Sul punto della data
del cambio auto, la sentenza della Corte di Assise che abbiamo letto è bene argomentata, ragionando in
base ai documenti prodotti; ma forse è sfuggito un dettaglio. Se la polizza
precedente decorreva dal 20 marzo (Bertini in aula dice “20 maggio” ma non può
che essere un errore) e le polizze erano di durata almeno annuale, tra la
polizza e il certificato del 20 settembre, relativo ad altra auto, doveva
esserci stata perlomeno una voltura, anteriore al 20 settembre, per permettere
all’intestatario di sfruttare il periodo di assicurazione residuo. Col senno
del poi, possiamo dire che era quello il dato da ricercare e che non uscì fuori
in I grado.
Il secondo atto è più
breve; purtroppo non ho a disposizione i motivi di appello proposti dall’avv.
Filastò, per cui dobbiamo affidarci unicamente ai verbali del processo di II
grado, disponibili solo in parte (e in sintesi) su Insufficienza di Prove (naturalmente, chi
abbia voglia di ascoltarsi tutto il dibattimento, comunque molto interessante,
può ricorrere al sito di Radio Radicale). Nella prima udienza (17 maggio 1999) il
Consigliere Relatore sintetizza così:
Relatore: Così stando le cose la Corte di Assise ne prende
atto e dice, ma non solo dalle dichiarazioni del Lotti, ma dalle certificazioni
in atti qua risulta che la 124 risulta assicurata solo dal 20 settembre e
quindi è certo che fino ad allora Lotti ha usato la 128 rossa. Nel frattanto di
questo prende atto e continua. Io non finisco qua ma aggiungo quanto ci viene
detto in sede di impugnazione, avete visto i motivi aggiunti, se no ve lo
spiego io. In sede di motivi aggiunti di appello, lo dico subito, i difensori,
questa volta tutti e due, del Vanni hanno prodotto un documento, ci hanno detto
che hanno effettuato loro indagini, più
semplici di così si muore, infatti si meravigliano del fatto che non ci sia
stato un poliziotto a Firenze che l'abbia pensato, perché si sono limitati a
recarsi presso l'agenzia di quella compagnia assicuratrice di Firenze, che
non è pensabile che Lotti vada a Genova ad assicurarsi, si assicurerà o a San
Casciano o a Firenze e l'agente della
compagnia assicuratrice gli ha consegnato tanto di polizza, che noi abbiamo in fotocopia ma che
speriamo di leggere in originale attinente al 124. Io non ci ho letto nulla ma
quello che si legge è un timbro. Sembrerebbe
che questa polizza sia stata stipulata il 25 maggio 1985, quindi sembra che la
124 abbia iniziato a circolare, diversamente era inutile assicurarla, dal mese
di maggio '85. Questa è la novità importante in questa sede di appello.
Quindi vi era una
polizza intestata alla FIAT 124 presso l’Agenzia di Firenze; allora ci si
dovrebbe chiedere come mai il 17 marzo dell'anno precedente il presidente della Corte di Assise era
stato diversamente informato. Rileggiamo la trascrizione dell’udienza.
Presidente: Allora, a questo punto apriamo una parentesi per
dire questo. Il dottor Vinci, il funzionario della Questura fa questa
comunicazione: "In relazione all'ordinanza 16/03/98, si comunica l'esito
delle acquisizioni disposte. Per quanto concernente l'acquisizione di cui al
punto A non è stato possibile...", sarebbe quella dichiarazione... Non è stata possibile eseguirla in quanto
l'ACI, ufficio provinciale di Firenze, ha fatto presente che la documentazione
in questione risulta essere stata inviata al macero." Quindi non c'è.
"Non è stato altresì possibile
acquisire copia della documentazione inerente alla copertura assicurativa della
vettura FIAT 128 coupé targata FID56735 e dell'autovettura FIAT 124 targata -
FIE42432, in quanto la compagnia assicuratrice Allsecures Assicurazioni ha
fatto presente che la polizza numero 67053 relativa alla 128 e la polizza
numero 69395 relativa alla FIAT 124, polizze entrambe emerse nella
perquisizione del 23/01/96, non risultano presenti presso l'archivio di sede”.
Le polizze cercate dal
Presidente e non trovate dalla Questura erano dove dovevano essere; soltanto
che, come spiegherà in udienza il nuovo titolare dell’Agenzia, alla compagnia
assicuratrice All Secures era subentrata la AXA; dovrebbe essersi trattato di
una trasformazione sociale, la sede dell’Agenzia era rimasta la stessa, in via
degli Orti Oricellari 32.
