La storia delle auto di Lotti è ben conosciuta e molto
citata, essendo il suo 128 coupé rosso il fulcro di quella leva giudiziaria che
metterà, pur parzialmente, la parola fine alla vicenda con la sentenza
definitiva a carico dei due “Compagni di Merende” sopravvissuti. La questione
che riguarda le assicurazioni di quelle auto (il 128 e la successiva FIAT 124
celeste) passa invece, in genere, sotto silenzio; è riassunta, un po’ troppo di
sfuggita, a pag. 245-6 del prezioso volume “Al di là di ogni ragionevole
dubbio”; per altre informazioni bisogna consultare, e con grande attenzione e
scrupolo, gli atti disponibili (verbali, trascrizioni di udienza, sentenze),
spesso apparentemente discordanti.
Vale la pena di tentare di mettere in ordine, cronologico e
anche semplicemente logico, questo aspetto della vicenda, che a mio parere
fornisce informazioni importantissime sul vero ruolo di Giancarlo Lotti nella
storia del Mostro di Firenze; meglio, nella storia delle indagini sul Mostro di
Firenze, che al momento è l’unica storia che è possibile scrivere.
Ho deciso di adottare per questo articolo una procedura
diversa dal solito, facendo parlare di più e direttamente le fonti e limitando
gli interventi redazionali miei a funzioni di raccordo, commento ed eventuale
sottolineatura in grassetto dei passaggi che ritengo focali. La lettura potrà
risultare più lunga e faticosa, meno accattivante, ma il lettore interessato
potrà farsi la propria idea e trarre le proprie conclusioni essendo ben poco
influenzato e suggestionato dalla mia personale interpretazione. Garantisco che
cercherò di riportare tutto (pro e contro), anche se, per lo storico costretto alla cernita di
una documentazione da proporre, il rischio dell’eventuale “cherry-picking” è
sempre presente.
La storia delle assicurazioni di Lotti è, ai miei occhi, una
tragicommedia; la dividerò, idealmente, in un prologo, due atti e un epilogo.
Il prologo è ben
conosciuto. In corso di processo Pacciani, viene ricercato chi, tra i suoi
amici e conoscenti, potrebbe avergli prestato un’auto per compiere gli omicidi
o, nel 1985, recarsi a San Piero a Sieve ad imbucare la missiva alla Della
Monica; tra questi, Giancarlo Lotti, come risulta dalla seguente
Annotazione P.G. 26 luglio 1994
Dovendo dare
immediato riscontro a quanto riferito dal NESI si consultava l'archivio
elettronico del P.R.A. allo
scopo di evidenziare quali autovetture fossero intestate al LOTTI Giancarlo.
Effettivamente
egli risultava essere stato proprietario di sei auto tra le quali due FIAT 124, rispettivamente
targate FI 570912 e FI E42432. Inoltre egli aveva posseduto due FIAT 128 coupé
(NdR: probabilmente una duplicazione),
una FIAT 850 S ed in ultimo una FIAT 131.
Alle ore
15.00 del 21.7.94 , LOTTI Giancarlo, convocato in questi Uffici, riferiva
informalmente che una delle
due FIAT 124, quella più recente, era di colore celeste con la tappezzeria
marrone, ma non era sua abitudine prestarla ad alcuno, neanche al PACCIANI.
Specificava anche i colori delle altre
macchine: l'altra 124, gialla, la 128 coupé
rossa, la 850 bianca ed una Mini Minor gialla.
Quale fosse l’auto, tra le molte possedute,
in uso a Lotti nella fatidica sera dell’8 settembre 1985 viene stabilito,
grazie all’intervento di Fernando Pucci, nel
Confronto Pucci – Lotti 11 febbraio 1996
“Giudice:
Allora mi racconti di quella sera.
(…)
Lotti: Ma
che giorno gl’era, domenica?
Giudice:
Domenica
Pucci:
Gl’era di domenica, ti ricordi, no?
Lotti: Sì… (…) Ma ci avevo il 128?
Fernando Pucci: Sì, Ci avevi i’ 128. Proprio…
Giancarlo Lotti: Quello rosso.
Fernando Pucci: Quella rossa, sì.
Si ricerca debitamente la data di acquisto
del 128 coupé, per riscontrare il dato testimoniale:
Annotazione P.G. 9 maggio 1996
Il Bellini
in questi Uffici riferiva altresì della compravendita inerente il Fiat 128
coupé solamente dopo averlo portato a conoscenza della targa GO 84888. Lo
stesso ha confermato di averla tenuta in officina ed in seguito di aver fatto
da tramite tra Z. R. e Lotti Giancarlo
per la compravendita.
In data 07
maggio u.s., presso lo studio del notaio M. M., sito in San Casciano, è stata
acquisita copia autenticata dal registro di repertorio attestante la compravendita.
L'atto è risultato essere stato effettuato in data 16.02.1983. Il notaio ha
inoltre riferito che presso lo studio non esiste alcuna copia dell'atto.
A questo punto possiamo osservare che viene
ricercata la data di inizio del possesso, ma non risulta alcun accertamento in
merito alla – ugualmente importante - fine del possesso dell’auto 128 coupé,
che avrebbe dovuto logicamente coincidere con l’acquisto di altra vettura, non
essendo il Lotti, per possibilità economiche, il tipo che poteva “mandare due
macchine”. Ma c’era una registrazione al PRA, di cui vedremo dopo.
Il prologo si chiude, quindi, con la
pacifica acquisizione che Lotti dal febbraio 1983 viaggiava sul FIAT 128 coupé
rosso.
Passiamo quindi al Primo Atto della tragicommedia, che coincide con il
processo CdM (Vanni + altri) in Corte d’Assise.
In udienza viene sentito in merito il Dott.
Fausto Vinci, responsabile della Sezione Omicidi della squadra Mobile di
Firenze:
3 luglio 1997
P.M.: Quindi lei si è occupato, questa sua veste, insieme al
dirigente della Squadra Mobile, di queste indagini.
F.V.: Si, congiuntamente al dottor Giuttari ci siamo
occupati di questa indagine.
P.M.: Senta, (…) Volevo sapere se lei ha fatto accertamenti
mirati, specifici sia al PRA che in qualsiasi altro modo lei sia riuscito a
farli, in merito alla proprietà e al possesso di una FIAT 128 da parte del
Lotti. E, nel caso, le caratteristiche di questa macchina e esattamente il
periodo in cui l'ha posseduta. Come era, da chi l'ha acquistata?
F.V.: Sì, sì. Allora abbiamo svolto accertamenti sulla FIAT
128 Coupé targata Firenze B56735, leggo qui gli atti del PRA: Dagli
accertamenti effettuati, abbiamo
accertato che Lotti ha posseduto questa macchina dal 16 febbraio del 1983 fino
al 19 marzo dell'86. Il primo accertamento è stato quello del PRA (…)
E la macchina è targata Firenze B56735 ed è stata registrata
per l'acquisto al PRA, il 30 marzo dell'83 da Lotti Giancarlo. Questa macchina
aveva precedentemente un'altra targa, era targata Gorizia 84888. Abbiamo poi svolto
accertamenti riguardo la precedente proprietaria, che abbiamo sentito: Z.
Roberta di Scandicci, la quale ci ha confermato che aveva venduto questa
autovettura acquistata da lei nel '73, aveva venduto questa... Anzi, aveva dato
in permuta all'autofficina Bellini di San Casciano, questa macchina prendendone
un'altra indietro, insomma nell'82, fine '82-'83. La signora non si ricordava
precisamente, prendendo un'Alfa Romeo e ha lasciato in permuta questo 128.
Abbiamo sentito anche quello dell'autofficina, il quale ci ha detto che,
effettivamente, il Lotti che era un suo cliente, gli aveva appunto acquistato
questa macchina dalla signora Z., lui aveva fatto da tramite. Gli aveva
indirizzato per la registrazione dell'atto dal notaio, il notaio M. di San Casciano.
Siamo andati dal notaio e abbiamo visto che effettivamente la registrazione
della proprietà, dalla Z. a Lotti era datato 16 febbraio 1983.
P.M.: 16 febbraio. Scusi l'omicidio dell'83 ricorda in che
epoca è, lei?
F.V.: Sì, quello dell'83, ottobre [sic], se non sbaglio.
P.M.: Quindi alcuni mesi prima.
F.V.: Sicuramente, molti mesi prima dell'omicidio dell'83,
di quello di Giogoli, insomma.
P.M.: Dove c'è un teste che dice che aveva visto, una...
F.V.: Dove c'è un teste che diceva che era targata Firenze,
se non sbaglio.
P.M.: Bene. Quindi era già targata Firenze.
F.V.: Già, la targa è, la targa Firenze era nella PRA, c'è
infatti anche la registrazione precisa della data di registrazione della targa,
cioè da Gorizia a Firenze, che è il 28/04/1983. Cioè, nell'aprile dell'83,
ritarga la macchina, è targata Firenze; Quindi molti mesi prima del delitto di
ottobre dell'83.
Qui il P.M. insiste
sul 1983 per corroborare la testimonianza Nenci, vedi su questo blog https://mostrodifirenzevolumei.blogspot.com/2018/07/testimoni-giogoli.html . PM
e teste concordemente implicano che l’auto vista a Giogoli (peraltro non indicata come 128 coupé) sia quella del
Lotti, ritargata Firenze, come se tutte le FIAT 128 rosse targate Fi
appartenessero, per assioma, al Lotti. L’interesse è ancora incentrato
sull’inizio del possesso e nessuno fa cenno ad altre auto.
Esistevano 128 rosse non coupé? Parrebbe di sì. |
Si arriva così senza
sorprese alla fine del processo quando, già in sede di controreplica, la difesa
di Vanni sgancia la bomba che potrebbe avere conseguenze dirompenti sulla confessione
di Lotti e, di conseguenza, su tutto l’impianto accusatorio.
16 marzo 1998
Avvocato Filastò: Presidente, mi scusi, (…) chiedo di potere
produrre questi documenti. Il primo documento è un atto che proviene
dall'ufficio del Pubblico Registro Automobilistico di Firenze e che riguarda la
proprietà da parte del signor Giancarlo Lotti di una automobile che è un'auto 124
di colore, mi dicono blu, ma su questo si tratta di fare gli accertamenti...
P.M.: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Senta, Pubblico Ministero, lei mi lascia
parlare. Alla fine fa tutte le considerazioni che vuol fare, ma qui, siccome è
un argomento, una situazione abbastanza delicata, lei mi lascia parlare
dall'inizio alla fine e dopo fa tutto quello che deve e dice quello che deve
dire. Cosi si evita, come dice lei, invettive ed enfasi, da parte di questo
difensore Allora, questa auto 124 con targa FI42432 è stata acquistata dal
signor Giancarlo Lotti con atto... con scrittura privata autenticata, del 3
luglio del 1985. Quindi, alla data del 3 luglio del 1985 il signor Giancarlo
Lotti non aveva più quella macchina precedente da lui posseduta vale a dire la
FIAT 128 coupé, fiscali 1,5, cilindrata 197, con targa FID56735, già Gorizia
084828, con indirizzo via Lucciano, eccetera, di cui appare cessata la circolazione
in data 3 aprile del 1986. Mi preme di spiegare le ragioni per le quali io sono
arrivato in possesso di questo documento, da cui appare la proprietà da parte
del Lotti e quindi anche il possesso di quest'auto fin dal luglio del 1985; la
ragione per cui io sono in grado di produrre questo documento soltanto adesso.
