvatore ha un alibi, confermato da terzi".
    E lo si legge senza manco 'na piccola noticina; senza manco uno (eccetto me) che si degni farlo notare. Senza manco uno (eccetto me) che allora si pone e pone la domanda: cosa si intende a 'sto punto con le parole "analisi storica"?

    Faccio notare che:
    - così innocente, il SM, si ha però proprio qualche problema a poterlo prendere in considerazione: visto che tutti (lui stesso, il figlio e pure i parenti... giusto per non farsi mancare nessuno tra quelli che lo dovrebbero difendere a prescindere) fanno a gara a dargli del colpevole.

    - che se tutti (lui stesso, il figlio e pure i parenti) gli danno del colpevole, per 'assolverlo' NON è sufficiente dire senza prove verificabili (e nessuna prova di ciò è stata messa sul piatto, meno che meno in questi 4 articoli) che testimoni e personaggi mentirono, che i CC imbeccarono, che i CC estorsero, che i CC aggiustarono i verbali, che i CC -Torrisi- erano "disposti a tutto credere"[cit]

    - e quando anche lo si dica (che SM non era sulla scena del crimine quindi i CC imbeccarono, etc etc), almeno si dovrebbe poi abbozzare un tentativo plausibile di spiegazione al perchè di quella (a quel punto assurda ed incomprensibile) manfrina SM, NM & parenti a tifare spudoratamente per la galera per un innocente.

    NM non può non essersi svegliato agli spari.
    NM ha certamente 'parlato' con la famiglia (e la famiglia con NM).
    SE il padre non era sulla scena del crimine, i primi a saperlo (dopo SM stesso e NM), erano proprio i parenti.
    E allora come è che invece di protestarne l'innocenza...

    Ed è pure abbastanza inutile attaccarsi alla mal riuscita passeggiata in loco, notturno, ben (1985-1968 = 17 anni dopo!!!) confidando nella memoria di un oligofrenico, che nel mezzo si è pure fatto anni di galera... e che non risulta da nessuna parte essere stato un frequentatore di quella stradina fino alla notte del delitto, dove comunque ci sarebbe arrivato, non pedalando, non camminando, ma scorrazzato da qualcuno che possedeva un mezzo per seguire la Locci e il Lo Bianco dall'uscita del cinema [che se non potevano anche dirigersi in un altro posto e ciao delitto].

    Hazet

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    1. Ma bada chi si rivede, Hazet. Pensavo che dopo il mio articolino sulla morte di Barbarina Steri eri andato a nasconderti, e invece eccoti qui, con i tuoi soliti logorroici sproloqui...

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    2. Ok. Detto questo, prego rimanere in tema su Signa

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    3. 1. L'articolo rivisita i primi giorni dell'indagine, non intendevo riscrivere il libro, ma dar conto di materiali emersi successivamente.
      2. Non credo al Mele del 1968, perché dovrei credere al Mele del 1985? O meglio, posso crederci quando parla dei rapporti erotici e sessuali tra i protagonisti, non certo per la dinamica dell'assassinio Mele + Vinci che è del tutto astrusa e improbabile.
      3. Ancora questa idea superbigotta che uno perché bisessuale scambista deve anche essere un serial killer...
      4. Che nel 1985 il teste Antenucci sia in grado di ricostruire cosa fece le sere della settimana meglio di quanto sapesse farlo nell'immediatezza è oltre i confini della realtà.

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  7. Frank,
    p.1)
    Se così fosse, gli articoli/l'articolo_(4) dovrebbe contenere solo riferimenti/citazioni/etc datate 1968, al max 1969.
    Invece citi e usi il 1982, 1984, il Rapporto Torrisi e hai pure messo in mezzo il SM del processo cagliaritano. NON citi invece in nessun modo (come se fosse ininfluente) quanto dichiarato e quanto emerso nel 1985. Assai difficilmente posso credere ad una tua svista 'storica'.

    p2.)
    perchè il 1985 NON è solo il dichiarato del SM. E' anche l'Antenucci, il Vargiu, il Biancalani (e nel 1995 pure la Rosina Massa)!!!
    Eppure: Non una sola riga -caso 'storicamente' strano- nè sull'uno nè sugli altri.

    p.3)
    "Ancora questa idea superbigotta che uno perché bisessuale scambista deve anche essere un serial killer": straw argument grosso come una casa.
    Non ho mai parlato di assioma 'bisessuale = sk' (e nè manco il Torrisi in quei termini).
    Fammi un cut-n-past di dove mai avrei scritto una cosa del genere, se puoi. Se no, le scuse sarebbero gradite.

    p.4)
    * Ma come? SM nel 1985 dovrebbe ricordarsi una strada percorsa una volta di notte 17 anni prima altrimenti vuol dire che lì non c'era mai stato e... INVECE per l'Antenucci (che già fin dall'inizio han dovuto dargli una mano a fare i conti dei giorni a ritroso che la prima versione era sfalsata rispetto all'alibi che forniva) lo stesso metro non solo non vale ma deve valere l'opposto!? Great!

    * in concomintanza con l'Antenucci, si ha anche il Vargiu che non conferma più e si trincera nei comodi 'non ricordo', e pure il Biancalani (tirato in mezzo come alibi solo nel 1982) che rifiuta di prendersi la responsabilità di alibizzare.
    Son tre dati - storici- che vanno 'storicamente' giunti, non disgiunti (idem con la testimonianza della Massa a Processo Pacciani).

    * 'oltre i confini della realtà' è da considerarsi invece la sistematica presupposizione di imbeccamenti/coercizioni/manipolazioni di testi e documentazioni sempre e solo quando - 'storicamente'- fa comodo, e sempre senza mai portare una sola prova in tal senso.
    Valga su tutti l'esempio del 'siccome l'autopsia terminò prima... ALLORA il SM...' che vale meno dei famosi 'mezzo indizio + mezzo indizio' di toniana memoria.


    --EXTRAS--
    Ad opera della piattaforma Blogspot, leggo testuale, subito sotto il form per i commenti:
    "Il tuo messaggio apparirà dopo essere stato approvato dal moderatore".

    I miei complimenti all'Admin... per la sua scelta di pubblicare il gratuito flame di Segnini.

    Per paritario diritto di replica, è quindi bene specificare:

    a) che detto "articolino" è pieno di imprecisioni ed illazioni.

    b) che Hazet NON "è andato a nascondersi"

    c) che Hazet NON ha commentato segnalando le illazioni e le imprecisioni presenti in quel "articolino" sul blog dove è stato postato, per il semplice fatto che il Segnini non permette ad Hazet di commentare sul suo blog (...forse non sapendo come rispondere alle puntuali critiche e non potendo svicolare facilmente)

    d) che auto-attribuirsi che un proprio "articolino" abbia anche solo lontanamente potuto costringermi ad "andare a nascondermi", è un palese straw-argument spruzzato di megalomania

    e) effettivamente, "articolino" [cit.] è un ottimo termine per definirlo

    Hazet

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    1. Hai detto i tuoi argomenti, più e più volte, sempre gli stessi, spesso distorcendo (non comprendendo?)quanto da me scritto, e ho con grande pazienza pubblicato. Se i miei articoli non ti piacciono, basta dirlo una volta, non serve ripetere il loop infinito Rosina Vargiu Biancalani Rosina Vargiu Biancalani Rosina Vargiu Biancalani... Lasciamo il campo ad altri commentatori, se non ci sono pazienza.

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  8. Per comprendere l'enigma di Signa bisogna prendere atto di tre elementi che si intorcinarono tra di loro determinando la non linearità dei conseguenti accadimenti:

    1. Una pistola di Salvatore e Francesco Vinci, del cui ritrovamento nei primi giorni entrambi avevano paura (soprattutto Salvatore, che materialmente l'aveva data a Mele).