A questo punto una
piccola parentesi. Ho potuto recentemente prendere visione di un documento
(annotazione di P.G. del 21.12.1996) riconducibile alla Questura di Firenze –
Squadra Mobile, al quale è allegato un riepilogo delle auto possedute da Lotti
Giancarlo, apparentemente stilato il 29 agosto 1996. In tale riepilogo, mentre
la fine possesso della FIAT 128 è collocata in data 19 marzo 1986, come poi
dirà in udienza il dott. Fausto Vinci, piuttosto sorprendentemente l’inizio
possesso della FIAT 124 si situa il 3 luglio 1985, che è appunto la data della
trascrizione notarile presentata dalla difesa di Vanni in sede di giudizio. Se
ne deduce che la polizia aveva accertato il fatto ben prima che Filastò
comparisse in aula sventolando il rapporto dell’Agenzia Falco; forse, molto
semplicemente, il dato risultava al PRA. Forse per questo, all’epoca, la
pubblica accusa non era sembrata molto sorpresa nell’apprendere la notizia e la
mattina dopo Lotti o chi per lui era già pronto a presentare la documentazione
attestante, ma contrariamente al vero, che il 128 era rimasto assicurato fino
al 20 settembre 1985 (vedi I Parte). Quindi non pare corretto dire che non si
investigò, ma semmai che questo dato, che poteva essere critico nella
costruzione dell’ipotesi accusatoria (a che scopo il quasi indigente Lotti
avrebbe mantenuto contemporaneamente due auto?) fu sottaciuto. Con buona pace
del principio stabilito nell’art. 358 CPP: “Il pubblico ministero compie ogni
attività necessaria ai fini indicati nell'articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della
persona sottoposta alle indagini”; a meno che non sia lecito svolgere le
indagini, ma poi non tenerne conto. Lascio la risposta ai professionisti del
diritto; e ai lettori la possibilità di sviluppare altrove i propri (cattivi)
pensieri. Ringrazio altresì la signora Francesca Calamandrei per aver tratto dal proprio
archivio una trascrizione leggibile del documento dandomi il permesso di
pubblicarla qui.
Citiamo ora per
brevità da “Al di là di ogni ragionevole dubbio”:
“La difesa di Vanni, incassata la sconfitta in primo grado,
non si era data per vinta e l’avvocato Mazzeo aveva deciso di recarsi
personalmente all’agenzia submandataria di Firenze. A 12 anni dai fatti era una
mossa disperata. Ma siccome la fortuna aiuta gli audaci e talvolta i disperati,
l’avvocato uscì fuori dall’ufficio dell’agenzia con una preziosissima
cartellina che avrebbe dovuto essere la chiave per tirare fuori il Vanni dalla
galera. Dalla cartellina saltò fuori un contratto d’assicurazione e due denunce
di sinistro (…). I due sinistri (…), il primo datato 22 giugno del 1985 e il
secondo 31 luglio dello stesso anno. Come possa aver fatto un incidente il 22
giugno con la 124 che era stata acquistata il 3 luglio, lo spiega il terzo
documento: un contratto assicurativo datato 26 maggio 1985. Quel contratto,
polizza 69395, riguarda infatti un passaggio di assicurazione dalla 128 rossa
al 124 blu, effettuato il 25 maggio del 1985. In sostanza, Lotti era entrato in
possesso del 124 almeno sin dalla fine di maggio e questa doveva essere la vera
data in cui era materialmente stata redatta la scrittura privata che
evidentemente era stata autenticata solo tempo dopo. A quella stessa data, per
potersi portare via l’auto, Lotti l’aveva assicurata e non potendo ovviamente
tenere due auto, aveva passato l’assicurazione della vecchia, il 128 rosso, su
quella nuova, il 124 blu”.
Sulla base dei nuovi
documenti portati dalla difesa del Vanni, la Corte di Appello decide la
riapertura parziale del dibattimento per ascoltare altri testi e lo stesso
Lotti su quanto emerso in merito alle date dell’assicurazione. Il giorno 18
viene sentito il nuovo agente della società assicuratrice, il sig. Bartoli, che
conferma che il passaggio dell’assicurazione da auto precedente alla FIAT 124 era
avvenuto il 25 maggio 1985 alle ore 10. Il teste non conosce il modello
dell’auto che viene sostituita, ma risulta il numero della polizza, 67053, che
è ovviamente quella relativa al 128 (vedi sopra). Segue il sig. Tartagli, che
nel “lontano luglio 1985” (cito le parole del presidente) aveva avuto un
incidente stradale con il Lotti con conseguente richiesta di rimborso, esistente
agli atti dell’assicurazione.
Da “Insufficienza di prove”: “Il Presidente
della Corte gli chiede quindi se si ricorda dell'incidente e della missiva
inviata alla compagnia assicurativa. Il signor Tartagli ricorda d'aver
posseduto una Ford Fiesta ma non ricorda né dell'incidente né della lettera
inviata all'assicurazione. Riconosciuta la sua firma sulla lettera inviata alla
All Secures Preservatrice viene congedato”. (Nota:
secondo Antonio Segnini, la totale cancellazione dalla memoria del teste
dell’incidente è sospetta e indicherebbe una “coscienza sporca” nell’avere in
realtà avuto l’incidente con il 128, non più assicurato, ed avere poi
aggiustato i dati nella denuncia, sottintendo una frode all’assicurazione in
concorso con il Lotti. Registro questa opinione, pur non condividendola; potrebbero
esserci altri motivi a giustificare la smemoratezza del testimone, che nella
registrazione audio appare piuttosto emozionato e agitato; la questione poteva
essere comunque meglio approfondita in sede di giudizio. L’altro incidente non
venne esaminato).
A questo punto viene
sentito Lotti, che in qualità di imputato potrebbe rifiutarsi di rispondere, ma
è disposto a subire l’esame. Ricordandoci di quanto aveva dichiarato nel
processo di I grado, leggiamo le sue risposte alle domande del Consigliere
Relatore Loche:
Consigliere: Bene. L'episodio a cui ci riferiamo riguarda il
128 rosso, lei ricorda d'aver detto sin dall'inizio dell'istruttoria, quelli
che lei chiama "colloqui", che agli Scopeti c'era andato con Pucci
con questo 128 rosso. (…) perché si
voleva sapere e lo vorremmo sapere ancora noi, lei che macchina aveva l'8
settembre 1985 agli Scopeti.