E spiego la trafila del come ci sono arrivato. Ne ho già parlato in sede di
discussione e quindi non devo far altro che ripetere quello che ho detto. A me
dette nell'occhio — come ho già detto in sede di discussione, mi aspettavo sul
punto anche che qualcuno replicasse — il fatto che: quest'auto 128 risultava
cessata la circolazione in data 3 aprile, del 1986. Ricorderà la Corte che io
dissi che quando un atto di questo genere viene registrato sul Pubblico
Registro Automobilistico, la macchina deve essere praticamente avulsa dalla
circolazione già da un pezzo, perché si tratta di farla demolire, prendere la
targa, poi portarla a chi di dovere; e in questo caso, soltanto dopo questi
adempimenti, il Pubblico Registro Automobilistico trascrive questa
cancellazione dalla circolazione. Quindi io avevo la percezione, come dire, il
sospetto che all'epoca del settembre 1985 il signor Giancarlo Lotti possedesse,
fosse in possesso di un'altra automobile. E naturalmente, a questo punto, la
mia osservazione si è condensata sulla macchina successiva posseduta dal signor
Giancarlo Lotti, vale a dire questa FIAT 124, con targa FIE424232, almeno così
appariva apparentemente, già targata Bolzano 086273, con indirizzo via Lucciano
41 — appunto il suo indirizzo — San Casciano Val Di Pesa, anno di costruzione
1966. E naturalmente, a questo punto, io ho fatto fare da una (…) Ho fatto
naturalmente gli accertamenti, ho fatto fare, da questa agenzia investigativa
Falco di Lucca, che corrisponde ai signori Davide Cannella e Maurizio
Gagliardi, che son qui che mi ascoltano, questi signori si sono adoperati per
fare questo accertamento allora dal Pubblico Registro Automobilistico di
Firenze su questa macchina. (…) Ecco perché questa attestazione, che riporta,
la scrittura privata autenticata con cui l'automobile viene trasferita al
signor Giancarlo Lotti e la data 03/07/85 mi perviene soltanto ora. Io chiedo
che vengano acquisiti questi documenti. (...) E
una relazione che è stata fatta da questi signori che ho detto prima, in cui si
fa il conto di tutte le auto possedute dal signor Lotti: la prima è una FIAT
850, la seconda è una FIAT 124 di colore beige o forse bianca, la terza è una
FIAT 128 coupé di colore rosso — che è quella famosa, con coda mozza, che
dovrebbe essere stata vista in vari posti, eccetera — la FIAT 124 di colore
blu, la FIAT 131 di colore rosso e infine, l’ultima, la FIAT 131 di colore
rosso. E questo documento che è la cosa ovviamente più importante. In questo
documento, dell'istituto Investigazioni e Ricerche Falco, si fa riferimento
anche al fatto che questi signori hanno interrogato i coniugi Scherma. I
coniugi Scherma sono gli ex datori di lavoro del signor Lotti e si chiamano Roberto
Scherma e la signora Scherma, e figlio. Questi signori, interrogati da questi
investigatori, sono in grado di riferire come la 128 rossa del signor Giancarlo
Lotti rimase completamente ferma, bloccata, perché è una macchina fabbricata
nel 1966 (NdR: in realtà, risulta che le prime Fiat 128 coupé siano state messe in commercio nel 1971) a un certo punto, ovviamente per consunzione si fermò, e rimase per
parecchi mesi ferma, bloccata davanti alla porta di casa del signor Lotti;
quella casa di cui, vero, io ho lamentato la mancata perquisizione e che si
trova appunto al Ponte Rotto, in via di Lucciano. Finché, fintanto che, un
certo giorno arrivò una ruspa, mandata da un demolitore, che prendendola di
peso con la ruspa, questa macchina, assolutamente immobile da mesi, la sistemò
sopra un carro e la portò alla demolizione, dove poi naturalmente successe
quello che successe. Quindi, io chiedo l'acquisizione di questo documento, che
per me è sufficiente per affermare che alla data dell'8 settembre 1985 il
signor Lotti non aveva la macchina rossa, la 128, bensì questa altra automobile
124 di conformazione mi dicono - io non me ne intendo di automobili — ma mi
dicono diversissima. Perché pare che la 124 della FIAT abbia un bel bagagliaio
e tutto il resto e sia completamente diversa, oltretutto anche come colore, (…)
Mi hanno portato tutto questo stamattina. Ecco, Presidente. ...
Quindi, quasi sul filo
di lana, Filastò chiede di riaprire il dibattimento, con l’acquisizione di
documenti e l’audizione di nuovi testi. Il PM e l’avv. Bertini si oppongono.
P.M.: Scusi, l'operazione è di due tipi. Il 3 aprile '86 viene
demolito il 128. Il 1 aprile '86, risulta dallo stesso documento presentato
dall'avvocato Filastò, si è presentato al PRA — lui o chi per lui — a chiedere
l'immatricolazione della 124. Questa immatricolazione che lui chiede il 1
aprile '86, guardate voi la coincidenza - c'è il caso nel mezzo ci sia un
sabato e la domenica - sono proprio 1 aprile '86, 3 aprile '86. Quindi siamo a
movimenti relativi alla proprietà di queste auto, annotate al PRA proprio
esattamente nello stesso lasso di tempo, lascia il 128 e acquista il 124. Il
PRA poi gli fa la annotazione, leggo qui, il 26/11/86 per il 124. Ma il punto
fondamentale, dalla lettura di questi documenti, è che l'operazione, per il PRA
ovviamente, per il PRA 124 e 128 è esattamente in quei primi di aprile del
1986. Quindi c'è una situazione PRA documentale di questo tipo. C'è una
situazione obiettiva del signor Lotti che dice: io quest'auto l'ho tenuta fino
alla demolizione e la demolizione l'ho fatta l'anno successivo in aprile. Può
darsi, io non ne ho la più pallida idea, che avendo, per qualche motivo, deciso
di non adoprare più questo 128 perché non gli andava, o perché aveva trovato
un'altra macchina, mi sembra siano tutti oggetti che all'epoca costano uno
400.000 lire l'uno... Cioè, questo 124 nuovo che acquista viene comprato al
prezzo di lire 400.000. Il signor Lotti, per motivi suoi, avesse ovviamente il
03/07/85 come risulta da questo documento, previa verifica, ma io non ho nessun
motivo di dubitarlo - deciso, presso i suoi meccanici, di comprare un'altra
macchina per la quale, sicuramente, aveva fatto una scrittura privata di
autenticità. Questo ce lo chiarirà il signor Lotti, se ha intenzione di
chiarirlo. Ma non mi sembra, e anzi c'è la prova opposta, non c'è assolutamente
alcun elemento per dire che, alla data dell'omicidio del 1985, il signor Lotti
non avesse più il possesso o l'utilizzo, di questo 128 di cui ha sempre
parlato. Tant'è che l'unica
operazione che fa la fa a cavallo fra il 1 aprile '86 e il 3 aprile 86; (…) Il
signor Lotti cessa il possesso dell'auto 128 il 1 aprile '86 e fino a quella
data, insomma, l’avrà assicurata, l'avrà targata... avrà pagato il bollo.
Mentre lui ne ha il possesso solo, della 124, dal 1 aprile '84 (rectius ‘86); non mi sembra che Lotti
fosse tipo che pagava due bolli e due assicurazioni.
La prima
argomentazione della pubblica accusa è, dunque, che la scrittura privata del 3
luglio 1985 sia una sorta di prenotazione o opzione all’acquisto, ma che
l’effettivo passaggio dal 128 alla 124 sia comunque avvenuto contemporaneamente
alla richiesta presentata al PRA; perché Lotti certo non avrebbe pagato due
bolli e due assicurazioni. Quanto alla difesa dell’imputato:
Presidente: Se riaprire o no l'istruttoria... diciamo
l'istruzione dibattimentale.
Avvocato Bertini: Certo.
Presidente: Interrompere la discussione. Questo è il
problema nostro.
Avvocato Bertini: Su quello naturalmente mi oppongo.
Perché l’avvocato
difensore si opponga a riaprire un’istruttoria che potrebbe scagionare il suo
assistito dall’accusa di concorso in duplice omicidio, è ovviamente un mistero,
a meno di non essere particolarmente malpensanti.
Replica, con
considerazioni di buon senso, Filastò:
Avvocato Filastò: (…) Io sto dicendo che quel Pubblico
Registro, con quell'annotazione ... anzi, 3 aprile dell'86 non certifica affatto
che quel giorno lì è avvenuta la demolizione. Certifica che sicuramente in
epoca precedente è avvenuta la demolizione. Perché, dicevo prima, per arrivare
a questa annotazione, ad arrivare alla cancellazione di un'auto, è necessario
portare al Pubblico Registro Automobilistico la targa e il libretto di
circolazione, quindi la macchina deve essere già demolita. Questo è un primo
dato. L'altro dato è questo. Il signor Lotti due macchine insieme non le può
portare, anche per la ragione, semplicissima, che gli toccherebbe a pagare due
bolli. Allora, quando io ho documentato che il signor Lotti alla data del
luglio del 1985 ha comprato un'altra automobile...
P.M.: No, no, il bollo lo comincia a pagare dalla data di
trascrizione, non dalla data...
Avvocato Filastò: Ma infatti. È ben per questo che...
P.M.: La data di trascrizione è 3 aprile...
Avvocato Filastò: Ma senta, mi fa parlare, ma abbia
pazienza... Ma è per questo che lui evita di scrivere formalmente a suo nome la
124 fin dalla data in cui fa l'atto pubblico, autenticato dal notaro, di
acquisto. Perché a un certo punto lascia impregiudicata la cosa fintanto che,
fino a che almeno l'altra non è cancellata. Solamente dopo la cancellazione
dell'altra si iscrive, o contemporaneamente, come è avvenuto.
(…)
Avvocato Filastò: Certo, io son calmissimo Presidente. Lui
fa così proprio per evitare dì pagarsi due bolli, è abbastanza chiaro, è
abbastanza evidente. (…) Allora, il dato fondamentale, importante,
significativo, qual è? É che alla data del 3 luglio del 1985, come certifica un
notaro e come certifica quel documento che ho prodotto, il signor Lotti ha
acquistato un'altra macchina, che è una 124. E la domanda, a questo punto, è questa: ce l'ha detta questa cosa il
Lotti? Ha messo al corrente il Pubblico Ministero, la Corte, quando è stato
interrogato... Ammettiamo pure che, per un certo periodo di tempo, lui avesse
avuto la disponibilità di due macchine, ce l'ha detto? Ve lo ha raccontato? Vi
ha detto: 'guardate, signori, io a quell'epoca, per la verità, di macchine ne
avevo due' Ve lo ha detto? No, lo ha accuratamente nascosto. E si può mentire
anche nascondendo dei fatti essenziali. Quindi
la menzogna, di Lotti, sul punto, che potrà anche rimediare, sentendolo, sono
sicuro. E quando viene qui ci dice: 'ah, ma da un certo periodo di tempo ..
l'ho avute tutte e due', ce lo dirà sicuramente. Non c'è bisogno nemmeno di
sentirlo, perché mi immagino lo dirà, a questo punto.
Previsione di Filastò
che si rivelerà esatta. Al termine dell’accesa discussione il presidente ordina
la riapertura del dibattimento e l’acquisizione dei documenti e l’audizione di
nuovi testimoni:
a) -Acquisire copia della scrittura privata
autenticata in data 3 luglio '85 con la quale sarebbe stata trasferita la
proprietà dell'auto FIAT 124 di cui sopra nonché acquisire in copia tutta la
documentazione inerente alla copertura assicurativa delle predette due auto
nei periodi sopra specificati; b) — Acquisire i documenti assicurativi di cui
al punto 3 del verbale di sequestro a carico di Lotti Giancarlo in data 21 (errore?), 23 gennaio '96, che non
risultano trasmesse a questa Corte; c) — Esaminare il teste Bellini Franco (è il titolare dell’autofficina), nonché
il teste Schwarzenberg Karl (precedente
proprietario) sopra generalizzato sulle modalità della cessione della FIAT
124 a Lotti Giancarlo. Per questi motivi, visto l'articolo 523 Codice di
procedura penale, dispone interrompersi la discussione in corso. Dispone
l'acquisizione della documentazione prodotta dall'avvocato Filastò. Dispone
acquisirsi la documentazione di cui al punto "a" e “b"
sopraindicati e citarsi i testi menzionati al punto "c" a cura della
Squadra mobile della Questura di Firenze. Fissa per la convocazione dei testimoni
suddetti l'udienza di domani 17 marzo '98 ad ore 10.00."
(Nota: cosa sia effettivamente
stato sequestrato a Lotti il 23 gennaio 1996 resta indeterminato. Antonio
Segnini mi ha cortesemente fornito la nota di trasmissione del 25 gennaio in
cui è cenno generico di “agende e rubriche telefoniche e foglietti con
indirizzi”. Ma sembra evidente, dalle parole del presidente, che vi erano anche
documenti assicurativi.)
L’udienza della
mattina dopo si apre con un nuovo colpo di scena.
17 marzo 1998
Avvocato Bertini: Chiedo la parola, Presidente. (…) Io avrei
da chiedere che mi si autorizzi a produrre alcuni documenti e l'elenco dei
documenti oggi da produrre in originale, e l'elenco. Certificati
dell'assicurazione della Compagnia Allsecures Preservatrice, relativi
all'autovettura 128 FIAT targata Firenze D56735, decorrente dal 20 maggio (errore?marzo?) '85 con scadenza 20 settembre
'85. Certificati - assicurazione Allsecures Preservatrice, relativi
all'autovettura FIAT 124 targata Firenze E42432 - quella che si parlava ieri -
decorrenza 20 settembre '85, con scadenza 20 marzo '86. E poi certificato
susseguente di assicurazione della, sempre, Allsecures Preservatrice relativo
alla 124 targata Firenze E42432, decorrente dal 20 marzo '86 con scadenza 20
settembre successivo. Quindi questo per dimostrare che, poiché fu fatto il
cambio di assicurazione dal signor Lotti dalla 128 rossa al 124 celeste...
Presidente: Nel settembre.
Avvocato Bertini: Nel settembre ‘85. 20 settembre ‘85. Io,
questi documenti, ce li ho in originale e posso produrli in originale.
Presidente: Bene. Allora, la Corte è informata già di questa
storia. Quindi possiamo acquisirli già.
Avvocato Bertini: E su questo punto, Presidente, anche Lotti
voleva fare delle dichiarazioni...