    2. Un delitto orchestrato dalla famiglia Mele al completo per il quale c'era il progetto di farlo accollare a Stefano dandogli il necessario appoggio di un complice, vista la sua inettitudine, scelto in Salvatore Vinci che gli aveva dato la pistola.

    3. Un colpevole predestinato, Stefano Mele, che in galera non ci voleva andare, e che nello scegliere qualcuno cui dare la colpa, preferiva Francesco Vinci al fratello Salvatore (ragioni ragionevoli: rancore verso Francesco, complicità di letto verso Salvatore).

    Alla luce di queste tre forze antitetiche tutto si può tranquillamente spiegare, fin nei minimi particolari. Certo, non se ci si fossilizza su questioni come la debolezza del movente o il perché Natalino venne accompagnato a piedi!
    Quindi la malattia di Mele, il guanto di paraffina, i due soli bossoli all'interno dell'auto, le accuse di Salvatore a Francesco, le pressioni contrastanti sul bambino, il perché la Locci se lo portò dietro, eccetera eccetera eccetera...

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    1. Antonio, secondo me (sempre secondo me, eh), si dimentica un particolare fondamentale: la pistola. Il clan Mele contava sul ritrovamento della pistola. Ma l'arma non si trovò e a quel punto SM si trovò spiazzato, uomo debole, dal debole alibi, cominciò ad accusare ogni amante della moglie che gli veniva in mente. Non tirò in ballo la propria famiglia perché il cognato aveva partecipato ad un suo interrogatorio. La famiglia M , secondo me, non si era accordata più di tanto su cosa dire e non dire, perché il ritrovamento della pistola avrebbe indirizzato le indagini altrove.
      Che fine fece quella pistola io lo posso solo immaginare e un giorno forse glielo dirò in separata sede.
      Stefania

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    2. Ma a chi lo dirà? A Segnini o a me? :-)

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    3. Lo dirò a Segnini, ma via mail
      Ma se è disposto ad ascoltare un racconto fantascientifico lo dico anche a lei, sempre via mail

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    4. Ma certo... di "fatascienza" in questa storia ce n'è già stata molta...

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  9. Il cinismo e la malvagità dei Mele sarebbero veramente estremi: non solo uccidono la cognata e il suo ignaro amante, ma mandano al macero il fratello Stefano senza un rimorso, tentando di scaricare la responsabilità su un terzo estraneo. Una trama a orologeria da romanzo criminale, forse troppo perfetta da escogitare per quelle menti non certo eccelse.Ho rivisto giusto ieri sera il film "memories of murder" e devo dire che i metodi della polizia coreana spiegano facilmente anche certe confessioni nostrane.

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    1. Si può discutere sul particolare, ma quando il quadro prende forma senza una sbavatura, vuol dire che ci siamo.

      Ti faccio un esempio, che ho già fatto ma lo ripeto. Quando Natalino suona alle 2.00 esatte, si potrebbe pensare al caso, certo, ma si potrebbe anche pensare all'appuntamento tra Mele e l'auto dei complici, preso per un'ora tonda, come è naturale. Lui è al ponticino con Natalino, in attesa, vede la macchina di Chiaramonti sulla strada (arrivata un paio di minuti prima dell'ora concordata, le 2) e lascia andare il bambino. Una corsetta per arrivare e sono le 2.00 esatte!!!

      Altro esempio. Non è vero che Salvatore e Francesco si detestavano, come dimostra la testimonianza Antenucci del 18 ottobre 1985:

      L'Antenucci prosegue affermando che anche il martedì sono stati al lavoro sino alle ore 20,30-21,00, e dopo, mentre il Biancalani è andato a casa dei suoi genitori, lui è invitato a cena, per la prima volta, in casa del Vinci. Quasi alla fine della cena, arriva Francesco e poco dopo tutti e tre si portano al solito circolo, ove incontrano il Vargiu Silvano ed il Biancalani. Dopo aver consumato il caffè, Francesco si allontana e proprio in quel momento si sente Salvatore dire al fratello «… che per caso vai dalla Locci?…» senza ottenere risposta.

      Ti paiono due che si detestano? E allora, perché Salvatore fece nell'immediato quelle strane allusioni sulla pistola che aveva il fratello, tanto che la stessa madre ne rimase sconcertata? Perché aveva capito di essere nella cacca con la pistola che aveva dato a Mele, era incerto su quel che era accaduto, per quanto ne sapeva lui poteva essere implicato il fratello. Quindi non esitò a metterlo in mezzo nel tentativo di uscirne fuori. Semplice, no?

      Ma la cosa più incredibile è la pistola. Abbiamo diversi elementi che s'incrociano alla perfezione. Mele confessa di essere stato istigato da Salvatore Vinci che gli ha dato la pistola, e che lui ha lasciato sul posto. Accanto a lui c'è Mucciarini, lo stesso Mucciarini che dirà a Natalino di dire di aver visto Salvatore tra le canne, lo stesso Mucciarini che aveva tentato di spaventare la Locci mostrandole la pistola (e lei: ci potrebbero sparare), lo stesso Mucciarini che Natalino vide gettare nel fosso la pistola, lo stesso Mucciarini che il mercoledì notte era libero dal lavoro di panettiere. Ma insomma, che cosa si vuole di più?

      Grande è la confusione
      Sopra e sotto il cielo
      Osare l'impossibile
      Osare, osare perdere
      Grande è l'impossibile
      Osare la confusione
      Il cielo è sopra e sotto
      Ci si può solo perdere

      CCCP - Manifesto

      Elimina
  10. "Un delitto orchestrato dalla famiglia Mele al completo per il quale c'era il progetto di farlo accollare a Stefano dandogli il necessario appoggio di un complice, scelto in Salvatore Vinci"

    E per quale ragione il SV avrebbe dovuto prendere ordini dalla famiglia di mezzetacche dei Mele?
    E perchè la famiglia Mele avrebbe dovuto rivolgersi a SV quando era notorio che il malandrino fosse invece il FV?

    Vero piuttosto il contrario: ossia che il SV è l'unico che ha possibilità (la fiducia del SM nei suoi confronti visti gli intrecci carnali) di far pressione sul SM (e usarlo da cavallo di troia vero i Mele).
    SM che a sua volta nulla da solo può decidere senza il 'permesso' della famiglia.

    Si avrebberero così tre soggetti, ognuno con un movente differente, ma un obiettivo condivisibile comune:

    1- il SM evitare che la famiglia venisse a sapere che oltre che cornuto faceva a turno il ruolo del maschio e della femmina col SV assieme alla moglie fedigrafa

    2- la famiglia, un deitto per ripulire un pò il buon nome dal via vai di maschi nel letto della moglie del figlio e per qualche sperperuccio indigesto con gli amanti

    3 - il SV perchè il suo maschio ego di dominatore di giochi era stato calpestato dalla Locci quando aveva cacciato dalle sue cosce sia lui sia il marito, e con affronto ulteriore, aprendole subito dopo al detestato fratello Francesco.

    solo così i conti tornano tutti e linearmente.
    sia nell'immediato, sia nel proseguio delle deposizioni degli anni successivi

    Hazet

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  11. credo però che Antonio intendesse dire: additare SV come complice per gli inquirenti, non che lo fosse veramente... almeno così ho capito :-)
    resta il fatto che il voltafaccia di Stefano da un piano già concertato lo reputo poco plausibile

    RispondiElimina
  12. Frank,
    Antonio chiarirà nel dettaglio, ma è lui che ha scritto "dandogli il necessario appoggio di un complice, vista la sua inettitudine, scelto in Salvatore Vinci che gli aveva dato la pistola".
    E anche dalla sua risposta a te del 8 ottobre 2019 10:30, par di capire intenda complice proprio.
    Del resto se procuri una pistola per un omicidio e la dai a chi preme il grilletto... inzomma: complice sei. a tutti gli effetti (e a tutti gli effetti se ti beccano la paghi).