Giancarlo Lotti: Il 128.
Consigliere: Il 128 e lei continua a dire questo. Adesso le
faccio sapere una cosa. Si è scoperto che questo 124, che lei aveva comprato,
lei l'aveva addirittura assicurato. In maggio, addirittura nel mese di...
Giancarlo Lotti: Io
le adoperavo tutte e 2 le macchine, il 128 e il 124. (NdR: Lotti interrompe, non fa finire la domanda, ha preparato una sua
versione)
Consigliere: Ah, lei contemporaneamente le usava tutte e
due, il 128 e il 124, abbiamo capito bene?
Giancarlo Lotti: Si, si, si.
Consigliere: Però in primo grado lei disse un'altra cosa, se
lo ricorda?
Giancarlo Lotti:
Forse non mi ricordavo preciso, un'altra volta... (…) Perché non ricordavo
preciso se avevo anche quell'altra invece...
Consigliere: Non se lo ricordava preciso.
Giancarlo Lotti: Invece
ora me lo ricordo preciso.
Consigliere: Ma ci ha pensato in questi tempi?
Giancarlo Lotti: No, ci
ho pensato, sì, ci avevo il 128 e il 124.
Consigliere: Lei li usava tutti e due, come mai?
Giancarlo Lotti: ...poi a un certo punto fermai quell'altra,
di marzo dell'86, la fermai (NdR: Lotti
non risponde alla domanda).
Consigliere: Cioè la diede al disfacimento?
Giancarlo Lotti: No, la tiensi ferma a casa. Perché subito
il carroattrezzi un mi riuscia di trovallo e allora la tiensi ferma, non lo so,
può darsi siano 7 mesi, non lo so quanto
la stette ferma, poi mi toccò scancellarla, sennò mi toccava pagare il
bollo anche di quella lì.
Presidente: Ma lei non era assicurato col 128.
Giancarlo Lotti: No, ci avevo il coso, però non era
assicurata, ne assicurai una sola, 2 come fai a assicuralle?
Consigliere: Ma scusi, per venire a Firenze perché non ha
usato la macchina assicurata?
Giancarlo Lotti: Mah,
se adoperavo quella lì... adoperavo due macchine!
Consigliere: Così, gli è venuto di usare quella senza
assicurazione...
Giancarlo Lotti: Mah,
m'andava così...
Tralascio il lungo
interrogatorio al quale Lotti viene sottoposto dai difensori, perché ben noto,
essendo da anni disponibile su YouTube e perché non aggiunge niente di
sostanziale: Lotti afferma di avere avuto in uso ambedue le auto e di usare
l’una o l’altra come gli andava e secondo la lunghezza del percorso; contraddicendo
quindi la versione data al processo di I grado (Nota: udienza del 17 marzo:
“Giancarlo Lotti: Ma dopo, dopo quande presi il 128 [intende la 124] la stette
ferma. (…) Quande presi il 124 l'era
ferma la macchina”).
In sostanza, Lotti,
posto di fronte all’evidenza documentale di aver assicurato la nuova auto a
decorrere dal 25 maggio (e non dal 20 settembre, come aveva decisamente sostenuto
presentando – tramite il suo avvocato – documenti che avevano fuorviato la
Corte), smentisce se stesso e quanto affermato in I grado, rifugiandosi in
corner dicendo di aver usato contemporaneamente due auto, perché “gli andava
così”. Gli sfugge detto che l’auto
vecchia rimase ferma per parecchio tempo (“può darsi siano sette mesi”) e non
“qualche giorno” come aveva interloquito con il presidente nel primo processo.
Teniamo conto che, se la richiesta di cancellazione è del 19 marzo 1986 (come dice in aula Fausto Vinci – vedi Parte I; o 3 aprile come dice Canessa, il tutto non è molto chiaro), a quella data l’auto doveva
essere già stata rottamata e le targhe riconsegnate; del resto, la data del
marzo ’86, con tutta evidenza, era significativa per Lotti solo riguardo alla
scadenza del bollo; è per evitare un nuovo pagamento che Lotti provvede alla
cancellazione al PRA, mentre l’auto doveva essere da tempo fuori uso, come da
ricordi degli Scherma. In altre parole, se la richiesta di cancellazione venne
presentata a fine marzo, possiamo essere sicuri che a quella data l’auto era
già stata rottamata e che, per alcuni mesi prima di essere portata via dallo
“sfattino”, essa era già inutilizzabile; come sappiamo, la data precisa è
rimasta, nonostante gli sforzi degli avvocati difensori, ignota (Nota: o
potrebbe, ipoteticamente, essere stata accertata e risultare successiva al 8
settembre, nel qual caso il dato non avrebbe avuto valenza giudiziaria).
Lotti, nelle sue
risposte, ha però introdotto un ulteriore elemento di dubbio che risulterà alla
fine decisivo, dicendo che il 128, anche dopo il passaggio dell’assicurazione
alla 124, “ci aveva il coso”. Nel linguaggio
lottiano, il coso non può indicare che il contrassegno di assicurazione da
apporre obbligatoriamente, fino a pochi anni fa, sul parabrezza della vettura. Che
fine aveva fatto il contrassegno del 128 rosso, che Mazzeo non aveva rinvenuto
in pratica? Anche per appurare questo aspetto, il PG Propato aveva richiesto
l’audizione del titolare dell’Agenzia di Firenze della Allsecures Preservatrice
nel 1985, sig. Roberto Longo, che viene appunto interrogato sulla prassi
seguita nei casi di voltura di una polizza da una vettura dismessa a una appena
acquistata.