P.M.: ...e quindi perfettamente, sicuramente cosciente, mi
sembra di aver capito e anzi, ne sono certo, perché me ne hanno dato copia, che
c'è la prova documentale che il 128, al momento dell'omicidio e dopo, era, non
solo in perfetto uso, perché addirittura è stato rottamato, è documentalmente
provato, all'aprile del 1985 (rectius:
1986) ma era normalmente assicurato fino al 20 settembre '85. Non vedo
come, davanti a una prova documentale, che in fondo era quella che ieri mi
sembra cercava la Corte con la sua ordinanza, e che tutte le parti onestamente
richiedevano, perché era una prova documentale, quella che è la prova di un
ricordo di un ragazzo sicuramente attento, ma che riesca a dire: 'era luglio,
era dicembre, era settembre', mi riesce un po' difficile (si riferisce al teste Scherma Luigi, ancora da sentire). Come vi è la prova, mi sembra a questo
punto dimostrato, che il signor Lotti avesse quanto meno l'uso di entrambe le
auto. Questo è documentale. Se sarà il caso, se Lotti ci vuole spiegare
qualcosa, è ben accetto. Ma anche se il Lotti non volesse spiegare nulla, mi
sembra che quel documento che è stato prodotto, se non ho capito male, in
originale, quindi evidentemente in possesso del Lotti, dal quale risulta che è
stato, il 128, assicurato fino al 20 settembre del 1985, quelle che
sono le dichiarazioni testimoniali mi sembrano a questo punto superflue. Io,
per dovere, deposito anche quel sequestro che aveva correttamente chiesto la
Corte di quegli atti relativi a Lotti Giancarlo: sequestro del 23/01/96, e qui
vi è il verbale di sequestro e questi sono i documenti, dai quali risulta, in
questi atti qua - questi sono quelli che gli erano stati sequestrati perché
evidentemente al momento della perquisizione li aveva a disposizione - c'è
addirittura l'assicurazione del FIAT 124, qui, che decorre - il tagliando che è
qua, ovviamente - dal settembre dell'86. Direi quindi che la prova, così come
richiesta ieri dalla Corte, con la produzione documentale dell'avvocato
Bertini, a mio avviso è completamente sfogata. L'argomento, mi sembra,
documentalmente, se non esaurito, ben avanti nella possibilità di capirlo da
questa Corte. Non vedo come sia possibile andare oltre, cercando ricordi di
persone che, al momento che Lotti pacificamente ha avuto quell'auto fino
all'aprile del 1986, dal momento che non c'è prova alcuna che quell'auto, da
dopo l'omicidio, da prima l'omicidio, il 128 sia stato preso in possesso da
qualchedun altro, ma lo ha avuto sempre lui. Era addirittura assicurato nell'epoca dell'omicidio fino a 10 giorni
dopo.
A questo punto
possiamo osservare che la registrazione PRA della nuova auto il 3 aprile 1986
non è più, per la Procura, significativa, poiché Bertini ha tirato fuori dal
cilindro un’assicurazione che decorre dal 20 settembre 1985, quindi almeno da
quella data la 124 era pacificamente in uso al Lotti, da cui il PM trae la
logica conclusione: per un periodo – anche se non si capisce bene quale – Lotti
aveva in uso entrambe le auto.
Lotti interviene
volendo fare dichiarazioni spontanee e le fa, ma più confuse del solito. Ci
vuole molta pazienza per seguirle. Ne riportiamo solo i passaggi principali,
chi vuole leggersi tutta l’udienza può come al solito rivolgersi a
Insufficienza di Prove, qui)
Presidente: Il 128 e il 124. Com'è andata la storia, se lo
vuol fare.
Giancarlo Lotti: Io, il 124, l'ho comprato... il 128, l'ho
comprato nell'83. Però i giorni precisi non me ne ricordo, perché è una cosa...
Presidente: Va be', quello non importa.
Giancarlo Lotti: Fino,
fino all'86 avevo il 128. Poi, dopo... la macchina, il 128 era assicurato fino
a il 20. Poi, da il 20 ho rigirato l'assicurazione, l'ho messa a quella di'
124. Però, quella... il 128 è rimasta ferma lì, in dove lavoravo, da
Scherma.
Presidente: Il 128?
Giancarlo Lotti: Il 128 è rimasto... però l'era una macchina
bell'e finita, non andava più. E allora la messi ferma lì. Un so il tempo
quanto l'è stata ferma. Sempre il 128, il primo.
Presidente: E la macchina, la 124, quando l'ha avuta lei in
mano?
Giancarlo Lotti: Mah,
io feci... girai l'assicurazione dal 20... dal 20 settembre '85. Però
l'assicurazione l'è lenta, può darsi un giorno o due ci vuole per rigirarla…
Presidente: Va be', poi ora la sentiremo per bene. Lotti, se
ha altre dichiarazioni da fare sennò lo sentiremo per bene dopo, vai. Tanto ci saranno
delle domande.
(…)
Presidente: Allora, siccome l'assicurazione porta la data
del 20 settembre...
Giancarlo Lotti: Sì.
Presidente: ...lei
cosa dice? Che il 20 settembre ha lasciato la 128 per prendere la 124?
Giancarlo Lotti:
Sì...
Presidente: É
così?
Giancarlo Lotti:
Sì.
Presidente: Ecco. Allora, fino al 20 settembre, la 128 dove
l'aveva?
Giancarlo Lotti: L'ho tenuta ferma ni' cantiere dove
lavoravo da Scherma, Scherma Roberto.
(…)
Presidente: No non importa. Ecco. E la macchina, la 128,
l'ha usata fino al 20 settembre, o no?
Giancarlo Lotti: No, un l'ho usata per...
Presidente: E fino a quando l'ha usata questa macchina?
Giancarlo Lotti: No, perché avevo bell'e... bell’ e deciso
di vendere quell'altra macchina.
Presidente: Ecco, la 128 fino a quando l'ha usata?
Giancarlo Lotti: Il preciso un me lo ricordo quando... fino
a quande. Però la unn'andava quasi più. E allora la misi ferma lì. L'ho
messa...
Presidente: Va bene. Non andava quasi più. L'ha usata dei
giorni prima, 15 giorni prima...
Giancarlo Lotti: No, qualche giorno...
Presidente: ...un mese prima, due mesi prima...
Giancarlo Lotti: ... giù per lì.
Presidente: Eh?
Giancarlo Lotti: Lì dentro e basta. Perché…
Presidente: Come?
Giancarlo Lotti: Perché l'assicurazione l'avevo girata a
quell'altra. Può darsi un giorno l'abbi girato senza assicurazione, li dentro…
Presidente: Ho capito, il 20 settembre. Ma parlo prima del
20 settembre.
Giancarlo Lotti: Sì.
Presidente: Ecco. Lei dice l'ha lasciata lì. Ma per quanto tempo
l'ha lasciata lì?
Giancarlo Lotti: Mah, un mi ricordo mica di preciso quante…
ferma lì. Può darsi ci sia stata un mese o più.
(…)
Presidente: Benissimo. Allora, lei... un dato è certo:
abbiamo i documenti alla mano.
Giancarlo Lotti: Sì...
Presidente: Che il 20 settembre ha cessato l'assicurazione
con la 128 . . .
Giancarlo Lotti: Con il 124.
Presidente: ...124.
Giancarlo Lotti: Sì.
Presidente: Questa 124, quando gliel’hanno data a lei?
Giancarlo Lotti:
Quando gli era pronto l'assicurazione per prenderla. Il 20, il 20.
Presidente: Il 20.
Giancarlo Lotti:
Sì.
Presidente: Il 20
settembre.
Giancarlo Lotti:
Andetti a ritirare quell'altra macchina.
(…)
Giancarlo Lotti:
Io, fino a i' 20, ho adoprato il 128.
Presidente: Come?
Giancarlo Lotti:
Io, il 128, l’ho adoprato.
P.M.: Fino al 20.
Presidente: Lo ha
adoperato.
Giancarlo Lotti:
Sì.
(…)
Giancarlo Lotti:
Quande presi quell'altra, un potevo mai mandare du' macchine. Ne avevo una sola
assicurata.
Da questo guazzabuglio
sembra di poter enucleare almeno un dato. Lotti, testimone gestito dal servizio
protezione testimoni in albergo, ufficiosamente ad Arezzo, ha fornito al
proprio avvocato, nel breve giro di una sera, dal 16 al 17 marzo 1998 il
documento, fino ad allora mai emerso, che comproverebbe il suo uso continuato
del FIAT 128 fino alla data del 20 settembre 1985, giorno dal quale avrebbe
preso in uso la FIAT 124; con il che
conferma la sua presenza a Scopeti la sera dell’8 settembre 1985 e,
implicitamente, la sua partecipazione al duplice omicidio. Il corollario, per
Lotti, è che da quando ha potuto assicurare il 124 non ha più usato il 128, ma
l’ha tenuta ferma dagli Scherma, perché “non poteva mai mandare due macchine”.
Il discorso viene
confermato nell’esame condotto da Filastò:
Avvocato Filastò: La domanda a questo punto abbastanza
inutile, comunque io gliela faccio... Lei sa dell'esistenza di questa scrittura
privata autenticata in cui il signor Schwarzenberg trasferisce questa macchina
a lei? Conosce che esiste...
Giancarlo Lotti: Come trasferisce? Io l'ho presa da Nandino.
Avvocato Filastò: Eh?
Giancarlo Lotti: Il Bellini. Ma io l'ho presa dal meccanico,
icché c'entra.
Avvocato Filastò: Si, ma lei sa dell'esistenza di un atto
con il quale questo signore dice che l'ha venduta a lei?
Giancarlo Lotti: Mah, questo di che mese l'è?
Avvocato Filastò: Gliel'ho bell'e detto: è del 3 di luglio
del 1985.
Giancarlo Lotti: Di luglio? Che di luglio?
Avvocato Filastò: Di luglio, di luglio.
Giancarlo Lotti: No.
Avvocato Filastò: C'è scritto così nel Pubblico Registro.
Giancarlo Lotti: Ma
che macchina, il 124?
Avvocato Filastò: La
124.
Giancarlo Lotti: O
non l'ho già spiegato quande l'ho presa io. Il 20/09/85.
Nel frattempo i
documenti richiesti dalla Corte il giorno prima all’ACI e all’Assicurazione non
si trovano.
Presidente: Allora, a questo punto apriamo una parentesi per dire
questo. Il dottor Vinci, il funzionario della Questura fa questa comunicazione:
"In relazione all'ordinanza 16/03/98, si comunica l'esito delle
acquisizioni disposte. Per quanto concernente l'acquisizione di cui al punto A
non è stato possibile...", sarebbe quella dichiarazione...
Avvocato Filastò: Sì.
Presidente: "Non è stata possibile eseguirla in quanto l'ACI,
ufficio provinciale di Firenze, ha fatto presente che la documentazione in
questione risulta essere stata inviata al macero." Quindi non c'è.
"Non è stato altresì possibile acquisire copia della documentazione
inerente alla copertura assicurativa della vettura FIAT 128 coupé targata
FID56735 e dell'autovettura FIAT 124 targata - FIE42432, in quanto la compagnia
assicuratrice Allsecures Assicurazioni ha fatto presente che la polizza numero 67053 relativa alla
128 e la polizza numero 69395 relativa alla FIAT 124, polizze entrambe emerse nella
perquisizione del 23/01/96, non risultano presenti presso l'archivio di
sede.
Quindi sembrerebbe che
le polizze, almeno alcuni tagliandi, di entrambe le auto fossero state
sequestrate il 23 gennaio; chissà come mai non si trovavano agli atti del
dibattimento, ma compaiono quasi per magia. Viene introdotto il teste Bellini,
che curò la vendita della FIAT 124 a Lotti.
Presidente: Senta, e volevano... prima di vendere la
macchina, volevate l'assicurazione già pronta, o no?
Franco Bellini: Sì, perché generalmente senza assicurazione
non si mandava via nessuno.
Presidente: Voi.
Franco Bellini: Mah, noi... non ho ricordanza di una
macchina che sia uscita senza una copertura assicurativa.
Vengono sentiti altri
testi che confermano che di norma un’auto non veniva consegnata se non era
assicurata. Ne discenderebbe che, poiché l’assicurazione era stata volturata il
20 settembre 1985, solo da quella data Lotti poteva aver usato la 124 (e prima
di quella data, per conferma indiretta, il 128). In realtà però, non si parla
di una voltura, ma di una polizza della 124 decorrente dal 20 settembre 1985.
Che il 20 settembre vi sia stata una voltura è una deduzione (errata, come
scopriremo nel seguito) dovuta alla presentazione di un’assicurazione del 128
fino al 20 settembre. A questo punto
scoppia una vera e propria lite in aula perché Filastò vuol capire chi ha
prodotto i certificati assicurativi.
Avvocato Filastò: Ho sentito dall'avvocato Bertini che quei
contratti, quei documenti assicurativi, sono stati acquisiti perché trovati in
una agenda di Lotti. È così, o sbaglio?
Avvocato Bertini: Sì, lo ha detto a me. (nota: ascoltando la registrazione sembra invece che questa battuta
venga pronunciata dal presidente)
Avvocato Filastò: No, vorrei ci desse la conferma...
Avvocato Bertini: Cioè un portadocumenti...
Avvocato Filastò: Un'agenda, portadocumenti... Io vorrei che
venisse esibito dal Pubblico Ministero il decreto di sequestro di questo
portadocumenti.
(…) riportiamo solo la
conclusione del lungo battibecco:
Avvocato Mazzeo: Presidente... con molta serenità ho
rilevato che certi documenti che la Corte nella sua ordinanza di ieri
richiedeva, correttamente, al Pubblico Ministero...
Presidente: C'è il verbale di sequestro.
Avvocato Mazzeo: Appunto perché non risultavano consegnati
alla Corte, quando invece risultavano i verbali di sequestro. Stamattina
venivano consegnati...
P.M.: C'è l'elenco, per fortuna c'è l'elenco.
Avvocato Mazzeo: ...venivano consegnati dall'avvocato
Bertini. Io ho chiesto, con molta... dell'avvocato Bertini... (voci
sovrapposte)
P.M.: No, no, no .
Avvocato Mazzeo: Ma questi documenti chi li sta consegnando?
P.M.: No, no, no, no.
