lunedì 31 marzo 2014

L'alibi di Salvatore (3)


Ambiguo, dal latino ambigere, essere incerto, è in italiano ciò che fa dubitare, cui si può dare una doppia interpretazione.
Vediamo cosa dice l'altro compagno della presunta partita a biliardo al circolo ACLI di Prato la sera del 21 agosto 1968. Premesso che Salvatore lo cita come teste a discarico già nell'interrogatorio della notte del 24 agosto insieme a Nicola A., il Silvano V. non viene sentito nell'immediatezza dai Carabinieri, ma solo il 27 maggio 1969 da G.I. e P.M. Il verbale non mi è disponibile, ma il contenuto è riassunto nel Rapporto Torrisi, in termini di conferma dell'alibi di Salvatore, già a suo tempo confermato, nella maniera che abbiamo visto, da Nicola A.; Silvano confermerà nuovamente il fatto in sede di processo (1970). Sedici anni dopo, il teste, che, ricordiamolo, è figlioccio di Salvatore, viene nuovamente interrogato. Citiamo il Rapporto Torrisi:
Il 28 ottobre 1985, dinanzi al Giudice Istruttore ed al P.M., l'altro teste citato dal VINCI, V. Silvano, chiarisce che, dell'alibi di Salvatore VINCI, gli è stato chiesto, solo un mese o poco più, dopo il delitto, quando già lui è venuto a conoscenza che MELE Stefano ha accusato gli amanti della moglie e quindi anche Salvatore. Infatti, incontrandolo al bar, Salvatore gli conferma che Stefano in un primo momento ha accusato Francesco e quindi anche lui, e così gli dice testualmente: "GUARDA CHE TU SEI TESTIMONE PERCHÉ IO QUELLA SERA ERO A GIOCARE CON TE…" facendo riferimento anche ad un ragazzo biondo che all'epoca abita con lui. Il V. prosegue affermando che è probabile che lui sia stato a giocare con Salvatore e questo ragazzo, ma di non essere ovviamente in grado di stabilire se si tratti di quella sera o di un'altra. (…)Il VARGIU conclude affermando di non essere in grado di precisare se si tratti di una sera o di un'altra in cui è stato a giocare a biliardo con Salvatore e di essersi fidato di lui.
Lascio ogni conclusione ai lettori. Non vi è nulla da fare: sulla base di queste dichiarazioni non si può dichiarare l'alibi di Salvatore falso o fallito, ma sostanzialmente inverificabile, come era facilmente prevedibile per una verifica a posteriori fatta a 18 anni di distanza dal delitto. Il personaggio di Salvatore non sfugge alla drammatica ambiguità in cui è avvolto dal suicidio della prima moglie nel 1960 alla conclusione del processo di Cagliari del 1988 – e per molti, ancora oggi.
 

 

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