    Mi restano comunque ulteriori dubbi in merito ad una simile ricostruzione, tipo: che vuol dire "Una pistola di Salvatore e Francesco Vinci"?
    O è dell'uno o è dell'altro mi parrebbe più logico e normale.

    E poi, con quale leva (soldi? ricatto? minacce? corregionalità? etc) i Mele avrebbero proposto (e convinto!) e commissionato ad un X qualsiasi (pure SV nello specifico) un duplice delitto?
    Mica son cose ordinarie che metti l'annuncio sul giornale robe simili.

    E che il SV e FV siano andati in un bar assieme al ristretto giro di amici sardi una sera (come Antonio ci ricorda con le parole dell'Antenucci), non è che sia sufficiente a dire che SV e FV andassero d'amore e d'accordo; tuttalpiù può indicare che non si odiassero pubblicamente a morte ma nulla di più [Nota: che poi in ogni caso pare essere il SV ad avercela col FV, non viceversa e quindi -specie se in previsione di un delitto- si potrebbe anche dissimulare apposta se si pensa poi di cercare di scaricare qualche sospetto sull'altro])
    In ogni caso, vale notare che se il SV davvero avesse voluto bene anima e core al Francesco, ma chi glielo avrebbe fatto fare per ben due volte (smentito in entrambe le occasioni) di cercare di gettare il sospetto proprio sul FV?

    Come sempre è d'uopo, è pure corretto ricordare che l'alibi del FV resse nel 1968 e sempre resse anche negli anni successivi; mentre quello del SV resse sì nel 1968 ma negli anni successivi invece No.
    Ed infatti: fu il SV a dargli addosso al FV e non viceversa
    (tra l'altro, cosa incomprensibile se l'arma fosse stata di entrambi come ha ipotizzato Antonio)

    Non capisco invece cosa intendi tu per "voltafaccia di Mele".
    SM cerca di sfangarsela col suo alibi leggero leggero. Appena si accorge che gli inquirenti non gli credono e gli han messo il sale sulla coda: come reazione normale umana istintiva di uno che non sia un criminale incallito, crolla e se la canta. Poi cerca di dare una aggiustatina come può per cercare di ridurre al minimo i danni almeno per i complici visto che a quel punto lui sa che non può più cavarsene fuori.
    Mi pare cosa assai quotidiana, normale e comprensibilissima. Di certo mille volte più comprensibile di una famiglia che decide di sacrificarti e cerca di farti condannare a tutti i costi (e per farlo, mette pure di mezzo un estraneo alla famiglia). Quello si che regge ben poco sia come possibilità sia come dati che emergono dalle documentazioni.

    IMHO, l'ipotesi prospettata da Antonio -con il quale è sempre un piacere scornarsi- è viziata dalla (sua) necessità di fornire una ricostruzione che possa permettere un passaggio di arma al Lotti; ma SE quell'obbligo lo si leva dall'equazione, Antonio ci prende abbastanza quando riconosce che tra il FV e il SV Mele col primo aveva un rapporto di odio mentre col secondo aveva un rapporto 'affiatato' e che quindi tra i due, SE SM centra col delitto (e centra eccome!) chi gli si può mettere a spalla non può certo essere il FV.
    Il problema, è che se metti SM e SV sulla scena del crimine: l'arma non potrà mai arrivare nelle mani del Lotti (ed infatti non venne lasciata in locus criminis. magari la si distrugge -ma sappiamo che non avvenne- o la si butta (o si tranuillizzano i complici dicendo loro di averlo fatto), ma la si butta da un'altra parte dove si spera non venga trovata. perchè da un'arma si risale sempre alla sua storia).

    Hazet

    RispondiElimina
  13. Voltafaccia di Stefano: prima accusare Salvatore, poi non appena gli dicono che il presunto complice ha un alibi volgere l'accusa su Francesco. Non mi sa di un piano coordinato.Ma non si può escludere, considerata la dabbenagine del protagonista.

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    1. Ripeto, tutto va interpretato alla luce delle differenti opinioni e esigenze dei protagonisti: la famiglia Mele che voleva mandare in galera Stefano e Stefano che non ci voleva andare. Mi sembra tutto molto logico, anche se indubbiamente poco professionale.
      Stefano vuole fare a modo suo, la mattina si prepara un alibi (probabilmente all'insaputa dei parenti), la notte del delitto istruisce Natalino di dire di non aver visto nessuno e la mattina dopo dice ai carabinieri di non saper nulla. Intanto però matura il proposito di accusare Francesco Vinci tramite la seconda fase dell'ammaestramento di Natalino, che dovrebbe reggere la parte di avergli raccontato tutto la sera che vanno a casa insieme. In questo caso la mia incertezza sta nel fatto che Mele potrebbe aver progettato anche questa seconda fase fin da subito (ma non credo) oppure averla maturata in caserma mentre viene interrogato e ha visto Francesco Vinci anche lui interrogato.
      La sera in effetti istruisce Natalino come ben sappiamo.
      La mattina dopo arrivano Mucciarini, Chiaramonti e la sorella Teresa. E qui via discussioni e tentativi di convincere il riottoso Mele a stare al piano. E infatti, con accanto Mucciarini, alla fine Mele racconta quel che deve raccontare, compreso la pistola lasciata sul posto che dovrebbe confermare il suo racconto.
      Ma la pistola qualcuno se l'è presa. Mancando la prova regina ecco che a questo punto tutto va a catafascio. Dopo un primo tentativo di tenere in piedi la versione con Salvatore, Mele cerca di recuperare il suo piano, quello con Francesco, cedendo qualcosa con l'ammissione della sua presenza. Spera che Natalino confermi, ma è pretendere troppo, poiché Natalino cede. E via andare. Comunque Mele non svelerà mai la colpevolezza dei propri familiari, fino al sequestro del biglietto dello zio Pieto, dopo il quale, con l'ingresso finale di Chiaramonti, Rotella aveva risolto il caso.
      Ma l'ingordigia di trovare il Mostro dove il Mostro non era gli fece rimettere in carcere Stefano Mele, che per uscire gli dette quel che lui voleva: Salvatore Vinci, in una grottesca carovana di due auto e tre sparatori! Rotella stesso si stupì che Mele avesse tenuto dentro i parenti. Certo, a lui sarebbe andato meglio il duo Vinci-Mele, ma evidentemente i parenti c'erano davvero, e rimasero.

      Elimina
  14. @Antonio,
    sorry, ma non capisco:

    Se il Mucciarini aveva davvero minacciato la Locci in casa mostrandole una pistola [come ebbe a dire il NM], in famiglia Mele vuol dire che un'arma a disposizione già c'era.

    Ma allora perchè i Mele sarebbero dovuti ricorrere al tirare in mezzo un estraneo alla famiglia, il Salvatore, per convincere lo Stefano della bontà dell'uccidergli la moglie e fargli dare allo Stefano, sempre dall'estraneo alla famiglia Salvatore, una pistola (contemporaneamente "del Salvatore e del Francesco"... e pure senza che il Francesco protesti della sparizione dell'arma che dovrebbe essere anche sua), quando sulla scena del crimine era preventivata e organizzata pure la presenza del Mucciarini il mercoledì notte quando era libero dal lavoro di panettiere?

    Dobbiamo quindi presupporre che il Mucciarini avesse un arma (se no addio minaccia alla Locci) e che dopo la minaccia alla Locci, ma prima del delitto "organizzato da tutta la famiglia al completo", il Mucciarini se ne sia disfatto?

    E che poi [sempre secondo il NM] il Mucciarini si sia disfatto pure di quella fornita dal Salvatore, 'gettandola nel fosso'?
    (che poi, di notte, al buio, su una scena del crimine ancora calda e senza sapere quando i CC arriveranno... ma il Lotti, ma come fece a trovarla e recuperarla dal 'fosso'?)