Avvocato Mazzeo: Come no? L'ha consegnati Bertini e mi ha
detto che venivano dalla sua agenda.
P.M.: No, no, no, no e no.
Avvocato Mazzeo: Come no? C'è un verbale.
P.M.: La confusione... la confusione è confusione.
Presidente, mi scusi...
Presidente: Prendiamo il verbale, prendiamo il verbale...
P.M.: Correttamente glielo legga.
Avvocato Mazzeo: Ma perché deve fare così, ma poi è Bertini
che l'ha consegnati questi qui, non il Pubblico Ministero.
(voci sovrapposte)
P.M.: Per carità...
Presidente: Ora c'è il verbale, lo verifichi lei e veda...
tutti e due, vai. Per carità.
P.M.: (voce fuori microfono)
(voci sovrapposte)
Presidente: Capisco che... Pubblico Ministero un po' di
pazienza, sennò non arriviamo in porto, qui.
P.M.: Sì, Presidente, ma si continua a fare illazioni...
Presidente: Eh, allora, Scherma Rob... e va be'...
Avvocato Mazzeo: (voce fuori microfono)
P.M.: (voce fuori microfono)
(voci sovrapposte)
Presidente: Avvocato Mazzeo, Mazzeo, ora la smetta sennò a
questo punto bisogna prendere provvedimenti.
Avvocato Bertini: Sono agende... Fra l'altro ci sono anche
documenti dell'86, se non sbaglio, da me prodotti, quindi non c'è solo l'85 e
basta.
P.M.: (voce fuori microfono)
Presidente: Andiamo.
(voci fuori microfono)
Presidente: Così si fa al mercato, così si fa al mercato.
(voci sovrapposte)
Presidente: Avvocati, così si fa al mercato, meno male che
ci sono le telecamere di questo spettacolo che si porta nelle case d'Italia.
Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
(voci sovrapposte)
P.M.: Eh, c'è un verbale di sequestro con l'elenco e l'ha
consegnato il Pubblico Ministero. Per cortesia, prima di dire le cose, lo
guarda, poi vedrà che...
Avvocato Mazzeo: Insomma, quei tre documenti che mi ha dato
cortesemente il Giudice a Latere, provenivano dal Pubblico Ministero o
dall'avvocato Bertini?
Presidente: Dall'avvocato Bertini.
Avvocato Mazzeo: Oh, grazie...
Di questi documenti
prodotti dall’imputato tramite il suo avvocato (ammissibili ex art. 237 C.P.P.)
parlerà brevemente Filastò nella replica finale del 19 marzo, con un’accusa di
falso che non viene verificata in sentenza e che non riportiamo perché sembra
non aver avuto seguito.
Dal dibattimento,
ormai concluso, passiamo alla sentenza della Corte di Assise di Firenze pronunciata
il 24 marzo 1998.
Prima di affrontare
l'argomento dei "riscontri", si
rende quindi necessario verificare se
il Lotti avesse, all'epoca degli omicidi degli Scopeti, ancora
la disponibilità e l'uso di
una FIAT 128 coupé di colore rosso, di cui ha ripetutamente parlato.
Ora, dalla deposizione resa all'udienza del
3.7.97 dal teste dott. Vinci
Fausto, responsabile della Sezione
Omicidi presso la Squadra Mobile
della Questura di Firenze (cfr. fasc.16, pagg.55-61), è risultato:
a) che l'imputato
Lotti Giancarlo ha
acquistato un'auto FIAT 128
coupé, "senza bagagliaio posteriore" (e del
tutto analoga a quella di cui alla fotografia allegata
al verbale dell'udienza del
3.7.97) da tale
Zini Roberta di Scandicci nel
febbraio del 1983 per
la somma di
lire un milione,
"tramite" l’officina
"Bellini" di San
Casciano, che aveva ricevuto l'auto dalla donna in occasione dell'acquisto da parte di lei di un altro veicolo;
b) che tale
auto, di colore "rosso
sbiadito", era targata GO
84888; che e
stata "ritargata"
a Firenze il
successivo 28.4.1983 con il
nuovo numero di targa "FI 056735" e che è stata poi
nella materiale disponibilità del Lotti fino
al 19 marzo 1986,
data in cui è stata
chiesta al PRA la
cessazione della circolazione per
demolizione, circostanza che risulta anche
da documento del PRA
prodotto dalla difesa del Vanni ed allegata al verbale dell'udienza del 16.3.98.
Dai nuovi mezzi di prova,
come sopra ammessi
a seguito della interruzione della
discussione orale, e
risultato poi quanto segue:
a) che il Lotti ha
acquistato il 3.7.1985 un'auto FIAT
124 targata "FI E42432"
dall'austriaco Schwarzemberg Karl per
il prezzo di £.400.000,
come dal relativo documento
del PRA pure allegato al verbale dell'udienza del 16.3.68;
b) che la vendita
dell'auto FIAT 124, di colore blu, e stata materialmente negoziata dall'officina "Bellini" di San Casciano, cui era stata affidata
per la vendita dal predetto
Schwarzemberg Karl, che l'aveva
acquistata per una figlia venuta a vivere con lui in Italia e
che, dopo il rientro
di costei in Austria, non aveva ritenuto più
opportuno conservare la
proprietà e la disponibilità del veicolo.
A riferire ciò è stato lo stesso Schwarzenberg Karl,
che ha fatto tra l'altro presente
che, quando si recò a firmare la dichiarazione di vendita presso la sede ACI di San Casciano alia data
del 3.7.85, provvide
"subito'' a disdire "l'assicurazione" dell'auto, telefonando alla
Compagnia
"Zurigo" di Merano,
per sottrarsi ad ogni
responsabilità conseguente
alla circolazione dell'auto;
c) che l'auto
suddetta, contrariamente a quanto
risulta dal certificato del PRA, è stata invece
venduta dall'officina Bellini per la maggior
somma di £.800.000
e che tale somma è stata materialmente pagata per il Lotti dal suo
datore di lavoro
e vicino di casa Scherma Roberto (…)
Lo Scherma, nel riferire ciò, ha tenuto tuttavia a
sottolineare che quella sera Lotti non aveva
ritirato l'auto e che lo
stesso Lotti, alla
consegna della FIAT 124 avvenuta
in un momento successivo, aveva continuato
a tenere anche la FIAT 128
rossa scodata, tenendola parcheggiata per qualche
tempo davanti a casa, fino a
quando non era venuto un carro
attrezzi a ritirarla e
portarla via per
la demolizione: (…)
d) che, la
trattativa di vendita della stessa FIAT 124 blu è stata in particolare condotta
presso l'officina Bellini dal sig. Coli Gino, che, sentito a
sua volta sulla
vicenda, ha riferito
che il pagamento era state fatto dal "principale"
del Lotti e che tuttavia la macchina era stata
consegnata al Lotti solo quando costui si era presentato col certificato di assicurazione, perché
dall'officina non era mai
uscito alcun veicolo
senza copertura assicurativa: " ...ha pagato
il principale del Lotti...
si dava (la macchina)
quando c'era l'assicurazione... è
avvenuto così: quando si consegna
le macchine, si guarda l'assicurazione…
quando prese la
macchina, era tutto in regola
...";
e) che il
Lotti, all'acquisto della predetta
FIAT 124, ha provveduto
alla sua copertura
assicurativa, sottoscrivendo la polizza n.68731 presso l'agenzia di
Firenze della "Allsecures-Preservatrice" e pagando
il relative "premio"
per i primi sei mesi, con decorrenza dalle
ore 24 del 20 settembre 1985 e fino alle ore 24 del 20 marzo 1986, come
dal certificato di assicurazione prodotto in originale
dal difensore del Lotti ed allegato al verbale dell'udienza del 17.3.98;
f) che il
Lotti, dopo il
formale acquisto della
FIAT 124 avvenuto il 3.7.85,
ha conservato la copertura assicurativa
sulla FIAT 128 coupé
targata FI 056735
fino alle ore
24 del 20 settembre
1985, come si rileva
dal certificato di assicurazione
relativo a tale
auto, pure allegato
al verbale dell'udienza del 16.3.98 (polizza n.67053 della "Allsecures-Preservatrice",
agenzia di Firenze);
g) che lo stesso
Lotti ha continuato ad usare
la FIAT 128 coupé fino a quando
non ha avuto la disponibilità
della FIAT 124 blu e che,
dalla consegna di tale
auto, ha usato solo la stessa
FIAT 124, lasciando inutilizzata
l'altra, come ha appunto riferito il teste Scherma
Luigi, all'epoca vicino
di casa del Lotti: "... da quando lui
ha avuto la 124
blu a me sembra
che non usasse più
la 128, usasse
solo la 124
blu ... prima di avere la
124 blu usava
la 128...;
Sicché, sulla base delle predette risultanze, deve escludersi
che il Lotti abbia avuto la disponibilità della
FIAT 124 prima del 20
settembre 1985, essendo la copertura
assicurativa di tale auto iniziata alle ore 24 di tale data ed
essendo state il teste Coli
categorico nell'escludere che l'auto potesse
essere stata consegnata al Lotti
prima del 20
settembre, senza copertura assicurativa.
D'altra parte, se
il Lotti
avesse avuto la consegna
della FIAT 124 al momento del
suo acquisto o comunque
prima del 20 settembre 1985, non avrebbe avuto
alcun motivo per conservare la copertura
assicurativa anche sulla FIAT 128, tenuto anche conto del fatto che costui,
dal momento in cui ha avuto la
materiale disponibilità della FIAT 124, ha
usato solo quest'ultima auto e
non più la FIAT 128 (…)
Sicché si deve escludere che
il Lotti, alla data
dell'8 settembre 1985, non abbia
avuto più l'uso della FIAT 128 coupé, auto che ha
invece usato tranquillamente, in modo "regolare", fino al momento del
ritiro della FIAT 124, non avvenuto sicuramente prima del 20
settembre 1985.
L’argomentazione
dell’estensore della sentenza, il presidente della Corte Federico Lombardi, è
logica e sarebbe condivisibile: sulla base dei documenti prodotti dalla procura
e dall’imputato, Lotti aveva mantenuto l’assicurazione del Fiat 128 fino al 20
settembre 1985, quindi era pacifico che solo in quella data aveva iniziato a
usare la 124, dismettendo l’altra ormai inservibile. La testimonianza
dell’imputato aveva confermato la documentazione. Senonché, qualcosa di
importante non era stato trovato, forse perché innocentemente smarrito, forse
perché tenuto colpevolmente nascosto. Ma non sfugga il ragionamento del
giudice: “lo stesso Lotti ha
continuato ad usare
la FIAT 128 coupé fino a quando
non ha avuto la disponibilità
della FIAT 124 blu e che,
dalla consegna di tale
auto, ha usato solo la stessa
FIAT 124”; ribadito nel successivo: “costui,
dal momento in cui ha avuto la
materiale disponibilità
della FIAT 124, ha usato
solo quest'ultima auto e non
più la FIAT 128”. Tutto fila. Ma
quale sarebbe stata la logica conseguenza del ragionamento, se si fosse in
quella sede appurato che Lotti aveva assicurato la nuova auto ben prima della
data dell’omicidio? Semplicemente che Lotti, avendo, per usare le parole del
giudice, la materiale disponibilità dell’auto nuova avrebbe adoperato solo
quella.
Ma qui chiudiamo il primo atto ed entriamo nel
secondo, che coincide con il processo di appello, tenutosi a Firenze dal 17 al
31 maggio del 1999.
[SEGUE]
Frank,
RispondiEliminail problema però è che non possiamo credere ad una sola parola di quelle dette da Lotti (viste le tante giravolte e le tante cose impossibili fisicamente da lui affermate come vere).
E allo stesso tempo nemmeno possiamo credere alle FF.OO., Procure, Magistratura e periti (vedasi come per Signa, ma anche ben di più nel proseguio), per non parlare di quanto poco si possa prestare fede a testimonianze e deposizioni a anni e anni e anni e anni dai fatti (talune pure riportanti info note o acquisite dalle FF.OO che quindi -paro paro ccome per Signa- possono averle 'travasate' negli interlocutori).
Hazet
Infatti... vedo che finalmente cominci a capire :-)
RispondiEliminaGrande Frank, internet al meglio! Spero che siano (quasi) pronte anche le parti successive!
RispondiEliminacapisco, Frank, capisco fin troppo bene.
RispondiEliminao... anzi, cioè: NO.
viste le premesse, non capisco il perchè di scrivere articoli che partono, si basano, si evolvono, si autocitano e ritornano a informazioni di base (come ben hai fatto notare) che non possono essere considerate affidabili.
fortunatamente, il fantasy e la fantascienza son generi letterari che mi piacciono abbastanza da leggere; di sicuro più dei mattoni pseudo storici pieni di voluti omississ documentali ;)
Hazet
ero stato troppo ottimista :-)
Eliminapubblico, ma comunque ti affibbio un cartellino giallo per commenti inutili e provocatori
Vorrei fare due osservazioni su questa prima parte dell'articolo, confidando di non recare disturbo come altrove è avvenuto (e non ho capito le ragioni). La prima riguarda l'atteggiamento impeccabile della corte, che non esitò a interrompere la discussione e a riaprire il dibattimento. Come sappiamo, con altri giudici due anni prima questo non era avvenuto. La seconda riguarda l'opposizione dell'avvocato Bertini alla riapertura dell'istruttoria. Arrivati a quel punto, come poteva Lotti rimangiarsi tutto? Scusate signori, ho scherzato, in realtà non avevo più la 128 e a Scopeti non c'ero? Superati gli scogli degli interrogatori, dell'incidente probatorio e del dibattimento, non era più possibile tornare indietro. Qualunque fosse stato il ruolo di Lotti, non poteva negare tutto quanto aveva faticosamente ammesso, sia per non perdere i benefici della collaborazione, sia per non incorrere in un procedimento per calunnia. E aggiungerei anche per una questione d'orgoglio, per non fare la figura del quaquaraquà.
