venerdì 10 ottobre 2014

Il giudice e lo storico




Nel 1991 Carlo Ginzburg, storico e scrittore che si è occupato principalmente della caccia alle streghe nei secoli XVI e XVII (I benandanti, Il formaggio e i vermi), diede alle stampe un pamphlet dedicato al noto processo Sofri-Marino per l'omicidio del commissario Calabresi, intitolandolo "Il giudice e lo storico". Mi piace parlarne brevemente qui perché la vicenda giudiziaria analizzata nel volumetto (riedito e ampliato nel 2006) ha degli evidenti punti di contatto con la storia che è oggetto di questo blog, quanto meno con il capitolo rappresentato dai processi ai Compagni di Merende.

Riassumo velocemente l'antefatto, per chi fosse troppo giovane per ricordarlo: nel 1988 tale Leonardo Marino, ex militante di Lotta Continua si presentò ai carabinieri confessando di aver partecipato nel ruolo di autista all'uccisione del commissario di polizia Lugi Calabresi, avvenuta sedici anni prima, e denunciando i complici Ovidio Bompressi, che sarebbe stato esecutore materiale, e Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, dirigenti di Lotta Continua, come mandanti. Da qui nasce una lunghissima storia giudiziaria che si concluderà solo nel 2000 con la definitiva conferma della condanna degli imputati, dopo quattro (!) contrastanti sentenze della Corte di Cassazione.

Abbiamo quindi un reo confesso di un ruolo più marginale del reato che chiama altri in correità: un esecutore materiale, due mandanti; la struttura è morfologicamente analoga a quella dei Compagni di Merende, pur con alcune differenze: la confessione è apparentemente spontanea e non provocata dagli atti di indagine, i mandanti sono individuati. Altre somiglianze con il caso del Mostro di Firenze sono la ricostruzione degli eventi a lunga distanza temporale dai fatti e l'intempestiva dispersione dei corpi di reato. Dopo due sentenze di condanna, la Cassazione a Sezioni Unite annullò il tutto, con una sentenza che abbiamo visto ampiamente richiamata nelle arringhe del difensore di Vanni avvocato Mazzeo (il testo è disponibile qui: http://www.misteriditalia.it/calabresi/primasentenza/CALABRESI(Cassazione1).pdf ). Seguirono altri processi in vari gradi fino, come si è detto, alla condanna definitiva nel 2000; è degno di nota – e riflessione - che già nel 1995 per Marino era stata pronunciata la prescrizione. 

Il libretto è scritto in ottica innocentista (l'autore ammette di essere da tempo amico di Adriano Sofri e di essere convinto della sua estraneità all'episodio), non si dilunga nella ricerca delle motivazioni psicologiche e materiali (difficile situazione economica al momento della confessione) del presunto "pentimento" di Marino (la legislazione premiale in materia di terrorismo si era formata nei primi anni Ottanta), ma cerca di smontare la testimonianza del chiamante in correità mettendone in evidenza le incongruenze (Marino sbaglia ad indicare la via di fuga dopo il delitto), l'assenza di riscontri esterni (l'incontro con Sofri è incerto), le contraddizioni con testimoni presenti sulla scena del delitto (che dissero che l'auto dei terroristi era guidata da una donna). Ebbene, gli stessi problemi evidenziati da Ginzburg nel suo pamphlet sono presenti, ma elevati all'ennesima potenza, nel processo ai Compagni di Merende; tuttavia, l'esito giudiziario, almeno in primo grado, è il medesimo.


(SEGUE)

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