    Hazet

    RispondiElimina
  15. @Antonio
    nella tua ipotizzata ricostruzione c'è pure un altro problema:

    Tu sostieni che:
    - la famiglia Mele (non SM), contattò il SV per comprare una pistola (in possesso anche del FV) per uccidere la BL
    - che il SV accettò e accettò pure di convincere il SM della bontà dell'uccidere la BL
    - che SV subito prima del delitto consegnò l'arma al SM (e non ad uno della famiglia)...
    MA
    - che al delitto, il SV fisicamente non partecipò

    Orbene, questo ordine di cose crea il difficilmente sormontabile problema dell'alibi (sic) del SV

    Mi spiego:
    - se Tu vieni assoldato per procurare un arma per un omicidio, e accetti
    - se Tu vieni assoldato per convincere un marito che è giusto che i parenti gli uccidano la moglie, e accetti
    - se Tu sei per forza di cose a conoscenza dei dettagli del piano omicidiario perchè devi fornire l'arma prima del delitto, che non si può preventivare con certezza assoluta antes visto che dipende da un'aleatoria uscita di casa della moglie per una camporella
    - se Tu sai che chi va compiere il delitto non è un criminale incallito che sa tenere la bocca chiusa
    - se Tu sai che addirittura tra i complici attivi del delitto deve andarci un oligofrenco che non è una cima...
    - se Tu sai che, in quanto Tu essendo stato un ex-amante della vittima, verrai comunque obbligatoriamente sospettato e sentito dalle FF.OO.
    ALLORA
    - allora, visto che Tu al delitto fisicamente ed in loco non partecipi ma che del delitto sai tutto anche quando avviene, un alibi vero, solido, inattaccabile te lo fai. E te lo fai senza sforzo e senza necessità di menzogna nè tua nè di altri. Che so, pigli la tua macchina e ti vai a passare la notte a Firenze, ti fai portare in caserma per ubriachezza molesta etc etc
    - invece, Tu (che in questo caso sarebbe il SV) che fai? ti costruisci un alibi falso!
    --- dici che sei stato in giro con amici per locali dela zona (ma uno di quei locali era chiuso; ma l'Antenucci ti smentirà sulla data; ma il Vargiu se ne caverà fuori dicendo di non ricordare; ma il Biancalani pure) e che poi sei rientrato a casa a dormire (ma la Massa ti smentirà testimoniando in tribunale che quella notte proprio non rientrasti) [*]

    [*] PS: su questo punto ti può forse venire incontro Frank, che è nella fase de 'verbali manipolati, indagini tutte sballate, testimoni coercizzati, confessioni estorte...'
    ...però, se così fosse (a parte mancarne qualsiasi prova a sostegno di ciò ), con lo stesso metro e con la stessa 'sicurezza', chiunque potrebbe sostenere che anche il verbale del SV e le sue dichiarazioni vennero alterate e manipolate e che lui invece avesse fin da subito confessato, ma i cattivi-incapaci-manipolatori invece non gli credettero (piano troppo complesso con la famiglia che vuole incastrare il figlio, pistola condivisa, etc) e quindi...
    ... e quindi non se ne uscirebbe più.

    Hazet

    RispondiElimina
  16. In attesa che Antonio, magari, fornisca chiarimenti in risposta alle mie obiezioni avanzante alla sua 'ipotesi' su Signa...
    ...Preciso che con quella, concordo, anzi, trovo addirittura palese, che:
    - il delitto di Signa contenga una serie di moventi multipli (tral'altro, nessuno dei quali sia la gelosia da alcuni ipotizzata): uno per categoria di soggetto partecipante al delitto (SM, famiglia, 'terzo soggetto' fornitore di arma);
    - che un'opera di convincimento della bontà/necessità di uccidere la Locci al SM qualcuno la debba aver fatta (e che solo il suo compare di lenzuola SV avesse (motivo e) possibilità di carisma in tal senso)
    - che non sia un delitto 'maniacale' (e riscontri investigativi in tal senso mai ne sono usciti del resto)

    Non concordo, e completamente, sul fatto che:
    - la famiglia Mele possa aver contattato sponte sua il SV per farsi dare un arma per assassinare due persone (può invece la famiglia averlo fatto ma solo su imbeccata/proposta del SM, inconsapevolmente agendo come un cavallo d troia, manipolato dal suo affiatato sodale di lenzuola... del resto, risulta che il SV al SM avesse -almeno- "millantato"(o detto il vero. dipende se si vuole trasformare una sentenza in oro colato o meno) di aver già ucciso la prima moglie)
    - che SV non fosse sulla scena del crimine (ogni logica lo escluderebbe, e più di tutte quella dell'alibi fasullo)
    - che l'arma possa essere stata abbandonata in loco
    - che oltre all'auto del commando assassino, quella notte ci potesse essere un altro mezzo (motorino?) che -a sua volta- seguiva l'auto del Lo Bianco dall'uscita del cinema fino allo stradino dove avvenne il delitto
    --- se è plausibile che i due amanti non si guardassero troppo le spalle presi dalla fregola, è difficile che chi invece sta andando a compiere un duplice delitto non tenga gli occhi ben aperti per tutta la strada; non fosse altro che per vedere se anche solo casualmente sta passando un'auto della polizia e troppo difficilmente non avrebbero potuto non accorgersi di essere a loro volta seguiti. Non solo, l'auto avrebbero dovuto essere parcheggiata ben prima di quella del Lo Bianco, ed un palo al mezzo per garantire una pronta fuga in caso di necessità avrebbe dovuto restarci, e quindi chi arrivava (in motorino?) dopo di loro non avrebbero potuto non essere sentito e notato)
    --- che un estraneo (fosse pure il GL) aspettasse in già in loco, è da escludere per mille motivi: in primis che non risulta il luogo essere notorio luogo di appartamento di coppiette, e in secundis che era impossibile sapere a riori che la coppia BL-ALB proprio lì si sarebbero diretti (a dire il vero, a priori avrebbero anche potuto non andare al cinema visto la ragione 'intima' per la quale uscivano assieme quella sera)

    Hazet


    @Frank
    rileggendo la Sentenza e le parole ivi scritte dal Rotella (che a differenza nostra aveva a disposizione tutte i verbali di documentazione) e appaiando il suo contenuto con 'il succo principale' di questi tuoi quattro articoli (id est: non possiamo credere al Mele perchè l'autopsia terminò prima della ricostruzione in loco del SM e il SM già aveva visto e parlato col figlio), dal tuo punto di vista: bisogna annoverare anche il Rotella nel numero di Pubblici Ufficiali che 'aggiustarono, imbeccarono, manipolarono, deviarono, e/o scrissero il falso', accomunandolo così ai Ferrero ai Matassino, ai Caponnetto etc? [*1]
    Perchè a leggere e rileggere bene la Rotella (esposizione dei fatti e scansione delle possibilità espresse valutativamente), parrebbe che anche il Rotella debba essere -secondo la tua visione- essere imbarcato nel gruppo.

    [*1] come sai: non è assolutamente mia opinione che Ferrero, Matassino, Caponnetto etc fecero quello.

    Hazet

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho dimostrato che non è vero che il Mele diede agli inquirenti informazioni di cui ancora non disponevano. Questo elemento è sempre stato portato come prova della presenza del Mele sul posto, ma si è rivelato insussistente.
      Altro elemento è che, a causa del pressapochismo di un'autopsia (sul Lo Bianco) risulta molto difficile stabilire una dinamica dell'omicidio. Ora tendiamo a pensare che la Locci fosse sul sedile del conducente protesa verso il basso ventre dell'uomo, ma è una nostra ricostruzione, Mele dice solo "sopra" che semmai vorrebbe dire un'altra cosa.
      Detto questo, sono aperto a tute le ipotesi e possibilità, l'importante è non asserire il falso.
      Rotella riesamina il caso nel 1983, non comprendo cosa c'entri con questo. Semmai, può avere una responsabilità per aver taciuto sulla segnalazione anonima del 1982, ma anche su questo siamo lontani dall'essere sicuri di quello che realmente avvenne.
      Comunque la tua fiducia nella limpidezza degli inquirenti (beninteso, quando danno addosso a un indagato ben specificato) è degna di miglior causa, perché in questa lunga vicenda ne abbiamo veramente visto di tutti i colori.