RispondiEliminaRisposte telegrafiche perché magari ne parlerò nella seconda parte. Correttezza formale in questo frangente della Corte di I grado senza dubbio, con errori logici, a mio parere, nella sentenza; è anche vero che, nel caso delle assicurazioni, fu presentata (dall'imputato!) documentazione fuorviante (a suo danno!). Ne riparleremo.
RispondiEliminaSul ruolo giocato dall'avv. Bertini ho molti dubbi; anche ammettendo la fondata speranza di far avere al suo assistito i benefici della legge sui pentiti, non era comunque meglio farlo condannare a qualche anno per calunnia piuttosto che rischiare i 30 anni?
Ma una ritrattazione di Lotti avrebbe significato la caduta di tutto l'impianto inquisitorio e questo, credo, non doveva e non poteva accadere.
Da quello che ho letto, se il calunniato viene condannato all'ergastolo il calunniatore rischia fino a venti anni di reclusione. Non credo che Lotti se la sarebbe cavata con qualche anno di galera. Quale che fosse la verità, sono comunque convinto che Lotti non abbia mai detto al suo legale di essere innocente nè di aver provocato la condanna di un innocente.
EliminaCaro Franco
RispondiEliminaEccellente ricostruzione
Avevo già postato il mio pensiero, ma sono proprio un troglodita telematico: non lo vedo tra i commenti.
La corte, pur corretta, avrebbe dovuto andare più a fondo: le carte erano presenti, come tu spieghi benissimo.
Un caro saluto
Claudio Ferri
Dirò di più... tutta questa situazione doveva venire fuori in sede di indagine, ben prima che nel processo... e non è escluso che fossero informazioni già in possesso degli inquirenti.
EliminaIn effetti e' un quesito interessante: se uno vuole essere condannato anche se e' innocente, cosa deve fare il suo l'avvocato, se ha capito la situazione?
RispondiEliminaE' un quesito di ordine deontologico, la risposta la lascio ad eventuali professionisti del diritto.
EliminaNon penso affatto però che Lotti "volesse essere condannato" ...
In effetti Lotti e' uno dei due grandi misteri del caso, insieme al collegamento tra Signa ed il resto.
EliminaPosto che lui si comporta come se volesse essere condannato, tu come te lo spieghi?
se guardiamo a come, in secondo grado, ha continuato strenuamente a difendere la propria colpevolezza, non potendo più nascondere l'operatività della 124 ben prima del delitto degli scopeti, sembra che facesse davvero di tutto per farsi condannare. secondo me l'accordo con gli inquirenti era il prolungamento sine die della protezione, senza così andare in galera. in previsione delle indagini sui mandanti.
EliminaPrego attendere la seconda parte dell'articolo, dove cercherò di dare la mia interpretazione. Nel frattempo, ponete attenzione all'arroganza con la quale si comporta in dibattimento, indice del fatto che si sente, appunto, "protetto" e impunito.
EliminaConsiglio vivamente a chi ancora nutrisse qualche barlume di dubbio che Lotti possa aver raccontato anche un atomo di verità, l'ascolto dell'udienza del processo CdM 17 marzo 1998. Il vero mistero, per me, è come il giudice abbia potuto dare tanto credito a una persona che si contraddice completamente in meno di 15 minuti. Ascoltatela, perché ne vale la pena.
RispondiElimina@Luca Scuffio Diprato
RispondiEliminae pensa che a dargli tanto credito non furono solo alcuni giudici!
I giudici, in fin dei conti, seguono di un caso praticamente solo quello che entra in aula, quindi per un tempo limitato e con svariati frazionamenti temporali.
(alcuni ben specifici) procuratori-inquirenti-pm invece seguono il caso, tutto, per anni. e... e mai che si accorgano che ciò che GL dice non è corroborato da riscontri e spessissimo e volentierissimo è pure assurda, illogica, priva di buon senso, e sovente anche al di là delle leggi della fisica... eppure non battono mai ciglio e continuano imperterriti a credergli.
Non solo!
il giudice inoltre è vincolato al 'libero convincimento', mentre gli inquirenti (che non sono la 'pubblica accusa' all'americana che in Italia non esiste) sono vincolati alla 'ricerca della verità' (quindi a valutare anche gli elementi a discolpa di un sospettato/accusato e le possibili menzogne di collaboratore di giustizia)
mala tempora currunt
hazet
Scusate la banalità delle domande, ma se voi doveste andare a commettere o a partecipare ad un duplice omicidio, ed ancor più ad un duplice omicidio carico di attenzioni investigative e mediatiche come quelli di uno del ricercatissimo mostro di Firenze, ci andreste con l'auto vostra? Ci andreste con un auto, a voi riconducibile e che funziona solo più per grazia di dio (e se non si rimette in moto al momento di andar via?)? Ci andreste con l'auto vostra ma col tagliando dell'assicurazione spaiato (e se ti fermano anche solo per un controllo?)? La parcheggereste in bella vista di chiunque passi di lì sulla strada? E ci andreste portandovi appresso uno che coi delitti non c'entra e che non è stato messo prima a conoscenza di cosa accadrà? Non è che si necessiti tirare in ballo la logica e nemmeno il buon senso per storcere il naso di fronte a simili inconcepibili assurdità, è che proprio trattasi di assurdità tali che per bersele bisogna bendarsi gli occhi due o tre volte e tapparsi le orecchie col cemento armato. Come è possibile che anche solo un minimo di credibilità sia stato (e sia a tuttoggi dato) a simili bislacche affermazioni? Non c'è nemmeno bisogno di ricorrere a dettagliate desamine di date e tagliandi per vedere chiaro come il sole che quei racconti non tornano nemmeno a stiracchiarli come un elastico. Come è possibile non vederci della mala fede nel bersi, parrebbe decisamente acriticamente, simili affermazioni?
RispondiEliminaNon credo però che possiamo ricondurre l'agire dell'assassino ai dettami di buon senso e di come agiremmo noi... in quanto mi auguro che un'immedesimazione sia impossibile. Agendo secondo il buon senso comune, non si commetterebbero i duplici omicidi e il discorso sarebbe chiuso ab initio...
EliminaPer questo penso che una ricostruzione il più dettagliata possibile sia buona cosa. Concordo che il ruolo attribuito al Lotti dalle indagini e dalle sentenze sia del tutto improbabile.
Non intendevo dire che ci debba essere del buon senso nell'ammazzare gente nè nel commettere un delitto, però il punto è che non è che si tratta di un delitto unico, casuale, di impeto e alle attenzione di un paio di vigili urbani o due poliziotti i campagna. Si tratta di ferocissimi crimini, reiterati; per i quali erano state spiegate ingenti forze di prevenzione ed investigazione; le gente era in panico ed allarme arrivando perfino a cambiare le proprie abitudini intime. Sinceramente è impossibile che in una serie così nota e attenzionata e così lunga il mostro di Firenze possa aver basato la sua imprendibilità sulla pura fortuna. E comunque un serial killer non è che solo perchè è un pluriassassino debba per forza rinunciare al normale buon senso comune di non parcheggiare la propria macchina sulla scena dei crimini in bella vista di chiunque passi. E' una cosa che va ben oltre e ben prima della dotta e particolareggiata disquisizione auto rossa o auto blu, che però nei fatti non è venuta a capo di niente lasciando aperto il limbo delle interpretazioni appunto proprio al buon senso di comprensione e giudizio dei singoli. Ma se devo, e devo, usare il buon senso per leggere un evento altrimenti privo di aut-aut di prove materiali, allora il buon senso lo applico in primis proprio alla modalità indagata e confessata, dell'assurdità dell'auto in bella vista
EliminaLa difesa Vanni corre verso una linea kamikaze che a oggi non è logicamente spiegata. Avranno avuto le loro buone ragioni
RispondiEliminaNon sono d'accordo. Non potendo Vanni, ovviamente, presentare alibi per i giorni dei delitti, l'unico percorso per la difesa era di screditare Lotti. E ci riuscì benissimo, in sede di appello, sbugiardandolo clamorosamente. La sentenza di appello va contro i fatti accertati in dibattimento, la verità è questa.
EliminaLa riuscita dovrebbe dipendere dal risultato. Percorrendo a senso unico lo screditamento del Lotti, fu fatto un salto nel vuoto, poiché Lotti era il delfino della Corte
EliminaDa qualche tempo ascolto su Youtube e leggo su vari blog interventi sulla questione del "mostro di Firenze". L'abilità dialettica profusa nel sostegno delle varie tesi e il livello di sofisticazione raggiunto dalle ricostruzioni e dalle analisi sono assai stimolanti. Oltre alla prospettiva della ricerca della probabilmente ormai inattingibile verità storica, è assai interessante anche quella che saggia la credibilità della "verità giudiziaria", ossia dell'accertamento dei fatti come contenuto nelle sentenze di condanna passate in giudicato (per i quattro duplici omicidi commessi tra il 1982 e il 1985). Il principale pilastro della "verità giudiziaria" sui duplici omicidi del quadriennio 1982-'85 è rappresentato dalle dichiarazioni rese da Giancarlo Lotti. Su Youtube si trova l'audio di un'udienza del processo ai Cdm con il compianto Avv. Filastò che pone domande a Lotti: l'ascolto lascia sbalorditi. Risposte vaghe, elusive ed evasive: come sono entrati nella tenda delle due vittime francesi agli Scopeti? Sono entrati "normali". Che stava facendo quella volta che fu avvistato in auto con Butini da Pacciani e Vanni? Risponde che a certe cose, a un certo punto non ci si era arrivati: già, ma insomma che stavano facendo? Non sembra che lo spieghi: erano seduti sui sedili di un'automobile uno accanto all'altro, e poi? Cosa giustificava l'asserito ricatto di Pacciani e Vanni (vieni con noi oppure spargiamo in paese la voce della tua omosessualità)? Non si capisce. Grottesche anche le dichiarazioni sul duplice omicidio di Baccaiano (a proposito, il Lotti ha fornito qualche spunto per risolvere gli enigmi relativi alla dinamica di questo duplice omicidio al quale asserisce di aver assistito?): in uno scenario in cui il responsabile o i responsabili ha/hanno corso il rischio di essere avvistati sul luogo del delitto nell'imminenza dello stesso, Lotti sembra intrattenga uno scambio di parole con Pacciani, con il secondo che, non si capisce il perché, in un primo momento dice al primo (se ben ricordo) di non allontanarsi, in un contesto in cui c'è il forte rischio di essere visti. Una vittima femminile viene attinta da un colpo di pistola alla testa ed entra in coma profondo, può emettere solo flebili gemiti, ma secondo Lotti quando viene tirata fuori dell'automobile "strilla": la motivazione di una sentenza di condanna ci spiega che la sua incompetenza linguistica può spiegare che usasse il verbo "strillare" per riferirsi a flebili gemiti. E via infinitamente dicendo. Ora, tornando alla prospettiva di cui dicevo, ci si può chiedere se la "verità giudiziaria" relativa ai quattro duplici omicidi commessi tra il 1982 e il 1985 possa ritenersi accertata "oltre ogni ragionevole dubbio" e che cosa possa insegnare questo caso sulla giustizia penale in Italia. Può essere certo interessante giungere (se mai ci si dovesse riuscire) alla verità storica sul personaggio, se sia stato parte di un "collettivo di mostri" o il più stupefacente serial killer solitario di tutti i tempi o un calunniatore e autocalunniatore, ma altrettanto interessante è sapere se, indipendentemente da quel che si ritenga essere la verità storica, dichiarazioni come quelle rese in dibattimento (non da dotti mostrologi, ma) da Giancarlo Lotti possano o meno ritenersi valido sostegno per l'irrogazione di una condanna all'ergastolo. Un cordiale saluto a tutti.