Citiamo dalla sintesi di
Insufficienza di Prove: “Al teste viene mostrata una polizza intestata a
Giancarlo Lotti relativa ad una Fiat 124. Questi riconosce la polizza come
emessa dal suo ufficio benché a San Casciano le pratiche fossero gestite da
Meri Bellini, dell'autofficina Bellini. Il Presidente chiede al teste se prima
di volturare una polizza venivano chiesti indietro il certificato ed il
contrassegno di assicurazione. Il signor Longo risponde che la prassi prevedeva
il ritiro del vecchio certificato e del vecchio tagliando onde evitare che la
compagnia dovesse coprire eventuali sinistri relativi a due vetture benché il
premio incassato si riferisse ad un solo mezzo. Il teste non esclude però che
con i clienti noti venisse emessa la nuova polizza senza disporre dei documenti
del precedente veicolo”. In effetti,
forse nell’occasione qualcosa non era stato stato fatto a dovere: la subagenzia
di San Casciano avrebbe dovuto, naturalmente, ritirare contrassegno e
certificato del 128 all’atto della voltura, ma sembrerebbe che non l’abbia
fatto, in quanto il 17 marzo 1998 almeno il certificato originale (non il contrassegno,
mai ritrovato e possibilmente rottamato insieme all’auto) era a mano dell’avv.
Bertini, che lo aveva presentato alla Corte per parare la mossa di Filastò.
L'Autofficina Bellini a San Casciano Val di Pesa |
L’escussione dei
testimoni termina qui. La risultanza, a dirla in due parole, è che Lotti ha
ripetutamente mentito, ma non si è trovata una prova tangibile e certa che il
128 rosso, all’epoca del delitto degli Scopeti, non fosse materialmente in
grado di circolare, pur con contrassegno di assicurazione scaduto e il motore
marciante a balzelloni.
Ciò che è uscito dal
processo di appello, però, è sufficiente per convincere il rappresentante
dell’accusa che, se Lotti ha mentito sull’auto può aver mentito su tutto,
quindi la chiamata in correità, considerato anche che “il Pucci del dibattimento non può essere utilizzato a riscontro di
dichiarazioni”, viene a cadere. Coerentemente chiederà l’assoluzione di
Mario Vanni. Ma leggiamo il passo delle conclusioni, in cui Propato affronta la
questione del passaggio dal 128 alla 124 (siamo all’udienza del 20 maggio
1999).
“P.G. (…) chiama in
ballo la questione della 128. Come si poteva immaginare Lotti è venuto davanti
a voi e di fronte alla nuova emergenza processuale ha dato la risposta più
logica: "le usavo tutte e due". Ma bisogna andare a rileggere le
dichiarazioni del Lotti su ciò che riguarda l'automobile 128. Lui quando ha
consegnato il certificato di assicurazione fino al settembre '85 sulla Fiat 128
mentre non ha consegnato il contrassegno, quando lo ha consegnato ha impostato
le sue dichiarazioni su quel presupposto. "Io fino al 20 settembre non
circolavo con la 124 perché avevo l'assicurazione sulla 128". Si legge da
più parti nel verbale dibattimentale "io non avevo i soldi per far andare
due macchine. Perché usavi due automobili? Perché mi garbava così." A mio
avviso non è una risposta valida quando la risposta sia stata data dopo pagine
e pagine di domande sulla 128, impostate sul presupposto "io ci ho il
certificato di assicurazione, io giravo con quella macchina". I vari testimoni
vicini di casa e lo stesso Lotti, parlano di "qualche mese" di aver
avuto contemporaneamente 128 e 124. Nel primo dibattimento quando gli hanno
fatto qualche domanda, alla fine ha ammesso di essere uscito con la 128 ma ha
detto "qualche volta", a voi direttamente ha detto la usavo per i
viaggi più vicini, non lontano, combinazione, a Firenze lui ha fatto due
incidenti entrambi con la 124. E' credibile che per andare alla piazzola degli
Scopeti piglia la 128 e lascia la 124? Ma perché mai doveva decidersi a
comprare un'automobile i cui soldi glieli ha dati il datore di lavoro? Lui non
ce li aveva, segno è che la 128 o non funzionava completamente o comunque era
diventata una carretta. E' questo il
punto da valutare e che ha incrinato certe mie convinzioni. Perché si assiste a
un Lotti che modifica le risposte a seconda delle necessità. La 128 l'hanno
vista i coniugi Caini/Martelli ma danno un certo orario e su quell'orario a
lungo non s'è saputo nulla, soltanto alla fine, Pucci, dice che hanno spiato la
coppia nel pomeriggio ma di questo spiare la coppia nel pomeriggio il Lotti non
ne parla, quindi se si son fermati o non si sono fermati è una circostanza
completamente dubbia.
Il possesso della
128, questo elemento considerato da tutti fondamentale gli va messo almeno, almeno,
uno o due punti interrogativi”.