      Elimina
    2. Frank,
      1)
      - Non ho fiducia nella limpidezza degli inquirenti nei casi in cui la 'non limpidezza' è forte visti gli elementi a supporto per dubitarne (es: proiettile/Minervini, straccio/Minoliti)
      - Riconosco gli errori dovuti a mancanza di professionalità (es: i tanti nella vicenda Signa)
      - Riconosco quelli dove possono entrare in gioco altri fattori, il cd 'bene superiore', per così dire... (es: il PM che mai mette in dubbio le asserzioni impossibili fisicamente del proprio "collaboratore di giustizia")
      - riconosco quelli di 'sovraesposizione' (es: la caratterzzazione d'autore usata dal Torrisi)

      Ma in nessun caso faccio simili differenze in base al nome dell'accusato.

      [PS: potresti fare i cut-n-paste di dove abbia mai sostenuto una simile roba?
      Se non puoi (come per quella del "bisessuale=sk" attribuitami), saresti pregato di smettere di attribuirmi cose che non dico e che non penso. Grazie]

      2)
      - Rotella centra alla stessa stregua degli altri investigatori, visto che quand'anche avesso limitato il suo lavoro (e così non è) ad una semplice rilettura delle carte (tutte, non solo quelle di cui noi disponiamo), rientrerebbe nel limbo-di-fiducia dovuto al presupporre non provate coercizioni e manipolazioni come standard operativo delle FF.OO., limitandolo ad un 'avallante le manipolazioni(sic) e coercizioni(sic) del 1968' o a un 'professionalmente inetto a non riconoscerle'.
      Come hai fatto notare era nota agli inquirenti ora/data in cui le perizie terminarono e quindi tale dato era noto anche al Rotella. Eppure, scrive: "La relazione peritale dirà, QUALCHE MESE PIU' TARDI, che i colpi sono..." -1.2.
      Non credo di sbagliarmi quando reputo che così disse perchè nel '68 non c'erano scanner, computer, wordprocessing, email, fotocamere digitali ossia il fascicolo autoptico non poteva essere pronto in concomitanza col termine delle autopsie e che quindi abbia fatto riferimento alla data della consegna dei papelli uffciali.
      Oppure dobbiamo pensare che prese una cantonata completa nel leggere le date?... o omise un dato e se ne inventò un'altro?
      E credo di non sbagliarmi quando penso che non utilizzò il riferimento presente nella Zuntini perchè esso non emana il profumo che dette informazioni vennero travasate ad un sospetto/imputato se non a costo di ipotizzare grosse illegalità, non errori.
      Può essere; ma resta un 'può'.
      Ed è un "può" che per incidere in qualche modo 'nuovo', implica una montagna di illegalità, occhi chiusi, silenzi e complicità. Troppo e troppe perchè il Rotella potesse prenderle in considerazione.

      3)
      - Non mi sembra nè che tu nè che io, abbiamo mai asserito fatti o eventi o dichiarazioni false.
      Può essere capitato negli anni di aver scritto errori compatibilmente a mancanza di documentazione, ma in ogni caso abbiamo sempre poi provveduto a correggere a fronte di documentazioni prima non disponibili.

      4)
      il pressapochismo dell'autopsia -fuori di dubbio- è cosa che, come tutte le ricostruzioni autoptiche sul delitti della cal.22 lascia il tempo che trova a meno che non possa dimostrare la presenza di due armi sparanti, contemporaneamente, o una differenza di calibro e arma.
      La BL un pò più 'sopra' o un pò meno 'sopra' (ma on da un'altra parte): non cambia nulla visto che è impossibile sapere esattamente come vittime e omicida fossero posizionate sia 'antes', sia quali movimenti esatti fecero 'durantes', sia come e quanto vennero manipolati 'post'.

      [continua]

      Elimina
  17. 5)
    - Hai dimostrato che terminarono le autopsie prima che SM ricostruisse in loco la scena, MA ciò non è bastante per scrivere una 'nuova' storia (o meglio che 'nessuna storia è possibile').

    * non furono portati solo i colpi [1969-Richiesta processo Mele.pdf pag1/2]. Tra i punti lì indicati uno è assai sensibile perchè estraneo alla temporalità della presenza del NM (solo) nel post-delitto: l'indicazione della caduta della scarpa.
    Elemento che il NM avrebbe potuto passare ad un SM innocente, solo a patto che il NM non fosse solo e sia rimasto per un pò in loco, ma allora...

    * sovente si asserisce (IMHO, per brevità di salto logico del 'siccome ha detto che nel caricatore c'erano 8 colpi, allora...') che SM indicò il corretto-(secondo la perizia) numero di colpi sparati.
    - a verbale però risulta differentemente [evito il repetita], rendendo assai meno binario (c'era/non c'era) il risultato, che quindi non può essere valutato da una mera estrapolazione di un dato, ma invece deve essere raggiunto tramite una contestualizzazione.

    * anche ammettendo che SM disse il numero di colpi sparati (e così a virgolettato non è, che sarebbe pure illogico che li avesse contati sparandoli), resta il fatto che il sopralluogo è cagionato proprio dalla 'confessione' del SM.
    - Confessione che avviene -vero!- in quella "zona grigia" non verbalizzata (con tutto ciò che può implicare) del post interrogatorio del mattino ma comunque alla presenza del Mucciarini

    * quindi: per accettare la versione del SM-innocente a partire dal dato 'fine-autopsie-antecedente-sopralluogo', saremmo obbligati a dover accettare, tutte e contemporaneamente le seguenti cose, che:
    - SM confessò un delitto non commesso

    - SM venne imbeccato dal NM su tutta una vasta serie di particolari (implicazioni NM non solo da tenere in conto)

    - SM confessò perchè la confessione gli venne estorta dai CC
    (i quali, visto che per loro il FV era uno schedato malandrino, chiesero al SM di mettergli nei guai il fratello SV?)

    - SM confessò a suon di schiaffoni (i famosi "schiaffoni" di cui parlerà solo una volta molto in seguito) alla presenza del Mucciarini, che di schiaffoni al SM non mi risulta abbia mai parlato; e di cui manco l'Avvocato nella sua richiesta di appello [1970-Appello avvocati Mele.pdf] fa menzione

    - i CC per confermare la confessione dovettero attendere (da lì la "zona grigia"?) fino al termine delle autopsie perchè se no non avrebbero avuto 'elementi oggettivi'(errati, ma oggettivi) da far riscontrare al SM

    - i CC ricevute le informazioni delle autopsie, le comunicarono al sospettato

    - il SM le comprese (pure quelle relative alle fumose descrizioni dei tramiti delle ferite?) e le ricordò.
    (o gliele raccontarono un pezzettino alla volta in concomitanza di cosa doveva mimare?)

    - in loco le seppe riprodurre l'imbeccata
    (o magari no, tanto, avrebbero sempre potuto verbalizzare qualsiasi cosa e poi farla firmare al SM a suon di botte come per la confessione)

    - nessun 'esterno' ai CC ebbe alcunchè a dire.
    ('siamo tutti una grande famiglia di tutori della Legge e quindi ci copriamo le spalle l'un l'altro, oggi a me domani a te'?)

    - i CC dovettero poi -obbligatoriamente- minacciare ed estorcere una 'confessione' falsa pure al NM (perchè avendo messo il padre sulla scena del crimine, il figlio non poteva non riconoscerlo)

    Sarà pure andata così, però la normale banale logica tende a rendere questa opzione, che ha i propri fondamenti nell'ipotizzzare il SM imbeccato dai CC, come assai poco probabile; non per una impossibile (volontaria o involontaria) imbeccata in sè, ma per tutto il corollario forzato che si deve portare appresso.

