Vediamo ora le diverse ricostruzioni che sono state
proposte per spiegare la dinamica della scena. Di quella ufficiale, consacrata
nelle sentenze del processo ai Compagni di merende, si è già detto. La
principale versione alternativa è quella che fu sostenuta dal difensore di
Mario Vanni nei medesimi processi e sviluppata nel noto volume "Storia
delle merende infami". Il Mostro dopo una prima fase della sparatoria contro
le due vittime entrambe ancora sedute sul divanetto posteriore (cinque bossoli
sulla piazzuola) in cui viene ferito mortalmente il ragazzo e solo
superficialmente la ragazza, sale sull'auto nell'intento di spostarla in un
luogo più appartato dove compiere le escissioni, inserendosi in retromarcia
sulla provinciale; infastidito poi dai movimenti della ragazza ferita, si volta sparandole in
fronte per finirla (bossolo trovato all'interno dell'auto; ma perché aspettare
di essere in movimento? Le escissioni furono sempre compiute su vittime morte,
non vi era quindi interesse a tenere in vita la ragazza), ma nel far questo perde
il controllo dell'auto, finendo nel fossetto dall'altra parte della strada. Non
riuscendo a disincagliare l'auto dal fosso, al Mostro non rimane altro che
dileguarsi prima che arrivino automobilisti curiosi; estrae e butta le chiavi,
ma (forse) i fari rimangono accesi; uscito dall'auto li abbuia sparandogli
contro, spara l'ultimo colpo contro il parabrezza, probabilmente colpendo il
ragazzo ancora vivo (e che peraltro rimarrà in vita, per senza poter parlare,
fino al mattino dopo; e anche qui si potrebbe chiedere perché aspettare questo
momento assai critico, in piena esposizione in mezzo alla carreggiata); e
sarebbero questi i tre bossoli corrispondenti agli ultimi tre colpi, ritrovati
sulla carreggiata di fronte al muso dell'auto; infine se ne va nella notte. Il
tentativo sarebbe quello di non rendere drammaticamente visibile la scena agli
automobilisti di passaggio, come sarebbe stato lasciando la portiera aperta e
le luci accese; in effetti, i primi testimoni a passare notano l'auto di
traverso e infossata, ma pensano ad una manovra sbagliata del guidatore, non
vedono nessuno e proseguono, tornando poi qualche minuto dopo sulla scena per
un ripensamento.
Cosa non torna nella ingegnosa ricostruzione offerta
dall'avvocato Filastò?
In primo luogo appare molto dubbia già l'idea, che l'assassino
avrebbe avuto dall'inizio, di uccidere e
poi andarsene con l'auto in giro per la campagna (ma dove?) con due cadaveri a
bordo (e come sarebbe poi tornato al proprio mezzo di locomozione? camminando lungo
lo stradone?); quando sul retro della piazzuola, contornata da vegetazione
discretamente alta, si accedeva facilmente ad un campo sottostante (una scena
che ricorda il delitto del giugno 1981 e ritornerà in quello del 1984)…
In secondo luogo, la permanenza del Mainardi sul sedile
posteriore non è compatibile con le abbondanti tracce ematiche sul sedile
anteriore, che difficilmente possono essere state lasciate da un momentaneo
spostamento del corpo, comunque ipotetico, nelle manovre di estrazione
dall'auto.
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