La Stampa - 21 maggio1998 |
Sul punto leggiamo
anche un breve passo dell’arringa dell’Avv. Mazzeo (21 maggio): “Guardate che pertinacia autoaccusatoria, che poi
ritroveremo a proposito dell'assicurazione, lui non solo dice il falso a
proposito dell'epoca a partire dalla quale avrebbe assicurato la macchina
nuova, la 128, lui l'ha detto per venti volte nel primo giudizio dal 20
settembre, quando messo di fronte all'evidenza delle carte non può più
sostenere questa cosa, va bene, non può più sostenere questa cosa, allora porta i certificati
dell'assicurazione per mantenere nell'errore i giudici, questo è gravissimo
e lo riportano in sentenza in tutte quelle pagine che conoscete. Lui
addirittura, poi abbiamo capito dopo con le ricerche che si sono fatte, che in
realtà la polizza l'aveva fatta sulla nuova macchina, quindi aveva cominciato a
circolare e ci aveva fatto pure due incidenti dal 25 di maggio, ma lui
pertinacemente, pervicacemente ha sempre detto: no io l'ho assicurata dal 20
settembre, ho cominciato a circolare col 124 dal 20 settembre, quindi dopo il
delitto di Scopeti perché lì c'era la 128 e addirittura abbiamo la situazione di un personaggio che si preoccupa di
portare dei pezzi di carta, dopo aver indotto in errore il magistrato, per mantenerlo
nell'errore, per mantenerlo nell'errore, tenercelo fermo e quando si scardina
anche questa cosa, perché si trova la polizza, si ritrova la storia delle due
macchine in contemporanea (…)”
Prima di affrontare
l’epilogo della tragicommedia, costituito dalla sentenza di appello, è tempo di
fermarsi a fare qualche considerazione. Posto che non si raggiunse la prova,
cercata dai difensori, della rottamazione della macchina rossa anteriormente
alla data del delitto, unico elemento che poteva smontare al 100% la versione
di Lotti e Pucci, il risultato combinato dei due dibattimenti è che certamente Lotti
mentì relativamente alle sue auto. Prima, in corso di indagini, omettendo di dire che all’epoca aveva
(anche - o forse solo) una 124 celeste; poi, in I grado, affermando di non aver
usato la 124 prima del 20 settembre 1985 e fornendo, tramite il suo avvocato,
documentazione palesemente fuorviante; infine, dicendo, al di là di ogni
credibilità, di avere, e per un periodo non di pochi giorni, ma almeno 4 mesi, usato
entrambe le macchine. Ma è palese che se lo spiantato Lotti acquista un’auto
chiedendo soldi al datore di lavoro, non può ragionevolmente essere perché
quella particolare auto “gli garba”, bensì per il ben più cogente motivo che la
precedente è ormai fuori uso. Chiariamo subito un aspetto: Lotti a processo non
è un testimone, ma un imputato. Può mentire, in ossequio al principio generale
“nemo tenetur se detegere”, naturalmente a discapito della propria credibilità
nel momento in cui la menzogna venga smascherata (Nota: perché un chiamante in
correità palesemente bugiardo fu ritenuto invece credibile in tre gradi di
giudizio, è un quesito che meriterebbe una spiegazione, che non può però essere
conclamata). E’ questo del resto il motivo principale per cui Pucci non fu mai
indagato (sarebbe stata necessaria la presenza di un avvocato) e tanto meno
imputato (non avrebbe potuto testimoniare). Ma, di norma, il reo mente per
discolparsi; siamo invece qui di fronte a un soggetto che pervicacemente
dicendo il falso ed omettendo particolari, si autoaccusa; di questo, dobbiamo
trovare una motivazione. Accertato senza problemi che Lotti non è un mitomane
né ha una volontà di espiazione dei delitti ipoteticamente commessi, non mostra
segni di pentimento o rimorso né alcuna empatia per le vittime, la menzogna risulta
essere la sua strategia difensiva, tesa unicamente a mantenere lo status di
collaboratore di giustizia, status che, come già abbiamo visto (qui e qui), sarebbe
potuto perdurare oltre la sentenza definitiva e concludersi con una
dichiarazione di non punibilità, come richiesto dal suo avvocato. Non si può
evitare di pensare che ci sia, sottostante, quanto meno un tacito patto tra
inquirenti e indagato / imputato al fine di dare le conferme necessarie per
portare a termine l’inchiesta in cambio della protezione, come d’altra parte,
lecitamente, avviene nella fattispecie della collaborazione di giustizia. Lotti si è immaginato, a torto, che la protezione andava garantita anche mediante la menzogna e che la menzogna lo avrebbe tenuto fuori dalla galera.