    Hazet

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    1. La scarpa... è un punto dolente nella ricostruzione del delitto. Appoggiata in bilico alla portiera sinistra, cade quando il mar. Ferrero la apre (matassino). Come ci è finità lì e quando? Se la portiera fosse stata aperta dopo l'omicidio e la scarpa fosse già stata in quella posizione, la scarpa sarebbe caduta. Quindi, inferiscono i CC, è stato Mele a farla rotolare contro la portiera nel ricomporre il corpo del Lo Bianco. In realtà il Mele non dice nulla della scarpa il 23 agosto e interrogato il 3 febbraio 1969 dal G.I. riferisce che Francesco sparò attraverso lo spiraglio del vetro, aprì lo sportello e "cadde a terra una scarpa del Lo Bianco che si lasciò lì".Questa descrizione, come è facile vedere, non corrisponde alla scena del crimine descritta da Ferrero. Quindi, ancora una volta, seguendo i racconti del Mele non arriviamo alla verità.

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  18. Frank,
    però deciditi: non si può da un lato ipotizzare/sostenere che i CC, avuto verbalmente l'esito delle perizie, ne travasarono il contenuto al SM di modo che potesse avvalorare la confessione (precedentemente estorta visto che era innocente), facendo una ricostruzione in loco plausibile (grazie alle informazioni appena passategli) e...
    ...e contemporaneamente appellarti a quegli stessi verbali (che a quel punto risulterebbero manipolati/aggiustati/etc) come fonte di 'verità' dicendo che il 23 agosto non parlò di scarpa e allora... bla bla bla.

    [NOTA: Sempre ricordandoci di come quel pomeriggio/sera le verbalizzazioni non vennero fatte contestualmente col dichiarato]

    Cmq, nel Rapporto Giudiziario 34/354 (21 settembre 1968, quindi antecedente il 3 febbraio 1969) io leggo chiaramente una ricostruzione in loco in cui si elenca che:
    - SOLO DOPO ("vengono QUINDI fatti salire a bordo") CHE il SM ha mimato l'avvicinamento all'auto e la sequenza di sparo, alla presenza del SM, vengono fatti salire in auto due sottufficiali per rappresentare le vittime (e chiedere al SM di disporli nelle 'giuste' posizioni. cosa che fa)

    e leggo che:
    - "... aggira la macchina, ed arrivato all'altezza dello sportello anteriore destro lo apre e poichè la gamba dell'uomo, quella sinistra si trova nello spazio riservato per chi guida, al di sotto della gamba della donna, tira con forza l'arto che nell'effettuare il passaggio si libera della scarpa che finisce verso lo sportello destro"

    Ossia: ai sottufficiali fatti entrare in auto al posto dele vittime, non fu chiesto di togliersi una scarpa (l'evento non è narrato e sarebbe stato furviante glielo avessero chiesto potendo il gesto influenzare il SM lì presente). Ma l'azione del SM fece sì che una scarpa si sfilasse dal piede.

    Quindi di scarpa e SM possiamo parlare già dal sopralluogo e non dobbiamo aspettare il 3 Febbraio.

    Ma poi, ribadisco, il problema "scarpa" non è affatto relativo al SM; ma è un problema grosso come una casa invece per la narrativa che ipotizza il NM-solin soletto che se la passeggia fin dal De Felice

    hazet

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    1. Il racconto del Mele filtrato da Matassino mescola cose dette e cose fatte (ovviamente nella ricostruzione non era presente alcuna donna!); quindi è valido... per chi ci crede. Allora dimmi come era sistemata la donna e da che finestrino sparò (finse di sparare) il mele.
      Ribadito che nel verbale del 23 agosto non si parla di scarpa mentre il 3 febbraio Mele dà una descrizione non corrispondente al vero, dicendo che la scarpa cadde e rimase fuori (i particolari inventati sono quelli che facilmente si dimenticano, Lotti docet) mi sembra che l'argomento possa chiudersi qui.

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  19. Frank,
    e mhò resta da spiegare "l'alibi" dell'innocente oligofrenico SM, costretto a letto dai "conati di vomito e forti bruciori di stomaco".

    - che al mattino, incidentalmente e casualmente del giorno in cui gli uccideranno la moglie assieme ad un amante di lei, si sveglia e sta bene tanto da andare al lavoro (dunque non è costretto a letto malato)

    - che dal lavoro, al mattino, si fa riaccompagnare a casa in macchina perchè dice di stare male (dunque non è ancora costretto a letto)

    - che a casa, nel pomeriggio, è sufficientemente alzato dal letto da riceve la visita di "Enrico" alla moglie (dunque non pare costretto a letto dal male)

    - che a casa, nel pomeriggio, riceve la visita di "Virgilio" col quale si intrattiene a parlare, e il "Virgiglio" che gli dice che ripasserà la sera ma, incidentalmente e casualmente proprio nella notte in cui gli uccideranno la moglie assieme ad un amante di lei, non ripasserà (dunque non pare costretto a letto dal male)

    - che alle 22:00 circa, nota e ricorda che è a quell'ora che la moglie assieme al figlio e ad "Enrico" sono usciti di casa
    (dunque non pare costretto a letto dal male)

    - che per tutta la notte è stato sveglio in attesa della moglie e del figlio (anche questo cozza un pò coll'essere costretto a letto dal male, ma vabbè magari era sveglio ma nel letto che è un pezzo d'arredamento classico dove sporcarsi di grasso le mani)

    - che, al mattino presto, verso le 07:00, quando i Carabinieri vanno a suonare al suo vicino di casa, lui è già in piedi vestito di tutto punto, giusto giusto con le mani sporche di grasso che si sa essere un toccasana per quando si sta male (dunque non è costretto a letto dal male)

    ma...
    - ma che, alle 02:00 di notte, dopo un'allegra passeggiatina solitaria al buio scalzo sulla ghiaia e verso l'ignoto, secondo le parole del figlio, nonchè testimone oculare uscito illeso dal duplice delitto, è costretto a letto perchè malato

    Sforzandoci possiamo pure accettare che i CC:
    - minaccino padre e figlio,
    - manipolino verbali,
    - violino la consegna di non comunicare informazione coperte da segreto istruttorio (per di più ad un sospettato)
    - e dichiarino il falso nei verbali [esempi:
    R.34/354: "...non vi è alcuna illuminazione..." -pag.20; ma -si dice- che le luci dei lampioni stradali della statale si vedevano;
    R.34/354: "...si noti che non si conosce ancora l'esito dell'autopsia..." -pag.22; ma l'immune da errori perito balistico dei Fiocchi anzichè Winchester ci fa sapere che invece fisicamente le autopsie erano già finite, e -si dice- che dell'esito ne furono immediatamente informati i CC]

    ma non possiamo proprio evitare di domandarci:

    * ma davvero davanti ad un simile 'alibi' (per non contare tutto il resto a plausibilità pressochè zero), i CC avrebbero dovuto ricorrere a tanto per mettere alla berlina il SM?

    Hazet

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  20. Frank,
    1* un ulteriore problema con la 'malattia che lo costringe a letto', sta ni sintomi addotti: "conati di vomito e forti bruciori di stomaco"

    Problemi per i quali è decisamente sconsigliato lo sdraiarsi (per via dei reflussi gastrici).

    Quindi, pur non potendosi escludere la bua al pancino, la 'costrizione a letto' (che già dal post precedente risultava alcuanto dubbia) appare del tutto di fantasia.

    PS: non c'è bisogno di essere medici per sdraiarsi e sentire i succhi che vengono su, mettersi in piedi e sentirli assai di meno.
    Non c'è bisogno di essere fatti e chiamarsi Jimi Hendrix per morire soffocati dal vomito stando sdraiati a letto.