RispondiEliminaChe dire di più? Oramai a sostenere la verità giudiziaria sic et simpliciter sono rimasti soltanto un (tristemente) noto veritologo e i suoi accoliti. Tutti gli altri sono Freidenker. (immagino che chi si firma Reimarus non abbia bisogno di traduzione)
RispondiEliminaNon ricordo quale filosofo (forse David Hume nella sua opera sui miracoli) abbia detto che affermazioni di fatti eccezionalmente improbabili richiedono prove eccezionalmente solide per poter essere credute. Ascoltata la registrazione dell'esame di Fernando Pucci nel dibattimento del processo ai Cdm, constatata l'incredibilità (o la scarsa credibilità) della versione dei fatti asserita dal Pucci, secondo la quale egli e il Lotti sarebbero capitati casualmente (non si capisce bene per quale motivo) in prossimità della scena di un duplice omicidio che stava per essere compiuto agli Scopeti, con il successivo "andatevene via, anzi no, restate e venite a vedere", quindi con due assassini che si assicurano così due testimoni oculari del delitto, la presenza dei quali era del tutto inutile ai fini della consumazione dello stesso, non può non osservarsi che le prove eccezionalmente solide che dovrebbero giustificare l'adesione a una versione eccezionalmente improbabile dei fatti mancano, anzi, al contrario, è ragionevole, ovvero non è irragionevole, nutrire (seri) dubbi sulla veridicità della versione dei fatti formulata da Lotti e Pucci (senza tener conto della sosta di ore sulla piazzola che si ricaverebbe dalle testimonianze, che non sembra conciliarsi con il breve arco di tempo in cui si sarebbero trattenuti, dai dieci minuti di cui parla Lotti in una dichiarazione spontanea alla mezz'ora di cui parla Pucci). Credo si possa aggiungere che la questione dell'attendibilità intrinseca della dichiarazione accusatoria resa nel dibattimento debba prevalere su considerazioni basate sull'infìdo terreno delle verosimiglianze o inverosimiglianze soggettive: le sentenze di condanna dei Cdm sembrano far gran conto della considerazione "ma perché avrebbe dovuto mentire nel dire cose che lo avrebbero portato ad essere condannato ad una pesante pena detentiva", quando in realtà l'autocalunnia è fenomeno ben conosciuto, con le motivazioni più varie, con aspetti che possono sembrare inverosimili all'"uomo comune". Non può comunque, a mio avviso, condividersi l'impostazione di chi, a fronte dei grossissimi dubbi che lasciano le emergenze dibattimentali, affronta il problema partendo dalla costruzione di un castello ipotetico fondato su un mare di supposizioni "ad hoc", senza tener conto che, come affermava un filosofo, affermazioni di fatti eccezionalmente improbabili richiedono prove eccezionalmente solide, non costrutti ipotetici fondati su continue supposizioni "ad hoc" volte a delineare una generica plausibilità.
RispondiEliminaMa in realtà i sostenitori della versione ufficiale, se messi alle strette, si rifugiano nel principio di autorità, dicendo: "Ma quando mai tutta una serie di investigatori professionisti, magistrati, periti, giudici, può aver sbagliato in tre gradi di giudizio?"
EliminaRinunciando così, a mio parere, a svolgere un proprio vaglio critico su situazioni che ormai sono superdocumentate (sul caso CdM abbiamo in pratica la quasi totalità di quello che avevano i giudici - e comunque la prova si forma in dibattimento, che è pubblico). Di più, abbiamo anche i documenti che permettono di seguire il tortuoso iter dell'indagine).
Infine, costoro dimenticano che altrettanti stimati professionisti, poliziotti, carabinieri, magistrati inquirenti e giudicanti erano di tuttaltra opinione rispetto alle sentenze passate in giudicato.
Una notazione circa un aspetto dell'esame di Fernando Pucci condotto dall'Avv. Filastò. Il compare di Lotti, per ben tre volte consecutive, su espressa e chiara domanda posta dal difensore di Vanni, dice e ribadisce che quest'ultimo è entrato nella tenda dei francesi a Scopeti durante l'azione delittuosa. Poiché, se bene ho compreso, lo squarcio con un coltello su un lato della tenda non era tale da consentire l'ingresso all'interno della stessa, l'asserzione (ripetuta) del Pucci si scontra con un'impossibilità fisica. Entra allora in gioco il Presidente della Corte d'Assise: il suo intervento provoca le proteste di Filastò, ma il Presidente afferma di voler solo "chiarire" o "spiegare" la domanda posta proprio dall'Avvocato. Dolcemente sollecitando l'esaminato, il Presidente gli chiede se, dal posto in cui si trovava, il Pucci fosse in grado di vedere il Vanni mentre con un coltello apriva uno squarcio nella tenda. Il Pucci risponde di no e il Presidente raggiunge l'obiettivo da lui perseguito: portare il Pucci a riconoscere che l'affermazione secondo la quale il Vanni era entrato nella tenda dopo averla tagliata era solo un'inferenza (erroneamente) tratta dalla sensazione uditiva relativa al taglio della tenda. Dopo di che, il Presidente, evidentemente soddisfatto per aver posto riparo all'imbarazzo che poteva causare l'affermazione di un'impossibilità materiale da parte di un supposto testimone oculare del delitto, non insiste. Ora, anche a prescindere dall'inverosimiglianza della situazione di fondo (uno "scemo del villaggio" ammesso dagli esecutori del crimine ad assistere in diretta "live" a un duplice omicidio, insieme con un altro "mezzo scemo del villaggio") e a prescindere dall'inattendibilità di chi, rievocando un fatto al quale avrebbe assistito dieci anni prima, dice una cosa e pochi secondi dopo ne dice un'altra riconoscendo l'inesattezza di quella detta pochi secondi prima, il chiarimento agognato dal Presidente non chiarisce nulla: poiché, infatti, non si tratta di spiegare un fotogramma, ma la dinamica di un duplice omicidio, il quale ha ovviamente una sua dimensione diacronica, cioè si sviluppa in un certo arco di tempo, appare evidente che, poiché c'era da ammazzare due persone e da farlo possibilmente alla svelta, non si può certo supporre che il Vanni, constatata l'insufficienza dello squarcio ai fini del suo ingresso nella tenda, rimanesse assorto in contemplazione dello stesso. Vien da pensare, anzi, che egli sia prontamente "riemerso" dalla posizione in cui si trovava, rendendosi così ben presto nuovamente visibile all'improbabile spettatore (al contrario di quel che sarebbe stato se fosse entrato nella tenda), al fine di dare un concreto apporto al tristo compito omicidiario, prestando ausilio al propriamente non atletico Vampa, tra l'altro alle prese con il tentativo di fuga della vittima maschile. In conclusione, anche questo spezzone di dibattimento, come innumerevoli altri, conferma i ragionevoli dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni rese prima in sede d'indagini e poi di dibattimento dal Pucci e dal Lotti; inoltre, l'intervento dolcemente sollecitante del Presidente, benché questi lo presenti come un'"esegesi" della domanda d Filastò, potrebbe sembrare forse un pochino partigiano, più che perfettamente imparziale. Non sarebbe stato fuor di luogo un approfondimento di psicologia della testimonianza volto a chiarire il punto relativo alla manipolabilità degli oligofrenici. L'"uomo comune" prova fatica ad immaginare che si possano rendere dichiarazioni su situazioni delle quali in realtà non si sa nulla, ma casi come quelli di Scarantino in relazione alla strage Borsellino (e l'altro caso del pluriomicidio di Alcamo Marina), dimostrano che ciò è perfettamente possibile (si potrebbe obiettare che in quei casi, poi sfociati in una revisione del giudicato penale di condanna, vi sono state pressioni fisiche e psicologiche, ossia torture, ma queste, tuttavia, di per sé non risolvono il problema dato dall'ignoranza dei fatti sui quali il torturato è chiamato a rendere dichiarazioni).
RispondiEliminaOhimé, ho la sensazione che i suoi recenti commenti siano troppo raffinati e complessi per i pochi lettori di questo piccolissimo blog. Tuttavia, mi frulla in mente di scrivere almeno un intervento conclusivo sul "Teste Alfa", per dar conto della sua fantastica precisione nei verbali e della completa amnesia che lo colse in aula. Siccome però per farlo devo riascoltare un sacco di cose, sarà un lavoraccio... In generale, a mio parere, Filastò si concentrò troppo sui particolari che non quadravano tralasciando il quadro d'insieme, che quadra ancor meno e su cui restano parecchie domande irrisolte.
EliminaIl Suo, naturalmente, non è un "piccolissimo blog", ma un lavoro monumentale, come altri sullo stesso argomento. DI ragionamenti brillanti di conoscitori approfonditi dell'argomento se ne trovano nel Suo blog parecchi, in primis nei Suoi articoli e poi in molti commenti. Il livello di sofisticazione raggiunto da analisi e ragionamenti potrebbe far accostare ("si parva licet etc.") la controversia sul MdF a quella sul "Gesù storico": nel caso del primo uno degli aspetti della questione è rappresentato appunto dal rapporto che si ritiene ci sia tra il "MdF storico" e il "MdF (collettivo) giudiziario", con un spettro di posizioni che va da chi pensa che vi sia coincidenza, dando credito ai giudicati di condanna, a coloro (non pochi) i quali pensano che vi sia radicale difformità.
EliminaSono ammirata dall'esegesi di una genesi del mendacio. Prosaicamente potrei aggiungere che una simile vaccata non si era mai vista prima né mai più si vedrà malgrado molti scandoli siano sopraggiunti nelle aule di giustizia
RispondiEliminaSi suppone che G.L. fosse attratto dalla Locci, si suppone che la pedinasse, si suppone che l'abbia seguita anche la sera in cui si accompagnò al Lo Bianco, si suppone che abbia assistito al delitto, si suppone che chi commise il duplice omicidio si sia voluto disfare dell'arma o comunque che l'abbia abbandonata, si suppone che G.L. abbia recuperato l'arma, si suppone che dopo sei anni con quell'arma abbia compiuto un delitto della stessa natura di quello cui aveva assistito sei anni prima, ecc. ecc. Il diluvio delle ipotesi prosegue inarrestabile negli altri capitoli della saga (anche soltanto per la questione 124/128, una delle decine o centinaia di capitoli, si fanno supposizioni sul motivo per cui acquistò la 124, si suppone che si sia mentito sull'automobile che G.L. conduceva quando fu coinvolto in un incidente, si fanno supposizioni sulla condotta della subagente e sulle motivazioni di tale condotta, ecc.ecc.). Benché tali supposizioni, che al più vanno poco al di là del delineare una mera possibilità, attingendo il livello di una generica plausibilità (campo comunque sconfinato), possano affascinare l'intelletto (e generare suggestioni che si traducono in pre-giudizi), esse non fanno che indebolire vieppiù l'ipotesi di fondo che vorrebbero rafforzare, come deve ritenersi per ogni assunto che richieda ipotesi "ad hoc" per essere sostenuto. Tali ipotesi hanno lo stesso ruolo che nel sistema geocentrico tolemaico avevano i cosiddetti "epicicli", introdotti per rendere ragione delle particolarità dei movimenti degli astri in un sistema in cui l'ipotesi di fondo era rappresentata dalla supposta centralità della Terra nell'Universo (sistema poi rivelatosi falso).
RispondiEliminaLasciando il campo delle ipotesi, non pare esser dubbio che il plico spedito a Silvia Della Monica subito dopo l'ultimo duplice omicidio, in quanto contenente un lembo del seno della vittima femminile di tale delitto, provenga dal suo autore o da uno dei suoi autori. Chi attribuisce a un determinato soggetto, come G.L., la responsabilità dei sette duplici omicidi commessi tra il 1974 e il 1985 dovrebbe, prima di ogni altra cosa e di molte ipotesi, confrontarsi con quella che sembra essere, allo stato, l'unica azione che, al di fuori del contesto immediato dei duplici omicidi, sia riconducibile con certezza all'autore o agli autori o ad uno degli autori dello stesso e verificare la compatibilità di tale azione con la personalità del soggetto che si ritiene colpevole.
RispondiEliminaIn un'intervista a Filastò, il compianto Avvocato richiama l'estrema rarità del fenomeno degli assassini seriali non solitari e cita la coppia Lucas-Toole. La consultazione della voce di Wikipedia dedicata al primo offre peraltro qualche spunto interessante in materia di confessioni: "Dopo il processo Lucas iniziò a dichiararsi colpevole di una serie impressionante di delitti irrisolti commessi in svariate parti degli Stati Uniti. Interrogato dagli investigatori di vari stati, l'uomo sembrava conoscere dettagli degli omicidi e delle scene del crimine che non erano stati rivelati alla stampa [...] Venne creata una task force con lo scopo di investigare e approfondire i presunti crimini commessi da Lucas nel suo girovagare per gli Stati Uniti; all'interno di tale task force Lucas si trovava sempre al centro dell'attenzione, cosa che lo fece sentire per la prima volta nella sua vita una persona importante. La task force portava Lucas sulle varie scene del crimine [...] spesso l'uomo sembrava conoscere dettagli fondamentali degli eventi [...] Lucas arrivò ad autoaccusarsi di circa seicento omicidi compiuti in 27 diversi stati degli USA e anche in Canada, giungendo a sostenere che lui e Toole avrebbero commesso quegli omicidi su commissione da parte di una fantomatica setta satanica chiamata "Le mani della morte", che avrebbe praticato i sacrifici umani e il cannibalismo [...] (il giornalista investigativo Hugh Aynesworth sostenne che Lucas gli aveva rivelato) che i dettagli non rivelati al pubblico sulle scene del crimine che lui sembrava conoscere gli erano stati variamente suggeriti dagli investigatori, i quali, secondo Aynesworth, avrebbero agito così perché ansiosi di dichiarare chiusi diversi casi irrisolti [...]". E per concludere con una citazione evangelica, chi ha orecchi per intendere intenda.
RispondiEliminaIn una "saga" costruita sulle supposizioni - la stessa storia della medesima arma e dello stesso lotto di proiettili lo è - quelle che fanno capo a GL sono le più sostenute da qualche puntello
RispondiElimina/ Si suppone che G.L. fosse attratto dalla Locci /
RispondiEliminaPeccato però che chi lo suppone manco si degni di portare un briciolo di prova o indizio circostanziato e verificabile che almeno la conoscesse o sapesse chi la Locci fosse.
Alex2
Tante cose si suppongono in questa vicenda, mai comprovate. Si va per logica, con i tasselli a disposizione
RispondiEliminainventarsi di sana pianta i tasselli per farsi tornare i propri desiderata per tenere in piedi il proprio castello di sabbia: non è supporre. E' ben altra roba.