Allora, una volta
accettato questo dato di fatto, la ricostruzione della vicenda dei Compagni di
merende diventa lineare e univoca. Lotti viene incastrato dalla polizia sul
tema della macchina rossa, grazie a testimoni della forza di Pucci e Ghiribelli
e subito segregato sotto protezione per iniziativa di Vigna. Non ha i mezzi né intellettuali né
economici per provare a trarsi d’impaccio, anzi, a ogni sua dichiarazione,
peraltro sempre innescata dall’oligofrenico Pucci, si inguaia sempre di più,
fino a sfociare nella dichiarata complicità con il duo di serial killer
Pacciani + Vanni. A quel punto, non ha scampo se non nella più piena
collaborazione; fattagli balenare la possibilità di cavarsela in qualche modo grazie
alla legge sui pentiti, deve dire di più per non perdere questa occasione; finisce per
autoaccusarsi di aver sparato a Giogoli. La collaborazione è la sua forza e la
sua speranza, anche dopo la prima condanna e fino alla Cassazione; grazie alla
collaborazione si sente spalleggiato e regge e ribatte, con arroganza e
strafottenza, lui rozzo e ignorante tanto da non comprendere spesso le domande,
al martellante controesame dei difensori. E quando ha l’inattesa opportunità,
offertagli dalla difesa di Vanni, di uscirne per il rotto della cuffia con una
condanna per calunnia, non è in grado di valutare correttamente i pro e i
contro, rischi e vantaggi delle nuove acquisizioni documentali e si attacca
disperatamente alle sue posizioni: collaborare e confermare sempre e ad ogni
costo. E’ evidentemente convinto che solo mediante l’affermazione giudiziaria
della colpevolezza di Pacciani e Vanni potrà ottenere quella scappatoia che ha
creduto essergli promessa.
In fin dei conti, Lotti si dimostra alla prova dei
fatti e della ricostruzione storica non l’astuto e reticente complice
ipotizzato da Fornari e Lagazzi e neppure il diabolico serial killer di cui ci
racconta Antonio Segnini (qui), ma una marionetta in balia di forze molte più
grandi e accorte di lui.
Nella terza e ultima
parte prenderemo in esame l’amaro epilogo della storia, la sentenza di appello.
[SEGUE]
[SEGUE]
Frank,
RispondiEliminascrivi: "Non si può evitare di pensare che ci sia, sottostante, quanto meno un tacito patto tra inquirenti e indagato / imputato al fine di dare le conferme necessarie per portare a termine l’inchiesta in cambio della protezione..."
Davvero c'era bisogno di aspettare tanto per accorgersi della lieson tra (alcuni ben specifici) inquirenti e Lotti?
Non bastava ricordarsi di cosa disse il GL l'11 marzo 1996 (e soprattutto di come nessuna obiezione in merito, gli 'specifici', mai gli sollevarono in merito e invece continuarono allegramente a rifocillarlo e a coccolarlo anche a mezzo stampa???):
"La sera successiva ANDAI ALL'APPUNTAMENTO CHE MI ERA STATO DATO PE LE ORE 22 AL PIAZZONE DI SAN CASCIANO e, prima di partire, Mario mi disse che si andava a Vicchio per un lavoro che lui e Pietro avrebbero dovuto fare nella piazzola"
...[snip]...
"Lungo il tragitto ci fermammo al bar di Galluzzo, che ho già detto, e tutti e tre scendemmo per prendere un caffè. Poi proseguimmo sino alla piazzola..."
Fonte: http://insufficienzadiprove.blogspot.it/2010/05/giancarlo-lotti-dichiarazioni-dell-11.html
OOOPS! il delitto avvenne circa alle 21:45. ma sì, fa niente. robette.
Robette in confronto agli "scintillii"
Ora Pro Nobis et semper laudamus la Perizia Minervini (che prima o poi salterà fuori pubblicata da qualche parte, si spera proprio)
Hazet
Omar, la sua ricostruzione è molto chiara e, devo dire, coerente. Ne deduco che, a suo avviso, i due uomini visti nel pomeriggio della domenica in prossimità della tenda non erano Lotti e Pucci. Erano due guardoni o perdigiorno qualsiasi?
RispondiEliminaAnche io ritengo possibile che Tartagli dopo molti anni non ricordasse l'incidente (può anche darsi che alla guida dell'auto fosse un suo familiare). È curioso che l'altro incidente non sia stato approfondito.
Nel documento stilato dalla Questura in cui compaiono, in elenco, le auto possedute da Lotti, credo ci sia il solito, immancabile refuso: la 124 gialla acquistata da Lotti nel 1981 risulta posseduta fino al 1993 (1983 ?).
Non ho ben capito quale ruolo avrebbe svolto Pucci, secondo la sua ipotesi: cosa lo spinse a inguaiare Lotti costringendolo ad adeguarsi per non finire in carcere? Che fosse oligofrenico e quindi facilmente manipolabile (e la Ghiribelli in preda ai fumi dell'alcol o a manie di protagonismo) spiegherebbe tutto? Ma forse non è questa la sede per una ricostruzione dettagliata.
Credo di averne già parlato negli articoli sul teste Alfa. Condivido, naturalmente, l'idea di Propato che Pucci non fosse un teste valido. Posso immaginare che Lotti e Pucci abbiano vissuto un'esperienza simile in altra occasione e che Pucci sia stato poi indotto a trasferirla alla notte di Scopeti, ma è un'illazione indimostrabile. In realtà, mi sembra non accertato neppure che Lotti e Pucci facessero i guardoni... Il punto è che le acclarate menzogne di Lotti devono avere uno scopo, quindi attraverso la conferma della colpevolezza di Pacciani e Vanni lui si aspetta un vantaggio, visto che nessuno desidera passare il resto della sua vita ingalera.
RispondiEliminaAggiungo brevemente un paio di considerazioni. Nel documento della questura si può notare che l'inizio del possesso di un'auto coincide quasi esattamente con la fine del possesso di quella precedente. Solo tra la 124 e la 128 c'è un salto temporale di molti mesi (dal 3/07/1985 al 19/03/1986).