    2* MA il secondo punto, è decisamente più importante.

    Te lo inizio con una domanda (di modo da essere certamente fasati temporalmente).

    - tu sai quando iniziarono e -soprattutto quando terminò- la ricerca dell'arma in loco da parte delle FF.OO?

    - A me risulta che iniziò (essendo dalle dichiarazioni e ricostruzione del giorno prima cagionata) il 24 agosto.
    - che tale ricerca non si limitò ad un banale sguardo in giro tra i cespugli da parte di un paio di Carabinieri, ma che vennero chiamati anche dei militari e che addirittura si cercò nell'acqua del Vingone.

    Per farla breve:
    - operazione che per produrre l'esito che produsse (=arma non trovata), necessitò comunque di tempo.
    [diciamo che terminò in giornata, per stare stretti, ma di certo non in mattinata]
    * Ora, però, questo dato si scontra con l'escussione del SM delle 9.50 del 24 agosto:

    "Alle 9,50 del 24 agosto 1968 (cfr. 10, interr. loc. cit.), il magistrato gli ricorda lo stato di fermo, gli spiega la sua qualità e le ragioni per cui si è portato ad interrogarlo. Ma Mele chiede una giornata di riposo (è stato condotto a notte alta alle Murate, dopo la confessione e i riscontri fatti dai carabinieri circa Salvatore Vinci), aggiungendo, tuttavia, che non ha nessuna difficoltà a confermare in ogni sua parte la dettagliata confessione, resa quella stessa notte a Lastra a Signa. Il magistrato gliela legge, ed egli dichiara: "C'è un solo particolare che non risponde a verità in quelle mie dichiarazioni, e precisamente quello in cui riferisco il modo con cui mi sono disfatto della pistola. In verità io non buttai via l'arma, ma la riconsegnai a Salvatore Vinci, appena raggiunsi la sua macchina i sosta, dopo aver compiuto il duplice omicidio."" [Sent. Rotella].

    A parte che questa è l'unica volta in cui SM non fa clamorose capriole, ma dimostra un atteggiamento logico e coerente con le sue precedenti affermazioni (crolla, confessa, confessa dovendo chiamare in correità almeno un complice fiduciario, e lo fa assumendosi lui la responsabilità degli spari pur non avendo lui ucciso direttamente), le DUE cosa importanti da notare sono che:

    a)- alle 9,50 del mattino, non è possibile fossero ancora terminate le operazioni di ricerca dell'arma [e dunque è impossibile che SM abbia corretto il 'buttarla' con un 'restituirla', sotto influenza o coercizione dei CC

    b)- che la dichiarzione è fatta alla presenza del Magistrato.

    Quindi, o vogliamo dire che pure il Magistrato coercizzava, taroccava, imbeccava e manipolava pure i verbali come i CC (secondo la tua ipotesi), oppure... anche la tua ipotesi dei maneggi illegali dei CC viene a risultare priva di fondamento

    Hazet

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    1. Nessun problema su questo. I CC chiedono che fine ha fatto la pistola. Mele dice di averla buttata via dopo aver sparato. I CC dicono che non è vero perché loro la pistola non l'hanno trovata. Mele dice, ok l'ho riconsegnata a Salvatore.
      Finché non capirai che si va avanti così fino al 1985, non ne usciamo.

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  21. *** approfitto che non hai ancora pubblicato il mio ultimo commento, per ri-postartelo... privo di errori di battitura! :) [PS: puoi cancellare questa intro, se vuoi]***

    NO, Frank.
    Non fare confusione.
    Qui non stiamo parlando di quando i "CC chiedono..." (sic) [che è il giorno prima, il 23].

    Qui stiamo parlando di quando [il giorno dopo, il 24] il Magistrato (Caponnetto, non i CC), vista la richiesta del Mele di una giorno di riposo, si limita a rileggere il verbale del giorno prima al Mele, e il Mele lo conferma in toto, specificando però la restituzione dell'arma ad un complice.

    Ma quand'anche il magistrato (Caponnetto) invece di rileggere il verbale del giorno prima, gli avesse fatto delle domande: l'esito della perlustrazione ancora non era nè stabilito (da chi la cercava) nè -ovviamente- noto al magistrato stesso mentre parlava col SM.

    Stiamo infatti parlando del giorno dopo le presunte illegalità da te prospettate dei CC nei confronti del Mele.
    Del giorno dopo. Non prima.

    E stiamo parlando di un momento in cui, la mattina visto che Caponnetto incontra SM alle 9,50 e per rispondere di no al giorno di permesso chiesto dal SM, confermagli le accuese e rileggere un verbale di poche pagine non è che ci voglia una giornata intera), la perlustrazione alla ricerca dell'arma NON è ancora terminata (cosa che fisicamente esclude una imbeccata al SM anche su questo, che stavolta avrebbe pure addirittura dovuto essere fatta da un magistrato inquirente, Caponnetto! manco più dai 'soliti' illegali quattro carabinieri di Signa come ti ostini a prospettare).

    Così, cosa si ha?
    - si ha che "l'innocente"(sic) Mele, davanti al magistrato (non i CC), non solo NON dice di essere stato schiaffeggiato, minacciato, intortato e imbeccato dai CC (come del resto mai disse nemmeno il Mucciarini, presente nei giorni precedenti), professarsi finalmente innocente ed accusrae i 'cativi Ferrero & company'.
    MA che conferma pure quello che a verbale i CC avrebbero "manipolato"(sic).

    Hazet

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    1. hazet la tua ingenuità e mancanza di immaginazione sono disperanti.
      Infatti dispero ormai di farmi comprendere (spero soltanto da te).
      Ma insomma, tu ritieni che in ore e ore di interrogatori vengano dette soltanto le quattro cose che risultano scritte a verbale? Quindi se non c'è scritto nel verbale del 24 agosto la domanda precisa, non è stata posta? E ai CC non interessava trovarla, quella pistola? Accertato che non era dove Stefano aveva detto di averla buttata, non glielo chiesero una seconda volta perché è meglio non insistere?
      Vorrei ricordare, non tanto a te, che mi sembra inutile, ma agli altri tre lettori che in queste indagini abbiamo casi, documentati, di colloqui investigativi non verbalizzati per intero. Di riconoscimenti di auto rosse non verbalizzati. Di discorsi su Pacciani visto o non visto non verbalizzati.
      Via il prosciutto dagli occhi, please.
      Ma non c'è niente da fare, non vuoi capire.
      Un'altra cosa: ho fatto la ricerca word su tutto l'articolo e non ho scitto né il termine "illegali" né "manipolato"; quindi te ne assumi tu la responsabilità.
      Comunque basta, sono stremato.

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    2. Eroico Frank, resisti e continua il tuo ammirevole lavoro per tutti i tuoi 25 lettori!

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    3. Ti ringrazio...
      A dire il vero sono colto da un senso di inutilità. Avrei un articolo su Lotti e le assicurazioni quasi pronto, ma che non riesco a concludere... blocco dello scrittore...

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    4. Ma un articolo su Lotti e le assicurazioni e' oltremodo interessante! E' pur sempre il motivo (con altri, certo) che aveva alla fine convinto Propato a chiedere l'assoluzione di Vanni (come sia possibile trovare il coraggio di condannare uno che il PM vuole assolvere, va oltre il mio comprendonio), per cui, ti prego, fai uno sforzo ulteriore!
      Sull'utilita' o meno della tua impresa, non staro' certo a mentire, ma e' anche vero che non si puo' mai sapere.

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    5. Gentile Omar Quatar,


      Leggo il suo blog da tempo, ma non ho mai partecipato perché non essendo
      competente in temi mostrologici penso che i miei interventi e le tantissime
      domande che avrei da fare sarebbero un po' troppo naïf.

      Purtroppo il blog non ha moduli di contatto o email.