RispondiEliminaAlex2
Come esercizio vale quanto quello di inventarsi sentenze vergognose per i millenni a venire. Meno tasselli di quelle, ancora non s'è visto
RispondiEliminaPer una critica o plauso al lavoro di Antonio Segnini, conviene intervenire sul suo blog o canale Youtube. A me interessava dimostrare che Lotti su molti punti ha mentito e su questo mi pare non ci sia dubbio. Sul perché abbia mentito, ognuno ha la sua opinione. Quindi, in mancanza di altri e nuovi elementi di riflessione, chiudo qui la discussione.
RispondiEliminaOmar Quatar
Non è chi sostiene una roba, e non è nemmeno la roba in sè che viene sostenuta, che si critica: è la metodologia.
RispondiEliminaAlex2
Le metodologie sono molte. Talora non siamo in presenza di epistemologi di vaglia, ma di volenterosi mestieranti. Vagliare la buona fede non è difficile, ormai. D'altronde, davanti allo scandalo delle sentenze, anche l ipotesi Topo Gigio avrebbe più dignità
RispondiEliminaLe metodologie saranno pure molte, ma definire 'metodologico' il ricorrere al doversi inventare da zero 'conoscenze ed attrazioni' quando di queste non ne esiste la benchè minima nè prova nè indizio nè documento nè dichiarazione manco de relato, nè logica a discendenza univoca: non corrisponde minimamente a ciò che i dizionari a casa mia riportano per detto termine.
RispondiEliminaE se si criticano le sentenze perchè lasciano a desiderare per 'tasselli e le logiche' a cui fanno, dubbio, ricorso: pare quanto meno comico che il ricorso ad altri quantomeno altrettanto balzani 'tasselli e logiche' debba essere invece ritenuto accettabile: a meno di non ricorrere alla famosa 'metodologia' dei due pesi e delle due misure o a quella della fede. Due approcci che, specie in campo giuridico investigativo: andrebbero evitati peggio della peste.
Alex2
Alex 2 e Carmen, sorry ma non pubblicherò oltre le vostre diatribe, in quanto 1. non aggiungono nulla al dibattito; 2. avete già chiarito ad abundatiam il rispettivo pensiero; 3. sono sostanzialmente in accordo con i punti di vista di entrambi, per quanto possano sembrare opposti.
RispondiEliminaSpero di pubblicare ancora qualcosa di nuovo, si vedrà.
Alcune osservazioni sulla ricostruzione dei movimenti della coppia Lotti-Pucci nella domenica 8 settembre 1985. Prescindendo dalla retrodatazione del delitto, contestata da alcuni, assumendo ipoteticamente che sia stato commesso nella notte tra domenica 8 e lunedì 9 settembre 1985, si rilevano ugualmente problematiche discrasie tra le dichiarazioni rese dai testi dell'accusa. Partendo dalle dichiarazioni dei coniugi Chiarappa-De Faveri, la consorte afferma che arrivarono alla villa del Sig. Rufo verso le 15.00 e ne ripartirono verso le 20.00 e che l'automobile ferma che rese meno agevole la manovra per accedere allo slargo dinanzi al cancello di villa Rufo c'era quando arrivarono e ancora quando ripartirono e si sarebbe quindi trattenuta per circa cinque ore; il consorte afferma che arrivarono verso le 16.00-17.00 e ripartirono verso le 19.00-20.00. Le deposizioni non coincidono anche per altri aspetti: De Faveri vide due uomini in prossimità degli automobili, Chiarappa uno solo; secondo De Faveri l'automobile rossa sbiadita c'era già quando arrivarono a villa Rufo, Chiarappa non ricorda questo (precisa tuttavia che vide l'automobile con un teleobiettivo prima di uscire per andare a Firenze per il necrologio). Un non trascurabile problema sorge quando si confrontano tali deposizioni con quella di Pucci, secondo il quale la fermata pomeridiana a Scopeti nel viaggio a Firenze era, a quanto pare, finalizzata a soddisfare le pulsioni voyeuristiche sue e di Lotti: l'osservazioni due francesi che, a dire del Pucci, facevano sesso dentro la tenda, durò, sempre secondo Pucci, circa dieci minuti. La faticosa deposizione di quest'ultimo lascia intendere una sosta ben più breve di quella che si evince dalle dichiarazioni dei due coniugi. La Ghiribelli, parlando in generale, dice che i due (Lotti-Pucci) di domenica arrivavano verso le 14.30-15.00; Pucci afferma che quella domenica partirono per andare a Firenze (fermandosi durante il tragitto a Scopeti) verso le 15.00. Il PM, probabilmente ansioso di circoscrivere il più possibile il periodo di sosta dell'automobile rossa sbiadita, verso la fine della deposizione Chiarappa chiede al teste che ora era quando uscì per andare a Firenze a commissionare il necrologio e lui risponde che erano le 18.00-18.30 (ha già specificato, tuttavia, che l'automobile c'era prima che lui uscisse per andare a Firenze, avendola vista con il teleobiettivo, sicché il tempo di sosta per la deposizione Chiarappa non sembra poter ritenersi inferiore alle due ore e mezza). Orbene, la deposizione Pucci, pur nella sua genericità, non lascia intendere affatto una durata così lunga della sosta agli Scopeti nell'andata a Firenze: egli dà la netta impressione che si tratti di una breve sosta per una "guardatina" nella tenda e via. Il punto (la durata della sosta all'andata del viaggio verso Firenze e Ghiribelli) non parrebbe peraltro essere stato approfondito nell'esame del Pucci, come pure non si è insistito con la Ghiribelli per cercare di precisare l'orario di arrivo di Lotti e Pucci l'8 settembre 1985 (la predetta risponde, ma genericamente, che arrivavano di solito verso le 14.30-15.00 la domenica).
RispondiEliminaPiù in generale, anche prescindendo dalla questione della datazione (la retrodatazione, se definitivamente provata, falsificherebbe la "verità processuale", perché le deposizioni di Pucci e Lotti, per il loro aggancio con quella della Ghiribelli, sono compatibili sono con un duplice omicidio commesso nella notte tra domenica e lunedì e non tollererebbero un'anticipazione del delitto), la ricostruzione accusatoria è un viluppo inestricabile di improbabilità e inverosimiglianze. Restando anche solo alla sosta di Lotti e Pucci nell'andata a Firenze e a quella del ritorno, se essa non implica alcuna precognizione/preparazione del duplice omicidio (teoria del Lotti "palo"), si avrebbe la straordinaria coincidenza per cui i due si vanno a fermare, per ben due volte nello stesso giorno, nel luogo in cui di lì a poco sarebbe stato commesso un duplice omicidio; se, invece, il Lotti fosse stato a conoscenza di quanto si stava preparando, ne avremmo un comportamento eccezionalmente imprudente, con un'automobile che, stando alla deposizione Chiarappa-De Faveri, sarebbe stata lasciata in bella vista per almeno un paio d'ore e mezzo in prossimità del luogo in cui di lì a poco sarebbe stato commesso un gravissimo delitto.
RispondiElimina/...ne avremmo un comportamento eccezionalmente imprudente.../
RispondiEliminaChe sarebbe comunque sempre molto meno eccezionale, improbabile ed imprudente che portarsi, all'insaputa dei propri complici, un estraneo ad un sodalizio delittuoso sulla scena di un crimine mentre viene commesso ed in cui si deve svolgere il ruolo di palo. E anche molto meno eccezionale, improbabile ed imprudente che a detto estraneo e non complice non venga poi fatta fare una brutta fine.
Ma cerare 'logiche', anche solo minimali, nella versione cdm è pura perdita di tempo.
Alex2
Si tratta a mio parere di una difficoltà di aggiustamento a due situaioni del tutto diverse, da testimone a complice. Lotti inizia la sua carriera di collaboratore come testimone casuale (si erano fermati a pisciare, cosa che come di dice si fa volentieri in compagnia), ma passa ben presto a complice; senonché Pucci si era già messo sulla scena del crimine, quindi qualcosa bisognava pur dire. Quindi l'ha portato a vedere, perché Fernando non ci credeva.
EliminaPunti di vista. Aggiustamenti in corso d'opera sono al limite un'aggravante non certo una scusante, specie se risultano ancora più illogici ed implausibili delle versioni precedenti.
EliminaSono molto interessato all'argomento della psicologia della testimonianza, ma mi sfugge al momento l'intervista di Cochi a uno psicologo; potrebbe fornirmi un lnk, se è ancora disponibile?
RispondiEliminagrazie, gentilissimo. Rivedendolo mi sono accorto di conoscerlo, ma non lo avevo salvato.
EliminaSe è interessato al tema, consiglio la consultazione del sito del Prof. Sartori. https://www.testimonianzapenale.com/
o
https://www.societadipsicologiagiuridica.org/
Credo di ricordare che il video sia stato pubblicato sul canale Youtube di Paolo Cochi (mostrodifirenze). Lo ho visto circa una decina di giorni fa: si tratta di un'intervista di Cochi ad un giovane criminologo, nella quale si parla specificamente anche della testimonianza Fantoni (richiamata da quanti sostengono che il delitto degli Scopeti fu commesso nella notte tra l'8 e il 9 settembre 1985) e l'intervistato espone le ragioni per le quali non può essere considerata attendibile. Mi dispiace di non poter essere più preciso.
RispondiEliminaperaltro lo psicologo fa un errore, perché nella Nazione del 10 settembre era stata pubblicata in una pagina interna anche una foto più recente di Nadine. I verbali dei due testimoni sono datati 12 settembre.
EliminaLe utopie sarebbero da abbandonare, lo so, ma vogliamo finirla di attaccare le persone, e guardare alla ricerca pura? Ma dopo 50 anni è troppo chiedere che cambi il terreno di polemica o vogliamo sempre razzolare nelle rivendicazioni di primazia?
RispondiEliminama in che senso rivendicazioni di primazia? Personalmente mi sembra di essermene sempre astenuto.
EliminaQualcuno, per cortesia, ha qualche link da indicarmi su cui poter, finalmente, leggere un pò di sana e salutare "ricerca pura" sul caso del mostro di Firenze ?
RispondiEliminaGrazie
Non saprei cosa si intemda per ricerca pura... Potrei indicare alcuni ricercatori che a me sembrano del tutto scollegati dai fatti, ma non so se si intende quello... e comunque mi asterrei in ogni caso dal nominarli.
RispondiEliminaE' da qualche settimana nelle librerie il secondo volume, recante il sottotitolo "Pietro Pacciani e i compagni di merende", della trilogia di Roberto Taddeo "MDF. La storia del Mostro di Firenze". L'opera mostra tendenziale deferenza verso gli esiti degli "accertamenti giurisdizionali" sfociati in giudicati di condanna nel processo ai Cdm. Il prefatore, di cui si apprezza lo stile alquanto ridondante, scrive (pagg. 12-13) che "non può sfuggire il passaggio per cui il mezzo processuale della testimonianza - e in parte quelli della confessione e della chiamata di correo - va valutato con preminente attenzione alle motivazioni che inducono i dichiaranti a dire e a non dire, ad affermare o a negare. E' un tema, questo, che Roberto Taddeo fa bene a sviluppare in profondità perché costituisce il fianco debole dei detrattori radicali e degli scettici assoluti circa la veridicità di quello che Lotti e Pucci ebbero a dire". Detto forse in maniera un po' brutale, ma esplicitando la sostanza di quanto si è testé riportato, le fesserìe di Pucci e Lotti dovrebbero essere prese tendenzialmente per buone perché o finché non si è in grado di indovinare il motivo, i motivi, i meccanismi per i quali il sedicente testimone oculare e il sedicente correo si siano indotti a dire fesserìe. Questo è un ragionamento inaccettabile: l'inverosimiglianza intrinseca e l'incoerenza e la contraddittorietà delle dichiarazioni chiudono e sono sufficienti a chiudere il discorso, senza alcuna necessità di esplorare l'aspetto soggettivo relativo alle motivazioni che inducono a dire il falso. Quanto affermato dal prefatore è la razionalizzazione della classica considerazione diffusa nel cittadino medio , il quale si chiede "ma chi glielo faceva fare di...", "ma come si può pensare che s'inventasse tutto", ecc.
RispondiEliminaNon ho letto il libro di cui parla. Conosco - mediatamente - il prefatore e ne ho grande stima; inutile aggiungere che su molte interpretazioni della vicenda non concordo con i suoi punti di vista. Peraltro, sullo specifico passaggio, a me pare di aver individuato sufficientemente bene i motivi che indussero i dichiaranti a "dire e a non dire". Quindi non credo che sia questo uno dei possibili fianchi deboli della ricostruzione storica che si legge nelle pagine di questo blog. Che l'individuazione precisa di un "movente" non sia strettamente necessaria in un procedimento giudiziario, sono d'accordo. Ricostruendo storicamente una vicenda si è però tenuti a offrire una concatenazione logica e plausibile di fatti. Il tutto (intendo la storia giudiziaria dei CdM, tralasciando gli antefatti) nasce dalla mezza confessione di Pucci il 2 gennaio 1996, resa da un soggetto oligofrenico a investigatori arciconvinti al 200% che lui e Lotti erano lì (in forza delle testimonianze Chiarappa/De Faveri e Ghiribelli). Il resto viene di conseguenza.