RispondiEliminaSe è vero che al 19 marzo l'auto doveva essere già stata rottamata, quanto tempo può essere trascorso dalla rottamazione alla richiesta di cancellazione?
Premesso che il ragionamento sulle due auto, a partire dalle bugie di Lotti, è articolato in modo impeccabile, è anche vero che tenere due macchine (pagando una sola assicurazione) non è poi una gran spesa. Non si può escludere, intendo, che Lotti adoperasse anche la 128, pur malandata, perlomeno per brevi tragitti. Mettere benzina ogni tanto non doveva costargli poi molto, non più che andare con le prostitute.
Indubbiamente Lotti non voleva spese inutili, quindi perché farsi prestare i soldi per comprare una seconda auto, se la precedente non era alla frutta? Come ho scritto, la richiesta di cancellazione ha uno scopo, quello di evitare di pagare ancora un'annualità di tassa di circolazione, quindi a mio parere la data del 19 marzo non è significativa per ricostruire quando fu rottamata la macchina rossa. Può essere stato molto prima o anche il 18 marzo, per quello che ne so non fu mai accertato. Penso anche che se, per pura ipotesi, Filastò avesse appurato che lo sfattino aveva ritirato l'auto, che so, il 15 ottobre (data a caso) forse l'avrebbe tenuto per sé.
EliminaE' quel che dice lui infatti, adoperava la 128 per i brevi tragitti; ma quando subito gli si chiese perchè allora quella domenica per fare San Casciano-Firenze-San Casciano utilizzò la 128 invece della 124, risponde con la sua versione finale che, quanto pare, andava bene: "e vabbè, le adoperavo tutt'e due". Tanto gli bastò, evidentemente.
RispondiEliminaCaro Franco
RispondiEliminaAnche qui una ricostruzione assai puntuale.
Pasolinianamente, l'idea che mi sono fatto è che l'ipotesi accusatoria sia stata costruita, in buonissima fede. Saltando fuori a posteriori l'errore della 128, priva di assicurazione ed ormai "affiancata" da un altro rudere (la 124) il medesimo errore viene "imbustato", sempre in buona fede, in una selva di date, parole, versioni diverse che lasciano dubbi su tutto e permettono quindi all'ipotesi accusatoria di andare avanti.
Mi sarebbe utile, caro Franco, una sinossi esplicativa finale.
Attendo il terzo commento
Claudio Ferri
Grazie. La buona fededi inquirenti e giudici va sempre presunta, il che non li esenta, purtoppo, dalla possibilità di un errore giudiziario, che si concreterà nella sentenza di appello.
EliminaLe mie conclusioni ci sono già, nell'ultima parte di questo articolo.
Ma col difensore di Lotti come la mettiamo? Io posso capire che Lotti fosse facile da raggirare, ma il suo difensore?
EliminaIo non ho il coraggio di chiederglielo, prova tu...
EliminaComunque non ho usato il termine "raggirare", bensì incastrare, utilizzando testimonianze che collocavano lui (Pucci) o la sua auto (Ghiribelli, poi Caini-Martelli e Frigo per il 1984) in prossimità dei delitti
Giustissimo, "incastrare", non "raggirare". La domanda comunque rimane, ed immagino che ciascuno se ne fara' una sua idea.
EliminaAl difensore di Lotti interessava ottenere gli sconti di pena e i vantaggi del collaboratore di giustizia, tentò anche di evitargli il carcere. Cos'altro poteva fare? Di certo non era suo compito capire se Lotti mentiva, un avvocato non ha la responsabilità morale dei comportamenti del suo assistito. E non credo che Lotti abbia mai raccontato la verità neppure a lui. Aggiungo una mia considerazione personale: per un giovane avvocato quale era Bertini all'epoca, era più onorevole assistere un collaboratore di giustizia superprotetto o un ingenuo millantatore? Fare dietrofront non conveniva a nessuno, e io non ricordo un solo caso di cronaca in cui sia accaduto, spontaneamente intendo. Se Lotti fosse stato incriminato per calunnia, era un altro paio di maniche.
EliminaFrank,
RispondiElimina"La buona fede di inquirenti e giudici va sempre presunta".
Ma... ma anche per Signa e per Torrisi?
Chiedo, perchè dagli articoli su Signa (e commenti annessi) tale 'magnanimità d'animo' non traspariva affatto; anzi, tutt'altro.
Comunque, umanamente sempre ci potranno essere:
- sviste
- incompetenze professionali
- errori di valutazione
- pressioni
- schiaffoni
- addomesticamenti e abbellimenti
- astuzie investigative e legali sul filo del rasoio
- scintillanti proiettili negli orti, mezzi stracci avvolgi molle in assenza di Minoliti, omicidi commessi prima ancora di partire per raggiungere i luoghi dei delitti, entrate attraverso teli sintetici intonsi, satanici cerchi di pietre per campeggiatori non ancor arrivati, etc etc.
Tutto sta a "presumere" in senso raziocinante corretto gli elementi a disposizione; che aggratis [visti i molteplici italici esempi] non si crede a nulla.
