venerdì 21 marzo 2014

L'enigma di Baccaiano (4)


Vediamo ora le diverse ricostruzioni che sono state proposte per spiegare la dinamica della scena. Di quella ufficiale, consacrata nelle sentenze del processo ai Compagni di merende, si è già detto. La principale versione alternativa è quella che fu sostenuta dal difensore di Mario Vanni nei medesimi processi e sviluppata nel noto volume "Storia delle merende infami". Il Mostro dopo una prima fase della sparatoria contro le due vittime entrambe ancora sedute sul divanetto posteriore (cinque bossoli sulla piazzuola) in cui viene ferito mortalmente il ragazzo e solo superficialmente la ragazza, sale sull'auto nell'intento di spostarla in un luogo più appartato dove compiere le escissioni, inserendosi in retromarcia sulla provinciale; infastidito poi dai movimenti  della ragazza ferita, si volta sparandole in fronte per finirla (bossolo trovato all'interno dell'auto; ma perché aspettare di essere in movimento? Le escissioni furono sempre compiute su vittime morte, non vi era quindi interesse a tenere in vita la ragazza), ma nel far questo perde il controllo dell'auto, finendo nel fossetto dall'altra parte della strada. Non riuscendo a disincagliare l'auto dal fosso, al Mostro non rimane altro che dileguarsi prima che arrivino automobilisti curiosi; estrae e butta le chiavi, ma (forse) i fari rimangono accesi; uscito dall'auto li abbuia sparandogli contro, spara l'ultimo colpo contro il parabrezza, probabilmente colpendo il ragazzo ancora vivo (e che peraltro rimarrà in vita, per senza poter parlare, fino al mattino dopo; e anche qui si potrebbe chiedere perché aspettare questo momento assai critico, in piena esposizione in mezzo alla carreggiata); e sarebbero questi i tre bossoli corrispondenti agli ultimi tre colpi, ritrovati sulla carreggiata di fronte al muso dell'auto; infine se ne va nella notte. Il tentativo sarebbe quello di non rendere drammaticamente visibile la scena agli automobilisti di passaggio, come sarebbe stato lasciando la portiera aperta e le luci accese; in effetti, i primi testimoni a passare notano l'auto di traverso e infossata, ma pensano ad una manovra sbagliata del guidatore, non vedono nessuno e proseguono, tornando poi qualche minuto dopo sulla scena per un ripensamento.

Cosa non torna nella ingegnosa ricostruzione offerta dall'avvocato Filastò?

In primo luogo appare molto dubbia già l'idea, che l'assassino avrebbe avuto dall'inizio, di uccidere e poi andarsene con l'auto in giro per la campagna (ma dove?) con due cadaveri a bordo (e come sarebbe poi tornato al proprio mezzo di locomozione? camminando lungo lo stradone?); quando sul retro della piazzuola, contornata da vegetazione discretamente alta, si accedeva facilmente ad un campo sottostante (una scena che ricorda il delitto del giugno 1981 e ritornerà in quello del 1984)…

In secondo luogo, la permanenza del Mainardi sul sedile posteriore non è compatibile con le abbondanti tracce ematiche sul sedile anteriore, che difficilmente possono essere state lasciate da un momentaneo spostamento del corpo, comunque ipotetico, nelle manovre di estrazione dall'auto.

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