EliminaNel Suo blog Lei ha formulato ipotesi plausibili sulle motivazioni che possono aver indotto Lotti a collocarsi sulla scena dei delitti e, in una prospettiva di ricostruzione storica, come Lei giustamente scrive, l'aspetto soggettivo della vicenda (le motivazioni della condotta) naturalmente ha la sua importanza e merita trattazione. Sul piano giudiziario, l'individuazione del movente ha rilevanza per l'accertamento della colpevolezza dell'imputato in un processo indiziario. Sul piano logico, a mio avviso, l'inverosimiglianza intrinseca, e quindi la falsità o quantomeno la non credibilità, delle dichiarazioni di un (sedicente) testimone oculare o di un (sedicente) complice o coautore del delitto non può essere superata dalla considerazione per la quale in un certo caso non si comprende (ossia il cittadino medio tendenzialmente non comprende o non è in grado di immaginarsi) quale motivazione possa spingere a rendere dichiarazioni false in un processo penale per fatti di notevolissima gravità.
EliminaIn merito alla questione della 128 scodata di Lotti "avvistata" agli Scopeti l'8 settembre 1985, nel sopra menzionato secondo tomo della trilogia di R.T. l'autore si limita a dire (pag. 293) che, interrogato l'11 febbraio 1996, Lotti, essendogli stato chiesto di elencare le auto da lui possedute, non ne fa menzione: secondo il T. tale omissione sarebbe sospetta, poiché interviene quando Lotti capisce di essere ormai entrato nel mirino degli inquirenti, mentre (ivi, pagg. 267-268), sentito dalla Polizia (Lamperi e Venturini) il 21 luglio 1994, chiestogli delle automobili da lui possedute aveva menzionato anche la nota 128. Per il resto, T., che nel secondo tomo fa emergere apertamente la sua appartenenza alla schiera di quanti ritengono che la "verità giudiziaria" sui delitti del MdF coincida con la verità storica, ritiene che il problema della disponibilità delle 128 in questione da parte del Lotti alla data dell'8 settembre 1985 non si ponga, in forza della copertura assicurativa "cartacea" della stessa automobile sino al giorno 20 dello stesso mese.
RispondiEliminaIl miglior epitaffio ai tomi del T. lo scrive lo stesso autore alle pagg. 408-409 del secondo volume della sua trilogia: "Tentare di dimostrare, calendario lunare alla mano, che domenica 8 settembre 1985 non vi era il bagliore di cui parla Pucci, che Lotti avesse acceso una copertura assicurativa su di una seconda auto di colore blu, che la via di fuga dalla Boschetta percorsa dagli assassini sarebbe irragionevole, che Nesi abbia riferito un colore diverso dall'auto di Pacciani avvistata al famoso incrocio, che lo stato delle larve sul cadavere di Nadine imponga una retrodatazione del decesso dei francesi, che la tenda fosse troppo bassa per entrarci senza chinarsi, che Pacciani non sarebbe stato capace di fabbricare la lettera a Della Monica senza lasciare tracce, che il proiettile nell'orto sia stato manomesso [...] è un esercizio letterario fuori tempo massimo che scorre lungo i bordi della storia del Mostro di Firenze senza centrarne il cuore. E questo non è metodo scientifico, di indagine o di ricostruzione storica. E' solo maniera". "Maniera", dunque, dixit R.T., e credo che non ci sia nulla di aggiungere, se non forse una citazione di David Hume, non però quella sull'attendibilità delle testimonianze concernenti asseriti eventi miracolosi, ma un'altra, il noto passo nel quale egli discute del trattamento da riservare ai libri sulla base del loro contenuto.
RispondiEliminaBeh, che dire, ognuno è responsabile di ciò che scrive. A parte questo, non comprendo perché sia da escludere l'errore giudiziario, se non basandosi su un acritico principio di autorità. Mi conferma nel proposito di non acquistare i libri di R.T.
EliminaReimarus, un anonimo (al 99,99% si tratta del famigerato Hazet) le rivolge mio tramite questo accorato appello: "Sarebbe possibile pubblicare articoli interi di Reimarus? Ciò che scrive è sempre accurato ed interessante, cosa davvero più unica che rara nel mondo dei mostrologhi." Per parte mia, sono ben disponibile a pubblicare, previa mia lettura ovviamente.
EliminaChiedo venia, ma leggo solo ora della richiesta che l'Autore del blog mi ha rivolto il 21 novembre. Debbo dire che, interessandomi alla materia solo da poco tempo e avendone una conoscenza enormemente inferiore a quella di appassionati che hanno letto una quantità di documenti, e un livello di coinvolgimento non paragonabile al loro, alcune supposizioni hanno ancora il potere di stupirmi. E' il caso di chi ha ipotizzato che lo scrivente sia un "alter ego" dell'Autore di questo blog ed anche il caso di chi, a quanto pare, sembra ritenere che lo scrivente abbia in materia prodotto altro oltre agli interventi su questo blog. Non è così e, se a ciò non si credesse, non so che cosa farci. Il mio approccio alla vicenda è condizionato da un atteggiamento pregiudiziale che mi spinge a vederla come un caso catalogabile tra "inganni e imbrogli del Potere" (intesi in senso lato, tale da includere non necessariamente condotte dolose, ma anche condotte non esenti da colpa grave). Questo atteggiamento pregiudiziale è stato instillato dalla conoscenza (tramite letture) di vicende giudiziarie classificabili nella categoria delle "montature", da quelle a danno degli anarchici per le bombe sui treni e per la strage di piazza Fontana, a storie siciliane come quella dei carabinieri uccisi ad Alcamo Marina (non molto nota e rievocata nel libro edito da Chiarelettere "Alkamar" - una lettura allucinante) e l'altra relativa al "caso Scarantino", con la falsa pista creata e perseguita in ordine alla strage Borsellino, ed altre ancora (un altro caso è quello rievocato nel libro di Pablo Trincia "Veleno": un protagonista negativo di quell'incredibile e assolutamente inquietante vicenda ha potuto non da molto godere dell'assoluzione in appello). Intendiamoci, per quanto riguarda il Mdf il "movente" dell'investimento di credibilità in soggetti che non la meritavano sta, per quanto - a mio avviso - si può dire allo stato delle conoscenze, semplicemente nella necessità di evitare un enorme danno reputazionale ad alcuni investigatori e ad alcuni magistrati inquirenti, nonché il connesso danno d'immagine alla "Giustizia" italiana, che non aveva certo bisogno di un altro "caso Tortora". Un merito che riconosco all'approccio di uno studioso della vicenda che da una paio d'anni circa a questa parte vuol cercare di strappare la maschera al Mdf è quello di aver portato l'attenzione su alcuni aspetti che possono talora non ricevere la debita attenzione, anche per un senso di riverenza verso le autorità costituite e probabilmente anche per il timore di possibili reazioni ex art. 595 c.p.: così l'influenzabilità di magistrati da parte delle FF.OO., la "affidabilità" dei consulenti tecnici, la permeabilità degli uffici giudiziari anche a livello dei loro archivi correnti, eccetera.
RispondiEliminaconosco vagamente la teoria di chi "cerca di levare la maschera al mostro", peraltro ho anche letto il volume di Brogioni "Il mostro nero", ma sinceramente non ritengo che il caso criminale necessiti di spiegazioni dietrologiche e variamente complottiste. Ritengo che siamo di fronte a un errore giudiziario dovuto a molteplici fattori, alcuni anche già evidenziati in altri suoi post, tutti essenzialmente banali, di opportunità. Detto papale papale, una volta condannato Pacciani in primo grado, era inopportuno cambiare del tutto il quadro che era stato delineato; pertanto vi furono solo successivi, limitati aggiustamenti (complici, mandanti ...).
EliminaPer il principio indicato come "rasoio di Occam", una delle cui formulazioni è "frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora", ritengo che in prima battuta l'ipotesi più probabile sia quella di un unico autore dei duplici omicidi quantomeno dal 1974 sino al 1985. L'analisi critica dei processi che si tennero fra 1994 e 2000 porta a concludere che lo stesso non sia alcuno degli imputati in tali processi. Ciò premesso, i rilievi di C.P. hanno, a mio avviso, una loro utilità in quanto evidenziano errori e lacune dell'attività d'indagine, al di là dell'interpretazione che ne dà P. come frutto d'intenzionale depistaggio. L'interessante notazione per la quale un giudice che si occupò delle indagini su alcuni di questi delitti sarebbe stato, in buona sostanza, succube delle indicazioni investigative provenienti dai CC, con avvio della "pista sarda" poi archiviata nel 1989, porta alla mente un altro caso in cui "l'intuizione" degli inquirenti delle FF.OO., certamente non sospettabile di intenzione depistante, portò le indagini in un vicolo cieco, addirittura in quel caso prevalendo su una diversa opinione della magistratura. Si tratta del caso noto come "delitto della Cattolica, l'uccisione di una giovane donna, Simonetta Ferrero, in un bagno femminile dell'Università Cattolica di Milano nella tarda mattinata di sabato 24 luglio 1971. Da un ottimo studio di Alberto Miatello reperibile in rete si evince un particolare che le ricostruzioni della vicenda per lo più non menzionano: il giudice che per primo si occupò delle indagini su questo delitto riteneva che il colpevole andasse ricercato tra i quattro operai che stavano effettuando lavori nel piano inferiore a quello in cui si trovava il bagno in cui fu commesso l'omicidio, ma su tale sua opinione prevalse quella degli investigatori delle FF.OO., fermi nel ritenere che il responsabile fosse qualche palese "fuori di testa", con conseguente abbandono immediato della pista che puntava sui predetti operai e impegno totalitario delle indagini in una "pesca a strascico" di personaggi "strani" che non approdò a nulla. Nel suo articolo/saggio sul delitto in questione Miatello delinea una scenario quantomai banale e plausibile circa la dinamica e dimostra come l'ipotesi di gran lunga più probabile (egli la ritiene pressoché certa) sia quella originariamente formulata dal magistrato che primo si occupò della vicenda. Tenendo conto del fatto che, da alcuni rilievi sulla scena del crimine, si ricava che l'omicida aveva un'altezza certamente superiore a m. 1,80 e di "almeno 1 metro e 85" (così un funzionario della Polizia Scientifica, in una trasmissione di Lucarelli dedicata al caso), all'epoca, come ancora oggi, ben superiore a quella media della popolazione maschile italiana, e che l'omicida, grondante sangue dopo aver accoltellato decine di volte la vittima doveva necessariamente disporre della possibilità di un ricambio a sua immediata disposizione, la soluzione di questo "mistero italiano" parrebbe essere stata a portata di mano, ma le FF.OO. la pensavano diversamente....
EliminaPer quanto riguarda, poi, la supposta stranezza della conservazione di reperti che avrebbero dovuto essere distrutti dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna di Stefano Mele - altro elemento sul quale, tra gli altri, insiste C.P. - non si può che rimandare (in tema di "irregolarità" della burocrazia giudiziaria italiana) alla lettura dell'articolo "Gli audio degli amici di Riina sono ancora qui" sul "Fatto Quotidiano" di oggi alle pagg. 8-9, dal quale si evince che bobine che avrebbero dovuto essere tassativamente smagnetizzate nel 1997, con distruzione dei relativi brogliacci, ancora oggi, un quarto di secolo dopo, sono conservate con i relativi brogliacci (v. risposta dell'ex PM Gioacchino Natoli al giornalista Giuseppe Pipitone, a pag. 9).
EliminaUn altro caso è quello che è emerso in seguito alla rivisitazione delle indagini e dei processi sul fatto criminoso noto come "strage di Erba", per la quale è stata condannata in via definitiva una coppia di coniugi: nella recentissima pubblicazione di Monteleone-Priano "Erba", a pag. 199, si menziona "il quadro impietoso che emerge dalla relazione del Ministero della Giustizia e che sostanzialmente descrive il tribunale di Como, in particolare il suo ufficio corpi di reato, come un "porto di mare": reperti spariti, catene di custodia non documentate, una schizofrenica interpretazione delle linee guida sulla distruzione dei reperti per fare spazio negli scaffali".
EliminaMa l'autore di cui parliamo porta qualche prova di tale supposta sudditanza del G.I. (se si tratta, come penso di capire, di Tricomi) nei confronti degli investigatori? Perché potrebbe ovviamente trattarsi di una condivisa impostazione investigativa, giusta o sbagliata che fosse. Potrebbe darmi un link al post / filmato in cui se ne parla? Grazie.
EliminaSe, infine, l'Autore del blog mi consente un'ulteriore considerazione, banale ma non immeritevole di formulazione, la vicenda dei processi per i delitti cosiddetti del Mdf è altresì una riprova del carattere "di classe" della giustizia penale. L'intellettuale Adriano Sofri con i suoi coimputati per l'uccisione di Luigi Calabresi ha visto una doppia sentenza conforme di condanna annullata dalle Sezioni Unite Penali della Cassazione per un insufficiente vaglio dell'attendibilità del "pentito" Leonardo Marino, un personaggio decisamente più credibile di P. e L.; nella stessa vicenda è poi stato concesso anche un giudizio di revisione. Per quanto anche in tal caso la condanna sia passata in giudicato, non può non colpire la diversità di trattamento, con reiterati dubbi a fronte di un accusatore ben più attendibile. Si pensi anche alla revisione concessa a Massimo Carlotto per l'assassinio di Margherita Magello e terminata con la conferma della condanna solo dopo una rocambolesca vicenda processuale. Non può stupire che si sia ritenuto non meritevole di altrettanti riguardi un modestissimo pensionato delle Poste, debitamente marchiato con lo stigma di condotte sessuali devianti.
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