Hazet
Come avevo già scritto, una volta accettato il ruolo di testimone e poi complice Lotti non aveva più la possibilità di tornare indietro. Gli interrogatori si erano svolti in un periodo relativamente lungo, fino alla fine del 96. Poi c'era stato l'incidente probatorio. Una ritrattazione sarebbe potuta avvenire solamente se in sede processuale Lotti fosse stato ritenuto inattendibile e perseguito per calunnia, cosa mai accaduta come sappiamo. L'ingenuità di Lotti nasce proprio a monte di tutto, quando non si prende neppure la briga di verificare, se non lo ricordava, con quale auto circolava nel settembre 85. La sua sprovvedutezza appare disarmante, altro che Mostro di Firenze. L'unico dubbio che ho è che Lotti possa aver saputo qualcosa sui delitti frequentando chi li aveva compiuti. E che ne sia rimasto suggestionato al punto di raccontare qualcosa a Pucci. Ma è soltanto una mia opinione, suscettibile di evoluzioni e ripensamenti. Complimenti per la sinossi finale, chiara e precisa.
RispondiEliminaPurtroppo siamo di fronte a un circolo vizioso. Venendo meno la credibilità di Lotti (questo mi sembra uno dei pochissimi punti fermi), viene meno la prova della colpevolezza di Pacciani. Quindi su quali basi può sostenere che Lotti frequentasse l'autore dei delitti?
EliminaSiamo al punto di prima: è un cold case irrisolvibile e tale resterà.
Vorrei chiarire, ancora una volta, che, a differenza di altri, il mio intento o speranza in questi anni di studio non è mai stato quello di individuare il colpevole, ma di proporre una "storia delle indagini sul Mostro di Firenze".
Mi ritengo però libero di considerare valido, o non tutto da buttare quanto meno, l'impianto accusatorio originario nei confronti di Pacciani, che è stato costruito, e a mio avviso in buona fede, a prescindere dall'esistenza di Lotti. Ho detto che Lotti potrebbe aver frequentato chi aveva commesso gli omicidi perchè alcuni particolari che ha riferito sulle scene dei delitti potrebbero essere autentici. E continuo a ritenere, ma posso ovviamente sbagliare, che un personaggio 'geograficamente' e 'mostruosamente' più idoneo di Pacciani a rivestire i panni del Mostro non esista. Ha ragione sul fatto che la verità non si saprà mai, su questo non ho dubbi.
EliminaCome ho scritto più sopra la buonafede degli inquirenti si presume sempre. Salvo poi apprendere dalla stampa, lunghi lunghi anni dopo, che una delle presunte prove sarebbe stata artefatta. Da chi, temo non ce lo diranno mai.
EliminaQuesto non toglie che si possa credere alla colpevolezza di Pacciani, a livello di convinzione personale.
Frank, rileggendo mi son reso conto che non ho capito bene un punto cruciale. Tu scrivi :"In sostanza, Lotti, posto di fronte all’evidenza documentale di aver assicurato la nuova auto a decorrere dal 25 maggio (e non dal 20 settembre, come aveva decisamente sostenuto presentando – tramite il suo avvocato – documenti che avevano fuorviato la Corte), etc.". Ma, se questi documenti erano autentici, in che senso erano fuorvianti, esattamente? Scrivi anche: "... Lotti o chi per lui era già pronto a presentare la documentazione attestante, ma contrariamente al vero, che il 128 era rimasto assicurato fino al 20 settembre 1985". Ma insomma, che roba era?
RispondiEliminaEvidentemente non sono stato abbastanza chiaro e me ne spiace.
RispondiEliminaIl trucco è il seguente. La Fiat 128 era stata assicurata dal 20 marzo al 20 settembre 1985, rata semestrale evidentemente per non pagare la rata intera tutta insieme. Il 25 maggio Lotti fa la voltura sulla 124 che ha presumibilmente appena acquistato, ma per qualche motivo il certificato di questo semestre marzo-settembre intestato alla 128 non viene restituito all'assicurazione. Quindi Lotti - o chi per lui - presenta questo certificato (autentico, ma non più attuale, avrebbe dovuto essere ritirato) per far credere alla Corte che il 128 era rimasto assicurato fino al 20 settembre.
Grazie Frank, la colpa e' tutta mia; rileggendo, tu sei stato chiaro eccome! Certo che anche in questo frangente sarebbe bello sapere se Lotti aveva ingannato il difensore, o altro.
RispondiEliminaPreparando il mio scritto mi sono accorto di un errore contenuto nella citazione del libro di Cappelletti. Il numero di polizza 69395 va sostituito con 68731. Ti conviene segnalarlo con un edit, a beneficio dei posteri.
EliminaGià che ci sei, la polizza 68731 che sostituì la 67053 a partire dal 25 maggio 1985, fino a quando durò e fu poi sostituita dalla 69395? Non mi pare che nella tua documentazione sia indicato in modo specifico, ma forse mi sbaglio. Posso presumere che la 68731 fu poi rinnovata al 20 settembre 1985 per la successiva rata semestrale fino al 20 marzo 1986, e che al 20 marzo 1986 la polizza divenne annuale cambiando il numero in 69395.
Dimmi se sbaglio.
Temo di non avere documenti sulla polizza 68371. Ho citato il libro e le udienze, ma non ho copia delle polizze o dei certificati.
EliminaRispondere a certi personaggi su questi aspetti, si poteva fare per esempio, nel 1993, a bocce ferme. Dopo quasi trent'anni ridiscendere nella malabolgia di una interlocuzione con persone che mostrano di non conoscere nemmeno l'abc di una analisi, sia pure col metodo del pallottoliere, diventa una correità con chi ormai da anni cerca di non far emergere la verità, anche a colpi di contumelie e volgarità
RispondiElimina