      Mi preme però farle sapere che non ritengo affatto inutile o vano il suo
      lavoro, in particolare le sue ricerche sulle vicende che hanno determinato
      le sorprendenti sentenze giudiziarie di questa vicenda. Meno che mai secondo
      me questa è da vedere solo come una vecchia storia. Credo infatti che
      purtroppo alcuni meccanismi della mente umana abbiano la tendenza a
      ripetersi, ogni volta che "il sonno della ragione" prende il sopravvento o
      per qualunque motivo inizi una caccia alle streghe. È dunque molto attuale
      riflettere su certi avvenimenti di un recente passato.

      Forse se avessimo anche in Italia qualcosa di paragonabile all'Innocent
      Project americano sarebbe vantaggioso per tutti, anche nell'ottica della
      cattura di veri colpevoli. Non ne so molto sull'argomento ma mi chiedo:
      quanto nei tribunali e più in generale nella cultura di oggi trovano posto
      le teorie sulla psicologia della testimonianza? Quanto nell'opinione comune
      (e dei tecnici addetti ai lavori) una confessione mette la parola fine alle
      indagini?

      Circa la questione, di cui leggo spesso sulle pagine del suo blog, delle
      rivelazioni sensazionali non rintracciabili nei luoghi dove dovrebbero
      essere, cioè nei verbali degli interrogatori, mi permetto di segnalare solo
      a titolo di esempio non tanto a lei che immagino lo conosca già ma agli
      altri lettori, l'interessante articolo apparso sulla Nazione del 3 gennaio
      1997 ("L'avvocato: ma quella confessione non vale", reperibile come sempre
      su Insufficienza di Prove).

      Con molti auguri di buon lavoro,

      v.z.

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    6. C'è qualcosa di strano nell'articolo che Lei cita, in quanto, a giudicare dalla trascrizione del verbale di interrogatorio trascritto nel blog di Segnini, l'avv. Falciani era presente il 23 dicembre (come pure il precedente 16 novembre); quindi non si capisce perché faccia lo gnorri con i giornalisti.
      Sta di fatto che all'incidente probatorio Lotti si presentò con un nuovo avvocato d'ufficio, di cui neppure sapeva il nome. E' successo qualcosa, ma non sappiamo cosa.

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  22. restando su 'Insufficienza di Prove', direi che è decisamente più in topic questo di link (specie le battute a fondo articolo):
    http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2010/10/rosina-massa-dichiarazioni-seconda.html

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  23. L'errore di fondo che si fa sulla pista sarda e' andare a cercare quale tra le dichiarazione del Mele possa essere la più veritiera. Ritengo, invece, che per districarsi nel turbinio delle sue dichiarazioni ci si debba chiedere il "perchè" dice determinate cose piuttosto che "quello" che dice. SM è riuscito ad ingannare tutti, sfruttando la sua fama di imbecille, depistando l'indagine (cit. Francesco Vinci). Al netto della "presunta malattia","delle mani sporche di grasso", "del Mucciarini che quella notte si prese un giorno di permesso", "del tentativo di inquinamento di Natalino", possiamo anche fare lo sforzo, nel 1968, che "il numero dei colpi sparati" e "la scarpa del Lo Bianco" siano stati delle imbeccate degli inquirenti. Che "la levetta della frecca accesa" sia una cosa di poco conto , che senza un avvocato che assista è più facile e comodo che ti "facciano dire quello che vogliono loro", che Natalino sia stato "suggestionato nei suoi ricordi". Mettiamoci pure che nel 1968 si cerca un assassino/assassini di una coppia fedigrafa e non un sk solitario. Che l'urgenza è quella di trovare "un colpevole qualsiasi" purchè si chiuda il caso. Che il Mele abbia indicato i vari amanti per vendicarsi (o per scaricare parte della sua colpa su altri, al fine di farsi meno galera possibile, aggiungerei io). Tutte queste cose ci potrebbero pure stare. Solo se la pistola non sparasse di nuovo. Solo se nel 1982 SM avesse detto "Ecco, la pistola ha sparato di nuovo, visto che non sono stato io? Non so chi abbia ucciso mia moglie, tanti saluti e grazie". Nel 1982 SM aveva tutto l'interesse di dire la verità senza rischiare nulla (aveva già espiato la pena). O tuttalpiù di dichiararsi estraneo al delitto senza tirare in ballo nessuno (neanche FV). E sull'economia penale SM è sempre apparso consapevole. Quando nel 1968 tiri in ballo FV/CC, rischi un'accusa di calunnia, rilancio (tuttosommato) che ci sta se dall'altro piatto della bilancia c'è la prospettiva dell'ergastolo.

    continua...

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  24. Nel 1982 SM aveva tutto l'interesse di dire la verità senza rischiare nulla (aveva già espiato la pena). O tuttalpiù di dichiararsi estraneo al delitto senza tirare in ballo nessuno (neanche FV). E sull'economia penale SM è sempre apparso consapevole. Quando nel 1968 tiri in ballo FV/CC, rischi un'accusa di calunnia, rilancio (tuttosommato) che ci sta se dall'altro piatto della bilancia c'è la prospettiva dell'ergastolo. Dal 1982, SM non ha interesse penale a dire menzogne. Tantomeno che a fare i nomi di FV o CC, perchè il rischio del reato di calunnia è sproporzionato rispetto alla pena. Se lo fa ne ha un motivo. Questo motivo non è certo l'odio nei confronti di FV (altrimenti perchè abbandonerebbe le accuse contro di lui per versarle sul CC. Che cosa gli avrà fatto mai di male Carmeluccio) ma va ricercato (secondo gli inquirenti di allora) nel tentativo di occultamento della verità riguardo al 1968. Vorrei ricordare che nel 1982 si cerca un sk in libertà. Se nel 1968 la giustizia "può" sbagliare, se "può" cercare "un assassino qualsiasi" allora le botte e gli imbeccamenti ci stanno (Al netto di tutti gli elementi precedentemente elencati ovviamente). Nel 1982 gli inquirenti "non possono" sbagliare, devono trovare "l'assassino, quello vero". Pertanto "botte" e "imbeccamenti" sono del tutto antieconomici. Se Mele occulta la verità del 68, a rischio di ulteriore pena per calunnia (E ricordo che il Mele scemo scemo non era ed era consapevole di questi rischi) lo fa per un motivo superiore. Che può essere la protezione/paura di qualcuno o qualcosa. Questi sono i dati che maggiormente devono essere tenuti in considerazione (IMHO ma anche in "Rotella's Humble Opinion") per dare un senso alle dichiarazione di SM. Se aggiungiamo che la paura/protezione si può riferire più a qualcosa (Il famoso teorema Torrisi (SM+BL+SV)?) che a qualcuno (il suo/suoi compagni di delitto lo hanno abbandonato a se stesso, e lui non si è fatto problemi a farne i nomi, quando non ha potuto più negarlo -vedasi storia del biglietto di ZIO PIETO - o del modo subdolo di insinuare qualcosa su SV, la Barbarina uccisa con il gas e la macchina a quattro ruote e non ha dimostrato di avere paura di nessuno, tantomeno di FV. In più il Mele aveva era poco capace di affettività), abbiamo abbastanza materiale per capire che, almeno Signa è una faccenda di Sardi.

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  25. P.S. Tutto sommato il tuo lavoro mi è piaciuto e apprezzo lo sforzo. Credo che bisogni sempre far emergere elementi per confutare una teoria (la presenza di SM sul luogo del delitto del 68, in questo caso, pilastro principale su cui si basa tutta la pista sarda) se si vuole rafforzare ulteriormente (o demolire completamente) tale teoria. Per l'onestà intellettuale è sempre un toccasana. Continua cosi

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    1. Grazie di avere letto, ma credo di aver scritto tutto quello che sapevo. Non intendo rimestare per anni lo stesso pentolone, come hanno fatto e stanno facendo altri. Magari, se usciranno (vere) novità tornerò a dire la mia.

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