venerdì 3 ottobre 2014

Giancarlo Lotti, collaboratore di giustizia (4)


Si parla ora dei riscontri necessari per validare la chiamata in correità; ossia, dando anche per ammessa la credibilità intrinseca delle dichiarazioni autoaccusatorie del Lotti, di quanto necessario per provare la partecipazione ai delitti di Mario Vanni (come è ben noto, Pacciani non è parte di questo processo e comunque al momento della sua conclusione è già defunto).

"I riscontri… (ndr: per validare la chiamata in correità) occorrono quindi altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità. Gli altri elementi di prova, la suprema Corte ha avuto modo di spiegare in più occasioni che non c'è limite qui…; altri elementi di prova può essere prova diretta, prova indiretta, prova provata, indizi – indizi, uso sempre il plurale perché lo usa il legislatore, indizi, certi, numerosi, gravi precisi, concordanti, i requisiti degli indizi – anche gli indizi possono rappresentare riscontri, siete stati voi sommersi da una raffica di cosiddetti indizi nella prima settimana di discussione, da una raffica di cosiddetti riscontri oggettivi, io molto sommessamente dico che non ho mai sentito usare la parola indizio o riscontro oggettivo così a sproposito come in questo processo (…); qui si è parlato soprattutto di riscontri che, nelle parole di coloro che hanno parlato sarebbero indizi, ad esempio questo carosello di macchine in prossimità dei luoghi dei delitti di Vicchio e di Scopeti, questa girandola di macchine, una, due, bianca, nera, rossa, chiara, scura in ore prossime a quelle degli omicidi in luoghi prossimi a quelli degli omicidi, questo è l'indizio; non è un indizio, lo vedremo. (…) Quindi, la differenza che passa tra l'indizio e il sospetto, tra ciò che è e ciò che si vuol vedere. Cosa sono gli indizi. Allora Cassazione 4 aprile 1968: <<Gli indizi si differenziano profondamente dalle congetture perché, mentre queste sono costituite da intuizioni, apprezzamenti, opinioni, gli indizi consistono in fatti ontologicamente certi collegati tra loro in guisa che per forza logica sono suscettibili di una sola e ben determinata interpretazione>>. Cassazione 25 marzo 1976 caso Milena Sutter: <<Gli indizi devono portare ad un convincimento che non deve avere contro di sé alcun dubbio ragionevole>>. Cassazione 25 maggio 1995: <<La circostanza assumibile come indizio deve, perché da essa possa essere desunta l'esistenza di un fatto, essere certa: tale requisito, benché non espressamente indicato nell'art. 192 del C.P.P. – infatti l'art.192 usa questi aggettivi: gravi, precisi, concordanti – è da ritenersi insito nella precisione di tale precetto. Con la certezza dell'indizio infatti viene postulata la verifica processuale circa la reale sussistenza dell'indizio stesso, posto che non potrebbe essere consentito fondare la prova critica – cioè la prova indiretta –su di un fatto solo verosimilmente accaduto, supposto od intuito, inammissibilmente valorizzando, contro indiscutibili postulati di civiltà giuridica, personali impressioni o immaginazioni del decidente>>. Guardate quante parole: impressioni, suggestioni, immaginazioni, sospetti, ipotesi di lavoro, desideri; hanno desiderato che in quelle macchine che giravano intorno a Vicchio quella sera ci fosse il Vanni, ma nessuno l'ha detto che c'era Vanni. Il Vanni non lo nomina nessuno: quello sarebbe stato un indizio, perbacco, dice: <<Ha visto Vanni in una di quelle due macchine che giravano là intorno>>. Cassazione (ndr: non cita gli estremi): <<La correlazione tra circostanza indiziante e il fatto da provare deve essere tale da escludere la possibilità di una diversa soluzione>>. Questi (ndr:intende il fatto che i testimoni descrivono delle macchine - vedi sopra) non sono neanche indizi, sono sospetti."

Sulla base di queste massime di Cassazione citate dall'avvocato Mazzeo possiamo per conto nostro valutare la forza degli indizi che furono raccolti non solo nel processo ai Compagni di merende (dove in realtà i riscontri oggettivi mancano totalmente, essendo il Vanni stato condannato unicamente sulla base delle accuse del Lotti), ma anche in precedenza.

Ad esempio: Salvatore Vinci: per la morte della prima moglie, nessuno; per i delitti seriali uno straccio con macchie di sangue e residui di polvere da sparo, che però non poté essere direttamente collegato né all'arma dei delitti né alle vittime.

Pietro Pacciani: un album da disegno che non è certo appartenesse alle vittime tedesche, un proiettile cal. 22 che non è certo fosse stato incamerato nell'arma dei delitti.

Un ben misero raccolto, dal quale ancor più risalta il valore di prova diretta e definitiva della confessione, che però andrebbe molto attentamente vagliata dal giudice per quanto riguarda la propria intrinseca credibilità. Non è un caso che in tutta la storia gli unici processi che si concludono con la condanna dei presunti colpevoli sono quelli fondati sulla confessione: il processo Mele del 1970, il processo ai Compagni di Merende 1997-98. Ne parleremo nella prossima e ultima puntata.

(SEGUE)

Nessun commento:

Posta un commento

Il tuo messaggio apparirà dopo essere stato approvato dal moderatore.